Giu Espropriazione forzata immobiliare: la domanda di sostituzione esecutiva, ex art. 511 c.p.c., deve essere proposta prima dell’inizio dell’udienza ex art. 596 c.p.c. e per i processi iniziati dopo il 28 febbraio 2023, prima dell'audizione parti
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - SENTENZA 01 agosto 2023 N. 23482
Massima
In tema di espropriazione forzata immobiliare, la domanda di sostituzione esecutiva, ai sensi dell’art. 511 cod. proc. civ., deve essere proposta prima dell’inizio dell’udienza ex art. 596 cod. proc. civ. ovvero, per i processi iniziati dopo il 28 febbraio 2023, prima dell’inizio dell’audizione delle parti innanzi il professionista delegato per la discussione sul progetto di distribuzione

Casus Decisus
1. In forza di decreto di omologa di separazione consensuale tra coniugi reso dal Tribunale di Firenze recante l’obbligo di F.C. a corrispondere assegni di mantenimento mensili dell’importo di un milione di lire in favore della ex coniuge L.C. e di due milioni di lire della figlia F.C., L.C. intimò a F.C. precetto di pagamento della somma complessiva di euro 162.977,15, partitamente distinguendo le somme richieste per il credito nella sua titolarità e quelle di spettanza della figlia. 3 2. Inadempiuto il precetto, L.C. promosse nell’anno 2009 in danno di F.C. innanzi il Tribunale di Firenze espropriazione forzata su quota indivisa del diritto di proprietà su un bene immobile ubicato in Firenze, già gravata da iscrizione ipotecaria di primo grado in favore della procedente. 3. Nella procedura espropriativa spiegarono intervento: (a) la Banca CR Firenze S.p.A. (lite pendente, fusa per incorporazione in Intesa SanPaolo S.p.A.), creditore assistito da garanzia ipotecaria di secondo grado sull’immobile pignorato, in forza di un decreto ingiuntivo recante condanna (solidale) di F.C. e L.C.; (b) la Banca Nazionale del Lavoro (lite pendente, cedente il credito azionato ad A. s.r.l.), creditore assistito da garanzia ipotecaria di terzo grado sul cespite staggito, in forza di decreto ingiuntivo recante condanna (solidale) di F.C. e L.C.; (c) la Unicredit S.p.A. (lite pendente, sostituita ex art. 111 cod. proc. civ. da SPV Project 1904 s.r.l.), creditrice, in base a decreto ingiuntivo, di F.C. e L.C., facendo valere causa legittima di prelazione costituita da ipoteca iscritta nell’anno 2010, ovvero dopo la trascrizione del pignoramento. 4. Disposta dal giudice dell’esecuzione (con ordinanza resa il 21 ottobre 2010) la divisione della quota pignorata, all’esito del relativo giudizio venne ricavata la somma - ascritta alla porzione del diritto sottoposta a pignoramento - di euro 114.835,44. 5. Nelle more di svolgimento della divisione, nella espropriazione forzata con istanze depositate in tempi diversi (ma tutte successive alla ordinanza disponente la divisione) Banca Nazionale del Lavoro S.p.A., Unicredit S.p.A. e Banca CR Firenze S.p.A. formularono, ai sensi dell’art. 511 cod. proc. civ., domanda di sostituzione nella posizione del loro debitore L.C.. 4 Ulteriore intervento con domanda di sostituzione ex art. 511 cod. proc. civ. proposeF.C., per il credito nella sua titolarità, originariamente azionato dalla madre L.C.. 6. A conclusione della fase distributiva, con ordinanza del 10 luglio 2015 il giudice dell’esecuzione, ritenuta la tardività delle istanze di sostituzione e decurtati i crediti da soddisfare con preferenza assoluta poiché imputati a spese di giustizia, assegnò euro 56.195,72 a L.C., quale creditrice ipotecaria di primo grado, ed euro 54.218,11 a Banca CR Firenze, creditrice ipotecaria di secondo grado. 7. Avverso detta ordinanza reagirono, con distinte opposizioni agli atti esecutivi, L.C., la Unicredit e la CAF S.p.A., mandataria di A. s.r.l., in surroga della Banca Nazionale del Lavoro. 8. Riunite le cause, la decisione in epigrafe indicata ha dichiarato «l’illegittimità del piano di distribuzione adottato con ordinanza del giudice dell’esecuzione […] per avere escluso l’ammissibilità delle domande di sostituzione proposte ex art. 511 cod. proc. civ.», compensando le spese tra tutte le parti in lite. Per quanto ancora d’interesse, il Tribunale di Firenze ha ritenuto: (a) il credito azionato da L.C., per l’assegno mensile in suo favore non corrisposto, di natura non alimentare, pertanto pignorabile, «ciò escludendo la sussistenza di limiti all’operatività dell’art. 511 cod. proc. civ.»; (b) l’ipoteca di primo grado iscritta a garanzia del solo credito di L.C., non anche del credito della figliaF.C.; (c) inammissibile la domanda di sostituzione avanzata daF.C., non vantando ella alcun credito nei confronti di L.C.; (d) ammissibili e tempestive le altre istanze ex art. 511 cod. proc. civ., siccome proposte prima della conclusione della fase distributiva; (e) la distribuzione delle somme ricavate tra i creditori validamente sostituitisi ex art. 511 cod. proc. civ. da compiersi secondo la graduazione delle rispettive cause legittime di prelazione vantate nei confronti del debitore esecutato, con collocazione in chirografo dei creditori assistiti da iscrizioni ipotecarie inopponibili alla procedura. 9. Ricorre per cassazione L.C., affidandosi a due motivi, cui resistono, con separati controricorsi, spiegando altresì distinti ricorsi incidentali, ciascuno articolato in un motivo, Intesa SanPaolo S.p.A. e A. s.r.l., e per esse Intrum Italy S.p.A.; non svolgono difese in grado di legittimità gli altri soggetti in epigrafe indicati. Ai ricorsi incidentali oppone resistenza la ricorrente principale. 10. All’esito dell’adunanza camerale del 15 novembre 2022, con ordinanza n. 2412/2013 resa il 26 gennaio 2023 ed in pari data comunicata, questa Corte, ritenuto non correttamente instaurato il contraddittorio sui reciproci ricorsi, ha ordinato la rinnovazione della notificazione del ricorso principale nei confronti diF.C. e del ricorso incidentale proposto da Intesa SanPaolo S.p.A. (rappresentata da I. S.p.A.) nei confronti diF.C. e di F.C., assegnando, per detti incombenti, il termine di sessanta giorni dalla comunicazione del provvedimento. 11. Regolarmente e tempestivamente compiuti detti adempimenti, la causa è stata discussa alla pubblica udienza del 18 aprile 2023, in relazione alla quale parte ricorrente ha depositato memoria.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - SENTENZA 01 agosto 2023 N. 23482 De Stefano Franco

1. Il primo motivo del ricorso principale, ascritto a violazione dell’art. 360, primo comma, num. 5, reca tre distinte censure.

1.1. Sostiene, in primis, la ricorrente che il giudice territoriale abbia errato nel negare la natura alimentare del credito azionato a titolo di mantenimento dovuto al coniuge da L.C., emergendo dalla documentazione (pure allegata al ricorso) lo stato di bisogno della creditrice, priva di entrate sufficienti al proprio sostentamento. 6 1.1.1. La doglianza è inammissibile: essa sollecita questa Corte alla valutazione di circostanze meramente fattuali, apprezzamento tipico del giudice di merito, e ad un riesame delle emergenze istruttorie (segnatamente documentali), attività del tutto estranee alla natura ed alla funzione del giudizio di legittimità.

1.2. Si contesta, poi, la dichiarata inammissibilità della domanda di sostituzione spiegata daF.C.: si sostiene che il credito azionato da L.C. nell’interesse della figlia ha natura alimentare, per cui va «soddisfatto ed integralmente per primo sugli altri».

1.2.1. La doglianza è inammissibile, per un duplice ordine di motivi. In primo luogo, per difetto di legittimazione all’impugnazione.F.C. ha spiegato intervento nella procedura esecutiva a tutela del credito originariamente azionato, nel suo interesse, dalla madre L.C. e formulato domanda di sostituzione ex art. 511 cod. proc. civ., quest’ultima dichiarata inammissibile non rivestendo la C. la qualità di creditor creditoris di L.C.. Da ciò discende che unico soggetto legittimato ad impugnare in parte qua la sentenza in discorso eraF.C.. In secondo luogo, la censura sollevata - incentrata sulla natura alimentare del credito vantato - non attinge criticamente (anzi, ignora del tutto) la trascritta ratio decidendi della sentenza qui gravata, basata sulla inesistenza del presupposto per la sostituzione esecutiva di cui all’art. 511 cod. proc. civ..

1.3. Da ultimo, si nega che l’iscrizione ipotecaria sia stata posta a salvaguardia del solo credito di L.C.: in contrario si deduce che, in base al contenuto del quadro D della nota di iscrizione, l’ipoteca garantiva tutto «quanto dovuto in esecuzione ed ottemperanza agli accordi contenuti nel ricorso per separazione consensuale».

1.3.1. Anche questa doglianza è inammissibile.

Essa prospetta - peraltro, riportando uno stralcio della nota di iscrizione di tenore divergente rispetto a quello pedissequamente trascritto nella sentenza de qua - una lettura dei documenti acquisiti al processo differente da quella operata dal giudice territoriale: finisce così con il risolversi in una - inammissibile in sede di legittimità - istanza di riesame delle risultanze istruttorie finalizzata ad un diverso apprezzamento di fatto, come detto riservato al giudice di merito. 2. Anche il secondo motivo reca due eterogenee censure.

2.1. Con la prima, ascritta per violazione o falsa applicazione dell’art. 545 cod. proc. civ., si assume che il credito azionato - seppur qualificato come di mantenimento - è impignorabile per la quota relativa alla parte alimentare, come tale non compensabile e «non passibile di domande di sostituzione» da parte degli istituti bancari.

2.1.1. La doglianza è inammissibile. La decisione del Tribunale fiorentino ha escluso che l’assegno di mantenimento al coniuge avesse carattere alimentare all’esito di una ricognizione del caso concreto, che ha indotto ad escludere, sulla base delle allegazioni e delle prove assunte, la sussistenza di uno stato di bisogno di L.C. e della impossibilità della stessa, per causa non imputabile, di reperire un’occupazione per il proprio sostentamento. Ancora una volta, quindi, la contestazione della ricorrente concerne un accertamento in punto di fatto operato dal giudice di merito, per ragioni identiche a quelle già sopra illustrate insuscettibile di essere sottoposto al controllo del giudice di legittimità. Per dovere nomofilattico, si rileva come l’argomentazione di parte impugnante - pur in astratto considerata - non sia conforme a diritto. Giova, al riguardo, ribadire che il credito per mantenimento del coniuge – diversamente da quello relativo al mantenimento dei figli (anche maggiorenni ma ancora economicamente non indipendenti) – non ha struttura propriamente alimentare, trovando la sua fonte legale 8 nel diritto all’assistenza materiale inerente al vincolo coniugale e non nell’incapacità della persona che versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere materialmente a sé (così, da ultimo, Cass., Sez. U, 08/11/2022, n. 32914). Benché in concreto l’assegno di mantenimento al coniuge possa assumere una maggior latitudine (ricomprendendo cioè anche la funzione e causa di alimenti ove il coniuge versi incolpevolmente «in stato di bisogno e nell'impossibilità di svolgere attività lavorativa»: Corte Cost. 30/11/1988, n. 1041), va rimarcato che non è «possibile scindere, al fine di perimetrare la compensazione, una quota alimentare nel credito di mantenimento azionato coattivamente, senza incidere sul titolo non modificabile dal giudice dell’esecuzione, privo di poteri sul punto, né potrebbe ipotizzarsi di differire sistematicamente la verifica al giudice dell’opposizione all’esecuzione» (Cass. 26/05/2020, n. 9686). Da ciò si inferisce che - diversamente da quanto opinato da parte ricorrente - anche in ipotesi di espropriazione forzata promossa per il soddisfo di un credito di mantenimento del coniuge separato il debitore esecutato può opporre in compensazione un controcredito certo oppure illiquido ma di pronta liquidazione, non trovando applicazione, in difetto di credito alimentare, il disposto dell’art. 447, secondo comma, cod. civ. (così, espressamente, la citata Cass. n. 9686 del 2020): e non spettando al giudice dell’esecuzione – e tanto meno di un’eventuale opposizione a quest’ultimo – l’accertamento della natura alimentare del credito azionato, tanto riguardando i fatti costitutivi del medesimo ed essendo riservato quindi al giudice della cognizione che lo riconosce.

2.2. Il secondo sottomotivo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 499, 511, 564 e 566 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ..

Critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha reputato le domande di sostituzione ex art. 511 cod. proc. civ. ammissibili in ogni momento dell’esecuzione «purché anteriore all’emanazione della ordinanza di distribuzione finale». Sostiene, in contrario, che istanze di tal genere debbano essere depositate prima che sia tenuta l’udienza fissata ex art. 569 cod. proc. civ. per l’autorizzazione alla vendita dei beni pignorati, e tanto in applicazione dell’art. 499 cod. proc. civ. cui fa relatio l’art. 511 cod. proc. civ.: da questa premessa desume la tardività di tutte le domande di sostituzione formulate nella procedura in questione. 2.2.1. Il motivo è infondato, pur occorrendo - ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ. - correggere la motivazione della sentenza impugnata, il cui dispositivo rimane conforme a diritto.

2.2.2. La domanda di sostituzione esecutiva prevista dall’art. 511 cod. proc. civ. (usualmente definita anche subcollocazione, in ossequio all’istituto della collocazione in sott’ordine disciplinato dall’art. 715 dell’abrogato codice di procedura civile del 1865) realizza il subingresso di uno o più creditori nella posizione processuale del creditore del debitore esecutato «avente diritto alla distribuzione», cioè a dire nel diritto al riparto della somma ricavata dall’esecuzione (così già Cass. 13/03/1987, n. 2608; tra le molte conformi, Cass. 19/10/2006, n. 22409; Cass. 20/09/2012, n. 15932; Cass. 17/11/2020, n. 26054). Con la domanda di sostituzione, il creditor creditoris è legittimato a partecipare, in luogo del (e nella misura spettante al) creditore sostituito, alla ripartizione della massa attiva dell’espropriazione: ed anzi, l’art. 511, secondo comma, cod. proc. civ. stabilisce che il giudice dell’esecuzione «provvede alla distribuzione» nei confronti del terzo creditore, cioè a dire attribuisce direttamente a quest’ultimo la porzione del ricavato che altrimenti (ovvero in mancanza di un’istanza di tal fatta) sarebbe stata devoluta al creditore sostituito. 10 Il tenore testuale della norma (in specie, i reiterati richiami alla «distribuzione» ivi contenuti) e la sua collocazione topografica nella sezione quinta del libro terzo del codice (sezione rubricata «della distribuzione della somma ricavata») evidenziano, in maniera univoca, la finalità esclusivamente satisfattiva dall’istituto: la sostituzione mira a consentire al terzo creditore la realizzazione, immediata e diretta, del suo diritto nei riguardi del creditore sostituito, tramite l’incameramento della somma a questi (coattivamente) dovuta dall’esecutato (su quest’aspetto, oltre alle pronunce citate, cfr. anche Cass. 13/03/1987, n. 2698; Cass. 20/04/2015, n. 8001). In coerenza con l’individuata finalità, la domanda di sostituzione si inserisce nell’alveo dell’espropriazione forzata promossa dai creditori del debitore esecutato senza alcuna incidenza sull’azione esecutiva così intrapresa, inerendo soltanto al segmento propriamente satisfattivo della procedura ed in particolare alle vicende dell’eventuale quota che fosse riconosciuta al creditore verso il quale la domanda è rivolta: tanto spiega perché nella fase espropriativa in senso stretto il creditore subcollocato sia privo di poteri di impulso del procedimento (e il suo contegno non impedisca l’estinzione per effetto della rinuncia del creditore sostituito: Cass. n. 26054 del 2020, cit.), rilevando il subentro nella posizione processuale del creditore diretto unicamente nella fase distributiva, con la legittimazione a promuovere, in vece del sostituito, contestazioni sul riparto ovvero a resistere a contestazioni da altri sollevate (in tal senso, Cass. n. 22409 del 2006, cit.; Cass. n. 26504 del 2020, cit.; Cass. 12/11/1979, n. 5850). In definitiva, la sostituzione ex art. 511 cod. proc. civ. concreta uno strumento di soddisfazione coattiva del credito, diverso e semplificato rispetto alle declinazioni tipiche dell’azione esecutiva esperibili dal suo titolare, il quale può avvantaggiarsi dell’iniziativa espropriativa verso altri intrapresa dal proprio debitore in luogo di promuovere in danno di quest’ultimo un pignoramento o un intervento. Risulta da quanto sopra evidente la disomogeneità tra le fattispecie dell’intervento nel processo esecutivo e della sostituzione ex art. 511 cod. proc. civ.: con il primo, il creditore agisce nei confronti del debitore esecutato ed invoca il riconoscimento del proprio diritto a concorrere alla distribuzione del ricavato; con la seconda, il creditore fa valere una pretesa nei confronti di un altro creditore (procedente o intervenuto) e richiede di subentrare nel diritto al riparto competente al proprio debitore diretto, creditore dell’esecutato (specificamente, sulla non assimilabilità all’atto di intervento, Cass. 09/03/2017, n. 6019). In questa prospettiva, il richiamo dell’art. 511 cod. proc. civ. all’art. 499 cod. proc. civ. deve intendersi circoscritto (come anche suggerisce il riferimento testuale alla proposizione della domanda) alla forma della domanda di sostituzione, da modellarsi ad instar del ricorso per intervento, ma non già - diversamente da quanto opinato dal ricorrente - ai tempi di dispiegamento di quest’ultimo (conf. le citate Cass. n. 26054 del 2020; Cass. n. 8001 del 2015; Cass. n. 2608 del 1987).

2.2.3. Ciò, tuttavia, non significa che la istanza di sostituzione possa essere effettuata fin quando il procedimento espropriativo non sia concluso con l’ordinanza di approvazione del progetto di distribuzione, come invece affermato nella sentenza qui impugnata. Ad imporre un limite temporale all’istanza di sostituzione inducono le imperative (e non comprimibili) esigenze di funzionalità del processo esecutivo, in ultima analisi ed in maniera convergente proiezione dei principi di rango primario (ed altresì sovranazionale) della tutela del credito e della durata ragionevole dei giudizi. In particolar modo, la tensione ad una celere definizione della fase di distribuzione esclude la legittima praticabilità di ogni comportamento (quale l’inottemperanza del creditore alla richiesta, formulata dal giudice dell’esecuzione o dal professionista delegato, di produzione di documenti giustificativi dell’azionato credito: Cass. 27/01/2017, n. 2044) che irragionevolmente o ingiustificatamente possa ritardare la realizzazione dell’interesse del ceto creditorio nel suo complesso all’ottenimento della somma ricavata dall’espropriazione. A tale logica risponde la predeterminazione positiva di un termine ultimo per il dispiegamento dell’intervento nell’espropriazione di beni immobili da parte dei creditori chirografari tardivi e finanche dei titolari di credito portatori di cause legittime di prelazione (i creditori iscritti e i privilegiati), per ambedue le classi sperimentabile (a mente degli artt. 565 e 566 cod. proc. civ.) prima della udienza prevista dall’art. 596 cod. proc. civ., locuzione da intendersi nel senso che detti interventi sono preclusi dopo che la menzionata udienza abbia avuto inizio (nella data e nell’ora fissate) e si sia ivi svolta un’attività di trattazione effettiva, ancorché venga disposto, in esito ad essa, un rinvio in prosieguo (così Cass. 31/03/2015, n. 6432). La ratio che ispira le citate disposizioni va ravvisata nel consentire prima della effettiva apertura della udienza ex art. 596 cod. proc. (cioè a dire dello svolgimento delle attività tipiche di quella udienza) la compiuta definizione della platea dei creditori concorrenti al riparto: ratio pienamente operante anche nella ipotesi in cui uno (o più) di detti creditori sia tale in conseguenza di una domanda di sostituzione. A dirimere la questione sul tempo della istanza di sostituzione esecutiva può dunque reputarsi applicabile la testé illustrata barriera preclusiva dell’inizio dell’udienza prevista dall’art. 596 cod. proc. civ. davanti al giudice, da parametrarsi oggi e pertanto per i processi esecutivi cui quella è applicabile (cioè quelli intrapresi dopo il 28/02/2023), nell’ordito normativo risultante dalla novella del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 e per l’ipotesi di delega che comprenda anche la fase distributiva, anche all’eventuale audizione delle parti innanzi il professionista delegato per la discussione sul progetto di distribuzione ai sensi dell’art. 596, secondo comma, cod. proc. civ.. Va, in conclusione, enunciato il seguente principio di diritto: «In tema di espropriazione forzata immobiliare, la domanda di sostituzione esecutiva, ai sensi dell’art. 511 cod. proc. civ., deve essere proposta prima dell’inizio dell’udienza ex art. 596 cod. proc. civ. ovvero, per i processi iniziati dopo il 28 febbraio 2023, prima dell’inizio dell’audizione delle parti innanzi il professionista delegato per la discussione sul progetto di distribuzione».

3. L’unico motivo del ricorso incidentale proposto dalla A. s.r.l. denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 510, 511 e 566 cod. proc., degli artt. 2741 e 2808 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.. Contesta la sentenza impugnata nella parte in cui, nel disattendere la opposizione agli atti esecutivi svolta dalla CAF S.p.A. (in qualità di mandataria della qui ricorrente incidentale), ha ritenuto che detta creditrice andasse collocata nel piano di riparto secondo la priorità determinata dalla graduazione del rispettivo credito e ha così concluso: «il piano di riparto dovrà dunque essere nuovamente predisposto in sede esecutiva tenendo conto della tempestività delle domande di sostituzione formulate ex art. 511 cod. proc. civ., delle priorità determinate dal grado delle iscrizioni ipotecarie previste a garanzia dei crediti concorrenti e con collocazione in chirografo dei crediti con prelazione non opponibili». Secondo l’impugnante, il ragionamento così sviluppato confonde il concorso tra i creditori del debitore esecutato con il concorso tra i creditori del creditore sostituito ex art. 511 cod. proc. civ.: quest’ultimo - si sostiene - non è governato dalla graduazione delle cause legittime di prelazione vantate nei confronti del debitore esecutato, ma dalla 14 graduazione delle eventuali cause legittime di prelazione vantate nei confronti del creditore sostituito. Pertanto - si continua - nella vicenda in discorso, i creditori della procedente L.C. (il cui credito, assistito da ipoteca di primo grado, è preferito, nei limiti segnati dall’art. 2855 cod. civ., agli altri crediti), i quali abbiano formalizzato il proprio subingresso ai sensi dell’art. 511 cod. proc. civ., hanno diritto a soddisfarsi sulle somme attribuite alla procedente ed in sostituzione della stessa, in proporzione all’ammontare dei rispettivi crediti, non potendo in alcun modo i criteri di graduazione valevoli per la distribuzione del ricavato tra i creditori dell’esecutato F.C. essere estesi ai fini della ripartizione delle somme tra i creditori della procedente, a questa sostituitisi senza far valere alcuna causa di prelazione.

3.1. Il motivo è fondato. Come si è precisato, la domanda di sostituzione ex art. 511 cod. proc. civ. importa il subingresso del creditor creditoris nella posizione del creditore sostituito avente diritto alla distribuzione del ricavato: uno strumento di tutela del credito, peculiare e sui generis, soltanto quanto ai risultati conseguibili definibile come alternativo (o succedaneo) agli altri modi di realizzazione coattiva del credito disciplinate dalla legge. Nulla vieta che nella medesima procedura espropriativa e con riferimento allo stesso creditore (procedente o intervenuto) vengano presentate più istanze di sostituzione esecutiva. La pluralità di domande di tal fatta non influisce in alcun modo sulla misura e sul grado della pretesa del creditore sostituito, la quale va collocata nel piano di riparto nell’entità quantitativa spettante in base al titolo fatto valere nei confronti dell’esecutato e nell’osservanza dell’ordine determinato dai titoli preferenziali riconosciuti ai concorrenti creditori del debitore esecutato. Sulle somme da assegnare al creditore sostituito, in tal maniera stabilite, occorre regolare il concorso tra i plurimi creditori intervenuti in sua sostituzione ai sensi dell’art. 511 cod. proc. civ.: evenienza non espressamente contemplata dal diritto positivo. Ritiene la Corte che, onde disciplinare tale concorso, non assuma alcun rilievo l’esistenza di cause legittime di prelazione (o di altri privilegi) dei creditori intervenuti ex art. 511 cod. proc. civ. verso il debitore esecutato: tanto perché essi fanno valere pretese nei confronti del creditore sostituito, non già in danno del debitore esecutato. Ai fini indagati occorre invece far riferimento - quantomeno per ragioni di coerenza sistematica - alle regole che governano nell’àmbito esecutivo (in cui pur sempre lo strumento di realizzazione del credito ex art. 511 cod. proc. civ. si esplica) il concorso tra più creditori dello stesso debitore. Devono cioè trovare applicazione i criteri di preferenza stabiliti da norme di diritto sostanziale in ragione della natura del credito, della qualità soggettiva del titolare di esso e delle garanzie reali da cui è assistito: ma ciò - si badi - con riguardo al bene su cui si soddisfano i creditori concorrenti, ovvero la somma di denaro da attribuire al creditore sostituito, essendo indifferente la sua provenienza dalla alienazione forzata di un cespite immobiliare di un soggetto, il debitore esecutato, i cui rapporti con i creditori subcollocati sono irrilevanti. Delle somme da assegnare al creditore sostituito bisogna dunque predisporre un vero e proprio subriparto: la graduazione dei creditori (validamente) istanti ai sensi dell’art. 511 cod. proc. civ. si compie in base alle cause legittime di prelazione o ai privilegi vantati su dette somme spettanti nei confronti del creditore sostituito - cioè quello avverso il quale la domanda di subcollocazione è formulata - oppure, in caso di insussistenza di titoli di preferenza o di crediti parimenti previlegiati, mediante riparto proporzionale tra tutti i concorrenti. Il discorso sin qui condotto può essere compendiato nel principio di diritto così formulato: «In tema di espropriazione forzata, in ipotesi di plurime domande di sostituzione validamente formulate ai sensi dell’art. 511 cod. proc. civ., il concorso dei creditori subcollocati sulle somme da attribuire in sede di distribuzione al creditore sostituito è regolato secondo la graduazione determinata dalle cause legittime di prelazione e dai privilegi vantati dai creditori su dette somme spettanti nei confronti del creditore sostituito, oppure, in caso di insussistenza di titoli di preferenza o di crediti di pari grado, mediante ripartizione proporzionale di esse tra tutti i subcollocati».

3.2. Da questa regula iuris si è discostato il giudice territoriale, il quale ha tenuto conto, ai fini della decisione adottata, del rango dei creditori dei subcollocati rispetto all’immobile pignorato. La pronuncia impugnata, che per il resto - e soprattutto in ordine alla declaratoria, per le altre ragioni sopra esaminate e riconosciute fondate, di illegittimità dell’ordinanza del giudice dell’esecuzione di approvazione del progetto di distribuzione (per avere escluso l’ammissibilità delle domande di sostituzione proposte ex art. 511 cod. proc. civ.) - si sottrae invece alle censure mossele, va pertanto in parte qua cassata, ma, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa con l’accoglimento in questa sede pure della opposizione agli atti esecutivi illo tempore dispiegata dalla CAF S.p.A., mandataria di A. s.r.l., in surroga della Banca Nazionale del Lavoro. Attesa la natura meramente rescindente dello strumento regolato dall’art. 617 cod. proc. civ. (tra le tante, Cass. 30/09/2019, n. 24225; Cass. 28/09/2018, n. 23482; Cass. 15/04/2015, n. 7657; Cass. 27/08/2014, n. 18336), è riservata al giudice dell’esecuzione - nuovamente adito in riassunzione del processo esecutivo - l’adozione di nuovo progetto di distribuzione, conforme agli affermati principi. 

4. La cassazione con decisione sul merito impone di provvedere alla regolamentazione delle spese di lite dell’unico grado di giudizio sulla opposizione agli atti esecutivi: la assoluta novità delle questioni relative ai limiti temporali ed agli effetti della istanza di sostituzione esecutiva costituenti il thema decidendum della causa giustificano l’integrale compensazione delle spese tra tutte le parti in conflitto.

5. Risulta assorbita, in conseguenza della nuova disciplina delle spese del giudizio di merito testé operata, la disamina dell’unico motivo del ricorso incidentale proposto da Intesa SanPaolo S.p.A., con cui si censura, per asserita violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., la compensazione disposta dal giudice territoriale in detta controversia.

6. Ragioni analoghe a quelle esposte sub 4. rendono conforme a giustizia la compensazione tra le parti (e per intero) anche delle spese afferenti il presente giudizio di legittimità.

7. Atteso il rigetto del ricorso principale, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale - ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 - di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso principale, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13. L’attestazione che precede non è esclusa dalla circostanza che la ricorrente risulti ammessa al patrocinio a spese dello Stato (con delibera del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Firenze n. 1429 del 2023, versata in atti): tanto perché siffatta ammissione al patrocinio a spese dello Stato è suscettibile di essere revocata, anche dopo la pronuncia della sentenza che ha definito il giudizio di impugnazione, allorquando sopravvengano i presupposti di cui all’art. 136 del citato d.P.R. n. 115 del 2002 (Cass, Sez. U, 20 febbraio 2020 n. 4315). 

P. Q. M.

Rigetta il ricorso principale. Accoglie il ricorso incidentale proposto da A. s.r.l., cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, accoglie l’opposizione agli atti esecutivi proposta dalla CAF S.p.A., mandataria di A. s.r.l., in surroga della Banca Nazionale del Lavoro, nei sensi di cui in motivazione, dichiarando integralmente compensate le spese del giudizio di opposizione tra tutte le parti in lite. Dichiara assorbito il ricorso incidentale proposto da Intesa SanPaolo S.p.A.. Dichiara interamente compensate le spese del presente giudizio di legittimità tra tutte le parti in lite. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione