Giu Ai fini del rispetto delle condizioni soggettive per le agevolazioni di cui all’art. 148, commi 3, 5, 6 e 7 TUIR occorre che le disposizioni contenute nell’atto costitutivo o nello statuto dell’associazione risultino conformi all'art 148 co. 8 TUIR
Corte di Cassazione Civile, Sez 5 - ORDINANZA 11 gennaio 2023 N. 553
Massima
«ai fini del rispetto delle condizioni soggettive per la fruizione delle agevolazioni di cui all’art. 148, commi 3, 5, 6 e 7 TUIR occorre che le disposizioni contenute nell’atto costitutivo o nello statuto dell’associazione risultino conformi a quanto indicato nell’art. 148, comma 8, TUIR e che sia assicurato in concreto, durante lo svolgimento dell’attività associativa, il rispetto e l’attuazione dei principi di partecipazione e di democraticità a beneficio degli associati».

Casus Decisus
RILEVATO CHE 1. La associazione contribuente A. S. E. ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2005, con il quale – a seguito di PVC - venivano recuperate IRES, IVA e IRAP. Con l’avviso impugnato veniva contestata la natura di ente non commerciale e si procedeva alla ricostruzione induttiva dei ricavi sulla base delle entrate contabilizzate nel periodo di imposta 2009. 2. La CTP di Venezia ha parzialmente accolto il ricorso, valorizzando una proposta conciliativa formulata in corso di causa dall’Ufficio. 3. La CTR del Veneto, con sentenza in data 3 giugno 2014, ha rigettato l’appello della associazione contribuente. Ha ritenuto il giudice di appello sussistente la natura commerciale dell’ente associativo, avendo rilevato la «tenuta approssimativa dei libri sociali e la mancata osservanza degli obblighi fiscali per la parte commerciale delle attività», nonché ha ritenuto corretta la ricostruzione dei ricavi. 4. Propone ricorso per cassazione l’associazione contribuente, affidato a due motivi; l’Ufficio si è costituito ai soli fini della partecipazione all’udienza di discussione.

Testo della sentenza
Corte di Cassazione Civile, Sez 5 - ORDINANZA 11 gennaio 2023 N. 553 Bruschetta Ernestino Luigi

CONSIDERATO CHE

1.1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 73, 148 e 149 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto sussistente l’attività commerciale. Osserva parte ricorrente che il giudice di appello avrebbe valorizzato una argomentazione del giudice di primo grado, che aveva escluso la natura non commerciale dell’associazione per avere l’associazione indirizzato la propria attività anche nei confronti di terzi non associati. Osserva, inoltre, il ricorrente come l’assenza di democraticità non sia idonea a rimuovere la qualificazione di ente non commerciale dell’associazione, dovendo la natura commerciale farsi discendere dallo svolgimento dell’attività svolta in via principale, intesa quale quella essenziale per realizzare gli scopi istituzionali dell’associazione. Quanto alla irregolare tenuta delle scritture contabili il ricorrente deduce la regolare tenuta delle assemblee e la predisposizione di un bilancio di cassa, sia un conto economico, trasmessi al Comune di Musile di Piave, che aveva affidato (secondo quanto indicato dal ricorrente) alla associazione contribuente la gestione di alcuni impianti sportivi (tre campi di cui uno coperto). Contesta, in ogni caso, che l’esistenza di irregolarità amministrative possa comportare la perdita della qualifica di ente non commerciale, richiamandosi alle relative disposizioni statutarie e deduce che il disconoscimento della natura non commerciale dovrebbe discendere dall’accertamento della dimostrazione della prevalenza dello svolgimento di attività commerciali rispetto a quelle istituzionali. Deduce, inoltre, che le disposizioni statutarie sarebbero conformi al disposto dell’art. 148 TUIR e che sarebbe assicurata l’effettività del rapporto associativo e la democraticità all’interno dell’associazione.

1.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 5, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 39 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella parte in cui la sentenza di appello ha ritenuto corretta la ricostruzione dei ricavi sulla base della documentazione relativa al periodo di imposta 2009. Osserva parte ricorrente come la sentenza impugnata non avrebbe tenuto in debito conto delle proprie osservazioni, deducendo come la ricostruzione induttiva dei ricavi non sarebbe fondata su presunzioni dotate di pregnanza indiziaria.

2. Il primo motivo è inammissibile nella parte in cui deduce che sarebbe stata valorizzata una argomentazione già posta a fondamento del giudice di primo grado (lo svolgimento di attività dell’associazione in favore di terzi), in quanto estranea alla ratio decidendi, incentrata sul disordine contabile e amministrativo della associazione contribuente.

3. Inammissibile è, inoltre, la deduzione della regolare tenuta delle scritture contabili sotto il profilo della violazione di legge, in quanto il ricorrente censura un accertamento in fatto (l’irregolare tenuta delle scritture contabili e fiscali) con un vizio di violazione di legge, anziché con un omesso esame di fatto decisivo, così intendendo giungere a un diverso giudizio di valutazione delle prove, inammissibile con la suddetta censura e, comunque, incensurabile in sede di legittimità.

4. Quanto, poi, alla censura di omesso esame di fatto decisivo, la censura è ugualmente inammissibile, in quanto il ricorrente non individua il fatto storico il cui esame sarebbe stato omesso dal giudice di appello, non deduce in quale fase processuale il fatto è stato introdotto e, infine, non struttura il giudizio di decisività, al fine di evidenziare se e in che termini il fatto storico (in tesi) dedotto sarebbe stato in grado di comportare un diverso iter decisorio.

5. Inammissibile è, inoltre, la deduzione secondo cui la perdita della natura decommercializzata dell’associazione dovrebbe derivare dall’accertamento dell’attività commerciale in misura prevalente rispetto e quella non commerciale. Dispone l'art. 149 TUIR che «indipendentemente dalle previsioni statutarie, l'ente perde la qualifica di ente non commerciale qualora eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo di imposta». La norma prevede che l'associazione - alternativamente rispetto alla valutazione delle disposizioni statutarie - possa perdere la qualifica di ente non commerciale ove si accerti l'esercizio di attività commerciale non prevalente. Quest'ipotesi si verifica laddove - ancorché in costanza del rispetto delle disposizioni statutarie - vi sia accertamento in fatto di svolgimento di attività commerciale da parte dell'associazione con prevalenza rispetto all'attività non commerciale (Cass., Sez. V, 15 novembre 2021, n. 34189). Detta disposizione consegue – come osservato dalla giurisprudenza di questa Corte - a un diverso percorso normativo idoneo a comportare la perdita della natura decommercializzata dell’ente collettivo, ossia alla qualificazione dell’attività svolta in concreto in alternativa alla qualificazione dell’ente (cfr. Cass. 26 settembre 2018, n. 22939). Cass., Sez. V, 14 dicembre 2021, n. 39789; Cass., Sez. V, 26 settembre 2018, n. 22939).

6. Tuttavia questo percorso argomentativo non è stato oggetto di analisi da parte del giudice di appello nella sentenza impugnata, essendosi la CTR fermata «a monte» alla accertata natura non commerciale dell’ente associativo, in forza del disordine contabile e fiscale («essendo incontestabile la tenuta approssimativa dei libri sociali e la mancata osservanza degli obblighi fiscali per la parte commerciale»).

7. Fondato è, invece, il medesimo motivo in relazione alla dedotta sussistenza del rispetto dell’art. 148 TUIR da parte delle disposizioni statutarie e in merito alla dedotta sussistenza dei principi di effettività della partecipazione e di democraticità all’interno dell’associazione. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il rispetto delle condizioni per beneficiare della natura di ente commerciale è condizionato dall’accertamento che le clausole statutarie siano rispettose delle disposizioni di cui all’art. 148, comma 8, TUIR, nonché dall’accertamento che l’associazione assicuri nei confronti degli associati il rispetto dei principi di democraticità e partecipazione, accertamento che va condotto in termini sostanziali e non meramente formali (Cass., Sez. V, 24 ottobre 2014, n. 22644). Va, quindi, verificato non solo il rispetto della conformità delle clausole statutarie all’art. 148 TUIR, ma anche l’attuazione in concreto delle disposizioni statutarie obbligatorie che riguardino specificamente i menzionati principi di democraticità e di partecipazione degli affiliati alla vita associativa (Cass., Sez. V, 18 maggio 2022, n. 16081; Cass., Sez. V, 26 ottobre 2021, n. 30008). E’, difatti, stata ritenuta l’assenza di democraticità in caso di scarsa partecipazione dei soci alla vita associativa e di concentrazione della capacità decisionale di fatto nella figura del presidente (Cass., Sez. VI, 13 novembre 2020, 25708), come anche in caso di mancata chiamata degli aventi diritto (gli associati) ad assumere le decisioni in sede di assemblea (Cass., Sez. VI, 2 dicembre 2019, n. 31427), nonché in caso di mancata dimostrazione da parte dell'associazione dell'effettivo e regolare svolgimento delle assemblee, di mancata indicazione delle generalità dei partecipanti alle assemblee stesse e di adozione di alcune decisioni associative al di fuori dell'ambito assembleare (Cass., Sez. V, 29 settembre 2021, n. 26365).

8. Va, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto: «ai fini del rispetto delle condizioni soggettive per la fruizione delle agevolazioni di cui all’art. 148, commi 3, 5, 6 e 7 TUIR occorre che le disposizioni contenute nell’atto costitutivo o nello statuto dell’associazione risultino conformi a quanto indicato nell’art. 148, comma 8, TUIR e che sia assicurato in concreto, durante lo svolgimento dell’attività associativa, il rispetto e l’attuazione dei principi di partecipazione e di democraticità a beneficio degli associati».

9. Nella specie, il giudice di appello si è limitato ad accertare il disordine contabile (come indicato supra al punto 6), incentrandosi su violazioni di carattere puramente formale, senza accertare la conformità delle clausole statutarie alle previsioni normative, né accertando la mancanza di effettività della partecipazione e di democraticità all’interno dell’associazione. Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al primo motivo per quanto in motivazione e, previo assorbimento del secondo motivo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria a quo. Al giudice del rinvio è rimessa anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P. Q. M.

La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, in data 9 novembre 2022 Corte di Cass