Giu In tema di rimborsi IVA, l'amministrazione finanziaria che abbia chiesto e ottenuto dal contribuente la garanzia ex art. 38 bis, co 1, d.P.R. 633/1972, durante il periodo di vigenza della medesima non può fare uso degli strumenti cautelari alternativ
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 07 agosto 2023 N. 24031
Massima
«in tema di rimborsi IVA, l'amministrazione finanziaria che abbia chiesto e ottenuto dal contribuente la garanzia in base all'art. 38 bis, comma 1, d.P.R. n. 633 del 1972, durante il periodo di vigenza della medesima non può fare uso degli strumenti cautelari, rispetto ad essa alternativi, previsti dagli artt. 23, comma 1, del d.lgs. n. 472 del 1997 e 69 del r.d. n. 2440 del 1923, determinandosi, altrimenti, una ingiustificata duplicazione della cautela in favore dell'amministrazione ed un carico eccessivo per il contribuente, in violazione del principio di collaborazione e buona fede posto dall'art. 10, comma 1, l. n. 212 del 2000, nonché del principio di solidarietà sancito dall'art. 2 Cost. che deve ispirare anche i rapporti tra Pubblica amministrazione e Cittadino» (Cass., Sez. U, n. 2320 del 31/01/2020, Rv. 656706 - 01).

Casus Decisus
1. La S. s.p.a. in data 19 aprile 2016 avanzava istanza ex art. 30 del d.P.R. n. 633 del 1972 di rimborso c.d. accelerato del credito IVA maturato nell’anno d’imposta 2015, successivamente (e precisamente in data 01/12/2016) ceduto alla U.F. s.p.a. 1.1. In data 1° giugno 2017, l’Agenzia delle entrate emetteva avviso di riconoscimento del rimborso dando disposizioni per la liquidazione della sorte capitale e degli interessi maturati, questi ultimi, però, computati soltanto per 154 giorni rispetto ai 318 complessivamente decorsi dal novantesimo giorno successivo a quello di presentazione dell’istanza (18/06/2016), come previsto dall’art. 38-bis del citato d.P.R., a quella di effettivo rimborso (01/06/2017), escludendo dal computo degli interessi i periodi (per complessivi 164 giorni) intercorrenti tra le date di notifica delle richieste di garanzia e la presentazione delle stesse. 2. I ricorsi separatamente proposti dalle società contribuenti avverso il predetto provvedimento per ottenere il riconoscimento degli interessi anche per i periodi non conteggiati dall’amministrazione finanziaria venivano accolti dalla CTP di Milano e l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate veniva rigettato dalla CTR della Lombardia con la sentenza in epigrafe indicata. 2.1. I giudici di appello, qualificando come compensativi gli interessi previsti dall’art. 38-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, hanno sostenuto che la loro spettanza è «del tutto svincolata rispetto al presupposto della esigibilità del relativo credito» sicché, una volta decorso il termine di 90 giorni dalla presentazione dell’istanza, la sospensione della decorrenza degli stessi si verifica solo nell’ipotesi di superamento del termine di 15 giorni per la produzione da parte della creditrice dei documenti istruttori richiesti dall’Ufficio, con esclusione, quindi, dei periodi necessari alla parte per prestare garanzia nei confronti dell’amministrazione finanziaria. 3. Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui le intimate replicano con controricorso. 4. Le controricorrenti hanno depositato memorie

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 07 agosto 2023 N. 24031 Luciotti Lucio

1. Con il primo motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 38-bis, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, per avere la CTR erroneamente ritenuto compensativi e non moratori gli interessi dovuti per ritardato rimborso del credito IVA. 2. Il motivo è fondato e va accolto.

2.1. La natura moratoria degli interessi dovuti dall’amministrazione finanziaria per il ritardato rimborso dei crediti IVA è stata affermata con continuità da questa Corte fin dal 2011 ed a tale orientamento il Collegio ritiene di dare continuità.

2.2. Nella sentenza n. 13080 del 15/06/2011 (Rv. 618374 - 01), emessa in una controversia relativa all’impugnazione di un diniego di corresponsione degli interessi maturati su credito IVA, questa Corte ha affermato che gli interessi dovuti sulla base delle disposizioni che venivano ivi in rilievo, tra cui l’art. 38-bis del d.P.R. n. 633 del 1972 (oltre all’ art. 1, comma 16, del d.l. n. 417 del 1991, convertito con modificazioni dalla legge n. 66 del 1992), erano “incontrovertibilmente” interessi moratori, di fonte legale, tanto che per ottenerne l’adempimento non era necessaria alcuna specifica richiesta o costituzione in mora.

2.3. Con successiva sentenza (Cass. n. 28257 del 18/12/2013) questa Corte, richiamando il precedente appena citato, ha, altresì, precisato che la natura moratoria di tali interessi emergeva «dal dato che la loro spettanza e ancorata al presupposto del ritardo, in linea, del resto, con la L. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 5» (secondo cui «Sulle somme pagate per tasse e imposte indirette sugli affari e .

2.4. Successivamente, la natura moratoria degli interessi in esame è stata affermata in modo espresso anche da Cass. n. 17020 del 2014, nonché da Cass. n. 8540 del 2016, secondo cui la natura moratoria di tali interessi discende dal rilievo che gli stessi sono disposti per il ritardo con cui l’IVA è rimborsata, sicché gli stessi «non sono interessi corrispettivi», da Cass. n. 28333 del 2018, da Cass. n. 24295 del 2019 e, più recentemente, da Cass. n. 17828 del 2021.

2.5. La natura moratoria degli interessi in questione è stata affermata anche dalla giurisprudenza unionale.

2.6. La Corte di giustizia dell’unione europea nella sentenza 24 ottobre 2013 in causa C?431/12, Agen?ia Na?ionala de Administrare Fiscala c. SC Rafinaria Steaua Româna SA, ha espressamente 5 qualificato come moratori gli interessi che a mente dell’art. 183 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, l’amministrazione tributaria di uno Stato membro è obbligato a corrispondere ad un soggetto passivo che abbia chiesto il rimborso dell’eccedenza dell’imposta sul valore aggiunto pagata a monte sull’imposta sul valore aggiunto di cui è debitore, quando il rimborso sia stato effettuato tardivamente da tale amministrazione.

2.7. In senso analogo le sentenze della CGUE del 6 luglio 2017 in causa C?254/16, del 28/02/2018 in causa C?387/16, del 23 aprile 2020, nelle cause riunite C-13/18 e C-126/18, nonché, più recentemente nella sentenza del 13 ottobre 2022, in causa C-1/21 e in quella dello stesso 13 ottobre 2023, in causa C-397/21, in cui, al punto 37, la Corte, richiamando la precedente pronuncia del 12 maggio 2021, technoRent International e a., in causa C-844/19 (EU:C:2021:378, punto 40), ha dichiarato che, sebbene l’articolo 183 della direttiva IVA non preveda l’obbligo di corresponsione di interessi sull’eccedenza di IVA da rimborsare né specifichi il dies a quo ai fini della determinazione degli interessi stessi, il principio di neutralità del sistema fiscale dell’IVA richiede che le perdite finanziarie generate da un rimborso di un’eccedenza di IVA effettuato oltre un termine ragionevole siano compensate dal pagamento di interessi di mora.

3. Ha, quindi, errato la CTR a ritenere che gli interessi in questione avessero natura compensativa e non, invece, moratori.

4. Ovviamente tali interessi, in quanto moratori, «spettano solo se la mora è fondata e dunque soltanto se il ritardo nel rimborso Iva è addebitabile all'ufficio (v. Cass. n. 8540 del 29/04/2016; in precedenza v. anche Cass. n. 13808 del 23/07/2004). L'immediata conseguenza è che gli interessi sono dovuti solo se e in quanto il provvedimento di sospensione sia illegittimo; altrimenti non è addebitale all'Amministrazione il 6 mancato rimborso per il periodo in cui è stato mantenuto e durante la sospensione del pagamento essa non poteva considerarsi in mora, né può essere tenuta al pagamento degli interessi che da tale mora conseguono» (così, in Cass. n. 17828 del 2021).

5. Tale affermazione di principio consente di passare all’esame del secondo motivo di ricorso con cui la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 38-bis, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, per avere la CTR erroneamente ricompreso nel computo degli interessi i giorni impiegati dalla società per la prestazione delle garanzie richieste sia ai sensi dell’art. 23 del d.lgs. n. 472 del 1997, sia ai sensi del comma 4 del citato art. 38-bis (nella versione vigente ratione temporis, oggi comma 5).

5.1. Al riguardo occorre premettere che l’imputabilità del ritardo nel rimborso di un credito IVA è circostanza che è ritenuta come incidente sulla decorrenza di tali interessi non solo dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. la già citata Cass. n. 17828 del 2021, che a sua volta richiama Cass. n. 8540 del 2016 e Cass. n. 13808 del 2004), ma anche da quella unionale (cfr. CGUE, sentenza del 6 luglio 2017 in causa C?254/16, nonché sentenza del 28/02/2018 in causa C?387/16, secondo cui osta ad una riduzione dell’importo degli interessi normalmente dovuti su un’eccedenza di imposta sul valore aggiunto non rimborsata nei termini, quando tale riduzione sia invocata per circostanze non imputabili al soggetto passivo; sicché, nel caso opposto, non vi è alcun ostacolo alla riduzione).

6. In termini generali, diversi sono i casi in cui è prevista la sospensione del rimborso del credito IVA e della conseguente decorrenza degli interessi moratori.

7. Il comma 1, seconda parte, dell’art. 38-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, prevede la non computabilità degli interessi nel periodo intercorrente fra la data di notifica della richiesta di documenti e la data della loro consegna, quando superi quindici giorni.

8. L’attuale comma 8 del citato art. 38-bis prevede la sospensione del rimborso per il caso di constatazione di uno dei reati di cui agli artt. 2 e 8 del d.lgs. n. 74 del 2000; in tal caso la sospensione, anche della decorrenza degli interessi di mora, opera «fino alla definizione del relativo procedimento penale».

9. La maturazione degli interessi a credito del contribuente rimane, altresì, sospesa durante il tempo in cui quest'ultimo non fornisce la documentazione relativa alla prestazione di garanzia fideiussoria prevista dal comma 4 del citato art. 38-bis per i rimborsi di ammontare superiore a 30.000 euro (in termini, Cass. n. 25164 del 23/08/2022; conf. a Cass. n. 14930 del 2011; Cass. n. 11418 del 2019). In tali casi la sospensione del rimborso e dei correlati interessi risponde all’esigenza (già ravvisata da Cass. n. 28257 del 2013 con riferimento al primo dei casi sopra enunciati) di non far gravare sull'amministrazione le conseguenze di un ritardo nell’esecuzione del rimborso ascrivibile alla mancata collaborazione del creditore (cfr. Cass. n. 14930 del 2011), al quale, peraltro, la prestazione della garanzia prevista dal comma 5 del citato art. 38- bis è imposta come obbligatoria nelle ipotesi espressamente declinate nel predetto comma 4, alle lettere da a) a d).

9.1. E, d’altro canto, se già su un piano generale la mora va esclusa quando è lo stesso creditore a non cooperare per l'esecuzione del rapporto obbligatorio, omettendo quanto necessario per rendere possibile l'attività dovuta (Cass. n. 28257 del 2013 che richiama Cass. 19 gennaio 1956, n. 159 e Cass. 16 dicembre 1950), a maggior ragione essa va esclusa quando il creditore è inadempiente agli obblighi posti a suo carico per ottenere l’esecuzione del rimborso richiesto. 

10. La sospensione del rimborso è inoltre previsto dall’art. 23 del d.lgs. n. 472 del 1997, che si verifica quando al soggetto che vanta un credito nei confronti dell’amministrazione finanziaria venga notificato un «atto di contestazione o di irrogazione della sanzione o provvedimento con il quale vengono accertati maggiori tributi, ancorché non definitivi».

11. Ulteriore ipotesi di sospensione è quella del cd. fermo amministrativo, regolato dall'art. 69, sesto comma, del r.d. n. 2440 del 1923, secondo cui «Qualora un'amministrazione dello Stato che abbia, a qualsiasi titolo, ragione di credito verso aventi diritto a somme dovute da altre amministrazioni, richieda la sospensione del pagamento, questa deve essere eseguita in attesa del provvedimento definitivo».

12. Infine, la sospensione del rimborso del credito IVA opera anche in presenza di carichi pendenti. In tali casi, la sospensione del rimborso, così come affermato da questa Corte (Cass. n. 17828 del 23021, cit.) «va ricondotta, da un lato, ai principi generali in materia di obbligazioni (e, in ispecie, all'eccezione di compensazione, che può sempre essere opposta) e, dall'altro, sul piano formale, all'istituto del cd. fermo amministrativo, regolato dall'art. 69, quinto comma, r.d. n. 2240 del 1923.

13. In tutti i casi sopra elencati la sospensione della decorrenza degli interessi risponde all'esigenza di non far gravare sull'amministrazione le conseguenze di un ritardo nell’esecuzione del rimborso ascrivibile a fatti o comportamenti imputabili esclusivamente al creditore. esigenza, questa, avvertita e riconosciuta anche dalla giurisprudenza unionale (al riguardo si rinvia a quanto detto al precedente par. 5.1. sull’imputabilità del ritardo nella procedura di rimborso del credito).

14. Va però ulteriormente precisato al riguardo che le Sezioni unite di questa Corte, nel risolvere un contrasto interno alla Corte 9 in ordine all’utilizzabilità da parte dell'Amministrazione finanziaria degli strumenti posti dal Legislatore a disposizione della stessa per la tutela delle ragioni erariali, hanno affermato il principio di alternatività di tali strumenti, in ispecie, da un lato, l'art. 38 bis d.P.R. n. 633 del 1972 (per le ipotesi di prestazione di una garanzia) e, dall'altro, le misure di sospensione previste dall'art. 69 r.d. n. 2440 del 1923 (cd. fermo amministrativo) e dall'art. 23 d.lgs. n. 472 del 1997, ovvero di quegli istituti che regolano la sospensione di un pagamento, per un'esistente eccedenza di Iva, ai fini della sua eventuale compensazione con altra partita attiva dell'Erario (cfr. Cass. n. 17828 del 2021).

14.1. Si è quindi enunciato il seguente principio di diritto: «in tema di rimborsi IVA, l'amministrazione finanziaria che abbia chiesto e ottenuto dal contribuente la garanzia in base all'art. 38 bis, comma 1, d.P.R. n. 633 del 1972, durante il periodo di vigenza della medesima non può fare uso degli strumenti cautelari, rispetto ad essa alternativi, previsti dagli artt. 23, comma 1, del d.lgs. n. 472 del 1997 e 69 del r.d. n. 2440 del 1923, determinandosi, altrimenti, una ingiustificata duplicazione della cautela in favore dell'amministrazione ed un carico eccessivo per il contribuente, in violazione del principio di collaborazione e buona fede posto dall'art. 10, comma 1, l. n. 212 del 2000, nonché del principio di solidarietà sancito dall'art. 2 Cost. che deve ispirare anche i rapporti tra Pubblica amministrazione e Cittadino» (Cass., Sez. U, n. 2320 del 31/01/2020, Rv. 656706 - 01).

15. Orbene, nel caso di specie è pacifico che l’Agenzia delle entrate, dopo aver provveduto a sospendere il rimborso del credito con provvedimento emesso in data 2/11/2016 ai sensi dell’art. 23 del d.lgs. n. 472 del 1997 e prima che la società contribuente prestasse (in data 5/12/2016) la garanzia richiesta con tale provvedimento («senza limiti temporali, fino all’importo chiesto a rimborso, oltre interessi maturati e maturandi» - così a pag. 2 del ricorso), in data 16/11/2016 richiese un’ulteriore garanzia, questa volta «ex art. 38-bis, comma 4 (ora comma 5)» del d.P.R. n. 633 del 1972, «evasa da controparte mediante presentazione del documento fideiussorio in data 11 gennaio 2017» (ricorso, pag. 2) e, successivamente, in data 16/01/2017, al fine di integrare la polizza fideiussoria precedentemente ottenuta, richiese, sempre ai sensi del citato art. 38-bis, un’appendice alla predetta polizza per carichi relativi ad avvisi di accertamento notificati in data 29/12/2016 (così nel controricorso, pag. 5), che la società presentò in data 28/04/2017.

15.1. E’, quindi, evidente che nel caso in esame si è verificata quella duplicazione di garanzie che le Sezioni unite di questa Corte hanno ritenuto illegittima e da cui consegue che per i periodi sopra indicati, in cui l’Agenzia delle entrate ha preteso una prestazione di garanzia ulteriore rispetto a quella già ottenuta in seguito al provvedimento di sospensione adottato ai sensi dell’art. 23 del d.lgs. n. 472 del 1997, decorrono e vanno riconosciuti alla società creditrice gli interessi di mora sul credito vantato, diversamente da quanto invece accade per il tempo impiegato da quest’ultima per prestare la garanzia ex art. 23 citato.

16. Pertanto, il motivo di ricorso in esame va accolto nei limiti di cui si è appena detto.

17. Passando agli altri motivi di ricorso, con il terzo viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 4, della legge n. 212 del 2000 per avere la CTR erroneamente desunto dall’obbligo posto dalla citata disposizione a carico dell’amministrazione finanziaria di rimborsare al contribuente il costo delle fideiussioni, il diritto del creditore a vedersi corrisposti gli interessi anche per i periodi necessari per prestare dette garanzie, non avvedendosi che tale disposizione si riferisce esclusivamente all’obbligo previsto dal comma 9 dell’art. 38-bis del d.P.R. n. 633 del 1972 di prestare garanzia nell’ipotesi di notifica al contribuente di un avviso di rettifica o accertamento successivamente al rimborso (o alla compensazione).

18. Con il quarto motivo, proposto in via subordinata ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente deduce l’omessa pronuncia della CTR «sull’assenza di duplicazione delle polizze fideiussorie».

19. Entrambi i motivi restano assorbiti dall’accoglimento dei primi due. 20. Il giudice del rinvio provvederà anche alla regolamentazione delle spese processuali del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

accoglie il primo e secondo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma in data 05/04/2023