Con riferimento all’ipotesi di deduzione della prescrizione, “se essa si assume verificata perché la notifica della cartella o dell'intimazione mancò, fu nulla o fu eseguita in modo inesistente e, quindi, non si poté verificare un effetto interruttivo del corso della prescrizione, il preteso fatto estintivo "prescrizione" suppone, per essere apprezzato, l'accertamento di detti vizi della notifica e, dunque, si risolve in una censura il cui esame risulta riservato alla giurisdizione tributaria tramite l'impugnazione della cartella o dell'intimazione, in quanto conosciute per il tramite ed in forza dell'atto esecutivo che ne rivela l'esistenza. L’opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. non è data. Essa è data, invece, se la prescrizione si assume verificata per il decorso del tempo dopo una valida notifica o comunque per il decorso del tempo a prescindere dalla mancanza della notifica o dalla sua inesistenza o dalla sua nullità: si pensi al caso in cui un pignoramento sia compiuto in un momento che si colloca oltre il termine di prescrizione ancorché calcolato dalla valida notifica della cartella o dell'intimazione (si veda, per questa ipotesi, di recente, Cass. Sez. Un., n. 34447 del 2019, per un'applicazione in tema di esecuzione forzata concorsuale) oppure dal momento in cui si sarebbe in thesi collocata la notifica nulla, mancante o inesistente di detti atti.” (v. anche Cass. Sez. Un., n. 12642/2021 e n. 8465/2022).
“Nelle ipotesi, quali quella qui in esame, in cui il contribuente pone ancora come tema demandato all’esame del giudice la definitività` o meno delle cartelle di pagamento, pure contestualmente prospettando la prescrizione del debito anche nel caso di ritenuta validità delle notifiche delle cartelle, la giurisdizione sulla vicenda non può che essere attribuita alla giurisdizione del giudice tributario, in quanto l’insussistenza di una situazione di “definitività`” delle cartelle di pagamento osta alla qualificazione delle questioni controverse come meramente esecutive, radicando pertanto la giurisdizione del giudice tributario” cui spetta il sindacato della “correttezza formale e sostanziale dei provvedimenti di natura pure messi in discussione nell’atto processuale proposto dal contribuente di cui qui si discute” (Cass. Sez. Un. ordinanza n. 16986/2022; Cass. Sez. Un., 8465/2022).
Con l'unico motivo di censura, rubricato «violazione degli artt. 2 e 19, d.lgs. 546/92, 37 c.p.c. e 57 del D.P.R. 602/73 in relazione all’art. 360, co. 1 n.1 c.p.c. – difetto di giurisdizione del giudice ordinario in ordine ai crediti di natura tributaria», la ricorrente deduce che il giudice di appello ha impropriamente applicato alla fattispecie per cui è causa i principi giurisprudenziali richiamati in sentenza, atteso che l’impugnato estratto di ruolo non è «atto dell’esecuzione forzata suscettibile di essere neutralizzato con l’opposizione all’esecuzione».
Deduce, altresì, l’Agenzia delle Entrate che «il riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice tributario dipende sia dalla natura dei crediti sottesi sia dal contenuto della contestazione, se volto a mettere in discussione la sussistenza dei fatti costitutivi della pretesa ovvero se contesti l’azione esecutiva in sé, sotto diversi versanti, concernenti vuoi l’an, vuoi il quomodo dell’esecuzione e che tutte le ragioni comunque idonee a paralizzare o impedire l’azione esecutiva, che intervengano a valle della notifica della cartella non si pongono come ragioni che fonderebbero l’impugnazione del titolo e, pertanto, correttamente appartengono pleno iure alla sola esecuzione, onde il giudice naturale di tutte dette controversie non può che rinvenirsi nel giudice ordinario».
Evidenzia, infine, che «(n)ella vicenda che ci occupa (…) l’opposizione proposta non ha trovato origine da un’azione esecutiva dell’ente di riscossione, né l’estratto di ruolo costituisce un atto di esecuzione, e, men che meno, prelude ad un’esecuzione (arg. ex Cass. n. 384/2016)» per cui deve valere il principio secondo cui «(l’)impugnazione degli atti prodromici all’esecuzione, quali la cartella di pagamento o l’intimazione di pagamento, se autonomamente impugnabili ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, sono devolute alla giurisdizione delle commissioni tributarie».
Si legge, di contro, nel controricorso che «l’art. 615 c.p.c. al
primo comma disciplina l’opposizione a precetto (…) e l’oggetto del
giudizio promosso dal Sig. A. è costituito dall’opposizione ex
art. 615 I° comma c.p.c., essendo in contestazione il diritto
dell’Agente della riscossione ad agire esecutivamente per il
recupero dei crediti che si sono estinti a seguito del decorso del
termine prescrizionale successivamente alla formazione del titolo»,
per cui poiché «la cartella esattoriale è un titolo esecutivo che
ingloba una richiesta “permanente” verso il contribuente (…)
l’azione proposta da quest’ultimo per far valere l’intervenuta
prescrizione ha natura ontologicamente oppositiva, costituendo una
chiara e legittima reazione alla immanente pretesa dell’ente
impositore, che detiene un titolo esecutivo – con credito certo,
liquido ed esigibile – in forza del quale può agire in qualsiasi
momento».
La Corte di Appello di Firenze, nell’impugnata sentenza, ha fatto
propria la tesi del contribuente secondo cui ove la cartella
esattoriale non sia stata notificata, come si assume nel ricorso
introduttivo del presente giudizio, è consentito al contribuente
far valere, in via di azione, un fatto estintivo del credito
successivo alla data di presunta notifica della cartella,
prescrizione maturata proprio in ragione della mancanza di un
efficace evento interruttivo, assumendo, appunto, acquisita la
conoscenza della pretesa impositiva recata dalla cartella medesima,
a causa del dedotto vizio di notificazione, soltanto a seguito
della ottenuta consegna dell’estratto di ruolo.
La relativa controversia, dunque, sarebbe devoluta alla cognizione del giudice ordinario, non già di quello tributario, ed a nulla rileverebbe la natura tributaria del credito preteso «essendo in contestazione il diritto dell’Agente della riscossione ad agire esecutivamente».
Il regolamento preventivo di giurisdizione, ritualmente e tempestivamente proposto dall’Agente della riscossione prima della decisione anche nel merito della controversia, pone all’esame di queste Sezioni Unite la questione, non nuova, concernente l’individuazione del plesso giurisdizionale competente a decidere la controversia di cui sopra s’è detto.
Il quadro normativo di riferimento è costituito:
1) dall'art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992, che (in esito alle modifiche apportate dall'art. 12, comma 2, della legge n. 488 del 2001 e dal d.l. n. 203 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 248 del 2005) ha attribuito in generale alle commissioni tributarie, per i giudizi di merito, la giurisdizione in materia tributaria precisando, nel secondo periodo del comma 1, che «Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notificazione della cartella di pagamento e, ove previsto, dell'avviso di cui all'art. 50 del d.P.R. 20 settembre 1973, n. 602, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica»;
2) dall'art. 19 del d.P.R. n. 546 del 1992 che contiene l'elenco, suscettibile di ampliamento per interpretazione estensiva, degli atti impugnabili davanti alle commissioni tributarie.
Le Sezioni Unite hanno osservato che
appartiene alla cognizione del giudice tributario quella
sui fatti incidenti sulla pretesa fiscale verificatisi fino alla
notifica della cartella di pagamento, ovvero fino al pignoramento,
in caso di notifica invalida della stessa, rimanendo, invece,
devoluta al giudice ordinario la cognizione sulle questioni
inerenti la legittimità formale del pignoramento, a prescindere
dalla notifica della cartella, nonché la cognizione con riferimento
ai fatti incidenti sulla pretesa fiscale verificatisi dopo la
notifica della cartella (effettivamente e validamente eseguita) e
comunque una volta che l'esecuzione tributaria sia stata avviata
(Cass. Sez. Un., n. 7822/2020).
Nella sopra indicata pronuncia (Punto 4.3) si è chiarito, proprio
con riferimento all’ipotesi di deduzione della
prescrizione, che “se essa si assume verificata perché la notifica
della cartella o dell'intimazione mancò, fu nulla o fu eseguita in
modo inesistente e, quindi, non si poté verificare un effetto
interruttivo del corso della prescrizione, il preteso fatto
estintivo "prescrizione" suppone, per essere apprezzato,
l'accertamento di detti vizi della notifica e, dunque, si risolve
in una censura il cui esame risulta riservato alla giurisdizione
tributaria tramite l'impugnazione della cartella o
dell'intimazione, in quanto conosciute per il tramite ed in forza
dell'atto esecutivo che ne rivela l'esistenza. L’opposizione ai
sensi dell’art. 615 c.p.c. non è data. Essa è data, invece, se la
prescrizione si assume verificata per il decorso del tempo dopo una
valida notifica o comunque per il decorso del tempo a prescindere
dalla mancanza della notifica o dalla sua inesistenza o dalla sua
nullità: si pensi al caso in cui un pignoramento sia compiuto
in un momento che si colloca oltre il termine di prescrizione
ancorché calcolato dalla valida notifica della cartella o
dell'intimazione (si veda, per questa ipotesi, di recente, Cass.
Sez. Un., n. 34447 del 2019, per un'applicazione in tema di
esecuzione forzata concorsuale) oppure dal momento in cui si
sarebbe in thesi collocata la notifica nulla, mancante o
inesistente di detti atti.” (v. anche Cass. Sez. Un., n. 12642/2021
e n. 8465/2022).
Ancora, nell’ordinanza n. 16986/2022, le Sezioni Unite osservano
che “nelle ipotesi, quali quella qui in esame, in cui il
contribuente pone ancora come tema demandato all’esame del giudice
la definitività` o meno delle cartelle di pagamento, pure
contestualmente prospettando la prescrizione del debito anche nel
caso di ritenuta validità delle notifiche delle cartelle, la
giurisdizione sulla vicenda non può che essere attribuita alla
giurisdizione del giudice tributario, in quanto l’insussistenza di
una situazione di “definitività`” delle cartelle di pagamento osta
alla qualificazione delle questioni controverse come meramente
esecutive, radicando pertanto la giurisdizione del giudice
tributario” cui spetta il sindacato della “correttezza formale e
sostanziale dei provvedimenti di natura pure messi in discussione
nell’atto processuale proposto dal contribuente di cui qui si
discute” (v. anche Cass. Sez. Un., 8465/2022).
???????Va, in conclusione, accolto il ricorso e dichiarata la giurisdizione del giudice tributario relativamente a tutte le cartelle recanti crediti di natura tributaria (meglio indicate nel dispositivo della sentenza della Corte di Appello di Firenze).
Il regime delle spese del presente giudizio va rimesso alla pronunzia di merito del giudice indicato.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, accoglie
il ricorso, cassa la sentenza impugnata e dichiara la giurisdizione
del giudice tributario cui rimette anche la liquidazione delle
spese del giudizio.
Così deciso il 24 gennaio 2023 in Roma