RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La complessa vicenda sottostante alla presente causa, secondo quanto esposto nella sentenza impugnata e negli atti di parte, può essere riassunta nei termini seguenti.
1.1. Alla data del 7.9.2004, Volare G. S.p.A. – socia totalitaria di Volare A. S.p.A. – era titolare di due conti correnti presso omissis Banca S.c.p.A.: uno passivo per € 9.432.787,37, che la banca assume assistito da un’apertura di credito fino a € 10.000.000; un altro attivo per € 10.000.000, vincolato in pegno a garanzia della restituzione di quanto prelevato a debito sull’altro conto.
1.2. Volare A. S.p.A. si trovava in situazione di perdita integrale del capitale sociale e, quindi, nella necessità di ricostituire il capitale o di essere posta in liquidazione. Volare G. S.p.A. decise di coprire le perdite e di ricostituire il capitale sociale di Volare A. S.p.A.
1.3. A tale scopo, appunto in data 7.9.2004, le due società diedero ordine congiunto a omissis Banca S.c.p.A. di «trasferire dalla Volare G. S.p.A. alla Volare A. S.p.A., tanto l’affidamento di cui in premessa quanto l’utilizzo alla data odierna, come sopra indicato, nonché il saldo del conto corrente n. 177630» (si tratta del conto corrente attivo sul quale erano depositati € 10.000.000). L’ordine chiariva che entrambe le operazioni andavano effettuate «complessivamente in modo contestuale il giorno 8 settembre 2004 con effetti immediati».
1.4. In esecuzione dell’ordine, il saldo attivo per € 10.000.000 venne trasferito sul conto corrente n. 181740 intestato a Volare A. S.p.A. e costituito in pegno a garanzia dell’affidamento alla stessa concesso su altro conto corrente (n. 181741), sul quale venne addebitato l’importo di € 9.432.787,37, che la società, il medesimo giorno, aveva ordinato di bonificare, con la causale girofondi, sul conto passivo di Volare G. S.p.A.
1.5. In data 21.10.2004 omissis Banca S.c.p.A. comunicò a Volare A. S.p.A. l’immediata revoca dell’affidamento e pochi giorni dopo (25.10.2004) incamerò la somma vincolata in pegno sul conto attivo n. 181740.
1.6. Le società del gruppo Volare vennero ammesse all’amministrazione straordinaria il 30.11.2004 e il Tribunale di Busto Arsizio ne dichiarò lo stato di insolvenza il 6.12.2004.
1.7. La procedura concorsuale di Volare G. S.p.A. esperì a sua volta azione revocatoria nei confronti di omissis Banca S.c.p.A. avente ad oggetto la rimessa di € 9.432.787,37 che l’8.9.2004 era stata effettuata dal conto corrente affidato di Volare A, S.p.A. al conto corrente passivo di Volare G. S.p.A. Anche questa azione venne accolta dal Tribunale di Busto Arsizio, con sentenza poi confermata dalla Corte d’Appello di Milano, in un separato processo di cui omissis Banca S.c.p.A. chiese inutilmente – e chiede tuttora – la riunione al presente, denunciando la sostanziale ingiustizia degli esiti congiunti dei due processi, in forza dei quali è stata condannata al pagamento di circa € 20.000.000 a fronte dell’incasso (tra l’altro ritenuto del tutto legittimo) di circa € 10.000.000.
2. I primi due motivi di ricorso riguardano i profili oggettivi della contestata revocabilità del pegno costituito sulla somma di denaro depositata sul conto corrente n. 181740 e del trasferimento di tale somma sul conto corrente passivo n. 181741. In particolare, con il primo motivo omissis Banca S.c.p.A. denuncia cumulativamente: «violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 1260-1267 e/o artt. 1406-1410 c.c.; art. 1362-1371 c.c.); omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti: la qualificazione giuridica della presunta rimessa oggetto di azione revocatoria; in combinazione con la motivazione della sentenza n. 3245[recte: 3244]/2015: violazione di principi generali dell’ordinamento (divieto di ne bis in idem) e norme di diritto (ingiustificato arricchimento, art. 2041 c.c.)». Con il secondo motivo si denuncia, invece: «violazione e falsa applicazione di norme di diritto; art. 100 c.p.c.; art. 1853 c.c. e 56 L. Fall.; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti»
2.1. Conviene partire dall’esame del secondo motivo, che è fondato ed il cui accoglimento determina l’assorbimento del primo.
2.1.1. In limine, parte ricorrente afferma che la pretesa rimessa solutoria del 25.10.2004 (passaggio del saldo attivo del conto n. 181740 sul conto passivo n. 181741), a differenza della costituzione del pegno sul conto n. 181740, «non è stata impugnata e non può essere oggetto di giudizio» (pag. 30 del ricorso). Ma tale fugace cenno è irrilevante, in quanto non viene proposto un motivo di ricorso incentrato sull’eventuale vizio di extrapetizione.
2.1.2. Nel merito, si deve rilevare che – al netto della questione dell’avvenuta costituzione l’8.9.2004 di un pegno irregolare sulla somma depositata sul conto corrente n. 181740 (sostenuta da parte attrice in revocatoria, con opinione condivisa dai giudici del merito, e negata da parte ricorrente, secondo cui a quella data ci sarebbe stata una «mera operazione contabile esecutiva del trasferimento del pegno costituito originariamente da Volare G. S.p.A.») – rimane il fatto che, alla data dell’escussione del pegno, la situazione tra Volare A. S.p.A. e omissis Banca S.c.p.A. era di reciproci crediti per importi pressoché equivalenti. Giustamente la banca ha quindi rilevato la mancanza di interesse di Volare A. S.p.A. a revocare la sola costituzione di pegno, la quale non intacca la compensazione tra reciproche poste regolate in conto corrente (art. 1853 c.c.) e l’opponibilità di tale compensazione alla procedura concorsuale ai sensi dell’art. 56 legge fall. (richiamato dall’art. 201 legge fall., a sua volta coperto dal richiamo dell’art. 36 d.lgs. n. 270 del 1999). La questione era stata sollevata davanti alla d’Appello, che l’ha risolta con l’indicazione che, essendo revocabile il pegno, tale sarebbe «conseguentemente la rimessa, avente natura solutoria, in quanto effettuata su conto scoperto». La Corte d’Appello fa qui riferimento proprio al passaggio, in data 25.10.2004, della somma depositata sul conto corrente n. 181740 al conto corrente passivo n. 181741. Sennonché, la motivazione del giudice a quo è errata, perché in questo caso non ci fu alcuna rimessa, ma soltanto un’operazione contabile di compensazione dei saldi, come previsto dall’art. 1853 c.c., perché sul conto corrente scoperto non confluì denaro versato da un terzo obbligato nei confronti del correntista, né denaro altrimenti versato in banca da quest’ultimo. È di tutta evidenza che, qualora la compensazione dei saldi non fosse stata effettuata (rectius: evidenziata contabilmente), nessun dubbio sarebbe potuto sorgere sul diritto della banca di opporla al commissario straordinario che avesse preteso di incassare il saldo attivo del conto n. 181740. E non si vede davvero come la registrazione contabile della compensazione dei saldi, che si verifica ex lege, potrebbe avere creato una rimessa solutoria revocabile. In senso conforme è stato affermato che, «in caso di giroconto da un rapporto con saldo attivo e, come tale, immediatamente disponibile per il cliente (salvo patto contrario ex art. 1852 c.c.), ad uno ancora aperto ma con saldo passivo già esigibile per la banca, l’estinzione di tale debito non consegue ad un pagamento revocabile ai sensi dell’art. 67 l.fall. ma alla compensazione, ammessa dall’art. 56 l.fall., tra il credito della banca verso il cliente poi fallito ed il debito della stessa banca nei confronti di quest’ultimo» (v. Cass. n. 512/2016).
2.1.3. La difesa di Volare A. S.p.A. invoca l’inammissibilità dell’eccezione di compensazione, perché tardivamente sollevata nel giudizio di primo grado. Ma non si tratta di un’eccezione di compensazione basata su una (necessariamente tempestiva) allegazione di fatti costitutivi del controcredito; bensì di una contestazione basata sulle stesse allegazioni di parte attrice e sostanzialmente volta a negare il presupposto dell’azione (così come risulta accolta nella sentenza impugnata), ovverosia l’esistenza di una rimessa revocabile in data 25.10.2004. A tal proposito, questa Corte ha già avuto occasione di statuire che «Nel giudizio avente ad oggetto la revocatoria di rimesse bancarie, la negazione della natura solutoria di quelle impugnate non integra un’eccezione in senso proprio, risolvendosi nella contestazione del titolo posto a fondamento della domanda, la cui mancanza, quindi, può essere rilevata d’ufficio dal giudice ed eccepita anche in sede di gravame, sempre che le circostanze da cui risulti emergano da atti ritualmente acquisiti nelle precedenti fasi processuali e la relativa deduzione, in quanto volta ad ottenere la riforma della sentenza appellata, sia contenuta nel relativo atto d'impugnazione» (Cass. n. 20810/2014).
2.1.4. Sussiste dunque la violazione di legge denunciata con il secondo motivo in cui si articola il ricorso, che deve essere accolto, con assorbimento del motivo precedente, in applicazione del seguente principio di diritto: «ai sensi dell’art. 1853 c.c., se esistono più conti correnti tra la banca e il cliente, si verifica la compensazione dei saldi che, in caso di fallimento del correntista può essere opposta dalla banca al curatore ai sensi dell’art. 56 legge fall.». Il principio di diritto viene affermato trattandosi di decisione su (motivo di) ricorso proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. (art. 384, comma 1, c.p.c.).
2.1.5. All’accoglimento del motivo di ricorso consegue la cassazione della sentenza impugnata in parte qua, con decisione nel merito di rigetto dell’azione revocatoria riferita alla costituzione e all’escussione del pegno, non essendo a tal fine necessari ulteriori accertamenti di fatto (art. 384, comma 2, c.p.c.).
3. Il terzo e il quarto motivo di ricorso sono entrambi volti a censurare la sentenza impugnata laddove ha ritenuto accertata la conoscenza dello stato di insolvenza di Volare A. S.p.A. in capo a omissis Banca S.c.p.A. e sono così formulati: «violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 67, comma 2, legge fall. in combinato disposto con gli artt. 2727 e 2729 c.c. e 61 c.p.c.) nella parte in cui la sentenza ha dedotto la prova della scientia decoctionis da soli dati di bilancio consolidato, per di più incompleti»; «violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 67, comma 2, legge fall. in combinato disposto con gli artt. 2727 e 2729 c.c.) nella parte in cui la sentenza ha dedotto la prova della scientia decoctionis in assenza dell’accertamento di indizi gravi, precisi e concordanti; omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, che sono stati oggetto di discussione tra le parti: gli indici accertati di inscientia decoctionis».
3.1. Questi due motivi, legati da una stretta connessione, rimangono assorbiti: con riferimento all’azione revocatoria proposta nei confronti della costituzione e dell’esecuzione del pegno sul conto corrente n. 181740, essendosi già affermata l’oggettiva irrevocabilità di quell’operazione; con riferimento all’azione revocatoria diretta contro le rimesse revocabili per complessivi € 3.431.044,35, per effetto dell’accoglimento del successivo quinto motivo, di cui al seguito della motivazione.
4. Il quinto motivo riguarda, appunto, la decisione della Corte d’Appello di Milano sulla revocatoria delle rimesse solutorie effettuate nell’anno anteriore all’apertura della procedura concorsuale, per l’importo complessivo di € 3.431.044,35, ed è così formulato: «violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 67, comma 3, lett. b, e 70 L. fall.); omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, che sono stati oggetto di discussione tra le parti: la revocabilità/irrevocabilità delle rimesse sul c/c n. 19735 di Volare A. dal 30.11.2003 al 30.11.2004».
4.1. La violazione di legge presuppone – tesi infatti caldeggiata da parte ricorrente – che l’art. 67, comma 3, lett. b), e l’art. 70, comma 3, legge fall., introdotti dall’art. 2, comma 1, lett. a) e b), del d.l. n. 35 del 2005, come convertito dalla legge n. 80 del 2005 (l’art. 70, comma 3, legge fall. modificato poi dal d.lgs. n. 167 del 2007 con l’aggiunta dell’esplicito riferimento ai «rapporti di conto corrente bancario») si applichino alle azioni revocatorie promosse da una procedura concorsuale aperta prima dell’entrata in vigore di quelle nuove disposizioni (la dichiarazione di insolvenza delle società del gruppo Volare risale al 6.12.2004, di pochi giorni successiva all’ammissione delle società all’amministrazione straordinaria). Sennonché, esplicito in senso contrario è l’art. 2, comma 2, del citato decreto legge, in forza del quale «Le disposizioni del comma 1, lettere a) e b), si applicano alle azioni revocatorie proposte nell’ambito di procedure iniziate dopo la data di entrata in vigore del presente decreto». Conforme al chiaro tenore letterale della norma è anche la giurisprudenza di questa Corte (Cass. nn. 24868/2015; 20834/2010), sicché il motivo di ricorso, nella parte in cui denuncia la violazione di legge, prima ancora che infondato, è inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1, c.p.c., dato che non vengono forniti elementi per mutare l’orientamento già espresso.
4.2. Ben diversa attenzione merita il motivo di ricorso laddove denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e discusso tra le parti, ovverosia la conoscenza dello stato d’insolvenza in capo alla banca al momento di ogni singola rimessa solutoria. 4.2.1. Nella memoria depositata nel termine di cui all’art. 380-bis.1 c.p.c., la difesa di Volare A. ha sostenuto che il motivo sarebbe inammissibile in parte qua, perché volto a contestare un vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. in un caso di doppia decisione conforme dei giudici di merito. Sennonché la disposizione dell’art. 348-ter, commi 4 e 5, c.p.c., invocata a sostegno dell’eccezione, è stata introdotta dall’art. 54, comma 1, lett. a), del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012) e si applica nei processi in cui il giudizio d’appello è iniziato dopo il trentesimo giorno a decorrere dall’entrata in vigore della legge di conversione, come precisato dal comma 2 del medesimo art. 54. Non si applica, quindi, nel presente processo, il cui grado d’appello iniziò con atto di citazione notificato nel 2010.
4.2.2. Oltre che ammissibile, il motivo in parte qua è anche fondato, perché nella sentenza impugnata manca qualsiasi cenno alle singole rimesse revocate e, quindi, alle date di ciascuna e agli elementi di prova disponibili per l’accertamento della conoscenza dello stato di insolvenza nelle varie date. Dalla sentenza impugnata si apprende soltanto che sono state revocate rimesse solutorie sul conto corrente n. 79635 per complessivi € 3.431.044,35, sottintendendosi che si tratti delle rimesse intervenute nell’ultimo anno anteriore alla dichiarazione dello stato di insolvenza (art. 49, comma 2, d. lgs. n. 270 del 1999). Per quanto concerne la conoscenza dello stato di insolvenza, nella motivazione si legge un’unica valutazione complessiva dei fatti noti dai quali trarre le «conseguenze» per risalire al fatto ignorato da accertare, con riferimento sia ai fatti che la corte di merito ha ritenuto utili per costruire una presunzione rispettosa dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, sia a quelli – evidenziati dalla banca – che ha ritenuto invece irrilevanti. Tale valutazione complessiva, che avrebbe potuto essere congrua per l’accertamento del requisito soggettivo della conoscenza dello stato di insolvenza nel momento finale dell’escussione del pegno, non può valere indistintamente per provare quel requisito alle date – nemmeno indicate – delle singole rimesse, dovendosi necessariamente ricostruire il quadro degli elementi di prova disponibili a ciascuna data.
5. In definitiva, vengono accolti il secondo e, per quanto di ragione, il quinto motivo, con assorbimento degli altri, e la sentenza della Corte d’Appello di Milano viene cassata, con rinvio alla medesima Corte perché decida, in diversa composizione, solo sull’azione revocatoria relativa alle rimesse solutorie per complessivi € 3.431.044,35 e sulle spese del processo, anche con riguardo al presente grado di legittimità.
P. Q. M.
La Corte: accoglie il ricorso limitatamente al secondo e, per quanto di ragione, al quinto motivo, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata: rigetta l’azione revocatoria proposta nei confronti dell’atto di costituzione di pegno sulle somme giacenti sul conto corrente n. 181740; rinvia alla Corte d’Appello di Milano perché decida, in diversa composizione, sull’azione revocatoria relativa alle rimesse solutorie per complessivi € 3.431.044,35 e sulle spese anche del presente grado di legittimità.
Così deciso in Roma, il 18.5.2022.