Il primo motivo del ricorso di Gigliola P. denuncia la “violazione e/o falsa applicazione di statuizione di esistenza della violazione dell’art. 63, I e II comma disp. att. c.c.”. La ricorrente precisa di aver agito nei confronti dei condomini de V. e S. solo a seguito della conclamata inadempienza e insolvenza del Condominio R. ed in forza dell’ordinanza del Tribunale di F. RG n. 287/2018. Il secondo motivo di ricorso denuncia la “violazione e/o falsa applicazione della mancata statuizione del passaggio in giudicato dei titoli”. Si richiamano i termini della vicenda processuale tra la creditrice Gigliola P. il Condominio R. e si invoca la autorità del giudicato maturato tra le parti. I due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente perché connessi, sono infondati. 6 La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei primi due commi dell’art. 63 disp. att. c.c., introdotti dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220. L’art. 63, comma 1, dispone che l’amministratore “è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi”, mentre il comma 2 stabilisce che “[i] creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini”. E’ dunque prescritto dalla legge che l’obbligo di pagamento delle quote dovute dai morosi, posto in capo ai condomini in regola nella contribuzione alle spese, è subordinato alla preventiva escussione di questi ultimi, sicché l’obbligo sussidiario di garanzia del condomino solvente risulta limitato in proporzione alla rispettiva quota del moroso. L’art. 63, comma 2, disp. att., c.c. configura, pertanto, in capo ai condomini che abbiano regolarmente pagato la loro quota di contribuzione alle spese condominiali, ed in favore del terzo che sia rimasto creditore (per non avergli l’amministratore versato l’importo necessario a soddisfarne le pretese), un’obbligazione sussidiaria ed eventuale, favorita dal beneficium excussionis, avente ad oggetto non l’intera prestazione imputabile al condominio, quanto unicamente le somme dovute dai morosi. Non è stata, perciò, superata dal legislatore del 2012 la ricostruzione operata da Cass., sez. un., 8 aprile 2008, n. 9148, nel senso che, in riferimento alle obbligazioni assunte dall'amministratore, o comunque, nell'interesse del condominio, nei confronti di terzi la responsabilità diretta dei condomini è retta dal criterio della parziarietà, per cui le obbligazioni assunte nell'interesse del condominio si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote. A ciò si è unito, piuttosto, per le obbligazioni sorte dopo l’entrata in vigore della legge n. 220 del 2012, il debito sussidiario di garanzia del condomino solvente, subordinato alla preventiva escussione del moroso e pur sempre 7 limitato alla rispettiva quota di quest’ultimo, e non invece riferibile all’intero debito verso il terzo creditore. Agli effetti della disciplina dettata dai primi due commi dell’art. 63 disp. att. c.c., deve intendersi come “condomino moroso” il partecipante che non abbia versato all’amministratore la sua quota di contribuzione alla spesa necessaria per il pagamento di quel creditore, mentre è “obbligato in regola con i pagamenti” il condomino che abbia adempiuto al pagamento della propria quota afferente alle medesime spese nelle mani dell’amministratore. L’accertamento in ordine alla morosità del condomino o alla regolarità dei suoi pagamenti costituisce apprezzamento di fatto spettante al giudice del merito (qui congruamente svolto dal Tribunale di F. alla stregua di quanto risultante dalla comunicazione dell’amministratore di condominio del 27 febbraio 2020 e della carenza di specifica allegazione e conseguente prova circa la morosità dei condomini de V. e S.), sindacabile in sede di legittimità solo nei limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. La lettura sistematica dei primi due commi dell’art. 63, disp. att. c.c. induce a concludere che il creditore, che voglia convenire uno o più dei singoli condomini, deve preliminarmente agire nei confronti dei condomini morosi, dei cui dati abbia eventualmente ricevuto comunicazione dall’amministratore. La condizione di morosità del condomino convenuto dal creditore deve sussistere, peraltro, non soltanto al momento dell’introduzione del giudizio, incidendo, essa, piuttosto, sul diritto del terzo ad ottenere una sentenza di condanna, sicché è indispensabile che la stessa permanga nel momento in cui la lite viene decisa. All’azione attribuita al creditore nei confronti dei condomini morosi, il comma 2 dell’art. 63 disp. att. c.c. ha aggiunto la legittimazione del medesimo creditore ad agire nei confronti dei condomini che siano in regola con i pagamenti, dopo, però, l’escussione degli altri condomini. 8 L’art. 63, comma 2, disp. att. c.c., come già si è accennato, si spiega come fonte di un’obbligazione legale di garanzia di ogni condomino per le quote non sue. La posizione del condomino in regola con i pagamenti, chiamato dal creditore a rispondere delle quote dovute dai morosi, dopo la preventiva escussione degli stessi, è, pertanto, assimilabile a quella di un fideiussore, sia pure ex lege. Il condomino solvente garantisce l’adempimento del contributo imposto al moroso, ovvero un debito altrui, essendo ciascun condomino realmente obbligato (in via primaria verso l’amministratore, e in via indiretta verso il creditore) soltanto per la quota di debito proporzionata al valore della sua porzione, ed invece garante per le quote dei condomini inadempienti In favore dei condomini in regola coi pagamenti è previsto dal comma 2 dell’art. 63 disp. att. c.c., come correttamente ritenuto dal Tribunale F., non solo un onere per il creditore di chiedere in primo luogo l’adempimento dei morosi (c.d. beneficio d’ordine), quanto la più gravosa condizione di escutere preventivamente il patrimonio degli stessi partecipanti inadempienti (c.d. beneficium excussionis). La preventiva escussione richiede, di regola, l’esaurimento effettivo della procedura esecutiva individuale in danno del condomino moroso, prima di potere pretendere l’eventuale residuo insoddisfatto al condomino in regola. Essa comporta non soltanto il dovere del terzo di iniziare le azioni contro il moroso, ma anche di continuarle con diligenza e buona fede: dunque, il creditore del condominio deve dapprima agire contro i partecipanti che siano in ritardo nei pagamenti delle spese per ottenere la condanna, ovvero un titolo esecutivo che permetta di dar corso all’espropriazione dei beni di quello; deve, inoltre, compiere ogni atto cautelare contro i beni stessi, per salvaguardarne l’indisponibilità durante il giudizio diretto alla condanna. E’ il terzo creditore a dover provare l'insufficienza totale o parziale del patrimonio del condomino moroso preventivamente escusso, e l’eccezione 9 del beneficio di escussione rileva non soltanto se in concreto sussistano beni da sottoporre ad esecuzione al momento della scadenza del credito, ma sempre che tale esecuzione sia altresì giuridicamente possibile, ipotesi che non si riscontra, ad esempio, in caso di condomino moroso assoggettato a liquidazione giudiziale, evento che per definizione esclude la sussistenza di beni da poter sottoporre ad esecuzione individuale (arg. da Cass. Sez. Unite, 16/12/2020, n. 28709). La lettera dell’art. 63, comma 2, disp. att. c.c. (“i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola”) induce ad affermare che il condomino in regola, convenuto in giudizio dal terzo per il pagamento del restante credito condominiale, possa paralizzare, in via di eccezione, l’azione del creditore, con l’opporre utilmente il beneficio della preventiva escussione del patrimonio del condomino moroso, senza dover perciò necessariamente chiamare in causa quest’ultimo. Di tal che, la disposizione sul beneficio d’escussione spettante al condomino in regola coi pagamenti non ha efficacia limitatamente alla fase esecutiva. D’altro canto, secondo un diffuso orientamento giurisprudenziale, che l’oggetto devoluto dai motivi di ricorso in esame non consente di mettere qui in discussione, la sentenza recante condanna del condominio per un credito vantato da chi abbia contratto con l’amministratore equivale a sentenza di condanna e quindi a titolo esecutivo nei confronti di tutti i condomini (Cass. Sez. 2, 14/10/2004, n. 20304; Cass. Sez. 3, 29/09/2017, n. 22856; Cass. Sez. 3, 27/06/2022, n. 20590). In ogni caso, dopo la Riforma del 2012, l’interpretazione secondo cui, “conseguita nel processo la condanna dell’amministratore, quale rappresentante dei condomini, il creditore può procedere all’esecuzione individualmente nei confronti dei singoli”, va confrontata con il vigente art. 63, comma 2, disp. att. c.c., il quale, come visto, fa divieto ai creditori di agire nei confronti degli obbligati in regola coi pagamenti se non dopo aver preventivamente escusso i condomini morosi, divieto che si è inteso, 10 peraltro, nel senso che tale beneficio d’escussione sia efficace non soltanto come limite alla fase esecutiva, quanto impeditivo già dell’azione di condanna in sede di cognizione. Deve quindi ritenersi che il condomino in regola coi pagamenti, al quale (come avvenuto nella specie) sia intimato precetto da un creditore sulla base del titolo esecutivo giudiziale formatosi nei confronti del condominio (sia pure in forza di sentenza passata in giudicato, come fa notare la ricorrente), ben può proporre opposizione ex art. 615 c.p.c. per fare valere il beneficio di preventiva escussione dei condomini morosi, a norma dell’art. 63, comma 2, disp. att. c.c., ciò attenendo ad una condizione dell'azione esecutiva nei confronti del condomino non moroso, e, quindi, al diritto del creditore di agire esecutivamente ai danni di quest'ultimo (cfr. Cass. Sez. 3, 15/07/2005, n. 15036; Cass. Sez. 3, 14/11/2011, n. 23749; Cass. Sez. 3, 25/10/1978, n. 4867). Non ha rilievo la insolvenza del Condominio R. dedotta dalla ricorrente, in quanto essa attiene all’azione di adempimento che il terzo creditore può portare per l’intero debito nei confronti dell’amministratore, e non alle distinte azioni, nei limiti della rispettiva quota, esperibili verso i singoli condomini, che sono regolate nei primi due commi dell’art. 66 disp. att. c.c. e presidiate dal divisato meccanismo di beneficio di escussione in favore di coloro che siano in regola coi pagamenti. Va enunciato il seguente principio: il condomino in regola coi pagamenti, al quale sia intimato precetto da un creditore sulla base di un titolo esecutivo giudiziale formatosi nei confronti del condominio, può proporre opposizione a norma dell’art. 615 c.p.c. per far valere il beneficio di preventiva escussione dei condomini morosi che condiziona l’obbligo sussidiario di garanzia di cui all’art. 63, comma 2, disp. att. c.c., ciò attenendo ad una condizione dell'azione 11 esecutiva nei confronti del condomino non moroso, e, quindi, al diritto del creditore di agire esecutivamente ai danni di quest'ultimo. Il ricorso deve essere perciò rigettato e la ricorrente va condannata a rimborsare ai controricorrenti le spese del giudizio di cassazione nell’ammontare liquidato in dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 800,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile