1. con i tre motivi di ricorso si censura, sotto molteplici profili, la sentenza impugnata e, nel terzo mezzo, tra l’altro, si denuncia la “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32 del d. lgs. n. 183/2010” per avere i giudici del merito applicato la disposizione che sancisce una decadenza “ad una fattispecie palesemente estranea alla stessa norma”, non assumendo valenza “la cessazione del rapporto” né avendo il G. “mai ricevuto alcuna comunicazione scritta di cessazione del rapporto di lavoro”;
2. tale censura è fondata in ragione della giurisprudenza di questa Corte che ha statuito il seguente principio di diritto: “Il doppio termine di decadenza dall’impugnazione (stragiudiziale e giudiziale) previsto dal combinato disposto degli artt. 6, commi 1 e 2, legge n. 604/1966 e 32, comma 4, lett. d), legge n. 183/2010, non si applica all’azione del lavoratore – ancora formalmente inquadrato come dipendente di un appaltatore – intesa ad ottenere, in base all’asserita illiceità dell’appalto in quanto di mera manodopera, l’accertamento del proprio rapporto di lavoro subordinato in capo al committente, in assenza di una comunicazione scritta equipollente ad un atto di recesso” ( Cass. n. 30490 del 2021);
successivamente (Cass. n. 40652 del 2021) il principio di diritto è stato confermato ai sensi dell’art. 363, co. 3, c.p.c.: “la disposizione di cui all’art. 32 co. 4 lett. d) della legge n. 183 del 2010, relativa al regime di decadenza ivi previsto, non si applica alle ipotesi -in tema di richiesta di costituzione o di accertamento di un rapporto di lavoro, ormai risolto, in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto- nelle quali manchi un provvedimento in forma scritta o un atto equipollente che neghi la titolarità del rapporto stesso”; tali arresti hanno già avuto seguito nella giurisprudenza della Corte (Cass. n. 13194 del 2022; Cass. n. 20294 del 2022; Cass. n. 22168 del 2022; Cass. n. 24437 del 2022) e il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsene, rinviando a tali precedenti per ogni ulteriore aspetto ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.;
3. conclusivamente il terzo motivo di ricorso deve essere accolto, nei sensi espressi, con assorbimento degli altri motivi, successivi in ordine logicogiuridico, cassazione della sentenza impugnata e rinvio al giudice indicato in dispositivo che si uniformerà a quanto statuito, provvedendo anche alle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, con cassazione della sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvio alla Corte di Appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 17 gennaio 2023.