1.Con il primo motivo rubricato “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 17 (sostituito dall’art. 46 D.P.R. 380/2001) e 40 della L.28/02/85 in relazione all’art. 360 c.p.c. n.3” le ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata abbia escluso la nullità da loro invocata facendo propria soltanto la pronuncia di Cass. 16876/2013, superata dalle successive pronunce di Cass. 23951/2013, 28194/2013, 25811/2014, 18261/2015, secondo le quali è nullo il trasferimento di diritti reali su immobili non in regola con la normativa urbanistica. Sostengono che dalla documentazione allegata all’atto di citazione di primo grado, che richiamano specificamente, risulti la falsità della dichiarazione resa dal donante, in quanto le opere e le modifiche apportate all’interno e al prospetto dell’immobile oggetto di donazione erano tutte successive al I settembre 1967.
2.Con il secondo motivo rubricato “violazione e/o falsa applicazione -sotto altro profilo- degli artt. 17 (sostituito dall’art. 46 D.P.R. 380/2001) e 40 della L. 28/02/1985, n. 47 in relazione all’art. 360 c.p.c. n.3” le ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata abbia omesso di valutare le loro doglianze, relative al fatto che l’edificio ove insisteva l’immobile oggetto di donazione, sebbene esistente nel 1967, in epoca successiva alla data del I-9-1972 di acquisto da parte del donante aveva subito modifiche strutturali, nella sagoma e/o nel volume, tali da renderlo abusivo. Sostengono che gli immobili che abbiano subito variazioni e modifiche dopo il I-9-1967 sono incommerciabili, con conseguente nullità dell’atto di trasferimento, nel caso in cui l’alienante non dia conto nell’atto di trasferimento degli estremi della licenza o della concessione edilizia, nullità che ha carattere assoluto ed è rilevabile anche d’ufficio.
3.Preliminarmente deve essere rigettata l’eccezione sollevata dalla controricorrente di inammissibilità del ricorso per mancanza di procura speciale. La controricorrente ha sollevato l’eccezione sulla base del dato che la copia del ricorso a lei notificata, nella quale si fa riferimento alla procura apposta a margine, non riporta a margine procura, mentre le è stato notificato altro allegato che si compone della sola prima pagina del ricorso contenente anche procura a margine; evidenzia che tale procura non contiene alcun riferimento all’impugnazione della sentenza n.1119/2018 della Corte d’Appello di Palermo e perciò sostiene che la procura non soddisfi il requisito della specialità. Al contrario, la procura risulta apposta a margine di foglio separato ma materialmente congiunto al ricorso; quindi, secondo i principi posti da Cass. sez. un. 9-12-2022 n. 36057 Rv. 666374-01, il requisito della specialità della procura è integrato dalla sua collocazione topografica, nel senso che la firma per autentica apposta dal difensore su foglio separato, ma materialmente congiunto all’atto, è in tutto equiparata alla procura redatta a margine o in calce; tale collocazione topografica fa sì che la procura debba considerarsi conferita per il giudizio di cassazione anche se non contiene espresso riferimento al provvedimento da impugnare o al giudizio da promuovere, purché non risulti in modo assolutamente evidente la non riferibilità al giudizio di cassazione. Tale ultima ipotesi nella fattispecie deve essere esclusa con certezza, in quanto la procura è stata redatta a margine di foglio che riproduce la prima pagina del ricorso per cassazione.
4.I due motivi di ricorso sono trattati unitariamente stante la connessione e risultano infondati. Intende questo Collegio dare continuità al principio già posto da Cass. sez. 2 17-10-2022 n. 30425 Rv. 665991-01, la cui massima ufficiale recita: “Nel caso di immobile la cui costruzione sia iniziata 5 anteriormente al 1 settembre 1967, la nullità prevista dall’art. 40, comma 2, l. n. 47 del 1985, che ha natura testuale e non virtuale, ricorre soltanto nel caso in cui manchi nell’atto traslativo la dichiarazione del proprietario o di altro avente titolo, nella forma sostitutiva dell’atto notorio, che l’opera è iniziata prima di tale data, mentre restano irrilevanti, a tal fine, eventuali difformità del bene rispetto allo stato di fatto originario, potendo tale situazione assumere rilievo solo sotto il profilo della responsabilità contrattuale”. Cass. 30425/2022 ha dato applicazione ai principi posti da Cass. sez. un. 22- 3-2019 n. 8230 in termini che devono essere integralmente confermati in questa sede. Le Sezioni Unite hanno enunciato i seguenti principi di diritto: «la nullità comminata dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46, e dalla L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40, va ricondotta nell'ambito dell'art. 1418 c. c., comma 3, di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità "testuale", con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un'unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell'immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell'immobile. Pertanto, in presenza nell'atto della dichiarazione dell'alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all'immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato». Cass. 30425/2022 ha ritenuto che tali principi siano applicabili nel caso di costruzione iniziata anteriormente al I settembre 1967, per i quali l’art. 40 co. 2 legge 28 febbraio 1985 n. 47 del 1985 prevede, in luogo della menzione in atto degli estremi della concessione, la dichiarazione da parte del proprietario o altro avente titolo, nella forma sostitutiva dell'atto notorio, attestante che l'opera risulta iniziata in data anteriore; ha aggiunto, in conformità alla statuizione delle sezioni unite in ordine alla necessità che la concessione sia realmente esistente e riferibile proprio all’immobile, che «in presenza di tale dichiarazione la nullità comminata dalla legge urbanistica può ritenersi esistente solo nel caso in cui tale dichiarazione non risulti riferibile all'immobile oggetto dell'atto traslativo ovvero che quanto dichiarato non corrisponda alla realtà». Nella fattispecie è pacifico che tale dichiarazione richiesta dall’art. 40 co.2 citato fosse stata inserita nell'atto di donazione e, mentre la sentenza impugnata non contiene alcun accertamento sul contenuto della dichiarazione -essendosi la Corte territoriale limitata a esaminare la questione in linea di principio-, le stesse ricorrenti dichiarano (pag.11 e pag. 17 del ricorso) che l’immobile era esistente alla data del I-9- 1967; ciò significa che le stesse ricorrenti riconoscono che la dichiarazione era riferibile all’immobile oggetto dell’atto traslativo, in quanto rispondente alla realtà del fatto che l’immobile era esistente alla data del I-9-1967. Le ricorrenti aggiungono che in data successiva al I-9-1967 l’immobile aveva subito modifiche strutturali, che avrebbero richiesto il rilascio di concessione edilizia; però sotto tale profilo l’assenza di veridicità o l’incompletezza della dichiarazione non rileva, in quanto non incide sulla riferibilità della dichiarazione all’immobile per la corrispondenza al fatto reale dell’inizio della costruzione in data anteriore al I-9-1967. Quindi, le difformità del bene rispetto allo stato di fatto originario valorizzate dalle ricorrenti restano irrilevanti, sotto il profilo della validità della donazione, in quanto non escludono la riferibilità all’immobile della dichiarazione attestante l’inizio dell’opera prima del I-9-1967. 5.In conclusione il ricorso è integralmente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, le ricorrenti devono essere condannate alla rifusione a favore della resistente delle spese di lite del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate. In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co. 1- quater d.P.R. 115/2002 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna le ricorrenti alla rifusione a favore della resistente delle spese di lite del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege. Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile il 31-5-2023