Il ricorrente deduce violazione dell'articolo 3 della legge n. 335 del 1995, per non avere la corte territoriale considerato i redditi effettivamente percepiti (e solo essi) come richiesto dalla detta norma e per aver trascurato che il coniuge era comunque incapiente. Il motivo è fondato.
Questa Corte ha infatti già affermato (Sez. 6 - L, Ordinanza n. 14513 del 09/07/2020, Rv. 658800 - 01) che il diritto alla corresponsione dell'assegno sociale ex art. 3, comma 6, della l. n. 335 del 1995, prevede come unico requisito lo stato di bisogno effettivo del titolare, desunto dall'assenza di redditi o dall'insufficienza di quelli percepiti in misura inferiore al limite massimo stabilito dalla legge, restando irrilevanti eventuali altri indici di autosufficienza economica o redditi potenziali, quali quelli derivanti dall'assegno di mantenimento che il titolare abbia omesso di richiedere al coniuge separato, e senza che tale mancata richiesta possa essere equiparata all'assenza di uno stato di bisogno.
Nel medesimo senso, più di recente si è affermato (Sez. L, Sentenza n. 24954 del 15/09/2021, Rv. 662269 - 01) che il diritto alla corresponsione dell'assegno sociale ex art. 3, comma 6, della l. n. 335 del 1995, prevede come unico requisito lo stato di bisogno effettivo del titolare, desunto dalla condizione oggettiva dell'assenza di redditi o dell'insufficienza di quelli percepiti in misura inferiore al limite massimo stabilito dalla legge, senza che assuma rilevanza la mancata richiesta, da parte dell'assistito, dell'importo dovuto dall'ex coniuge a titolo di assegno divorzile, non essendo previsto che lo stato di bisogno, per essere normativamente rilevante, debba essere anche incolpevole. Ne consegue l'accoglimento del ricorso.
La sentenza impugnata, che non si è attenuta ai suddetti principi, deve essere cassata. La causa va rinviata alla medesima corte d’appello in diversa composizione per un nuovo esame, ed anche per le spese del presente giudizio. p.q.m. Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla stessa corte d’appello in diversa composizione per un nuovo esame ed anche per le spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24