specializzandi, in quanto tali emolumenti sono destinati a sopperire alle esigenze materiali per l’impegno a tempo pieno degli interessati nell’attività rivolta alla loro formazione e non costituiscono, quindi, il corrispettivo delle prestazioni svolte, le quali non sono rivolte ad un vantaggio per l’università, ma alla formazione teorica e pratica degli stessi specializzandi e al conseguimento, a fine corso, di un titolo abilitante, sicché è inapplicabile l’art. 36 Cost. ed il principio di adeguatezza della retribuzione ivi contenuto
gli obblighi di attuazione della normativa comunitaria in tema di adeguata remunerazione per la frequenza delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia derivanti dalle direttive CE n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76 – che non prevedono una precisa misura del compenso minimo spettante agli specializzandi – devono ritenersi adempiuti dallo Stato italiano con la borsa di studio introdotta dal decreto legislativo n. 257 del 1991, nella sua misura originaria;
la direttiva comunitaria n. 93/16 non introduce alcun nuovo ed ulteriore obbligo con riguardo alla misura della suddetta adeguata remunerazione; la previsione di un trattamento economico più elevato per i medici specializzandi, a decorrere dall’anno accademico 2006/2007, in coincidenza con la riorganizzazione dell’ordinamento delle scuole di specializzazione e con l’introduzione del contratto di formazione specialistica operate nell’ordinamento interno con il decreto legislativo n. 368 del 1999, non costituisce il primo atto di adempimento dei suddetti obblighi comunitari in relazione all’adeguatezza della remunerazione, e non comporta alcun obbligo dello Stato di estendere il nuovo trattamento economico ai medici che hanno frequentato le scuole di specializzazione negli anni accademici anteriori al 2006/2007;
l’importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti ai corsi di specializzazione negli anni accademici dal 1998 al 2005 non è soggetto all’adeguamento triennale previsto dall’art. 6, comma 1, del d. lgs. n. 257 del 1991, in quanto l’art. 32, comma 12, della l. n. 449 del 1997, con disposizione confermata dall’art. 36, comma 1, della l. n. 289 del 2002, ha consolidato la quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio ed escluso integralmente l’applicazione del citato art. 6;
in tema di trattamento economico dei medici specializzandi e con riferimento alla domanda risarcitoria per non adeguata remunerazione, l’importo della borsa di studio prevista dall’art. 6 del d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257 non è soggetto ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita per gli anni accademici dal 1992-1993 al 2004-2005, in applicazione di quanto disposto dall’art. 7 del decreto-legge n. 384 del 1992 (ed analoghe normative successive), senza che il blocco di tale incremento possa dirsi irragionevole, iscrivendosi in una manovra di politica economica riguardante la generalità degli emolumenti retributivi in senso lato erogati dallo Stato;
la predetta sospensione, inoltre, non contrasta con la Direttiva 82/76/CEE del Consiglio del 26 gennaio 1982 (recepita con il predetto d.lgs. n. 257 del 1991, in attuazione della legge 29 dicembre 1990, n.428) in quanto in detta disciplina comunitaria non è rinvenibile una definizione di retribuzione adeguata, né sono posti i criteri per la determinazione della stessa.
1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 101, secondo comma, Costituzione». Secondo la parte ricorrente, il giudice di appello non avrebbe fatto applicazione della legge, ma di una “interpretazione giurisprudenziale”, peraltro neanche pacifica, limitandosi a richiamare alcuni precedenti della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e della Corte di Cassazione. Il motivo è inammissibile. La censura è priva di specificità, posto che la stessa parte ricorrente afferma che il giudice ha fatto applicazione di un’interpretazione del diritto, per cui non si comprende a cosa si faccia riferimento denunciando una mancata applicazione della legge. È poi appena il caso di ricordare che, in base all’art. 118 disp. att. c.p.c., la motivazione della decisione può consistere anche del riferimento a precedenti conformi. Con riguardo alle censure relative alla correttezza della suddetta interpretazione, si fa rinvio a quanto sarà esposto in relazione ai successivi motivi del ricorso.
2. Con il secondo motivo si denunzia «Violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto dagli artt. 112 cpc e 100 cpc e 95 Cost». La sentenza impugnata viene censurata nella parte in cui «non si pronuncia in merito alla riforma dell’esclusione dei Ministeri dalla legittimazione passiva». Il motivo è inammissibile per difetto di interesse. Essendo stata definitivamente accertata l’assoluta infondatezza sostanziale delle pretese dei ricorrenti, risulta del tutto priva di rilievo ai fini della decisione della controversia la questione posta, relativa alla precisa individuazione delle amministrazioni passivamente legittimate in relazione alle domande proposte.
3. Con il terzo motivo si denunzia «Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 13, 16 della Direttiva 82/76, nonché 3 Cost e artt. 37, 38 e 39 del Dlgs. 368/99». Con il quarto motivo si denunzia «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 Dlgs 257/91».
Il terzo ed il quarto motivo del ricorso sono logicamente e giuridicamente connessi e possono, pertanto, essere esaminati congiuntamente. I ricorrenti sostengono che la corte d’appello avrebbe erroneamente escluso il loro diritto a ottenere, in via di indennizzo e/o comunque risarcitoria, la differenza tra la borsa di studio percepita ai sensi del decreto legislativo 8 agosto 1991 n. 257 ed il compenso previsto dal decreto legislativo 17 agosto 1999 n. 368, con il quale erano state recepite nell’ordinamento italiano le direttive comunitarie n. 75/362, n. 82/76 e n. 93/16 (con le successive integrazioni), ma la concreta operatività dei cui effetti economici era stata differita fino all’anno accademico 2006/2007 ovvero, quanto meno, gli adeguamenti economici previsti dalla legge in relazione alla suddetta borsa di studio. I motivi di ricorso in esame sono manifestamente infondati e, come tali, inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis, comma 1, n. 1, c.p.c..
Su tutte le questioni di diritto oggetto delle censure dei ricorrenti, la decisione impugnata è, infatti, conforme ai seguenti principi di diritto (eventualmente, se necessario, da intendersi come correzioni ed integrazioni della relativa motivazione), già enunciati da questa Corte e del resto ormai oggetto di indirizzi consolidati, che le difese dei ricorrenti non offrono argomenti idonei a rimeditare (cfr., tra le più recenti pronunzie massimate: Cass., Sez. L, Sentenza n. 4449 del 23/02/2018, Rv. 647457 – 01 e 02; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 6355 del 14/03/2018, Rv. 648407 – 01; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 13445 del 29/05/2018, Rv. 648963 – 01; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 14168 del 24/05/2019, Rv. 653939 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 8503 del 06/05/2020, Rv. 657919 – 01; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 13572 del 20/05/2019, Rv. 654216 – 01: in quest’ultima decisione è tra l’altro espressamente escluso ogni dubbio di legittimità costituzionale e di compatibilità con il diritto dell’Unione europea della normativa applicabile, affermandosi l’inutilità di una remissione degli atti alla Corte di giustizia; su tali ultimi punti, conf., altresì: Cass., Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 15014 dell’11/05/2022, a pag. 10, nonché Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 12702 del 10/05/2023, che richiama a sua volta Cass. nn. 31922, 17051 e 15520 del 2018; in particolare, sulla natura dell’attività svolta dagli specializzandi, non equiparabile a quella derivante da rapporto di lavoro autonomo o subordinato e, quindi, a quella svolta dai medici strutturati: Sez. L, Sentenza n. 20403 del 22/09/2009, Rv. 610255 – 01; Sez. L, Sentenza n. 1891 del 09/02/2012, Rv. 620912 – 01; Sez. L, Ordinanza n. 18670 del 27/07/2017, Rv. 645008 – 01; Sez. L, Ordinanza n. 9103 del 01/04/2021, Rv. 660867 – 01; con specifico riguardo alla questione degli incrementi della borsa di studio di cui al D. Lgs. n. 257 del 1991, cfr., in particolare: Sez. L, Sentenza n. 11565 del 26/05/2011, Rv. 617321 – 01; Sez. L, Ordinanza n. 18670 del 27/07/2017, Rv. 645008 – 02; Sez. L, Ordinanza n. 9104 del 01/04/2021, Rv. 660868 – 01; cfr., inoltre, tra le innumerevoli decisioni sostanzialmente conformi a quelle citate, ma non massimate: Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 17184 del 15/06/2023; Sez. 1, Sentenza n. 36427 del 13/12/2022; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 31311 del 24/10/2022; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 31112 del 21/10/2022; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 30793 del 19/10/2022; Sez. 6 - 3, Ordinanze n. 30506, 30507, 30508, 30700 e 30710 del 18/10/2022; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 28665 del 03/10/2022; Sez. 6 - 3, Ordinanze nn. 24708, 24803, 24804 e 24805 del 09/10/2018; nn. 20417 e 20419 del 02/08/2018; nn. 20377 e 20380 del 01/08/2018; n. 20184 del 31/07/2018; nn. 17051 e 17052 e del 28/06/2018; n. 16805 del 26/06/2018; n. 15963 del 18/06/2018; nn. 13519, 13524 e 13525 del 30/05/2018; nn. da 13446 a 13452 del 29 maggio 2018):
l’attività svolta dai medici iscritti alle scuole di specializzazione universitarie non è inquadrabile nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, né del lavoro autonomo, ma costituisce una particolare ipotesi di contratto di formazione – lavoro, oggetto di specifica disciplina, rispetto alla quale non può essere ravvisata una relazione sinallagmatica di scambio tra la suddetta attività e la remunerazione prevista dalla legge a favore degli specializzandi, in quanto tali emolumenti sono destinati a sopperire alle esigenze materiali per l’impegno a tempo pieno degli interessati nell’attività rivolta alla loro formazione e non costituiscono, quindi, il corrispettivo delle prestazioni svolte, le quali non sono rivolte ad un vantaggio per l’università, ma alla formazione teorica e pratica degli stessi specializzandi e al conseguimento, a fine corso, di un titolo abilitante, sicché è inapplicabile l’art. 36 Cost. ed il principio di adeguatezza della retribuzione ivi contenuto;
???????gli obblighi di attuazione della normativa comunitaria in tema di adeguata remunerazione per la frequenza delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia derivanti dalle direttive CE n. 75/362, n. 75/363 e n. 82/76 – che non prevedono una precisa misura del compenso minimo spettante agli specializzandi – devono ritenersi adempiuti dallo Stato italiano con la borsa di studio introdotta dal decreto legislativo n. 257 del 1991, nella sua misura originaria;
la direttiva comunitaria n. 93/16 non introduce alcun nuovo ed ulteriore obbligo con riguardo alla misura della suddetta adeguata remunerazione;
la previsione di un trattamento economico più elevato per i medici specializzandi, a decorrere dall’anno accademico 2006/2007, in coincidenza con la riorganizzazione dell’ordinamento delle scuole di specializzazione e con l’introduzione del contratto di formazione specialistica operate nell’ordinamento interno con il decreto legislativo n. 368 del 1999, non costituisce il primo atto di adempimento dei suddetti obblighi comunitari in relazione all’adeguatezza della remunerazione, e non comporta alcun obbligo dello Stato di estendere il nuovo trattamento economico ai medici che hanno frequentato le scuole di specializzazione negli anni accademici anteriori al 2006/2007;
l’importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti ai corsi di specializzazione negli anni accademici dal 1998 al 2005 non è soggetto all’adeguamento triennale previsto dall’art. 6, comma 1, del d. lgs. n. 257 del 1991, in quanto l’art. 32, comma 12, della l. n. 449 del 1997, con disposizione confermata dall’art. 36, comma 1, della l. n. 289 del 2002, ha consolidato la quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio ed escluso integralmente l’applicazione del citato art. 6;
in tema di trattamento economico dei medici specializzandi e con riferimento alla domanda risarcitoria per non adeguata remunerazione, l’importo della borsa di studio prevista dall’art. 6 del d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257 non è soggetto ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita per gli anni accademici dal 1992-1993 al 2004-2005, in applicazione di quanto disposto dall’art. 7 del decreto-legge n. 384 del 1992 (ed analoghe normative successive), senza che il blocco di tale incremento possa dirsi irragionevole, iscrivendosi in una manovra di politica economica riguardante la generalità degli emolumenti retributivi in senso lato erogati dallo Stato; la predetta sospensione, inoltre, non contrasta con la Direttiva 82/76/CEE del Consiglio del 26 gennaio 1982 (recepita con il predetto d.lgs. n. 257 del 1991, in attuazione della legge 29 dicembre 1990, n.428) in quanto in detta disciplina comunitaria non è rinvenibile una definizione di retribuzione adeguata, né sono posti i criteri per la determinazione della stessa.
4. Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Nulla è a dirsi in ordine alle spese del giudizio, non avendo gli enti intimati svolto attività difensiva nella presente sede. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115. Per questi motivi La Corte: - dichiara inammissibili i ricorsi. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento, da parte di tutti i ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile