Giu Qualora la parte denuncia un error in procedendo, rispetto al quale il giudice di legittimità è anche giudice del fatto, è necessario che la censura sia ammissibile, ossia che la parte riporti in ricorso gli elementi che individuino tale vizio
CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONE LAVORO - ORDINANZA 22 agosto 2023 N. 24974
Massima
Qualora la parte denuncia un error in procedendo, rispetto al quale il giudice di legittimità è anche giudice del fatto, è pur sempre necessario che la censura sia ammissibile, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell'"iter" processuale senza compiere generali verifiche degli atti (Cass. Sez Un. n. 8077/2012)

Casus Decisus
1. Con sentenza n. 1381/2015, il Tribunale di Velletri aveva dichiarato che l’attore F. Mirko aveva svolto lavoro subordinato in favore della convenuta M.Anna dall’1.7.2008 al 30.12.2011 a tempo indeterminato e a tempo pieno, quale barista; aveva, quindi, condannato la resistente a pagare, in favore dell’istante, a titolo di differenze retributive, la somma di € 27.700,00 (di cui € 5.450,00 a titolo di TFR), oltre interessi e rivalutazione come per legge; aveva, inoltre, condannato la resistente al pagamento delle spese di lite, come liquidate. 2. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Roma, in parziale accoglimento dell’appello proposto dalla M.contro la decisione di primo grado e in altrettanto parziale riforma di quest’ultima, nel resto confermata, condannava la M.a corrispondere al F. la minore somma di € 18.039,65, oltre accessori come già riconosciuti; dichiarava compensate in ragione di 1/5 le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio e condannava, perciò, l’appellante al rifondere in favore dell’appellato i rimanenti 4/5 di tali spese, come liquidate per intero per ogni grado. 3. Per quanto qui interessa, la Corte territoriale, respinte le doglianze dell’appellante circa la nullità della notificazione del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e circa la nullità dello stesso ricorso, riproposte in secondo grado, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, concludeva nel senso che l’attore aveva svolto mansioni riconducibili al V livello del CCNL Pubblici Servizi e, in base ad un nuovo conteggio delle spettanze, di cui aveva ordinato il deposito all’appellato in corso di causa, riquantificava in riduzione tali differenze retributive nella minor somma sopra indicata, confermando nel resto la sentenza del Tribunale, salvo regolare le spese come specificato. 4. Avverso tale decisione M.Anna ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo. 5. Ha resistito l’intimato con controricorso. 6. Le parti private hanno depositato memoria.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONE LAVORO - ORDINANZA 22 agosto 2023 N. 24974 DORONZO ADRIANA

1. Con l’unico motivo di ricorso la M.denuncia la “Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in particolare riferimento al principio inderogabile del contraddittorio ex art. 101 c.p.c. laddove viene sancito che “Il giudice non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa”, richiamando taluni precedenti di legittimità a riguardo. Ricorda che la violazione del principio del contraddittorio comporta la nullità di tutti i provvedimenti successivi a quello che ha comportato la violazione stessa e può essere rilevata in ogni stato e grado del giudizio, fatta salva sempre la possibilità di rinnovazione degli atti nulli. Deduce, ancora, che: “Qualora il Giudice di appello anticipi la data dell’udienza e tale provvedimento non sarà portato a conoscenza dell’appellante che, pertanto, non ha potuto esercitare completamente il diritto di difesa, risultando violati sia il principio del contraddittorio che il diritto di difesa”.

2. Tale motivo è inammissibile.

3. E’ invero evidente il difetto dei requisiti di specificità/autosufficienza in tale unica censura. In particolare, nello svolgimento del motivo la ricorrente si riferisce all’ipotesi in cui il giudice anticipi l’udienza senza portare a conoscenza di una parte il relativo provvedimento di anticipazione.

Per quanto riportato nella propria “sommaria esposizione dei fatti di causa” dalla stessa ricorrente, però, non è questo il caso che si è verificato nel secondo grado del giudizio. Piuttosto, stando a quanto sostenuto dall’attuale ricorrente sempre in tale esposizione sommaria, all’udienza del 28.3.2019 la Corte d’appello, su richiesta di parte appellata, anziché emettere la sentenza, nel pomeriggio di quel giorno aveva emesso un’ordinanza con la quale rimetteva la causa sul ruolo, onde consentire all’appellato di depositare ulteriore documentazione relativa a conteggi riguardanti il periodo 1.7.2008/30.12.2011, con inquadramento al V livello del CCNL Pubblici Servizi, e rinviava ulteriormente per la decisione all’udienza dell’11.7.2019, ore 12, con concessione di termini per deposito di conteggi o per eventuali note critiche. Evidenziando che tale ordinanza non era stata comunicata alle parti e che detti conteggi erano stati depositati, senza che l’appellante ne avesse avuto contezza, la ricorrente sostiene che la Corte territoriale all’udienza dell’11.7.2019 rinviava la causa ex art. 309 c.p.c. all’udienza del 18.7.2019, e che in quest’ulteriore udienza “alla presenza dei procuratori delle parti (l’appellante venne a conoscenza di tale udienza solo casualmente) la Corte rinviò la causa all’udienza del 12.9.2019 per la decisione, emettendo sentenza n. 3092/2019”.

4. Rispetto alle deduzioni della ricorrente sopra riassunte, nota anzitutto il Collegio che esse nulla hanno a che vedere con l’ipotesi dell’anticipazione di un’udienza non comunicata ad una o più parti, ossia, l’ipotesi richiamata dalla stessa. Come pure anticipato, inoltre, tale sommario resoconto dell’iter del secondo grado di giudizio non risponde al requisito dell’autosufficienza del ricorso per cassazione ex art. 366, comma primo, n. 6), c.p.c., perché l’impugnante, non solo non ha prodotto copia dei verbali delle varie udienze cui si riferisce e dei provvedimenti collegiali di volta in volta adottati, ma nemmeno ne ha trascritto o almeno richiamato le parti salienti. Va invero ricordato che, secondo quanto enunciato da questa Corte anche a Sezioni Unite, qualora la parte denuncia un error in procedendo, rispetto al quale il giudice di legittimità è anche giudice del fatto, è pur sempre necessario che la censura sia ammissibile, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell'"iter" processuale senza compiere generali verifiche degli atti (Cass. Sez Un. n. 8077/2012).

5. In ogni caso, enucleata la censura nel senso che essa si appunta sostanzialmente sulla mancata comunicazione dell’ordinanza con cui è stata fissata l’udienza di discussione, va pure rammentato che, nel rito del lavoro, l’ordinanza pronunciata al termine della camera di consiglio è da considerare emessa e pronunciata nella stessa udienza di discussione, con la conseguenza che la conoscenza della stessa è da considerarsi diretta ed immediata, indipendentemente dalla presenza o no, al momento della lettura, del difensore della parte interessata (così Cass. civ., sez. lav., 9.5.2007, n. 10539, in relazione a processo assoggettato al rito del lavoro; ma in termini id., sez. III, 13.6.2017, n. 14635).

Del resto, la ricorrente neanche specifica quale violazione del principio del contraddittorio e quale lesione del suo diritto di difesa si siano in concreto verificati in suo danno, tenendo conto che lei stessa assume che all’udienza dell’11.7.2019, successiva all’emissione dell’ordinanza del 28.3.2019, non fu adottato alcun provvedimento di rilievo, ma un mero rinvio ex art. 309 c.p.c., che all’udienza seguente del 18.7.2019 (anche) il suo difensore fu comunque presente, e fu peraltro disposto ulteriore rinvio all’udienza del 12.9.2019, udienza in cui la causa fu effettivamente decisa con la sentenza attualmente impugnata per cassazione.

Né l’impugnante deduce di non essere stata presente, tramite il proprio difensore, a quell’ultima udienza, della quale, comunque, ebbe notizia avendo partecipato a quella precedente. Peraltro, la ricorrente neppure allega di essersi doluta innanzi alla Corte di merito dell’iter processuale che ha descritto. Invero, attesi i rinvii disposti, in tale arco temporale l’allora appellante ben avrebbe potuto esaminare il nuovo conteggio prodotto dalla controparte e fare i propri rilievi a riguardo.

6. La ricorrente, pertanto, soccombente in questa sede, dev’essere condannata al pagamento, in favore del difensore del controricorrente, dichiaratosi anticipatario, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi ed € 3.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, I.V.A. e C.A.P. come per legge, e distrae in favore dell’Avv. Spartaco Gabellini; Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 7.6.2023