Giu Nella vendita forzata l'esclusione della garanzia per vizi della cosa, prevista dall'art. 2922 c.c., è limitata ai casi in cui la cosa presenti imperfezioni che la rendano inidonea all'uso cui dovrebbe essere destinata e non l'aliud pro alio
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 24 gennaio 2023 N. 2064
Massima
Nell'esclusione, ivi prescritta (art. 2922 cc), della garanzia per i vizi della cosa nella vendita forzata si riferisce alle
fattispecie prefigurate dagli articoli da 1490 a 1497 cod. civ. e non riguarda, quindi, l'ipotesi di consegna di aliud pro alio che, secondo la lata accezione considerata da tale giurisprudenza, è configurabile sia quando la cosa appartenga ad un genere del tutto diverso da quello indicato nella ordinanza di vendita, ovvero manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale funzione economico-sociale, sia quando risulti del tutto compromessa la destinazione della cosa all'uso che, preso in considerazione nell'ordinanza di vendita, abbia costituito elemento determinante per l'offerta di acquisto (Cass., n. 1669/16, cit.; Cass., sez. 6-1, 12/07/2016, n. 14165; Cass., n. 7708/14, cit.; Cass., sez. 1, n. 4085/05, cit.; Cass., sez. 1, n. 10015/98, cit.; Cass., n. 11018/94, cit.)

Casus Decisus
1. Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Taranto ha rigettato l'opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. con la quale G. aveva chiesto dichiararsi la nullità/annullabilità della gara telematica terminata in data 2 aprile 2017 e dell'ordinanza di aggiudicazione dell'autocarro Iveco 150 tg. DA002ND, emessa in suo favore nell'ambito della procedura esecutiva mobiliare promossa dal creditore procedente P. C. in danno di D. M. (successivamente dichiarato fallito), oltre che la condanna dell'Istituto Vendite giudiziarie di Taranto alla restituzione del prezzo o al risarcimento del danno. L'opposizione era stata proposta in quanto, successivamente al versamento del prezzo e solo dopo il ritiro del bene, l'aggiudicatario, in occasione della revisione del veicolo, aveva potuto constatare, sulla base della carta di circolazione, che il bene era stato immatricolato nel 1993, diversamente da quanto risultante dalla descrizione dello stesso bene riportata sull'annuncio pubblicato sul portale dell'Istituto Vendite Giudiziarie e in tutti gli atti successivi della procedura, ove era stata, invece, indicata, quale data di immatricolazione, quella del 9 giugno 2006; l'aggiudicatario, pertanto, aveva lamentato che il bene aggiudicato fosse da ritenersi diverso da quello pubblicizzato e descritto negli atti di vendita. Il Tribunale di Taranto, disattesa l'eccezione di tardività dell'opposizione ed accolta l'eccezione di carenza di legittimazione 2 passiva sollevata dall'I.V.G., ha rigettato l'opposizione, ritenendo che «l'erronea informazione resa in merito alla reale data di immatricolazione del veicolo, di 13 anni anteriore rispetto a quella indicata sul sito ufficiale dell'asta giudiziaria e nei successivi atti di gara, non valeva di certo a delineare una radicale diversità del bene oggetto di vendita forzata», non potendo l'autocarro Iveco, seppure immatricolato molti anni prima, considerarsi ontologicamente diverso da quello sul quale era caduta l'offerta dell'aggiudicatario. Ha, inoltre, rilevato che il non aveva allegato, né provato specifici vizi del bene che lo rendessero inidoneo all'assolvimento della sua naturale funzione economico-sociale o alla destinazione d'uso presupposta al momento dell'offerta d'acquisto, essendosi l'aggiudicatario limitato ad evidenziare che l'immatricolazione, di ben tredici anni antecedente a quella indicata nel bando di vendita, rendesse il valore dell'autoveicolo di gran lunga inferiore rispetto a quella per la quale aveva fatto l'offerta d'acquisto. Il Giudice del merito ha, infine, ritenuto inammissibile l'ampliamento della domanda effettuato dall'opponente con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1, cod. proc. civ., considerato che nell'atto di citazione non si rinvenivano argomentazioni difensive riguardanti la sussistenza di un errore quale vizio della volontà, ma solo un riferimento ad un'ipotesi di «nullità e/o annullabilità della gara telematica» che, di per sé, non lasciava trasparire l'intenzione dell'opponente di far valere quello specifico vizio di volontà, di cui, peraltro, non risultavano neppure descritti i fondamentali caratteri dell'essenzialità e della riconoscibilità. 3. G. ricorre per la cassazione della suddetta decisione, sulla base di cinque motivi. L'Istituto Vendite Giudiziarie di Taranto soc. coop. a r.I., P. C., la Curatela del Fallimento di D. M. e M. C. s.r.l. non hanno svolto attività difensiva in questa sede. 4. La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell'art. 380-bis.1. cod. proc civ. Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 24 gennaio 2023 N. 2064

1. Con il primo motivo di ricorso, deducendo la «Violazione e falsa applicazione degli artt. 1427, 1428, 1429, 2929 cod. civ. e 183 cod. proc. civ.», il ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui il Tribunale ha considerato tardivo e, quindi, inammissibile, l'ampliamento della domanda effettuato con il deposito della prima memoria ex art. 183 cod. proc. civ. Richiamando arresti giurisprudenziali di questa Corte che ammettono l'emendati° libelli in sede di prima memoria ex art. 183 cod. proc. civ., ribadisce che, avendo proposto opposizione al fine di contestare l'aggiudicazione di un bene da lui non voluto, chiedendone la nullità in forza del principio dell'aliud pro alio ovvero, in via subordinata, l'annullamento, per essersi determinato all'acquisto sulla scorta di un errore del consenso che aveva alterato la sua volontà, vizio causato dall'I.V.G. che aveva pubblicizzato il bene con caratteristiche diverse da quelle reali, lamenta che il Tribunale ha erroneamente considerato la precisazione della domanda, contenuta già nel ricorso introduttivo e solo esplicitata nella prima memoria ex art. 183 cod. proc civ., come tardiva.

1.1. Il motivo è infondato.

1.2. Il Tribunale ha accertato che con l'atto introduttivo del giudizio di merito le deduzioni difensive svolte dall'odierno ricorrente e i precedenti di legittimità richiamati a supporto delle stesse si sono incentrate sulla «questione della rilevanza delle ipotesi di vendita 4 giudiziaria di aliud pro al/o» e che soltanto con la prima memoria ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ. il thema decidendum è stato ampliato, allargando le contestazioni alla diversa questione della sussistenza di un errore quale vizio del consenso, idoneo a determinare l'annullamento dell'aggiudicazione. Ha, pertanto, ritenuto che tale ulteriore contestazione integrasse domanda nuova, come tale non ammissibile per effetto delle preclusioni imposte dal codice di rito.

1.3. Il percorso argomentativo seguito dalla sentenza impugnata è corretto e si pone in linea con la giurisprudenza di legittimità che esclude sia consentito, nelle opposizioni esecutive, proporre ragioni di contestazione ulteriori rispetto a quelle dedotte con l'originario atto introduttivo del giudizio (Cass., sez. U, 14/12/2020, n. 28387). Questa Corte ha ripetutamente ribadito che il giudizio di opposizione è un ordinario processo di cognizione nel quale vige il principio della domanda (Cass., sez. 3, 28/07/2011, n. 16541), con conseguente inammissibilità di motivi nuovi (Cass., sez. 6-3, 09/06/2014, n. 12981; Cass., sez. 3, 07/08/2013, n. 18761), soprattutto nell'opposizione agli atti esecutivi, dove la loro proposizione è soggetta al rigoroso termine decadenziale di venti giorni dalla conoscenza dell'atto (Cass., sez. 3, 03/09/2019, n. 21996; Cass., sez. 3, ord. 06/04/2022, n. 11237). Tanto comporta che, nella presente opposizione agli atti esecutivi, che aveva ad oggetto originariamente la domanda di nullità dell'ordinanza di aggiudicazione per pretesa vendita di aliud pro alio, fosse preclusa la deducibilità, con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1, cod. proc. civ., della domanda di annullamento dell'ordinanza di aggiudicazione fondata su un asserito vizio del consenso, introdotta oltre il termine di venti giorni dalla conoscenza del provvedimento impugnato.

1.4. L'illustrazione del motivo si impernia in effetti sull'asserita applicabilità al caso in esame dell'insegnamento delle Sezioni Unite del 15 giugno 2015, n. 12310 ed attinge da tale pronuncia argomentazioni per addivenire alla conclusione che la modifica della originaria domanda fosse ben possibile, perché riguardante la medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio con l'atto introduttivo. L'arresto giurisprudenziale invocato, secondo cui «la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.c. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l'allungamento dei tempi processuali», ha, in realtà chiarito che il mutamento del fatto costitutivo del diritto dedotto in giudizio costituisce modifica della domanda ammessa se la nuova domanda non si aggiunga a quella iniziale, ma la sostituisca e si ponga in rapporto di alternatività rispetto ad essa in quanto tendente a realizzare la medesima vicenda sostanziale (Cass., sez. 3, 31/07/2017, n. 18956; Cass., sez. 3, 26/06/2018, n. 16807). La domanda può, quindi, essere anche modificata, ma non può essere affiancata, poiché l'introduzione di una domanda ulteriore in aggiunta - come nel caso di specie, in cui alla iniziale domanda di nullità dell'aggiudicazione fondata sull'ipotesi di vendita giudiziaria di aliud pro alio si è aggiunta la domanda di annullabilità dell'aggiudicazione per dedotta sussistenza di un errore quale vizio della volontà - subisce lo stesso trattamento che, prima del revirement del 2015, era applicato alla mutati° libelli. L'intervento delle Sezioni Unite che, ad avviso del ricorrente, sarebbe stato travisato si pone, in realtà, in contrasto con la prospettazione del ricorrente e fonda la correttezza della decisione del giudice del merito, poiché, anche in disparte le peculiarità delle opposizioni esecutive ed in particolare della loro istituzionale inemendabilità successiva, la modificazione della domanda, da effettuarsi nei limiti delle memorie previste dall'articolo 183 cod. proc. civ., non include l'introduzione di ulteriori domande accanto a quella originaria e - modificata o no - mantenuta (Cass., sez. 1, 26/02/2016 n. 3806; Cass., sez. 1, 13/03/2017 n. 6389, Cass. sez. 2, 10/04/2017 n. 9192; Cass., sez. 3, 31/07/2017 n. 18956; Cass., sez. 1, 9/02/2018 n. 3254).

2. Con il secondo motivo, censurando la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1427, 1428, 1429 e 2922 cod. civ., il ricorrente assume che l'affermazione del Tribunale secondo cui «...l'erronea informazione resa in merito alla reale data di immatricolazione del veicolo...non vale di certo a delineare una radicale diversità del bene oggetto di vendita forzata...» contrasta con le disposizioni normative evocate. Considerando il «bando di vendita» alla stregua di quella che nella vendita volontaria sarebbe la «proposta contrattuale di compravendita» e tenuto conto che l'I.V.G. avrebbe dovuto verificare l'esatta corrispondenza del bene pubblicizzato a quello pignorato e messo in vendita, il ricorrente rimarca che è stato aggiudicato un bene assolutamente diverso da quello pubblicizzato e che dal comportamento colpevole degli incaricati dell'Istituto Vendite giudiziarie non può che derivare l'annullamento del provvedimento di aggiudicazione.

3. Con il terzo motivo - rubricato: «violazione e falsa applicazione degli artt. 1427, 1428, 1429, 2929 e 2697 cod. civ.» - il ricorrente, censurando la sentenza impugnata là dove si afferma che non sono stati allegati, né provati specifici vizi del bene che lo rendono inidoneo all'assolvimento della sua naturale funzione, assume di avere dato dimostrazione dell'errore che aveva viziato la formazione del suo consenso e che tale circostanza non poteva che determinare l'invalidità dell'atto esecutivo, con conseguente restitutio ad integrum dell'aggiudicatario e risarcimento del danno. Soggiunge che nel fascicolo telematico dell'esecuzione non si rinveniva documentazione fiscale relativa ai beni pignorati (Fiat Doblò e autocarro Iveco), in quanto detta documentazione era stata acquisita dagli incaricati dell'I.V.G. solo in data successiva al pignoramento, ossia quando era stata loro consegnata insieme ai beni mobili registrati.

3.1. Il secondo ed il terzo motivo, strettamente connessi, possono essere congiuntamente scrutinati, ma non possono essere accolti.

3.2. Come ben chiarito da questa Corte (Cass., sez. 3, 02/04/2014, n. 7708; Cass., sez. 3, 29/01/2016, n. 1669), la risoluzione della questione prospettata non può, prescindere dalla peculiare natura della vendita esecutiva, «normalmente definita dalla giurisprudenza una vendita sui generis, affine alla vendita solo per gli effetti che ne conseguono e, invece, propria del processo per la struttura e la funzione, giacché realizza congiuntamente l'interesse pubblico (connesso a ogni processo giurisdizionale) e l'interesse privato (dei creditori concorrenti e dell'aggiudicatario). Consegue da ciò la giustificazione dell'esclusione, sul piano normativo, della garanzia per vizi della cosa e, in via di interpretazione, l'inapplicabilità alla vendita esecutiva delle regole dettate per la compravendita in tema di tutela dell'acquirente (e segnatamente, l'esclusione, oltre che della garanzia per vizi di cui all'art. 1490 cod. civ., della rescissione per lesione ex art. 1448 cod. civ., come dell'actio redhibitoria, della risoluzione del contratto, nonché dell'actio quanti minoris, della riduzione del prezzo ex art. 1492 cod. civ. e dell'azione di 8 risarcimento del danno ex art. 1494 cod. civ.)».

3.3. La vendita forzata, essendo un (sub-)procedimento che si inserisce nel processo esecutivo, il cui nucleo essenziale è costituito dalla combinazione tra un provvedimento dell'organo esecutivo ed un atto giuridico unilaterale di natura privata (offerta del terzo acquirente), non è regolata dalla disciplina di quella volontaria - a cominciare da quella in tema di interpretazione, ma per proseguire con quella in tema di vizi della volontà o validità del vincolo negoziale - ma resta piuttosto regolata da una disciplina speciale, nella quale si ravvisano soltanto alcuni dei principi generali della vendita volontaria, assorbiti e coordinati in vista delle esigenze pubblicistiche del procedimento - esecutivo - in cui essa si inserisce (Cass., n. 7708/14, cit.).

3.4. Sebbene questa Corte (Cass., n. 7708/14, cit.) abbia individuato il mezzo idoneo a far valere l'aliud pro alio nella vendita giudiziaria, individuandolo in quello interno al processo esecutivo dell'opposizione agli atti esecutivi, soggetto al termine decadenziale di cui all'art. 617 cod. proc. civ., la giurisprudenza di questa Corte pone una sostanziale distinzione, in ordine all'estensione della disciplina dell'art. 2922 cod. civ., tra vizi della cosa e mancanza di qualità, da un lato, e consegna di aliud pro alio, dall'altro lato, prevedendo che si ha vizio redibitorio oppure mancanza di qualità essenziale della cosa, qualora questa presenti imperfezioni che la rendano inidonea all'uso cui dovrebbe essere destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore, ovvero qualora essa appartenga, per caratteristiche strutturali, ad un tipo diverso o ad una specie diversa da quella pattuita; mentre ricorre l'aliud pro alio, qualora il bene venduto sia completamente diverso da quello pattuito, in quanto appartenendo ad un genere diverso, si riveli funzionalmente del tutto inidoneo ad assolvere la destinazione economico-sociale della res 9 venduta e, quindi, a fornire l'utilità richiesta (Cass., sez. 2, 18/05/2011, n. 10916; Cass., sez. 2, 07/03/2007, n. 5202; Cass., sez. 2, 25/09/2002 n.13925).

3.5. In tale prospettiva, non risulta che la sentenza impugnata si sia discostata, nell'interpretazione del disposto della norma di cui all'art. 2922 cod. civ., dall'orientamento largamente condiviso nella giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. 1, 11018/94; Cass., sez. 1, 09/10/1998, n. 10015; Cass., sez. 3, 13/05/2003, n. 7294; Cass., sez. 1, 25/02/2005, n. 4085), secondo cui l'esclusione, ivi prescritta, della garanzia per i vizi della cosa nella vendita forzata si riferisce alle fattispecie prefigurate dagli articoli da 1490 a 1497 cod. civ. e non riguarda, quindi, l'ipotesi di consegna di aliud pro alio che, secondo la lata accezione considerata da tale giurisprudenza, è configurabile sia quando la cosa appartenga ad un genere del tutto diverso da quello indicato nella ordinanza di vendita, ovvero manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale funzione economico-sociale, sia quando risulti del tutto compromessa la destinazione della cosa all'uso che, preso in considerazione nell'ordinanza di vendita, abbia costituito elemento determinante per l'offerta di acquisto (Cass., n. 1669/16, cit.; Cass., sez. 6-1, 12/07/2016, n. 14165; Cass., n. 7708/14, cit.; Cass., sez. 1, n. 4085/05, cit.; Cass., sez. 1, n. 10015/98, cit.; Cass., n. 11018/94, cit.); ipotesi queste che il giudice del merito — con valutazione in fatto che resta, anche alla stregua delle contestazioni in concreto mosse in ricorso, insindacabile in questa sede - ha ritenuto entrambe non ricorrenti nella specie. Nel caso in esame, non avrebbe, invero, potuto affermarsi la prospettata ipotesi di vendita di aliud pro alio, in quanto non sono state dedotte, fin dall'atto introduttivo dell'opposizione, circostanze che possano portare a ritenere che l'autoveicolo non fosse idoneo alla 10 sua destinazione, potendosi, dalle contestazioni sollevate («il bene è da ritenersi diverso (aliud pro alio) in quanto l'immatricolazione, di ben tredici anni antecedente quella indicata nel bando di vendita, rende il valore dello stesso di gran lunga inferiore rispetto a quello che il signor riteneva e per il quale aveva fatto le relative offerte di acquisto»), profilare al più una differenza quantitativa, ma non qualitativa — in senso stretto — tra il bene oggetto di trasferimento e quello descritto nell'ordinanza di vendita, del tutto irrilevante ai fini del riconoscimento del difetto denunciato. Data la diversità strutturale della vendita forzata rispetto a quella negoziale, ben delineata dalla ricostruzione effettuata dagli arresti giurisprudenziali sopra richiamati, e considerato che la nullità del decreto di trasferimento è ravvisabile solo in ipotesi di radicale o sostanziale diversità della cosa oggetto della vendita, in cui, venendo effettivamente meno il nucleo essenziale e l'oggetto stesso della vendita forzata, quale risulta specificato e determinato dall'offerta dell'aggiudicatario e dalla stessa determinazione dell'organo giudicante, la cosa aggiudicata risulti essere ontologicamente diversa da quella sulla quale è incolpevolmente caduta l'offerta dell'aggiudicatario, non può che ritenersi l'infondatezza dei vizi di violazione di legge dedotti con i mezzi in esame.

4. Con il quarto motivo, censurando la decisione impugnata per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, il ricorrente lamenta che il Tribunale ha omesso di prendere in considerazione la questione del vizio del consenso, formatosi nell'aggiudicatario per colpa allo stesso non imputabile, pur trattandosi di fatto decisivo, mai contestato dalle controparti.

4.1. La censura è inammissibile.

4.2. Giova rimarcare, invero, che è applicabile, nella concreta fattispecie, il contenuto precettivo del nuovo testo dell'art. 360, primo 11 comma, n. 5, cod. proc. civ., introdotto dall'art. 54, comma 1, lett. b), del d.l. n. 83/2012, convertito, con modificazione, nella legge n. 134 del 2012 (entrata in vigore il 12.8.2012), disposto applicabile alla impugnazione per cassazione della sentenza 22.1.2013, giusta la previsione del comma 3 dell'art. 54 citato. Nella evidente prospettiva della novella introdotta dal legislatore del 2012 - che mira a ridurre drasticamente l'area del sindacato di legittimità attorno ai «fatti» - l'omesso esame del fatto decisivo oggetto di discussione nel giudizio afferisce a dati materiali, ad episodi fenomenici rilevanti, ed alle loro ricadute in termini di diritto, aventi portata idonea a determinare direttamente il giudizio (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053). Al contrario, le censure motivazionali formulate dal ricorrente, mediante il richiamo alla «questione del vizio del consenso», peraltro irrilevante per le ragioni già sopra esposte, non sono riconducibili al paradigma normativo del riformulato art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., posto che nessun fatto decisivo trascurato dal Tribunale viene indicato se non gli stessi fatti già valutati dalla sentenza impugnata.

5. Con il quinto motivo, deducendo la «violazione e falsa applicazione degli artt. 536, secondo comma, cod. proc. civ., 2 e 8 d.m. n. 109/1997 e degli artt. 2043 e 2050 cod. civ.», il ricorrente contesta al Tribunale di avere affermato che l'Istituto vendite giudiziarie non sia da considerarsi parte del giudizio di opposizione e sottolinea, al contrario, che, proprio per il fatto che l'I.V.G. è un soggetto privato che esercita un servizio di pubblica utilità, deve rispondere del danno derivato all'aggiudicatario dall'operato dei suoi dipendenti. Rimarca, quindi, di essere stato indotto in errore a causa della pubblicazione, sul portale delle vendite telematiche, di un dato essenziale per poter valutare appieno la convenienza dell'acquisto del veicolo, rappresentato dall'anno di immatricolazione del bene, e che il comportamento colposo tenuto dai suoi dipendenti integra una ipotesi di responsabilità che impone all'Istituto Vendite giudiziarie di rispondere dei relativi danni cagionati ai terzi.

5.1. Il motivo è inammissibile.

5.2. Occorre tenere presente il principio costante nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui in tema d'impugnazione, ove con un'unica sentenza siano adottate distinte statuizioni, ciascuna delle quali sottoposta a diverso mezzo d'impugnazione, ogni statuizione deve essere impugnata soltanto con il mezzo di gravame che le è proprio (Cass., sez. 1, 24/03/2005, n. 6376). Ebbene, nel caso di specie, il ricorso per cassazione proposto contro una sentenza pronunciata in primo grado su un capo di rigetto della domanda di risarcimento del danno è inammissibile, in quanto la statuizione oggetto di censura avrebbe dovuto essere impugnata con appello.

6. In conclusione, il ricorso va rigettato. Nulla deve disporsi in merito alle spese del presente giudizio di legittimità, in difetto di attività difensiva delle parti intimate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio il 10dicembre 2022