Giu In tema di definizione agevolata della lite fiscale, l’art. 1, co. 192, della l. n. 197 del 2022 ha riguardo alle sole controversie definite da decisione ancora impugnabile con i mezzi ordinari
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 21 febbraio 2023 N. 5373
Massima
In tema di definizione agevolata della lite fiscale, l’art. 1, co. 192, della l. n. 197 del 2022, nel consentire la definizione delle controversie per le quali, alla data di presentazione della domanda, il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva, ha riguardo alle sole controversie definite da decisione ancora impugnabile con i mezzi ordinari, ma non anche a quelle in cui l'unico rimedio esperibile sia la revocazione, per le quali va pertanto disattesa la richiesta di sospensione del giudizio

Casus Decisus
1. L'Agenzia delle Entrate propose ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Basilicata n. 203/02/2019, depositata in data 17/04/2019, che aveva rigettato l'appello erariale avverso la sentenza di primo grado, la quale aveva accolto il ricorso della società cooperativa La M. Onlus avverso gli avvisi di accertamento emessi per recupero a tassazione ai fini IRPEF, IRAP ed IVA, per gli anni d'imposta 2010, 2011 e 2012, per costi indebitamente dedotti, per omesse ritenute alla fonte e per emissione di fatture con aliquota inferiore a quella applicabile. Argomentava la CTR che la sentenza di primo grado era stata adeguatamente motivata ed adottata a seguito della corretta valutazione delle risultanze istruttorie e dell’ applicazione della normativa di riferimento, aggiungendo che comunque l'ufficio finanziario non aveva proposto nel ricorso d'appello specifici motivi di impugnazione. Costituitasi la contribuente con controricorso, questa Corte, con l’ordinanza n. 14426 del 6 maggio 2022, accogliendo l’eccezione della controricorrente, ha dichiarato inammissibile il ricorso, perché tardivamente proposto, così motivando:« 4. Invero, la sentenza d'appello è stata pubblicata in data 17 aprile 2019, sicché il termine semestrale di impugnazione, di cui all'art. 327, primo comma, cod. proc. civ., applicabile al caso di specie, maggiorato di trentuno giorni di sospensione per il periodo feriale, andava a scadere lunedì 18 novembre 2019, a tale data prorogato ex art. 155, comma 4, cod. proc. civ., il termine che ricadeva nel giorno di domenica 17 novembre 2019 (Cass. n. 16234/2020). Orbene, la data di scadenza del termine di impugnazione (18/11/2019) si pone al di fuori della forbice temporale, dal 23/10/2018 al 31/07/2019, prevista dall'art. 6, comma 11 del citato d.l. 119 del 2018, sicché, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa erariale a pag. 2 del ricorso, nel caso di specie non è applicabile la sospensione straordinaria prevista da tale disposizione, di cui la ricorrente ha illegittimamente usufruito, né le successive sospensioni, per complessivi sessantaquattro giorni, previste dal d.l. n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 2020, art. 83, e del d.l. n. 23 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 40 del 2020, art. 36. 5. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, il che rende superfluo l'esame dei motivi di ricorso dedotti dalla ricorrente […].». Il ricorso erariale era articolato in due motivi. C Con il primo motivo di ricorso l'Agenzia delle entrate deduceva, ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di cui all'art. 112 cod. proc. civ., nonché la violazione e falsa applicazione dell'art. 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. Con il secondo motivo la ricorrente deduceva, ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell'art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, avendo la CTR rilevato l’inammissibilità del gravame per la sua genericità. 2. L’Agenzia propone ora ricorso, affidato ad un unico motivo, per la revocazione della predetta ordinanza di legittimità, ai sensi degli artt. 391-bis e 395, primo comma, n.4, cod. proc. civ., assumendo che la decisione sarebbe viziata da errore di fatto risultante dagli atti interni al giudizio di legittimità. Deduce infatti la ricorrente che la Corte ha erroneamente omesso di considerare un dato obbiettivo, indiscusso e documentato negli atti interni del giudizio di legittimità, determinante ai fini dell’individuazione del termine di decadenza relativo alla proposizione del ricorso per cassazione, ovvero l’avvenuta notifica, da parte della contribuente alla stessa parte pubblica, della sentenza d’appello, perfezionatasi con la ricezione del plico in data 23 aprile 2019. Tale circostanza processuale risultava infatti dedotta dall’Ufficio nell’originario ricorso per cassazione (nel paragrafo “La sentenza della CTR”) e documentata dalla copia del provvedimento notificata in forma autentica e depositata unitamente al ricorso per cassazione ( e riprodotta in quello per revocazione). La notifica della sentenza impugnata, secondo la ricorrente, per mero errore percettivo pretermessa dalla Corte, determinerebbe infatti la decorrenza del termine breve d’impugnazione di sessanta giorni, di cui agli artt. 325, secondo comma, e 326 cod. proc. civ., la cui scadenza sarebbe allora caduta nell’arco temporale tracciato dall’art. 6, comma 11 del d.l. 119 del 2018, rimanendo pertanto il termine prima sospeso per nove mesi per effetto di tale ultima disposizione, e successivamente sospeso ulteriormente, per effetto della legislazione emergenziale pandemica. La notifica del ricorso per cassazione erariale, avvenuta il 12 maggio 2020, data coincidente con la fine della sospensione straordinaria per la pandemia, sarebbe stata quindi tempestiva. La ricorrente Amministrazione chiede quindi revocarsi l’ordinanza impugnata ed accogliersi l’originario ricorso per cassazione erariale. La contribuente si è costituita con controricorso ed ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso per revocazione, e comunque rigettarsi il ricorso per cassazione erariale. Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, ha depositato requisitoria scritta, con la quale ha concluso chiedendo di accogliere sia il ricorso per revocazione; sia il ricorso per cassazione proposto dalla Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTR, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria di II grado in diversa composizione.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 21 febbraio 2023 N. 5373 CIRILLO ETTORE

1. Preliminarmente, deve darsi atto che la controricorrente ha depositato, ai sensi dell’art.1, comma 197, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, domanda di sospensione del giudizio, che ritiene definibile ai sensi del comma 190 del medesimo art. 1. L’istanza non può essere accolta, in quanto, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, ribadita con riferimento alle fattispecie di condono che si sono via via succedute nel tempo, in tema di definizione agevolata della lite fiscale il legislatore, nel consentire la definizione delle controversie per le quali, alla data di presentazione della domanda, il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva, ha riguardo alle sole controversie definite da decisione ancora impugnabile con i mezzi ordinari, ma non anche a quelle in cui l'unico rimedio esperibile sia la revocazione, atteso che la pendenza del termine per la revocazione non impedisce, a norma dell'art. 391 bis cod. proc. civ., il passaggio in giudicato della sentenza impugnata con ricorso per cassazione respinto; pertanto, in tali casi, va disattesa la richiesta di sospensione del giudizio, avanzata invocando il procedimento di definizione agevolata della lite fiscale (da ultimo cfr. Cass. 13/09/2022, n. 26939; in precedenza, ex multis, Cass. 23/02/2012, n. 2750; Cass. 09/01/2014, n. 272; Cass. 28/06/2016, n. 13306 del 28/06/2016; Cass. 11/11/2019, n. 29037). Non sussistono ragioni per non confermare tale orientamento anche con riferimento alla formula delle controversie per le quali « il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva», di cui al comma 192 del ridetto art. 1 legge n. 197 del 2022.

Può quindi formularsi il seguente principio di diritto:« In tema di definizione agevolata della lite fiscale, l’art. 1, co. 192, della l. n. 197 del 2022, nel consentire la definizione delle controversie per le quali, alla data di presentazione della domanda, il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva, ha riguardo alle sole controversie definite da decisione ancora impugnabile con i mezzi ordinari, ma non anche a quelle in cui l'unico rimedio  esperibile sia la revocazione, per le quali va pertanto disattesa la richiesta di sospensione del giudizio.».

3. Tanto premesso, il ricorso per revocazione è inammissibile. È opportuno evidenziare che emerge ex tabulas e non risulta contestato non solo che la sentenza d’appello era stata notificata, il 23 aprile 2019, all’Agenzia, ma anche che tale circostanza era stata dedotta e documentata nel procedimento di legittimità. Peraltro, alle emergenze documentali già evidenziate dalla ricorrente (con riferimento al suo ricorso per cassazione ed ai relativi allegati), si aggiunga che anche il controricorso della contribuente si apriva (pag. 1) proprio con l’allegazione dell’avvenuta notifica il 23 aprile 2019. Tuttavia, il controricorso non si limitava a tale constatazione, ma formulava (da pag. 9 a pag. 12) una specifica eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di tempestività, fondata sulla lettera all’art. 6, comma 11 del d.l. 119 del 2018; sulla natura di “sospensione istantanea” ed eccezionale (e non “di sistema”) della relativa disciplina processuale; nonché sull’efficacia temporale della medesima norma, con riferimento specifico al momento nel quale la valutazione del termine di scadenza dell’impugnazione, ai fini della verifica dell’efficacia della sospensione legale, andrebbe effettuata, coincidente, secondo la controricorrente, con il deposito della sentenza. La conclusione, ripetuta, della controricorrente era che - al fine di verificare se il termine d’impugnazione andasse o meno a scadere all’interno della forbice temporale che ne determinava la sospensione legale automatica- dovessero essere presi in considerazione, nel caso di specie, il deposito della sentenza ed il conseguente termine lungo di impugnazione, essendo «irrilevante l’eventuale comportamento successivo posto in essere dalle parti ed inerente la notificazione della sentenza». Proprio in ragione di tale irrilevanza della notifica della sentenza successivamente al momento del deposito della sentenza (unico elemento cronologico determinante ai fini della valutazione dell’applicabilità della sospensione legale in questione) la controricorrente ribadiva infine, nel controricorso, l’eccepita inammissibilità del ricorso erariale in quanto tardivo. Dunque, la circostanza che la sentenza fosse stata notificata all’Ufficio e la considerazione che tale notifica fosse nel caso di specie irrilevante ai fini dell’applicabilità della sospensione dei termini di cui all’art. 6, comma 11 del d.l. 119 del 2018, costituivano l’esplicito ed essenziale fondamento dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione, sollevata dalla controricorrente in contrapposizione all’altrettanto esplicita affermazione, contenuta nel ricorso erariale, che la stessa sospensione dovesse invece applicarsi.

Tanto premesso, deve allora ritenersi che l’ordinanza revocanda, secondo cui « Va preliminarmente esaminata ed accolta l'eccezione della controricorrente di inammissibilità` del ricorso perché´ tardivamente proposto», accogliendo l’eccezione abbia implicitamente, ma necessariamente, considerato (pur non menzionandola espressamente) l’avvenuta notifica della sentenza d’appello e l’abbia ritenuta irrilevante a determinare la sospensione legale. Nessun altro senso logico, altrimenti, avrebbe la condivisione esplicita, nella motivazione dell’ordinanza revocanda, della tesi della controricorrente, che su tali presupposti in fatto ed in diritto (ovvero la notifica della sentenza d’appello, ma l’irrilevanza di tale circostanza ai fini di determinare l’applicabilità della sospensione legale de qua) fondava la sua eccezione. Pertanto, l’assunto errore di fatto investe in realtà un punto controverso, solo in diritto, tra le parti, sul quale l’ordinanza della Corte si é pronunciata implicitamente, o quanto meno per relationem con la tesi in diritto della contribuente che ha espressamente condiviso. E comunque, proprio perché la ratio decidendi dell’ordinanza revocanda, per quanto si è detto, non può prescindere dal fatto processuale della notificazione della sentenza d’appello, il preteso errore, qualora sussistesse, investirebbe piuttosto le conseguenze giuridiche di tale notificazione, esorbitando quindi dall’oggetto ammissibile della proposta revocazione. Infatti, non spetta a questo Collegio, in questa sede, valutare se sia corretta o meno la soluzione in diritto che costituisce , per quanto già detto, la ratio decidendi della decisione di legittimità impugnata.

4. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna alle spese, secondo soccombenza.

5. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8 febbraio 2023