Giu L’azione revocatoria esercitata dal Procuratore regionale della Corte dei conti non appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, ma alla giurisdizione della Corte dei Conti
CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE - ORDINANZA 20 gennaio 2023 N. 1881
Massima
“…l’azione revocatoria esercitata dal Procuratore regionale della Corte dei conti, ai sensi dell’art. 1, comma 174, della legge n. 266 del 2005, non appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, ma alla giurisdizione della Corte dei Conti, poiché tale norma: interpreta l’art. 26 del regolamento di procedura dei giudizi innanzi alla Corte dei Conti di cui al r.d. n. 1038 del 1933 ed è inserita, quindi, nel corpo della disciplina dei giudizi di pertinenza della Corte dei Conti; conferisce la legittimazione attiva al Procuratore regionale contabile, organo abilitato a svolgere le proprie funzioni unicamente davanti al giudice presso il quale è istituito; mira a “realizzare una più efficace tutela dei crediti erariali”, tutela accessoria e strumentale a quella fornita dalle azioni di responsabilità erariale; trova “copertura” nell’art. 103, secondo comma, Cost., in quanto, nonostante l’eventuale coinvolgimento di diritti di terzi, estranei al rapporto di servizio con la P.A., attiene comunque alle “materie di contabilità pubblica”, riservate alla giurisdizione della Corte dei Conti (Cass. SSUU n. 11073/2012; conforme, in precedenza, già Cass. SSUU 22059/2007)”

Casus Decisus
1. La sig.ra (OMISSIS), madre della sig.ra (OMISSIS), nonchè quest’ultima – in proprio e in qualità di legale rappresentante p.t. della società (OMISSIS) s.r.l. – hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Corte dei conti, Seconda Sezione giurisdizionale di appello, che, confermando la sentenza della Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Calabria, ha dichiarato inefficaci nei confronti del Ministero dello Sviluppo economico, ai sensi dell’art. 2901 c.c., i due atti dispositivi di seguito indicati: – Atto dispositivo a rogito del notaio (OMISSIS) del (OMISSIS), con il quale (OMISSIS) aveva venduto a (OMISSIS) s.r.l. la proprietà del fabbricato sito nel Comune di (OMISSIS), iscritto al N.C.T. al foglio (OMISSIS); – Atto dispositivo a rogito del notaio (OMISSIS) del (OMISSIS), con il quale (OMISSIS) aveva venduto alla figlia (OMISSIS) i seguenti immobili: fabbricato sito nel comune di (OMISSIS), iscritto al N. C.T. al foglio (OMISSIS); fabbricato sito in (OMISSIS), iscritto al N. C.T. al foglio (OMISSIS); fabbricato sito nel comune di (OMISSIS), iscritto al N. C.T. al foglio (OMISSIS). 2. L’azione revocatoria era stata avviata dalla Procura contabile regionale a tutela del credito erariale accertato con la sentenza della Sezione giurisdizionale per la Calabria n. 2/2012 del 25.01.12, con la quale (OMISSIS) era stata condannata a pagare in favore del Ministero dello Sviluppo economico la somma di 1.136.467,49 Euro; importo poi ridotto in appello a 665.887,76 Euro, all’esito della impugnazione per revocazione della sentenza di secondo grado. 3. La Corte dei conti, per quanto qui ancora interessa, ha disatteso l’eccezione di difetto di legittimazione del Procuratore contabile all’esercizio dell’azione revocatoria proposta nei confronti delle appellanti, affermando che l’azione pauliana – funzionale alla realizzazione di una più efficace tutela dei crediti erariali, in funzione strumentale e accessoria rispetto all’azione di responsabilità – può essere esercitata dal Procuratore contabile, in co-legittimazione con l’Amministrazione danneggiata, non soltanto, come preteso dalle appellanti, nella pendenza del giudizio risarcitorio, ma anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza di accertamento del credito erariale. 4. Il ricorso per cassazione delle sigg.re (OMISSIS) e (OMISSIS) – quest’ultima, come già precisato, in proprio e nei nomi della società (OMISSIS) s.r.l. – si fonda su un unico motivo, rubricato “Difetto di giurisdizione con conseguente violazione del combinato disposto di cui agli artt. 2901 c.c. e del Decreto Legislativo n.174/2016, art.73, in relazione all’art. 360 n. 1 c.p.c. nonchè eccesso di potere giurisdizionale ai sensi del combinato disposto dalla Cost., art. 111 e dell’art. 360 n. 1 c.p.c.”. 5. Il Procuratore Generale della Corte dei Conti si è costituito con controricorso, chiedendo la declaratoria di inammissibilità e, in ipotesi, di infondatezza del gravame. 6. La causa è stata decisa nella camera di consiglio del 27 settembre 2022, per la quale le ricorrenti hanno depositato una memoria ed il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato una requisitoria scritta, in cui ha concluso per il rigetto del ricorso; a tale requisitoria le ricorrenti hanno replicato con una seconda memoria.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE - ORDINANZA 20 gennaio 2023 N. 1881

7. Preliminarmente va rigettata l’eccezione del Procuratore Generale contabile di inammissibilità del ricorso per mancanza di procura speciale per il giudizio davanti alla Corte di cassazione. Al ricorso per cassazione risulta infatti materialmente congiunto, tramite spillatura, un foglio contenente la procura rilasciata in data (OMISSIS) dalle sig.re (OMISSIS) e (OMISSIS) (quest’ultima in proprio e nella dichiarata qualità di legale rappresentante p.t. della società (OMISSIS) s.r.l.) agli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) per l’impugnativa della “sentenza n. 60/21 emessa dalla Corte dei Conti, Sez. Giurisdizionale per la Regione Calabria” il 22.02.2021″. L’indicazione del giudice che ha emesso la sentenza impugnata come “Corte dei Conti, Sez. Giurisdizionale per la Regione Calabria” (invece che “Corte dei Conti, Seconda Sezione giurisdizionale di appello”) appare essere un evidente refuso, giacchè la sentenza della Sez. Giurisdizionale per la Regione Calabria, resa in primo grado, reca il numero 209/18 ed è stata depositata il 14 marzo 2018, mentre la sentenza di appello, qui impugnata, reca, in conformità con le indicazioni contenute nella procura, il numero (OMISSIS) e risulta depositata il (OMISSIS), data anteriore a quella della procura medesima.

8. Ancora in via preliminare va dichiarato inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Procuratore regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Calabria; queste Sezioni Unite, infatti, hanno già avuto modo di precisare che il ricorso per cassazione avverso le pronunce emesse dalla Corte dei conti in grado di appello deve essere notificato al Pubblico Ministero contabile, quale unico contraddittore necessario, nella persona del Procuratore Generale della Corte dei conti (SSUU n. 26256 del 18 dicembre 2018).

9. L’unico motivo del ricorso per cassazione si articola in due rilievi.

9.1. Con il primo rilievo le ricorrenti deducono il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti sull’azione revocatoria esercitata dal Pubblico Ministero contabile dopo l’accertamento, con sentenza definitiva, del credito per risarcimento del danno erariale; nel motivo di ricorso si sostiene che la giurisdizione contabile sull’azione revocatoria (al pari della legittimazione del Procuratore contabile all’esercizio di tale azione) sarebbe limitata alle azioni esercitate prima dell’accertamento del suddetto credito. Dopo l’accertamento di quest’ultimo, per contro, l’azione revocatoria potrebbe essere esercitata solo dalla pubblica amministrazione danneggiata, davanti all’autorità giudiziaria ordinaria. Nella specie, in cui l’azione revocatoria è stata esercitata dopo che il credito risarcitorio del Ministero dello Sviluppo economico era stato accertato con sentenza definitiva, la giurisdizione sarebbe quindi spettata al giudice ordinario.

9.2. Con il secondo rilievo le ricorrenti deducono l’eccesso di potere giurisdizionale in cui la Corte dei Conti sarebbe incorsa usurpando la funzione legislativa, perchè, nell’affermare la propria giurisdizione nella presente controversia, avrebbe operato un radicale stravolgimento della portata dell’art. 73 c.g.c..

10. Quanto alle argomentazioni di cui al precedente paragrafo 9.1, va preliminarmente ricordato il costante insegnamento di queste Sezioni Unite alla cui stregua:

a) l’azione revocatoria esercitata dal Procuratore regionale della Corte dei conti, ai sensi della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 174, non appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, ma alla giurisdizione della Corte dei Conti, poichè tale norma: interpreta l’art. 26 del regolamento di procedura dei giudizi innanzi alla Corte dei Conti di cui al Regio Decreto n. 1038 del 1933 ed è inserita, quindi, nel corpo della disciplina dei giudizi di pertinenza della Corte dei Conti; conferisce la legittimazione attiva al Procuratore regionale contabile, organo abilitato a svolgere le proprie funzioni unicamente davanti al giudice presso il quale è istituito; mira a “realizzare una più efficace tutela dei crediti erariali”, tutela accessoria e strumentale a quella fornita dalle azioni di responsabilità erariale; trova “copertura” nella Cost.art. 103, comma 2, in quanto, nonostante l’eventuale coinvolgimento di diritti di terzi, estranei al rapporto di servizio con la P.A., attiene comunque alle “materie di contabilità pubblica”, riservate alla giurisdizione della Corte dei Conti (Cass. SSUU n. 11073/2012; conforme, in precedenza, già Cass. SSUU 22059/2007);

b) in tema di tutela del credito da danno erariale, la spettanza al P.M. contabile dell’esercizio dell’azione revocatoria innanzi alla Corte di conti, l. n. 266 del 2005, art. 1, comma 174, non esclude la sussistenza della legittimazione dell’amministrazione danneggiata, come per qualsiasi altro creditore, ad esperire l’omologa azione davanti al giudice ordinario, ancorchè sulla base della stessa situazione creditoria legittimante l’azione del P.M. contabile, ed i problemi di coordinamento nascenti da tale fenomeno di co-legittimazione all’esercizio di quell’azione a due soggetti diversi e davanti a distinte giurisdizioni vanno esaminati e risolti, da ciascuna delle giurisdizioni eventualmente investite, nell’ambito dei poteri interni ad ognuna di esse, non riguardando una questione di individuazione della giurisdizione stessa (Cass. SSUU n. 14792 del 2016; conf. Cass. SSUU n. 28183 del 2020).

11. Le ricorrenti sostengono che tali principi non varrebbero per le azioni revocatorie esercitate dopo l’accertamento, con sentenza definitiva, del credito risarcitorio erariale; in tale fase, infatti, l’actio pauliana potrebbe essere esercitata soltanto dalla pubblica amministrazione danneggiata, davanti all’autorità giudiziaria ordinaria.

12. L’assunto delle ricorrenti non può essere condiviso. L’art. 73 c.g.c. recita: “Il pubblico ministero, al fine di realizzare la tutela dei crediti erariali, può esercitare tutte le azioni a tutela delle ragioni del creditore previste dalla procedura civile, ivi compresi i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale di cui al libro VI, Titolo III, Capo V, del codice civile”. Le ricorrenti propongono di leggere tale disposizione come se, dopo le parole “al fine di realizzare la tutela dei crediti erariali” fossero inserite le ulteriori parole “non ancora accertati con sentenza passata in giudicato”. Ma tali ulteriori parole non sono presenti nel testo della legge e l’interprete non può sostituirsi al Legislatore pretendendo di inserirvele.

13. Nè ha pregio il rilievo delle ricorrenti alla cui stregua l’interpretazione da loro proposta sarebbe imposta da ragioni sistematiche e, precisamente, dalla considerazione che l’art. 73 c.g.c. “pertiene alla fase preistruttoria e/o istruttoria, peraltro di primo grado, a giustificazione che la sua disciplina è diretta all’esigenza, durante il giudizio, per l’appunto, “di realizzare una più efficace tutela dei crediti erariali”” (pag. 11, secondo capoverso, del ricorso), mentre non potrebbe “contestarsi il fatto, relativamente ad una sentenza di condanna definitiva, che le uniche prerogative della Procura contabile sono disciplinate dalla Parte VII, Titolo I, Capo II del codice della giustizia contabile ed in particolare dall’art. 213” (pag. 14, secondo capoverso, del ricorso).

14. Al riguardo va osservato, in primo luogo, che l’argomento sistematico speso nel motivo di ricorso è intrinsecamente errato, in quanto – contrariamente a quanto afferma la difesa delle ricorrenti – l’art. 73 c.g.c. non “pertiene alla fase preistruttoria e/o istruttoria, peraltro di primo grado”. La Parte II del codice della giustizia contabile (“Giudizi di responsabilità”) si articola, infatti, nei Titoli I (“Fase preprocessuale”), II (“Azioni a tutela del credito erariale”), III (“Rito ordinario”), IV (“Giudizi innanzi le sezioni riunite”) e V (“Riti speciali”). L’art. 73 è compreso nel Titolo II (“Azioni a tutela del credito erariale”), cosicchè la sua dislocazione nella topografia del codice non offre alcun sostegno ad una interpretazione che limiti la relativa portata applicativa alla fase preprocessuale o processuale del giudizio di responsabilità.

15. In secondo luogo va osservato che, se la legge concede al Pubblico Ministero contabile una legittimazione concorrente con quella dell’amministrazione o dell’ente danneggiato all’esercizio di “tutte le azioni a tutela delle ragioni del creditore previste dalla procedura civile, ivi compresi i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale di cui al libro VI, Titolo III, Capo V, del codice civile”, un’interpretazione che riconoscesse tale legittimazione in relazione ai crediti non giudizialmente accertati e la negasse in relazione ai crediti già giudizialmente accertati risulterebbe addirittura paradossale e, comunque, palesemente confliggente con la ratio di tutela delle ragioni del credito erariale che ispira l’intero Titolo II della Parte II del codice della giustizia contabile.

16. In terzo luogo va giudicato inconferente il richiamo della difesa delle ricorrenti alla disciplina dettata nella Parte VII, Titolo I, Capo II del codice della giustizia contabile, ed in particolare nell’art. 213 c.g.c., perchè la disciplina dell’esecuzione della sentenza di condanna al risarcimento del danno erariale costituisce un corpus normativo avente un oggetto palesemente diverso dalla disciplina dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale del creditore. Questa seconda disciplina, infatti, non riguarda l’esecuzione della sentenza, bensì la conservazione o la reintegrazione del patrimonio aggredibile con tale esecuzione.

17. La prima doglianza in cui si articola il motivo di ricorso va dunque disattesa.

18. Con la seconda doglianza, come già accennato nel precedente paragrafo 9.2, le ricorrenti sostengono che la Corte dei Conti, affermando la propria giurisdizione nella presente controversia, avrebbe usurpato la funzione legislativa, così incorrendo in eccesso di potere giurisdizionale.

19. La suddetta doglianza, prima ancora che travolta dall’accertata sussistenza della giurisdizione contabile sulla controversia in esame, va giudicata inammissibile alla stregua dell’insegnamento della Corte costituzionale secondo cui non possono ricondursi all’eccesso di potere giurisdizionale le ipotesi di “uno “stravolgimento”, anche radicale, delle “norme di riferimento”” (C. Cost. n. 6 del 2018, § 16).

20. Il ricorso va rigettato.

21. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese in favore del Procuratore Generale della Corte dei conti, stante la sua posizione di parte solo in senso formale. Tale Ufficio, infatti, così come non può sostenere l’onere delle spese processuali nel caso di sua soccombenza, al pari di ogni altro Ufficio del Pubblico Ministero, non può essere destinatario di una pronuncia attributiva della rifusione delle spese quando, come nella specie, risulti soccombente il suo contraddittore.

22. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, ricorrono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002 – della sussistenza dell’obbligo di
versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Procuratore Regionale presso la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Calabria e rigetta il ricorso nei confronti del Procuratore Generale presso la Corte dei Conti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13,
comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio delle Sezioni Unite civili il 27 settembre 2022.