1. Preliminarmente la ricorrente eccepisce il giudicato esterno intervenuto sulla medesima questione sorta sullo stesso immobile con riferimento agli accertamenti Tari per gli anni 2011 e 2012, in forza del quale è stato affermato che l’immobile, nella parte in contestazione, era in uso a terzi. 1.1. L’eccezione è infondata. Va ricordato che, qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l'accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il "petitum" del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell'autonomia dei periodi d'imposta, in quanto l'indifferenza della fattispecie costitutiva dell'obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in 4 di 8 relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d'imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all'applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente (Cass. Sez. U., n. 13916/2006, Rv. 589696 - 01 cui adde, ex plurimis; Cass., n. 32741/2019, Cass., n. 20969/2020, Cass., n. 21680/2021, Cass., n. 21555/2022). 1.2. Nel caso in esame non viene in rilievo un elemento di fattispecie a carattere tendenzialmente permanente. L’elemento è dato dal possesso di un’unità immobiliare e ciò che si possiede in un dato periodo di imposta ben può subire variazioni (da denunciare) in un successivo periodo di imposta. Segue, pertanto, il rigetto dell’eccezione. 2. Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 112, 115 e 116, cod. proc. civ. per avere posto a base della decisione pretese ammissioni della ricorrente dalla stessa mai formulate e in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 63 e 70 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 e dell’art. 2697 cod. civ. per avere ritenuto che fosse onere della ricorrente provare il fatto negativo della non disponibilità della porzione di immobile in contestazione. Contesta l’erroneità della sentenza impugnata laddove afferma che è stata la stessa ricorrente «ad indicare che il P. ha utilizzato l’immobile solo fino al 2012». In proposito rileva come la stessa sentenza impugnata ha dato atto che in primo grado era stato accertato che l’immobile 5 di 8 risultava debitamente diviso in due parti: il primo piano (di mq 170) di proprietà e abitato dalla ricorrente, mentre il pianterreno (di mq. 124) di proprietà della stessa, ma in uso al P. fino al 2012, anno fino al quale lo stesso aveva pagato la Tarsu. A conferma di tale assunto la ricorrente evidenzia di avere provveduto a depositare già in primo grado le relative liquidazioni della Tari indirizzate dall’ente impositore al P.. Chiarisce, inoltre, la ricorrente di avere dato atto in entrambi i gradi del giudizio che la stessa RTI, odierna intimata, aveva opposto che «Riccardo Marco P. non ha pagato la Tarsu del 2013, ma rileva che per il 2011 e 2012 l’utilizzatore era lui e che la comparente (odierna ricorrente) non ha maturato né la disponibilità né lo ha utilizzato». Sempre riportando quanto affermato da RTI, «nulla deve la ricorrente per il piano terra che non usa e che è stato usato da terzi, i quali, se non hanno pagato la Tarsu, o la devono pagare o devono restituire l’immobile, ma tanto deve essere oggetto di contestazione che l’amministrazione deve rivolgere a terzi». Evidenzia, infine, la ricorrente che dalle circostanze finora indicate avrebbe dovuto desumersi che vi fosse la prova che l’immobile era stato denunciato, ai fini Tari/Tarsu da tale terzo utilizzatore. Sottolinea, infine, che l’amministrazione ha chiesto il tributo in questione, sia al P., il quale aveva pagato le annualità 2011 e 2012, sia alla ricorrente, la quale per quegli anni ha impugnato e ottenuto l’annullamento degli accertamenti, in quanto in uso a terzi. 2.1. Il motivo è fondato nei seguenti termini. Ai sensi dell’art. 63, comma 1, del d.lgs. n. 507 del 1993, «La tassa è dovuta da coloro che occupano o detengono i locali o le aree scoperte di cui all'art. 62 con vincolo di solidarietà tra i 6 di 8 componenti del nucleo familiare o tra coloro che usano in comune i locali o le aree stesse». L’art. 70 del citato d.lgs. prevede che: « 1. I soggetti di cui all'art. 63 presentano al comune, entro il 20 gennaio successivo all'inizio dell'occupazione o detenzione, denuncia unica dei locali ed aree tassabili siti nel territorio del comune. La denuncia è redatta sugli appositi modelli predisposti dal comune e dallo stesso messi a disposizione degli utenti presso gli uffici comunali e circoscrizionali. 2. La denuncia ha effetto anche per gli anni successivi, qualora le condizioni di tassabilità siano rimaste invariate. In caso contrario l'utente è tenuto a denunciare, nelle medesime forme, ogni variazione relativa ai locali ed aree, alla loro superficie e destinazione che comporti un maggior ammontare della tassa o comunque influisca sull'applicazione e riscossione del tributo in relazione ai dati da indicare nella denuncia». Nel caso di specie, non è contestato che l’amministrazione abbia indirizzato al P. gli atti di accertamento per la riscossione del tributo oggetto di causa, anzi la stessa sentenza impugnata afferma come accertato in primo grado il pagamento dell’imposta da parte di questi, in quanto utilizzatore per gli anni 2011 e 2012. La circostanza del pagamento del tributo da parte del P., terzo utilizzatore, farebbe presumere, dunque, che dallo stesso sia stata effettuata una denuncia. Posto che la disposizione di cui al comma 2 dell’art. 70 del d.lgs. n. 507 del 1993, prevede che la denuncia ha effetto anche per gli anni successivi, qualora le condizioni di tassabilità siano rimaste invariate e, in caso contrario, che l'utente è tenuto a denunciare, nelle medesime forme, ogni variazione relativa ai locali ed aree, la sentenza impugnata ha errato nel dare per presupposto che l’onere di denuncia ritorni automaticamente in capo alla titolare del bene, una volta che la detenzione o il possesso da parte di terzi vengano a mancare, pure in assenza di una denuncia di variazione del possesso. I giudici del merito, infatti, avrebbero dovuto preventivamente verificare, ai fini dell’individuazione del soggetto passivo dell’imposta, chi ha effettuato la dichiarazione di possesso della porzione di immobile in questione e anche l’esistenza o meno di eventuali successive denunce di variazione e da parte di chi. Tale omessa verifica determina l’obliterazione della disposizione da ultimo riportata che pone in capo al contribuente l’onere di denuncia di variazione, pena il mantenimento dell’imposta come determinata sulla base della precedente denuncia.
Deve, pertanto essere enunciato il seguente principio di diritto. «In tema di Tarsu, nel caso di immobile catastalmente intestato a un soggetto e posseduto da un terzo, che negli anni ha anche provveduto al pagamento del tributo, trova sempre applicazione il principio dell’ultrattività della dichiarazione. Ne consegue che l’amministrazione finanziaria, in ipotesi di variazione del presupposto impositivo (nella specie cessazione della situazione di possesso o detenzione da parte del terzo) non può automaticamente richiedere il pagamento del tributo al solo intestatario catastale ma è tenuto, ai fini dell’identificazione del soggetto passivo dell’imposta, ad effettuare una previa verifica circa l’esistenza di una dichiarazione di possesso da parte del terzo e di eventuali successive denunce di variazione».
3. Con il secondo motivo di impugnazione subordinato, la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione della l. 27 dicembre 2013, n. 147, 8 di 8 nonché dell’art. 70 del d.lgs. n. 507 del 1993, in quanto la CTR avrebbe fondato il proprio accertamento, non su presunzioni semplici, ma utilizzando le risultanze delle banche dati del comune di Pozzuoli e da quanto dichiarato dal contribuente, con la conseguenza di escludere la necessità del contraddittorio.
3.1. Il motivo resta assorbito, stante l’accoglimento del primo motivo.
4. Segue l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per l’accertamento circa l’individuazione del soggetto che ha effettuato la denuncia ai fini dell’imposta di cui all’oggetto e circa l’esistenza di eventuali denunce di variazione successive. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso il 17 maggio 2023