Giu Ove ricorra una posizione di diritto soggettivo, quale l’idoneità di un titolo conseguito in un altro Paese ai fini dell’esercizio di una professione, non trova applicazione l’art. 25 del d.P.R. n. 3 del 1957
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 17 agosto 2023 N. 24726
Massima
Ove ricorra una posizione di diritto soggettivo, quale l’idoneità di un titolo conseguito in un altro Paese ai fini dell’esercizio di una professione, non trova applicazione l’art. 25 del d.P.R. n. 3 del 1957, che impone ai fini della proponibilità dell’azione risarcitoria, per l’omissione di atti o di operazioni dovute per legge o per regolamento da parte del pubblico impiegato, la previa diffida all’impiegato medesimo e alla Amministrazione

Casus Decisus
V.Z.e P.T. convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Roma E.M.F.P. chiedendo il risarcimento del danno per avere, quale funzionario del Ministero della Salute responsabile del procedimento amministrativo per il conseguimento dell’autorizzazione all’esercizio in Italia della professione odontoiatrica, nel caso delloV.Z.omesso di adottare il provvedimento conclusivo entro il termine previsto dalla legge n. 409 del 1985, nel caso del P.T. emesso un provvedimento illegittimo di rigetto per pretesa inidoneità del titolo rilasciato da una università polacca. La convenuta propose istanza di chiamata in causa del Ministero della Salute non accolta dal Tribunale. Il Ministero intervenne comunque volontariamente nel processo. Il Tribunale adito rigettò la domanda, con condanna degli attori alla rifusione delle spese in favore delle controparti. Avverso detta sentenza proposero appello gli attori. Con sentenza di data 8 luglio 2020 la Corte d’appello di Roma rigettò l’appello, con condanna alle spese in favore delle parti appellate. Osservò la corte territoriale che la domanda risarcitoria era improcedibile per mancato esperimento della diffida prevista dall’art. 25, comma 1, d.P.R. n. 3 del 1957, norma non venuta meno a seguito dell’art. 2 l. n. 15 del 2005, la quale dispensava dall’onere della diffida al diverso fine dell’impugnativa del silenzio dinanzi al giudice amministrativo nel contenzioso non già contro il funzionario ma contro l’Amministrazione. Aggiunse che il rigetto del motivo di appello vertente sulla condizione di procedibilità assorbiva i motivi relativi al merito della controversia.

Osservò infine, in relazione al motivo di appello avente ad oggetto il rimborso delle spese di lite anche in favore del Ministero intervenuto volontariamente, che, in assenza di motivo di gravame circa la legittimità dell’intervento volontario, l’interventore volontario era parte vittoriosa se respinta la domanda rivolta contro la parte adiuvata.

Ha proposto ricorso per cassazione V.Z.sulla base di tre motivi e resistono con distinti controricorsi E.M.F.P. e il Ministero della Salute. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.. E’ stata presentata memoria.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 17 agosto 2023 N. 24726

con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 25 d.P.R. n. 3 del 1957, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ..

Osserva la parte ricorrente che non ricorre alcuna preclusione per l’azione risarcitoria in quanto la previa diffida è prevista solo nell’ambito del processo amministrativo a fronte della lamentata lesione di interessi legittimi e non, come nella specie, nel caso di pregiudizio ad un diritto soggettivo. Aggiunge che a seguito dell’entrata in vigore della l. n. 15 del 2005 non è più necessario l’atto di diffida.

Osserva infine che le doglianze non avevano ad oggetto solo l’omissione del provvedimento conclusivo del procedimento, ma anche una serie di profili di illegittimità dell’azione amministrativa (erronea valutazione dell’iter di formazione professionale seguito in paesi comunitari; mancato adeguamento alle direttive comunitarie; mancata indizione della conferenza di servizi di cui all’art. 16 d. lgs. n. 206 del 2007). Il motivo è fondato per quanto di ragione.

L’art. 25 del d.P.R. n. 3 del 1957 prevede quanto segue: «1. L'omissione di atti o di operazioni, al cui compimento l'impiegato sia tenuto per legge o per regolamento, deve essere fatta constare da chi vi ha interesse mediante diffida notificata all'impiegato e all'Amministrazione a mezzo di ufficiale giudiziario.

2. Quando si tratti di atti o di operazioni da compiersi ad istanza dell'interessato, la diffida è inefficace se non siano trascorsi sessanta giorni dalla data di presentazione dell'istanza stessa. 3. Qualora l'atto o l'operazione faccia parte di un procedimento amministrativo, la diffida è inefficace se non siano trascorsi sessanta giorni dalla data di compimento dell'atto od operazione precedente ovvero, qualora si tratti di atti od operazioni di competenza di più uffici, dalla data in cui l'atto precedente, oppure la relazione o il verbale della precedente operazione, trasmesso dall'ufficio che ha provveduto, sia pervenuto all'ufficio che deve attendere agli ulteriori incombenti. 4. Se le leggi ed i regolamenti amministrativi, ovvero i capitolati generali o speciali e i disciplinari di concessione, stabiliscono per il compimento di determinati atti od operazioni termini più brevi o più ampi di quelli previsti nei commi precedenti la diffida è efficace se notificata dopo la scadenza del termine entro il quale gli atti o le operazioni debbono essere compiuti, secondo la specifica norma che li concerne.

5. Decorsi inutilmente trenta giorni dalla notificazione della diffida, l'interessato può proporre l'azione di risarcimento, senza pregiudizio del diritto alla riparazione dei danni che si siano già verificati in conseguenza dell'omissione o del ritardo» . Come ricorrentemente affermato dalla giurisprudenza amministrativa, il meccanismo del silenzio rifiuto ex art. 25 d.P.R. n. 3 del 1957 è attivabile nei confronti dei procedimenti amministrativi nel cui ambito sia identificabile in capo al privato una posizione di interesse legittimo, ma non di fronte ad una posizione di diritto soggettivo, posto che l’esercizio del diritto non può essere subordinato ad una diffida quale quella menzionata dalla norma in esame. La posizione soggettiva qui in gioco è di diritto soggettivo e non di interesse legittimo.

Come affermato da Cass. Sez. U. n. 11404 del 2003, in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, l’accertamento, con valutazione puramente tecnica in ordine alla sussistenza dei requisiti senza margini di discrezionalità per l’Amministrazione, dell’idoneità di un titolo conseguito in un altro Paese ai fini dell’esercizio di una professione attiene al diritto soggettivo di esercitare quest’ultima. Trattandosi di diritto soggettivo, l’azione risarcitoria, per l’allegato pregiudizio al diritto, non può essere subordinato alla previa diffida di cui all’art. 25 del d.P.R. n. 3 del 1957.

Va in conclusione enunciato il seguente principio di diritto: “ove ricorra una posizione di diritto soggettivo, quale l’idoneità di un titolo conseguito in un altro Paese ai fini dell’esercizio di una professione, non trova applicazione l’art. 25 del d.P.R. n. 3 del 1957, che impone ai fini della proponibilità dell’azione risarcitoria, per l’omissione di atti o di operazioni dovute per legge o per regolamento da parte del pubblico impiegato, la previa diffida all’impiegato medesimo e alla Amministrazione”.

L’evidenziato profilo è assorbente ai fini dell’accoglimento del motivo rispetto agli altri argomenti di censura. Con il secondo motivo si denuncia omessa pronuncia ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. Osserva il ricorrente che la corte territoriale, dichiarando assorbita ogni questione per la mancanza di diffida -asseritamente necessaria -, ha omesso di pronunciare in ordine alla illegittimità della condotta del funzionario.

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente, quanto alla pronuncia sulle spese anche a favore del Ministero, che quest’ultimo è intervenuto volontariamente in giudizio, per cui gli attori non hanno mai dichiarato di voler estendere la loro domanda anche al terzo. L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento di secondo e terzo motivo.

P. Q. M.

accoglie il primo motivo per quanto di ragione con assorbimento degli ulteriori motivi di ricorso; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma il giorno 22 maggio 2023