Giu In tema d'ICI, l'occupazione sine titulo di un appartamento da parte di un privato non priva il proprietario del possesso del bene fino a quando non intervenga la radicale trasformazione dell’immobile, sicché egli resta soggetto passivo dell'imposta
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - ORDINANZA 06 aprile 2023 N. 9519
Massima
In tema d'ICI, l'occupazione sine titulo di un appartamento da parte di un privato non priva il proprietario del possesso del bene fino a quando non intervenga la radicale trasformazione dell’immobile, sicché egli resta soggetto passivo dell'imposta ancorché l'immobile sia detenuto dall'occupante, impregiudicato il suo diritto a far valere eventuali pretese di carattere risarcitorio

Casus Decisus
1. La P.M.C. s.r.l. proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli avverso un avviso di accertamento con il quale il Comune di Caserta e la P. s.r.l. le avevano chiesto il pagamento dell’ICI con riferimento a 29 appartamenti di sua proprietà per l’anno 2011. 2. La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso, ritenendo che nell’atto impositivo fossero stati indicati gli elementi essenziali della pretesa contributiva, che l’avvenuta pregressa requisizione da parte del Comune non fosse circostanza idonea ad esimere dal pagamento dell’imposta, essendo il presupposto di quest’ultima il possesso del cespite fino alla data di espropriazione e di trasferimento dello stesso, e che l’originaria situazione qualificabile come mera detenzione degli occupanti abusivi, beneficiari di assegnazione del Comune del bene requisito, non poteva ritenersi trasformata in possesso a seguito dell’occupazione sine titulo dopo il provvedimento di requisizione. 3. Sull’appello della contribuente, la Commissione Tributaria Regionale Campania rigettava il gravame, affermando che le somme dovute derivavano ex lege e non erano state contestate nel corso del giudizio e che l’appellante, sebbene avesse titolo a percepire un equo indennizzo per l’illegittima occupazione e, nei casi di abusi, il risarcimento per i danni subiti, era rimasta nel possesso dei suoi immobili, non avendo gli occupanti agito con l’animus rem sibi habendi. 4. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per cassazione P.M.C. s.r.l. sulla base di quattro motivi. Il Comune di Caserta e la P. s.r.l. non hanno svolto difese. In prossimità dell’adunanza camerale la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - ORDINANZA 06 aprile 2023 N. 9519 De Masi Oronzo

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 112, 115 e 132, comma 1, n. 4, c.p.c. e 36 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), c.p.c., nonché l’omessa pronuncia e la motivazione apparente, per non aver la CTR ritenuto che la controparte non avesse indicato i criteri sulla cui base aveva determinato le somme pretese e per non aver considerato la “Determinazione Registro Unico Città di Caserta n. 1207/12” prodotta in atti, dalla quale avrebbe evinto che la sospensione delle procedure di sfratto aveva ad essa impedito di ripristinare il possesso dei beni, come confermato nell’atto di compravendita del 26.6.2018 successivamente intercorso proprio con il Comune di Caserta.

1.1. Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato. Avuto riguardo alla censura concernente l’asserita carenza motivazionale dell’avviso di accertamento impugnato, anche a voler prescindere dalla circostanza che la ricorrente non ha trascritto, almeno nei suoi passaggi maggiormente significativi, il detto avviso, la doglianza non attinge la ratio decidendi sottesa alla pronuncia impugnata. Invero, la CTR, dopo aver affermato genericamente che l’avviso riportava tutti gli elementi previsti per legge, ponendo la società contribuente nelle condizioni di poter correttamente esercitare il proprio diritto alla difesa, ha sostenuto che le somme dovute derivavano ex lege e non erano state minimamente contestate nel corso del giudizio, sicchè dovevano reputarsi adeguatamente determinate. In ordine a tale affermazione (la derivazione dalla legge dei criteri di determinazione di quanto dovuto) la odierna ricorrente non ha formulato alcun rilievo critico.

1.2. Per quanto concerne l’assenza del presupposto impositivo (il possesso del cespite), va premesso che rappresenta circostanza pacifica quella secondo cui gli appartamenti in esame, requisiti dal Sindaco di Caserta a seguito dell’evento sismico del 1980 per destinarli ai nuclei familiari rimasti privi di abitazione, sono stati derequisiti nel 1996, per quanto a ciò non abbia fatto seguito la materiale liberazione degli immobili da parte dei nuclei familiari occupanti. Questa Corte ha già chiarito che l'occupazione abusiva di un immobile da parte di terzi non incide sull'obbligo del proprietario di corrispondere l'imposta ICI. In particolare, Cass. n. 7800/2019, con riguardo al tributo ICI, ha già ritenuto che secondo il combinato disposto degli artt. 1, comma 2, e 3 del d.lgs. n. 504 del 1992, il concetto di possesso quale presupposto impositivo del tributo è riferito alla titolarità del diritto dì proprietà o degli altri diritti reali di godimento indicati nell'art. 3 del citato decreto, in coerenza con la natura patrimoniale dell'imposta che prescinde dalla redditività del bene sottoposto a tassazione. Ai fini della debenza di tale tributo, ha sostenuto questa Corte, rileva pertanto il potere sulla cosa che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà ai sensi dell'art. 1140 c.c., mentre risulta irrilevante la mera detenzione (Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 29658 del 2021). Del resto, in tema di ICI, la requisizione non priva il proprietario del possesso del bene, salvo che, a seguito della realizzazione dell'opera pubblica, intervenga l'irreversibile trasformazione del fondo, sicché lo stesso è soggetto passivo dell'imposta anche se l'immobile sia detenuto dal beneficiario della requisizione (Sez. 5, Sentenza n. 21157 del 19/10/2016). Per quanto le due situazioni non siano perfettamente sovrapponibili (trattandosi nell’un caso di una occupazione legittima e nell’altro di una occupazione sine titulo), trova applicazione nel caso di specie il principio secondo cui l'occupazione temporanea d'urgenza di un terreno da parte della P.A. non priva il proprietario del possesso del bene fino a quando non intervenga il decreto di esproprio (o comunque l'ablazione) del fondo, sicché egli resta soggetto passivo dell'imposta ancorché l'immobile sia detenuto dall'occupante (Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 19041 del 27/09/2016; conf. Sez. 5, Sentenza n. 21157 del 19/10/2016; vedi altresì Sez. 5, Sentenza n. 5626 del 20/03/2015). In quest’ottica, si è escluso che possa ritenersi soggetto passivo dell'imposta, ai sensi dell'art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1992, persino la P.A. che abbia realizzato un'opera pubblica sul fondo occupato in virtù della cd. accessione invertita, tenuto conto che la realizzazione di tale opera 5 costituisce attività di mero fatto, di per sé inidonea a costituire un titolo di acquisto della proprietà (Sez. 5, Sentenza n. 19572 del 04/08/2017). Ciò non esclude, ovviamente, che il proprietario possa agire, come condivisibilmente ha evidenziato la CTR, nei confronti dell’ente pubblico e degli occupanti al fine di conseguire un equo indennizzo per l’illegittima occupazione e nei confronti di questi ultimi per ottenere il risarcimento dei danni eventualmente subìti. D’altra parte, nell'occupante, che riconosce la proprietà in capo all'espropriando, manca l'animus rem sibi habendi, onde lo stesso è un mero detentore (Sez. 1, Sentenza n. 21433 del 12/10/2007; conf. Sez. 5, Sentenza n. 4753 del 26/02/2010). Né la ricorrente ha dedotto, e tanto meno provato, che si sia verificata una interversio possessionis. Da quanto precede deriva che l'occupazione senza titolo non priva, di per sé, il proprietario del possesso dell'immobile occupato, del quale costui continua ad essere proprietario, e, come tale, soggetto passivo dell'imposta comunale sugli immobili - ICI, obbligato a presentare la relativa dichiarazione. Né è estensibile in ambito fiscale, ai fini della individuazione della legittimazione passiva Ici, il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui il possesso o la detenzione qualificata possono essere conservati solo animo, purché il possessore abbia la possibilità di ripristinare il contatto materiale con la cosa non appena lo voglia; soltanto qualora questa possibilità sia di fatto preclusa da altri o da una obiettiva mutata situazione dei luoghi, l'elemento intenzionale non è da solo sufficiente per la conservazione del possesso (o della detenzione qualificata) che si perde nel momento stesso in cui è venuta meno l'effettiva disponibilità della cosa (Sez. 1, Sentenza n. 4404 del 28/02/2006; conf. Sez. 2, Sentenza n. 1723 del 29/01/2016).

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 36 d.lgs. n. 546/1992 e 132, comma 1, n. 4, c.p.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., per aver la CTR emesso una sentenza affetta da contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e da motivazione 6 carente, perplessa ed obiettivamente incomprensibile, avendo affermato dapprima che la società aveva riacquisito il possesso degli appartamenti e poi che la stessa aveva trovato difficoltà a ripristinare un contatto materiale con la cosa, senza considerare che quest’ultimo è requisito del possesso.

3. Con il terzo motivo la contribuente deduce la violazione degli artt. 115 c.p.c., 2697 c.c. e 1 d.lgs. n. 504/1992 e del d.l. n. 102/2013, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), c.p.c., per aver la CTR erroneamente, a suo dire, apprezzato i documenti idonei a giustificare tanto l’assenza del presupposto d’imposta quanto la riduzione d’imposta per finalità di housing sociale.

4. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 115, comma 1, c.p.c., nonché l’omessa pronuncia su un fatto incontestato e decisivo per la lite, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., per aver la CTR omesso di valutare il contratto di compravendita del 28.6.2018 a rogito del notaio D.C., dal quale avrebbe desunto che, ancora a quella data, non era stata reimmessa nel perduto possesso.

5. I tre motivi, da trattare congiuntamente, siccome strettamente connessi, sono infondati. Nel richiamare le considerazioni già espresse nell’analisi del primo motivo quanto al profilo soggettivo dell’animus, va qui aggiunto che la consegna di per sé vale a trasferire unicamente la detenzione del bene, dovendo in tal caso l'occupante dimostrare l'interversione della detenzione in possesso ad usucapionem, mediante idonee attività materiali di opposizione, specificamente rivolte contro il privato proprietario, non essendo sufficiente a tal fine il prolungarsi della detenzione, né il compimento di atti corrispondenti all'esercizio del possesso. In particolare, una volta che l'occupante ha cominciato ad avere la detenzione, questa è suscettibile di mutarsi in possesso (ai fini dell'acquisto per usucapione) soltanto se si verifica uno dei fatti nuovi previsti dall'art. 1141 c.c., cioè soltanto nel caso in cui il titolo venga ad essere mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione fatta dal detentore contro il possessore. Altri fatti - come il prolungarsi della detenzione, o l'attività materiale di trasformazione della cosa (come quelli denunciati a pag. 25 del ricorso) - diversi da quelli tassativamente indicati nel citato articolo, non possono valere, anche se rivelino un animus rem sibi habendi, ad operare l'interversio possessionis, cioè il mutamento dell'iniziale detenzione in possesso animo domini (Sez. 1, Sentenza n. 820 del 05/03/1975). Del resto, proprio la circostanza che nel 2012 (vale a dire, nell’anno successivo a quello oggetto di imposizione) le parti abbiano stipulato un contratto preliminare di vendita con riferimento ai medesimi cespiti in precedenza requisiti e, quindi, un atto negoziale avente effetti meramente obbligatori, conferma la circostanza che si fosse in presenza di una mera detenzione. Orbene, nell’affermare che la proprietaria aveva incontrato difficoltà nel recuperare i beni, la CTR voleva all’evidenza sostenere che, per quanto avesse mantenuto sempre l’animus possidendi, gli occupanti sine titulo avessero frapposto ostacoli per consentirle di acquisire altresì il corpus. Non rappresenta, infine, questa la sede per verificare se, sulla premessa che il possesso (o la detenzione) può essere conservato solo animo, purché il possessore (o il detentore) sia in grado di ripristinare ad libitum il contatto materiale con la cosa, nel caso di specie tale possibilità fosse di fatto preclusa da altri o da una obiettiva mutata situazione dei luoghi. Senza tralasciare che la violazione del precetto di cui all'art. 2697 c.c. si configura nell'ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l'onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poichè in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull'esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all'art. 360, n. 5, c.p.c. (fra le tante, Sez. L, Sentenza n. 17313 del 19/08/2020).

5.1. La circostanza che sullo sfondo si ponesse una finalità pubblicistica di housing sociale non esclude che, una volta terminata la requisizione e disposta la restituzione degli appartamenti, l’occupazione si sia protratta sine titulo. Le eventuali responsabilità da parte dell’ente pubblico nel precludere l’uso della forza pubblica potrebbero determinare l’insorgere a suo carico di obblighi di natura risarcitoria, ma non escluderebbero la sussistenza in capo alla proprietaria del presupposto impositivo. D’altra parte, in base all’art. 3, comma 1, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, “Soggetti passivi dell'imposta sono il proprietario di immobili di cui al comma 2 dell'articolo 1, ovvero il titolare del diritto di usufrutto, uso o abitazione sugli stessi, anche se non residenti nel territorio dello stato o se non hanno ivi la sede legale o amministrativa o non vi esercitano l'attività.”. Ai sensi dell’art. 1, comma 2, “Presupposto dell'imposta è il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa.”. Orbene, gli artt. 1, comma 2, e 3, comma 1, del d.lgs. n. 504 del 1992 riferiscono il possesso, quale presupposto del tributo, alla titolarità del diritto di proprietà del cespite, prescindendo completamente, nella configurazione dell'elemento oggettivo dello stesso presupposto, dalla fruttuosità, o non, del bene (Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 6064 del 09/03/2017). In quest’ottica, Sez. 5, Sentenza n. 25498 del 18/12/2015 ha persino escluso che il pagamento dell'ICI da parte del possessore di un immobile sine titulo potesse impedire al comune di pretendere il pagamento dell'imposta da parte del proprietario.

6. Non constando precedenti specifici di questa Sezione sulla questione principale analizzata in precedenza, va enunciato il seguente principio di diritto: “In tema d'ICI, l'occupazione sine titulo di un appartamento da parte di un privato non priva il proprietario del possesso del bene fino a quando non intervenga la radicale trasformazione dell’immobile, sicché egli resta soggetto passivo dell'imposta ancorché l'immobile sia detenuto dall'occupante, impregiudicato il suo diritto a far valere eventuali pretese di carattere risarcitorio”.

7. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita accoglimento. Nessuna pronuncia deve essere adottata quanto alle spese del presente grado di giudizio, non avendo gli intimati svolto difese.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della