Giu Questione di legittimità: equiparabilità delle strutture private sanitarie alle farmacie e alla conseguente loro sottrazione, al pari di queste, all’applicazione degli interessi di cui al d.lgs. n. 231 del 2002
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE - ORDINANZA INTERLOCUTORIA 18 aprile 2023 N. 10336
Massima
La Sezione Prima civile, in tema di fornitura di servizi medici, ha disposto, ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., la trasmissione del ricorso al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione afferente alla equiparabilità delle strutture private sanitarie alle farmacie e alla conseguente loro sottrazione, al pari di queste, all’applicazione degli interessi di cui al d.lgs. n. 231 del 2002 ovvero alla loro assimilabilità ad imprese commerciali nell’attività di forniture di servizi medici, fatta eccezione per la dispensazione dei soli farmaci di classe A.

Casus Decisus
1. Con sentenza del 14.10.11, il Tribunale di Napoli rigettò la domanda proposta dal Centro studi della scoliosi srl e dalla Commercio & Finanza spa leasing e factoring nei confronti della Azienda sanitaria locale Napoli 1, e della Regione Campania, ad oggetto la condanna al pagamento della somma di euro 1.532.595,53 oltre ulteriori interessi moratori dal 2007- calcolati a norma del d.lgs. n. 231/02- per il ritardo nel pagamento di prestazioni di assistenza riabilitativa in favore degli assistiti del SSN, dichiarando legittimata passiva la sola ASL NA1 e, nel merito, ritenendo inapplicabile al rapporto la disciplina degli interessi ex art. 5 d.lgs. n. 231/02, non sussistendo un rapporto commerciale tra l’ente pubblico e il privato. Avverso tale sentenza propose appello il Centro studi per la scoliosi srl, l’Asl Napoli 1 Centro si costituì, mentre la Regione Campania rimase contumace. Con sentenza depositata il 19.9.19, la Corte territoriale respinse l’appello osservando che non era configurabile tra le parti un rapporto di fornitura avente ad oggetto le prestazioni sanitarie a favore degli assisti dal SSN, venendo in rilievo un’attività pubblicistica che trova disciplina nelle norme in materia e non in un regolamento contrattuale. La società ricorre in cassazione con due motivi, illustrati con memoria. L’ASL Napoli 1 Centro resiste con controricorso.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE - ORDINANZA INTERLOCUTORIA 18 aprile 2023 N. 10336 A. Valitutti

2. Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1,2,3,4,5, d.lgs. n. 231/02, della l. n. 833/78, dell’art. 8quinquies d.lgs. n. 502/92, nonché erronea applicazione del principio nomofilattico espresso dalla cassazione- nelle citate sentenze- con riguardo alla fattispecie in questione, avendo la Corte d’appello erroneamente applicato un principio affermato per le farmacie e non estensibile ai rapporti commerciali tra le strutture private accreditate e le ASL. In particolare, la ricorrente assume che erroneamente la Corte d’appello ha escluso la configurabilità tra le parti di un rapporto commerciale di fornitura, con conseguente applicabilità del tasso degli interessi moratori calcolati a norma del d.lgs. n. 231/02, sussistendone invece i presupposti (l’autorizzazione dell’ente pubblico, l’accreditamento e l’accordo negoziale), come documentato. Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 231/02, dell’art. 12 disp. prel. cc, 132, c.2, n.4, 118 disp. att., cpc nonché per errata applicazione dei principi affermati dalla cassazione in materia ed omessa o apparente motivazione. Al riguardo, la ricorrente si duole che la Corte d’appello non abbia tenuto conto del contratto stipulato trac le parti a seguito dell’accreditamento che disciplina i tetti di spesa, le capacità tecnico-operative e i termini di esecuzione. La ricorrente chiede altresì che, cassata la sentenza impugnata, la causa venga decisa nel merito condannando l’Asl Na1 Centro al pagamento della suddetta somma.

3. Il collegio ritiene che occorra rimettere la causa alle Sezioni Unite. L’oggetto della controversia riguarda l’applicabilità degli interessi moratori, come disciplinati dal d.lgs. n. 231/02, al rapporto tra la società ricorrente e l’ASL Napoli 1 Centro, che si svolge in regime di accreditamento, avente ad oggetto la fornitura di servizi riabilitativi e di prestazioni mediche. La Corte d’appello ha rigettato l’impugnativa dell’ASL, affermando che, in applicazione di alcune sentenza della Suprema Corte, il tasso di interesse di cui all'art. 5 del d.lgs. n. 231 del 2002, nel testo anteriore alla novellazione di cui al d.lgs. n. 192 nel 2012, non sarebbe applicabile all'ipotesi di ritardo da parte della pubblica amministrazione competente nel corrispondere al farmacista la seconda quota di ristoro relativa alla dispensazione dei farmaci di classe A, atteso che, limitatamente a tale ipotesi, il farmacista è componente del servizio sanitario nazionale e non è qualificabile come "imprenditore", ovvero "soggetto esercente un'attività economica organizzata o una libera professione", ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. c) del suddetto decreto legislativo. In particolare, la sentenza impugnata ha affermato che il suddetto principio sia applicabile analogicamente al caso concreto.

4. Ora, giova richiamare la giurisprudenza di questa corte in materia, secondo la quale, nel caso di prestazioni sanitarie erogate in favore dei fruitori del servizio da strutture private pre-accreditate con lo Stato, il diritto di queste ultime a vedersi corrispondere dal soggetto pubblico gli interessi di mora, nella misura prevista dal d.lgs. n. 231 del 2002, sorge soltanto qualora, in data successiva all'8 agosto 2002, sia stato concluso, tra l'Ente pubblico competente e la struttura, un contratto avente forma scritta a pena di nullità (sussumibile nella "transazione commerciale" di cui all'art.2, comma 1, lett. a, del citato decreto) con il quale l'Ente abbia assunto l'obbligo, nei confronti della struttura privata, di retribuire, alle condizioni e nei limiti ivi indicati, determinate prestazioni di cura da essa erogate (Cass., n. 17665/19; n. 7019/20). Pertanto, nel caso concreto, secondo la ricorrente, la Corte territoriale, nel respingere l’appello, avrebbe applicato erroneamente i principi che la cassazione ha limitato alla fornitura di medicinali dell’allegato A (i “salva-vita”), omettendo dunque di esaminare i documenti prodotti e di valutare la configurabilità di un rapporto di fornitura ai fini della liquidabilità degli interessi ex d.lgs. n. 231/02.

5. La questione è stata rivisitata dalle Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n.26496/2020, secondo cui il tasso di interesse di cui all'art. 5 del d.lgs. n. 231 del 2002, nel testo anteriore alla novellazione di cui al d.lgs. n. 192 nel 2012, non è applicabile all'ipotesi di ritardo da parte della pubblica amministrazione competente nel corrispondere al farmacista la seconda quota di ristoro relativa alla dispensazione dei farmaci di classe A, atteso che, limitatamente a tale dispensazione, il farmacista è componente del servizio sanitario nazionale e non è qualificabile come "imprenditore", ovvero "soggetto esercente un'attività economica organizzata o una libera professione", ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. c) del suddetto decreto legislativo. Tale sentenza si riferisce ad una fattispecie particolare, ed in special modo alle farmacie, istituzioni distinte dalle strutture private sanitarie ? come quella oggetto del presente giudizio ? ma che sono accomunate a queste ultime dal regime concessorio dell’accreditamento.

5.1. Per tale ragione ? pur senza operare una chiara estensione del principio applicato alle farmacie alle strutture private ? la sentenza delle S.U. prende in esame Cass. 14349/2016; Cass. 20391/2016; Cass. 17665/2019, citate dal ricorrente, e le disattende. Tanto vero che rispetto a tale ultima sentenza ? sulla quale viene a fondarsi buona parte del ricorso ? il Massimario annota come difforme la sentenza delle S. U. n.26496/2020. 5.2. Pertanto, dalla sentenza delle SU non si evince con chiarezza se le strutture private sanitarie siano equiparabili alle farmacie, ed al pari di queste sottratte all’applicazione degli interessi di cui al d.lgs. n. 231/2002, o se invece esse siano assimilabili ad imprese commerciali nell’attività di forniture si servizi medici, fatta eccezione per la dispensazione dei soli farmaci di classe A. Ne consegue la necessità di rimettere di nuovo la questione alle Sezioni Unite al fine di dirimere i dubbi interpretativi suesposti.

P.Q.M.

La Corte rimette gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite. Così deciso nella camera di consiglio del 9 febbraio 2023.