Giu Il conseguimento della giuridica disponibilità della somma mutuata da parte del mutuatario può ritenersi sussistente, come equipollente della traditio, nel caso in cui il mutuante crei un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 27 febbraio 2023 N. 5921
Massima
Il conseguimento della giuridica disponibilità della somma mutuata da parte del mutuatario può ritenersi sussistente, come equipollente della traditio, nel caso in cui il mutuante crei un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario, in guisa tale da determinare l’uscita della somma dal proprio patrimonio e l’acquisizione della medesima al patrimonio di quest’ultimo, ovvero, quando, nello stesso contratto di mutuo, le parti abbiano inserito specifiche pattuizioni, consistenti nell’incarico che il mutuatario dà al mutuante di impiegare la somma mutuata per soddisfare un interesse del primo (Cass., sez. 1, 12/10/1992, n. 11116; Cass., sez. 1, 15/07/1994, n. 6686; Cass., sez. 1, 21/02/2001, n. 2483; Cass., sez. 3, 05/07/2001, n. 9074; Cass., sez. 1, 28/08/2004, n. 17211; Cass., sez. 1, 03/01/2011, n. 14; Cass., sez. 3, 27/08/2015, n. 17194).

Casus Decisus
1. A. SPV S.r.l. e, per essa, P.A.M. s.p.a., ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma con la quale è stato respinto l’appello dalla stessa proposto avverso la sentenza n. 18742/17 del Tribunale di Roma. 2. Questi i fatti dai quali trae origine la controversia. 2.1. E.D.F., debitore esecutato, propose opposizione avverso l’esecuzione, deducendo che il creditore T. F. s.p.a., ora A. SPV s.r.l., intervenuto in forza di mutuo ipotecario, non era munito di titolo esecutivo idoneo a dare impulso alla procedura esecutiva a seguito di rinuncia del creditore procedente F.lli C. e C. C. s.p.a., avvenuta nel 1993. Essendo stato, in data 21 settembre 2015, aggiudicato l’immobile staggito, con successivo ricorso il debitore esecutato propose opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. avverso il provvedimento di aggiudicazione; il giudice dell’esecuzione, con provvedimento del 4 luglio 2016, decidendo su entrambe le opposizioni, dichiarò estinta la procedura esecutiva, accogliendo l’opposizione del D. F.. 2.2. Il creditore intervenuto propose reclamo avverso il suddetto provvedimento, opponendo, da un lato, che la quietanza di euro 98.000,00, depositata in originale, integrava prova della effettiva erogazione della somma mutuata, cosicché il contratto di mutuo doveva ritenersi valido titolo esecutivo, e, dall’altro, che il provvedimento di estinzione aveva efficacia dichiarativa e produceva i suoi effetti solo al momento della pronuncia. Il Tribunale di Roma rigettò il reclamo. 2.3. Anche il gravame interposto dalla A. SPV s.p.a. è stato respinto dalla Corte d’appello di Roma, che ha, in particolare, osservato che la prospettazione difensiva dell’appellante — che poggiava sull’esistenza di un titolo esecutivo costituito da un contratto di mutuo da intendersi integrato da una successiva quietanza, non contestata — era del tutto inconferente e che la natura dichiarativa del provvedimento di estinzione comportava la retroattività dell’effetto estintivo, con la conseguenza che l’esecuzione forzata non poteva proseguire in ragione di un credito vantato da creditore intervenuto privo di titolo esecutivo. Ha, quindi, concluso che alla data di deposito della rinuncia dell’ultimo creditore munito di titolo esecutivo erano maturate le condizioni per la declaratoria di estinzione del processo esecutivo, non avendo l’appellante legittimazione a proseguire l’esecuzione. 3. V. D.F., nella qualità di erede di E.D.F. e, resiste con controricorso. S. M., R.D.F., B. C., E. C., P. C., A. C., C. s.r.l. (incorporante la C. s.p.a., già F.lli C. e C. C. s.p.a.), Unicredit s.p.a., T.F. s.r.l. e A.D.F. non hanno svolto attività difensiva in questa sede. 4. La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1. cod. proc civ. Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero. Il controricorrente ha depositato memoria illustrativa, allegando la sentenza n. 6283/20 emessa dal Tribunale di Roma e la sentenza n. 6602/22 della Corte d’appello di Roma, pronunciate tra le parti ed aventi ad oggetto questioni identiche a quelle oggetto del presente giudizio.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 27 febbraio 2023 N. 5921 Rubino Lina

1. Con il primo motivo di ricorso la A. SPV s.r.l. deduce la ‹‹Nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. per violazione o falsa applicazione di norme di diritto in ordine al combinato disposto degli artt. 115, 116 e 474 c.p.c., 1813 e ss. c.c., per avere la Corte di Appello di Roma errato nell’individuare ed interpretare gli elementi concorrenti a formare il titolo esecutivo ritenendo la “non contestazione” dell’atto di quietanza prova della sola esistenza del credito e non prova del titolo esecutivo, dato invece da una interpretazione integrata dei due atti (contratto di mutuo e quietanza) e delle loro pattuizioni››. Ribadisce l’esistenza di un valido titolo esecutivo, sottolineando che la società Ranalli s.r.l., alla quale era stato concesso il mutuo, aveva rilasciato quietanza per la somma di euro 50.612,00, acquisita agli atti di causa e non contestata dal debitore esecutato, e che, ai sensi dell’art. 3 del contratto di mutuo, era stata pattuita la immediata messa a disposizione della somma alla società mutuata utilizzabile mediante prelievo contro il rilascio di quietanze.

2. Con il secondo motivo deduce la ‹‹Nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. per “violazione o falsa applicazione di norme di diritto” in ordine al combinato disposto degli artt. in riferimento agli artt. 499, 629 e 306 c.p.c., per avere la Corte di Appello di Roma ritenuto operante ipso iure l’estinzione della procedura esecutiva all’atto del deposito della rinuncia da parte del creditore procedente e non più ammesso l’intervento dei creditori a prescindere dalla pronuncia del provvedimento di estinzione ritenuto di natura dichiarativa, con conseguente retroattività dell’effetto estintivo››. La ricorrente richiama a supporto della doglianza la sentenza di questa Corte n. 6885/98, rimarcando che la dichiarazione di estinzione ex art. 629 cod. proc. civ. non retroagisce al momento in cui si è verificato l’evento estintivo, ma spiega effetti solo al momento della dichiarazione giudiziale, e sostiene che non è pertinente il riferimento alla sentenza n. 27545/2017 di questa Corte. Nel caso di specie, prosegue la ricorrente, la mancanza di una dichiarazione di estinzione nel periodo compreso tra il 1993 ed il 1998 impone di ritenere la validità dell’intervento titolato della Banca di Roma effettuato il 19 febbraio 1998 e, dunque, la validità degli atti compiuti nella procedura esecutiva.

3. Il primo motivo è inammissibile. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, al fine di accertare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo, occorre verificare, attraverso la sua interpretazione integrata con quanto previsto nell’atto di erogazione e quietanza, se esso contenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata e se entrambi gli atti, di mutuo ed erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge (Cass., sez. 3, 27/08/2015, n. 17194; Cass., sez. 3, 05/03/2020, n. 6174). In particolare, questa Corte, pur ribadendo la tesi tradizionale per la quale il contratto di mutuo è un contratto reale, che si perfeziona con la consegna della somma data a mutuo, che è elemento costitutivo del contratto, ha chiarito che non configura la consegna idonea a perfezionare il contratto di mutuo esclusivamente la materiale e fisica traditio del denaro nelle mani del mutuatario, essendo sufficiente per la sussistenza di un valido contratto di mutuo che sia stata acquisita la disponibilità giuridica della somma mutuata. In un contesto in cui si assiste ad una progressiva dematerializzazione dei valori materiali, si affianca in posizione paritetica alla immediata acquisizione della disponibilità materiale del denaro l’acquisizione della disponibilità giuridica di esso, correlata con la contestuale perdita della disponibilità delle somme mutuate in capo al soggetto finanziatore. E ciò in conformità al principio di diritto per il quale il conseguimento della giuridica disponibilità della somma mutuata da parte del mutuatario può ritenersi sussistente, come equipollente della traditio, nel caso in cui il mutuante crei un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario, in guisa tale da determinare l’uscita della somma dal proprio patrimonio e l’acquisizione della medesima al patrimonio di quest’ultimo, ovvero, quando, nello stesso contratto di mutuo, le parti abbiano inserito specifiche pattuizioni, consistenti nell’incarico che il mutuatario dà al mutuante di impiegare la somma mutuata per soddisfare un interesse del primo (Cass., sez. 1, 12/10/1992, n. 11116; Cass., sez. 1, 15/07/1994, n. 6686; Cass., sez. 1, 21/02/2001, n. 2483; Cass., sez. 3, 05/07/2001, n. 9074; Cass., sez. 1, 28/08/2004, n. 17211; Cass., sez. 1, 03/01/2011, n. 14; Cass., sez. 3, 27/08/2015, n. 17194).

Di recente, si è altresì spiegato che «ai sensi dell’art. 474 c.p.c., nel caso in cui l’atto pubblico notarile (ovvero la scrittura privata autenticata) documenti un credito non ancora attuale e certo, ma solo futuro ed eventuale, benché risultino precisamente fissate le condizioni necessarie per la sua venuta ad esistenza, ai fini della sua efficacia esecutiva sarà necessario che anche i fatti successivi ed eventuali che determinano l’effettivo sorgere del credito siano documentati con atto pubblico o scrittura privata autenticata» (Cass., sez. 3, 28/12/2021, n. 41791). Posto ciò, nel caso di specie, alla stregua dell’accertamento di fatto operato dai Tribunale e avallato dalla Corte d’appello, il contratto di mutuo azionato dal dante causa dell’odierna ricorrente, Mediocredito Lazio s.p.a., stipulato in forma pubblica notarile, non prevede l’erogazione contestuale delle somme e non può, pertanto, valere come titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 cod. proc. civ. La società ricorrente, non confrontandosi con la ratio decidendi della pronuncia, anche in questa sede si è limitata a reiterare le argomentazioni già esposte nel giudizio di merito ed a sottolineare che il contratto di mutuo è stato integrato dalla successiva quietanza ‹‹non contestata›› dal debitore esecutato, ma tale circostanza non è di per sé dirimente, in difetto di prova della immediata e contestuale erogazione della somma mutuata.

4. Il secondo motivo è privo di fondamento. Con la doglianza la ricorrente pone la questione di diritto relativa alla determinazione del momento in cui si produce l’estinzione del processo esecutivo a seguito di rinuncia agli atti e sostiene che sussiste sul tema un contrasto giurisprudenziale che renderebbe opportuna la rimessione alle Sezioni Unite. Le deduzioni difensive della ricorrente non sono condivisibili. Secondo una risalente pronuncia di legittimità (Cass., sez. 14/03/2008, n. 6885), ‹‹l’estinzione del processo esecutivo a seguito di rinuncia si verifica, al pari di quella prevista dall’art. 306 cod. proc. civ., richiamato dall’art. 629 cod. proc. civ., solo con l’ordinanza del giudice, per cui, fino a quando non è emesso tale provvedimento, i creditori possono intervenire››; pertanto, affinché possa estinguersi il processo, occorre il provvedimento del giudice dell’esecuzione, al quale deve riconoscersi natura costitutiva, di talché, fin a quando non sia stata pronunciata l’ordinanza, la procedura non può considerarsi estinta ed è ammissibile l’intervento di altri creditori, che preclude l’estinzione stessa. Con una decisione più recente questa Corte, pronunciandosi in una fattispecie di richiesta di risarcimento danni avanzata da un debitore esecutato che lamentava il mancato deposito della rinuncia e la cancellazione di ipoteca da parte del creditore ipotecario istante, poiché ciò gli aveva impedito di alienare il bene per il quale aveva stipulato un contratto preliminare, ha affermato che ‹‹l’estinzione del processo esecutivo si verifica per effetto della sola rinuncia dell’unico creditore, avendo il provvedimento di estinzione del giudice dell’esecuzione natura meramente dichiarativa››, aggiungendo che dopo il deposito dell’atto di rinuncia dell’unico creditore ‹‹non è più ammesso l’intervento di altri creditori›› (Cass., sez. 3, 21/11/2017, n. 27545). Il Collegio ritiene che debba essere preferito l’orientamento introdotto dalla sentenza da ultimo richiamata, che attribuisce al provvedimento di estinzione adottato dal giudice dell’esecuzione natura dichiarativa e ricognitiva di un’estinzione già verificatasi, di per sé preclusiva di altri interventi. Infatti, il riferimento all’art. 306 cod. proc. civ., contenuto nella sentenza n. 6885/08, non tiene conto che il processo di esecuzione – a differenza di quello di cognizione - deve essere retto sempre da un titolo esecutivo, in conformità al principio nulla executio sine titulo (Cass., sez. U, n. 10939/17), cosicché la sopravvenuta mancanza di creditori titolati non può che comportare un inevitabile arresto della procedura esecutiva, a prescindere dall’adozione di provvedimenti giudiziali. Come è stato posto in risalto dalla sentenza n. 27545/17, trovando l'esigenza di procedere celermente alla rinuncia agli atti esecutivi giustificazione nella salvaguardia dell'interesse dell'esecutato ad evitare che nella procedura — ancora pendente — possano intervenire altri creditori abilitati a darvi impulso, una volta effettuato il deposito dell'atto ex art. 629 cod. proc. civ., il provvedimento di estinzione del giudice dell'esecuzione ha natura meramente dichiarativa dell'effetto estintivo (istantaneo) che si è già prodotto nel momento in cui il processo esecutivo non risulta più sorretto da un creditore munito di titolo esecutivo; al contrario, un intervento anteriore alla rinuncia impedisce l'estinzione della procedura e determina la sua prosecuzione in danno dell'esecutato. Ciò anche in sintonia con le Sezioni Unite di questa Corte che, con la sentenza n. 61 del 7 gennaio 2014 hanno statuito che «Nel processo di esecuzione, la regola secondo cui il titolo esecutivo deve esistere dall'inizio alla fine della procedura va intesa nel senso che essa presuppone non necessariamente la continuativa sopravvivenza del titolo del creditore procedente, bensì la costante presenza di almeno un valido titolo esecutivo (sia pure dell'interventore) che giustifichi la perdurante efficacia dell'originario pignoramento». In applicazione dei superiori principi, la rinuncia del creditore titolato, avvenuta nel 1993, in assenza di altri creditori in grado di dare impulso alla procedura, ha determinato l’immediato effetto estintivo della procedura esecutiva, prima ancora dell’adozione, da parte del giudice dell’esecuzione, del provvedimento dichiarativo dell’estinzione.

5. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. Non si ravvisano i presupposti di legge per la condanna ex art. 96 cod. proc. civ. a carico della odierna ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Rigetta la domanda di condanna ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 8.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma nella camera di consiglio in data 8 febbraio 2023