1. con il motivo di ricorso si denuncia “la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 4 e 19 del D.M. 55/2014, dell’art. 2233 c.c., in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 c.p.c. e vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c.”; si deduce che l'importo delle spese del giudizio di accertamento tecnico preventivo e quello conseguente al ricorso in materia assistenziale successivo, stabilite nella sentenza in € 1.900,00, è inferiore a quanto previsto dalla normativa richiamata, anche a voler tenere conto dei minimi da considerare inderogabili; sul presupposto che il valore della causa si colloca nello scaglione da € 5.201,00 a € 26.000,00, si postula una liquidazione giudiziale non inferiore a € 4.201,00;
2. il motivo è fondato nei limiti segnati dalla motivazione che segue, alla stregua di quanto già statuito da questa Corte in analoga controversia (v. Cass. n. 10615 del 2021); occorre premettere che il giudice, nel liquidare le spese processuali relative ad un'attività difensiva ormai esaurita, deve applicare la normativa vigente al tempo in cui l'attività stessa è stata compiuta (Cass. n. 6457 del 2017; Cass. n. 17405 del 2012) sicché alla presente fattispecie va applicato il D.M. n. 55 del 2014, in vigore dal 3 aprile 2014, in quanto il ricorso per ATP risulta introdotto in epoca successiva alla data indicata; quanto alla determinazione degli scaglioni applicabili, occorre invece tener conto della pronuncia delle Sez. Unite (sentenza n. 10455 del 2015) che - risolvendo il contrasto determinatosi in relazione al criterio per determinare il valore della causa ai sensi dell'art. 13 c.p.c., commi 1 e 2, - ha affermato il seguente principio di diritto: «ai fini della determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali va applicato il criterio previsto dall'art. 13 c.p.c., comma 1, per cui, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all'ammontare delle somme dovute per due anni»; ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 (artt. 1 e 4), poi, il giudice è tenuto a liquidare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, non essendo, invece, vincolato alla determinazione, in misura media, del compenso professionale; a tale riguardo, è stato anche chiarito, con riferimento al D.M. n. 140 del 2012 - ma con principio che resta attuale anche nella vigenza del D.M. n. 55 del 2014 - che il giudice è tenuto ad indicare le concrete circostanze che giustificano la liquidazione solo in caso di deroga ai minimi e massimi stabiliti dal Decreto Ministeriale ( cfr. Cass. n. 18167 del 2015; Cass. n. 16225 del 2016; Cass. n. 253 del 2016); applicando tali principi al caso in esame, come già chiarito in plurimi arresti resi in casi analoghi (ex multis, v. Cass. n. 28977 del 2018), il valore della causa va individuato tra Euro 5.200,00 ed Euro 26.000,00, in tale scaglione rientrando l'ammontare di due annualità della prestazione richiesta, ed i parametri minimi stabiliti per tale scaglione, computando tre fasi per il procedimento di istruzione preventiva (cui deve parametrarsi il giudizio per ATP) e quattro per la fase introdotta ai sensi del comma 6 dell'art. 445 bis c.p.c., vanno individuati in euro 911,00 per la fase di istruzione preventiva (risultanti dalla somma di Euro 270,00 per studio della controversia, Euro 337,50 per la fase introduttiva del giudizio ed Euro 303,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione, dovendosi ridurre le prime due del 50% e la terza del 70%, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4), e, trattandosi di causa inquadrabile nella tab. 4 (cause di previdenza), in Euro 2.251,00 per il giudizio di merito (risultanti dalla somma di Euro 442,50 per la fase di studio, Euro 370,00 per la fase introduttiva del giudizio, Euro 475,50 per la fase istruttoria e/o di trattazione ed Euro 962,00 per la fase decisionale, dovendosi ridurre le prime due e la fase decisionale del 50% e la fase istruttoria del 70%, ancora ai sensi del cit. D.M. n. 55 del 2014, art. 4); di conseguenza, la liquidazione delle spese contenuta nell'impugnata sentenza ed espressa in Euro 1.900,00 (riferita indistintamente alla liquidazione delle spese per il giudizio di APT e per quello successivo ex comma 6 dell'art. 445 bis c.p.c.), non è adeguata alla normativa di riferimento per essere inferiore ai minimi di cui si è detto, senza che risulti indicata alcuna motivazione in ordine alla non riconoscibilità, nel caso concreto, di alcuni compensi stabiliti dal citato D.M. n. 55 del 2014, in relazione alle singole fasi processuali;
3. pertanto, il ricorso deve trovare accoglimento e l'impugnata sentenza va cassata in relazione al motivo accolto; ai sensi dell'art. 384, comma 2, c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, riliquidando le spese in complessivi euro 3.162,00 - da cui va detratta la somma già liquidata - oltre accessori; le spese del giudizio di legittimità seguono il principio della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, il tutto con distrazione in favore del procuratore Avv. omissis dichiaratosi distrattario;
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, riliquida le spese del giudizio di merito in complessivi euro 3.162,00, da cui va detratta la somma già liquidata, per compensi professionali oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con distrazione al procuratore antistatario; condanna altresì l'Inps al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 1.000,00 per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge, con distrazione al procuratore antistatario.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 15 novembre 2022.