Giu Arbitrato e pagamento della quota
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE - SENTENZA 21 ottobre 2022 N. 31210
Massima
In tema di arbitrato, Io svincolo dalla convenzione di arbitrato con riguardo alla controversia che ha dato origine al procedimento arbitrale, previsto dall'art.816 septies, comma 2, cod.proc.civ.„ nel caso in cui le parti non provvedono all'anticipazione nel termine fissato dagli arbitri, riguarda la sola ipotesi in cui nessuna delle parti abbia provveduto al versamento nel termine fissato, mentre nella diversa ipotesi in cui una delle parti abbia tempestivamente versato la sua quota, a differenza dell'altra, l'interpretazione logico-sistematica della norma impone la concessione di un secondo termine per consentire alla parte adempiente di versare anche la quota di pertinenza della controparte inadempiente.»

Casus Decisus
RILEVATO CHE 1. Con lodo definitivo del 6.5.2014, facendo seguito al lodo parziale del 10.11.2013, il Collegio arbitrale investito della cognizione della controversia insorta fra la A. s.r.l. e la M. s.r.l. in seguito alla realizzazione da parte di quest'ultima di un capannone industriale in contrada omissis da destinare ad industria ittico conserviera in forza di contratto di appalto del 3.3.2006 stipulato inter partes: a) ha rigettato tutte le eccezioni preliminari di rito e di merito sollevate dalla M.; b) ha rigettato tutte le eccezioni e le domande della M. relative a nullità, illegittimità e inefficacia degli atti compiuti nel corso del procedimento arbitrale, incluse le consulenze tecniche; c) ha condannato la M. a pagare ad A. la complessiva somma di C 142.525,65 oltre accessori, di cui C 133.000,00 per interventi da eseguire sulla pavimentazione interna del capannone e C 9.525,65 per errata contabilizzazione degli scavi; d) ha posto a carico della M. un terzo delle spese di procedura e arbitrali, per il resto compensate; e) ha condannato la M. a rifondere un terzo delle spese0 di controparte, per il resto compensate. 2. Il lodo è stato impugnato in via principale dalla M. dinanzi alla Corte di appello di Palermo; la A. ha chiesto il rigetto dell'impugnazione e a sua volta ha proposto impugnazione incidentale. La Corte di appello di Palermo con sentenza del 25.3.2019 ha dichiarato inammissibili entrambe le impugnazioni, condannando la M. alla rifusione di un terzo delle avversarie spese processuali, per il resto compensate. La Corte di appello: a) ha escluso che il lodo fosse stato pronunciato fuori dalla convenzione arbitrale, che riguardava ogni e qualsiasi controversia che avesse comunque rapporto con l'oggetto del contratto e che quindi includeva anche la proposta azione ex art.1669 cod.civ. attinente ai gravi difetti conseguenti alla costruzione del capannone industriale de quo; b) con riferimento all'eccezione fondata sull'art.816 septies e sul mancato versamento da parte della M. della somma posta a suo carico a titolo di acconto per spese di consulenza e arbitrato, ha escluso ogni violazione nel fatto che gli arbitri, a fronte dell'inadempimento della M., avessero consentito alla A. di versare anche la quota a carico della controparte; c) ha negato qualsiasi contraddizione fra il lodo parziale e quello definitivo; d) ha negato che nelle attività istruttorie disposte dal Collegio arbitrale fosse ravvisabile la denunciata violazione del principio del contraddittorio, poiché la M. era stata sempre messa in condizione di interloquire e dedurre in ordine a documentazione acquisita e istruttoria espletata; e) ha ritenuto che la doglianza incentrata sull'indebito rigetto delle eccezioni di decadenza non fosse consentita poiché attinente alla violazione di regole di diritto in un caso in cui tale tipologia di impugnazione non era stata espressamente prevista dalle parti; f) ha disatteso le eccezioni di nullità della consulenza tecnica per violazione del principio del contraddittorio; g) ha escluso che si potesse parlare di nullità per omessa pronuncia con riferimento a domande ed eccezioni relative alla ritualità delle operazioni dei Consulenti, che comunque erano state appositamente esaminate; h) ha ritenuto che altre doglianze della M. avessero investito impropriamente il merito della controversia; i) ha ritenuto che anche la pretesa per errata contabilizzazione dei lavori di scavo fosse stata tempestivamente proposta dalla A., escludendo al riguardo qualsiasi contraddittorietà del lodo; I) infine ha negato che vi fosse il profilo di contraddittorietà denunciato dalla A. con l'impugnazione incidentale con riferimento all'approvazione da parte degli arbitri dell'operato del C.t.u. 3. Avverso la predetta sentenza, notificata in data 4.4.2019, con atto notificato il 30.5.2019 ha proposto ricorso per cassazione la M., svolgendo sei articolati motivi. Con atto notificato il 28.6.2019 ha proposto controricorso la A., chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell'avversaria impugnazione. In data 15.6.2020 si è costituito per la M. un nuovo difensore.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE - SENTENZA 21 ottobre 2022 N. 31210 Valitutti Antonio

CONSIDERATO CHE

4. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art.360, n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt.829, n.4, cod.proc.civ., 808 bis e 808 quater cod.proc.civ. e deduce la nullità del lodo parziale e del lodo definitivo perché pronunciati al di fuori della convenzione di arbitrato, nonché incompetenza arbitrale e vizio di extrapetizione. 4.1. Secondo la ricorrente, la clausola compromissoria che si riferiva a «ogni e qualsiasi controversia sorta tra le imprese in diretta o indiretta connessione con il presente Atto, ed in generale con quanto comunque relativo all'oggetto dello stesso...» non avrebbe potuto essere interpretata estensivamente sino a ricomprendere una domanda di carattere extracontrattuale come quella proposta ex Pag. 4 a 20 Corte di Cassazione - copia non ufficiale art.1669 cod.civ. dalla A. per denunciare i «gravi difetti» dell'opera appaltata. 4.2. Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile, anche se effettivamente secondo la giurisprudenza di questa Corte l'azione ex art.1669 cod.civ. ha natura extracontrattuale. Da ultimo in tal senso: Sez. 2, n. 21719 del 27.8.2019, Rv. 655235 - 01; Sez. 2, n. 26574 del 9.11.2017, Rv. 646074- 02; Sez. 1, n. 815 del 19.1.2016, Rv. 638614 - 01; Sez. U, n. 2284 del 3.2.2014, Rv. 629518 - 01.

4.3. Secondo la Corte palermitana l'espressione, ampia e inclusiva, non si riferiva solo alle controversie prettamente ex contractu, ma comprendeva anche quelle comunque attinenti al suo oggetto e quindi anche l'azione di cui all'art.1669 cod.civ. che si basava pur sempre sui gravi difetti del capannone costruito in esecuzione dell'appalto.

4.4. La M. rimprovera alla Corte di appello di aver indebitamente adottato una interpretazione estensiva del contenuto della clausola, ma non coglie certamente nel segno, visto che i giudici palermitani hanno semplicemente interpretato il contenuto testuale della clausola contrattuale, senza manifestare, neppur implicitamente, l'intento di allargarne il contenuto a casi simili o fattispecie analoghe. 4.5. Sotto altro profilo, il motivo è inammissibile laddove volto a contestare l'approdo dell'attività interpretativa del giudice del merito, senza il sostegno della deduzione di specifici canoni ermeneutici violati e dell'argomentazione coerente circa le ragioni di tale violazione. Come ancora recentemente riaffermato da questa Corte (Sez.2, 25.11.2019 n.30686), la denunzia della violazione dei canoni legali in materia d'interpretazione del contratto non può costituire lo schermo, attraverso il quale sottoporre impropriamente al giudizio di legittimità valutazioni di esclusivo merito. Pag. 5 a 20 Corte di Cassazione - copia non ufficiale Posto che l'accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. cod.civ., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell'interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (Sez. 1, n. 9461 del 9.4.2021, Rv. 661265 - 01) Non è quindi certamente sufficiente la mera enunciazione della pretesa violazione di legge, volta a rivendicare il risultato interpretativo favorevole, disatteso dal giudice del merito, ma è necessario, per contro, individuare puntualmente e specificamente il canone ermeneutico violato, correlato al materiale probatorio acquisito. L'opera dell'interprete mira a determinare una realtà storica ed obiettiva, ossia la volontà delle parti espressa nel contratto, e pertanto costituisce accertamento in fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei canoni legali d'ermeneutica contrattuale posti dagli artt. 1362 cod.civ. e segg., oltre che per vizi di motivazione nella loro applicazione. Perciò, per far valere la violazione di legge, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d'interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate e dei principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali asseritamente violati; di conseguenza, ai fini Pag. 6 a 20 Corte di Cassazione - copia non ufficiale dell'ammissibilità del motivo di ricorso, non è idonea la mera critica del convincimento espresso nella sentenza impugnata mediante la mera contrapposizione d'una difforme interpretazione, trattandosi d'argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia, il cui riesame non è consentito in sede di legittimità (ex multis, Sez. 3, n. 13603 del 21.5.2019, Rv. 653922 - 01; Sez. 3, n. 11254 del 10.5.2018, Rv. 648602 - 01; Sez. 1, n. 29111 del 5.12.2017, Rv. 646340 - 01; Sez. 3, n. 28319 del 28.11.2017, Rv. 646649 - 01; Sez. 1, n. 27136 del 15.11.2017, Rv. 646063 - 02; Sez. 2, n. 18587, 29.10.2012; Sez. 6-3, n. 2988, 7.2.2013). 4.6. È opportuno aggiungere - e proprio con specifico riferimento all'arbitrato - che, in tema d'interpretazione di una clausola arbitrale, l'accertamento della volontà degli stipulanti in relazione al contenuto del negozio si traduce in un'indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito. Ne consegue che questo accertamento è censurabile in sede di legittimità solo ove la motivazione sia così inadeguata da non consentire la ricostruzione dell'"iter" logico seguito da quel giudice per giungere ad attribuire all'atto negoziale un determinato contenuto oppure nel caso di violazione di norme ermeneutiche(Sez. 3, n. 39437 del 13.12.2021, Rv. 663435 - 01; Sez. 6 - 1, n. 4919 del 27.3.2012, Rv. 621790 - 01). Nella specie, assente del tutto la censura di vizio di motivazione, il profilo della violazione di legge è dedotto in modo generico e non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata. 5. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art.360, n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt.829, comma 1, n.4, 5, 11, 816 septies nonché 152,153 e 154 cod.proc.civ. e deduce la nullità del lodo parziale e del lodo definitivo perché pronunciati allorché a causa del mancato versamento dell'acconto nel termine fissato il procedimento arbitrale era divenuto improcedibile. Pag. 7 a 20 Corte di Cassazione - copia non ufficiale 5.1. La questione, sottopostale con il motivo di impugnazione B), è stata così riassunta dalla Corte di appello: a) con ordinanza del 19.4.2013 il Collegio arbitrale aveva chiesto alle parti il versamento di un acconto per le spese peritali e di funzionamento del Collegio, fissato in C 22.500,00 per ciascuna di esse, da versarsi nel termine perentorio di dieci giorni, pena in difetto l'applicazione dell'art.816 septies, comma 2, cod.proc.civ.; b) solo la A. aveva provveduto nei termini; c) con ordinanza del 15.5.2013 il Collegio aveva assegnato ulteriore perentorio termine di giorni dieci per il versamento della residua somma, avvertendo che in difetto le parti non sarebbero state più vincolate dalla convenzione arbitrale; d) in data 4.6.2013 il Collegio aveva constatato il versamento da parte di A. della totalità della spesa per complessivi C 45.000,00. 5.2. Tanto premesso, la Corte territoriale ha analizzato il contenuto dell'art.816 septies per affermare che la disposizione del comma 2, secondo cui «Se le parti non provvedono all'anticipazione nel termine fissato dagli arbitri, non sono più vincolate alla convenzione di arbitrato con riguardo alla controversia che ha dato origine al procedimento arbitrale» si riferiva alla sola ipotesi in cui entrambe le parti non provvedano al versamento dell'acconto nel termine stabilito, tenendo una condotta incompatibile con il patto compromissorio a suo tempo concluso. Qualora invece una parte adempia e l'altra no, secondo la Corte palermitana, è necessario fissare un secondo termine per consentire alla parte adempiente di versare la quota anche dell'altra, come espressamente previsto dalla prima parte del comma 2 («Se una delle parti non presta l'anticipazione richiestale, l'altra può anticipare la totalità delle spese»). 5.3. Questa interpretazione è ineccepibile. Ed infatti, come osservato dalla sentenza impugnata, l'inottemperanza al disposto arbitrale può essere verificata e Pag. 8 a 20 Corte di Cassazione - copia non ufficiale constatata, dagli arbitri e dalla controparte, solo dopo la scadenza del termine non usufruito dalla parte inadempiente. Recentemente questa Corte (Sez. 1, n. 3259 del 2.2.2022, Rv. 664037 - 01), quanto all'interpretazione dell'art.816 septies cod.proc.civ., ha affermato: «L'articolo 816 septies cod.proc.civ. stabilisce al primo comma che: «Gli arbitri possono subordinare la prosecuzione del procedimento al versamento anticipato delle spese prevedibili. Salvo diverso accordo delle parti, gli arbitri determinano la misura dell'anticipazione a carico di ciascuna parte». Dispone poi il secondo comma che: «Se una delle parti non presta l'anticipazione richiestale, l'altra può anticipare la totalità delle spese. Se le parti non provvedono all'anticipazione nel termine fissato dagli arbitri, non sono più vincolate alla convenzione di arbitrato con riguardo alla controversia che ha dato origine al procedimento arbitrale». È dunque facoltà degli arbitri richiedere alle parti il versamento anticipato delle spese prevedibili, subordinando al versamento la prosecuzione del procedimento, previsione, quest'ultima, dettata a tutela degli arbitri stessi e fondata sui doveri di collaborazione incombenti sulle parti: tale facoltà, come questa Corte ha già avuto modo di osservare, non si concretizza peraltro per la mera richiesta, da parte degli arbitri, del versamento anticipato, occorrendo per contro, come si desume dall'impiego del termine «subordinare», usato dal legislatore, una specifica manifestazione di volontà diretta a condizionare la prosecuzione del procedimento al versamento in discorso (Cass. 11 settembre 2015, n. 17956). Gli effetti dell'omesso versamento sono poi contemplati dal secondo comma: essi ricadono sulle parti, le quali non sono più vincolate alla convenzione di arbitrato con riguardo alla controversia che ha dato origine al procedimento arbitrale. Un correttivo allo scioglimento del vincolo in tal modo concepito la norma prevede per l'ipotesi che una sola delle parti abbia versato quanto di sua competenza: in tal caso, ma solo in tal caso, la parte diligente può sostituirsi a quella inadempiente nel versamento dell'importo ancora mancante.» Pag. 9 a 20 Corte di Cassazione - copia non ufficiale Diversamente opinando, in flagrante contrasto con le esigenze di funzionalità dell'istituto e il principio di buona fede, si finirebbe con l'attribuire una sorta di potere di veto a una delle parti, esercitabile solo astenendosi dal versare l'acconto posto a suo carico: la parte, vincolata dalla convenzione di arbitrato potrebbe, cioè sciogliersene a sua discrezione, semplicemente astenendosi dall'onorare la propria quota di spese. Inoltre si vanificherebbe il diritto, riconosciuto dalla legge, dell'altra parte di sobbarcarsi l'integrale onere di anticipazione per dar impulso all'arbitrato, che può essere esercitato solo dopo che se ne è stata verificata la ricorrenza dei presupposti. La Corte ritiene pertanto che i giudici del merito abbiano interpretato e applicato correttamente la legge, sotto il profilo logico e sistematico, ritenendo necessaria, dopo la scadenza del primo termine, la concessione da parte degli arbitri di un secondo termine alla parte che ha provveduto a versare la sua quota di richiesta anticipazione per consentirle di accollarsi anche la quota della propria controparte; diversamente ragionando, a tacer del già deprecato irrazionale potere di veto attribuito ad una delle parti, il diritto di accollo previsto dalla prima parte del secondo comma dell'art.819 septies, resterebbe meramente teorico perché sino alla scadenza del termine la parte non potrebbe sapere se ne sussiste il presupposto (inadempimento dell'avversario) e dopo non potrebbe più esercitarlo. La Corte ritiene quindi che la controversia debba essere decisa alla stregua del seguente principio di diritto: «In tema di arbitrato, Io svincolo dalla convenzione di arbitrato con riguardo alla controversia che ha dato origine al procedimento arbitrale, previsto dall'art.816 septies, comma 2, cod.proc.civ.„ nel caso in cui le parti non provvedono all'anticipazione nel termine fissato dagli arbitri, riguarda la sola ipotesi in cui nessuna delle parti abbia provveduto al versamento nel termine fissato, mentre nella diversa ipotesi in cui una delle parti abbia tempestivamente versato la sua quota, a Pag. 10 a 20 Corte di Cassazione - copia non ufficiale differenza dell'altra, l'interpretazione logico-sistematica della norma impone la concessione di un secondo termine per consentire alla parte adempiente di versare anche la quota di pertinenza della controparte inadempiente.» 5.4. Neppure ha rilievo la dichiarata perentorietà del termine su cui insiste particolarmente la ricorrente nelle sue difese. Secondo la condivisa ricostruzione normativa il primo termine (perentorio o ordinatorio che sia) riguarda solo il versamento dell'acconto posto a carico di ciascuna parte, secondo la previsione del comma 1 dell'art.816 septies , che recita «Salvo diverso accordo delle parti, gli arbitri determinano la misura dell'anticipazione a carico di ciascuna parte». Tuttavia dal sistema si evince la necessità della concessione di un secondo termine a favore della parte adempiente che intenda accollarsi, come è suo diritto, la quota della sua controparte.

5.5. Con il motivo la M. sostiene altresì l'illegittimità di due altri provvedimenti del Collegio arbitrale, risalenti all'1.7.2013 e al 9.7.2013 e afferma che non vi sarebbe stata la prova del versamento da parte della A. dell'ulteriore importo di C 22.500,00 (cfr pag.27 ed ancora pag.31 del ricorso).

5.6. Tale censura è inammissibile, innanzitutto perché non risulta proposta, alla stregua della sentenza impugnata, con il motivo di impugnazione ex art.829 cod.proc.civ. (che invece risulta basato solo sull'asserita illegittima concessione a A. di versare l'acconto anche per M.), mentre la ricorrente non riferisce e non dimostra quando e come avrebbe posto la questione. In secondo luogo, la ricorrente non trascrive, né allega le ordinanze censurate del luglio 2013, incorrendo nel vizio di non autosufficienza della censura. In terzo luogo, la Corte di appello ha espressamente osservato che gli arbitri avevano accertato il 4.6.2013 l'anticipazione della totalità delle spese da parte di A.

5.7. Non ha pregio neppure l'ulteriore censura di contraddittorietà del lodo parziale e del lodo totale (illustrata a pagina 30 del ricorso), che è stata esclusa dalla Corte d'appello (a pagina 11 della sentenza impugnata) con motivazione non adeguatamente criticata, basata sull'esclusione nel lodo parziale della perentorietà impropriamente attribuita al termine dall'ordinanza del 19.4.2013 e sulla funzione meramente riassuntiva delle considerazioni spese al riguardo di quanto in precedenza deciso nel lodo definitivo. La ricorrente non coglie puntualmente la ratio decidendi, per cui sul punto la censura cade fuori fuoco. 6. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art.360, n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 816 bis, 816 ter, 829, comma 1, n.9, 210, 253, 101 cod.proc.civ. e 111, comma 2, Cost. con riferimento alla denunciata violazione del principio del contraddittorio. 6.1. La ricorrente si riferisce al suo motivo di impugnazione sub C) con cui si era lamentata della violazione del principio del contraddittorio consumata con il rigetto di tutte le sue eccezioni circa l'inammissibilità e tardività della documentazione avversaria, nonché circa l'illegittimità dell'ordine di esibizione e della richiesta di informazioni ex artt.210 e 213 cod.proc.civ. rimproverando al Collegio arbitrale di aver proceduto a un supplemento istruttorio di tipo inquisitorio, sostituendosi alla parte e superando le preclusioni istruttorie ormai maturate. 6.2. La Corte di appello ha risposto negativamente, osservando che la M. aveva potuto interloquire e dedurre in ordine alla documentazione acquisita e all'attività istruttoria espletata, non senza aggiungere che la richiesta di informazioni alla Pubblica amministrazione era espressamente autorizzata dall'art.816 ter cod.proc.civ. 6.3. Così ragionando, la Corte palermitana ha correttamente applicato i principi fissati dalla giurisprudenza di questa Corte. Pag. 12 a 20 Corte di Cassazione - copia non ufficiale Il principio della libertà delle forme processuali, nel rispetto delle norme di ordine pubblico, che fissano i principi cardine del processo, di rango costituzionale, come il principio del contraddittorio, è inteso a garantire a chi è chiamato a contraddire nel procedimento di conoscere per tempo le richieste e la posizione della controparte, al fine di predisporre adeguatamente le proprie difese. Nella dinamica processuale del procedimento arbitrale occorre avere riguardo al modo in cui le parti hanno potuto confrontarsi ed esercitare il diritto di difesa in contraddittorio: in particolare, il limite del rispetto del principio del contraddittorio va opportunamente adattato al giudizio arbitrale, in cui deve essere offerta alle parti, al fine di consentire loro un'adeguata attività difensiva, la possibilità di esporre i rispettivi assunti, di esaminare e analizzare le prove e le risultanze del processo, di presentare memorie e repliche e conoscere in tempo utile le istanze e richieste avverse. Le regole del procedimento arbitrale possono essere fissate dalle parti a pena di nullità. L'inosservanza di forme prescritte per i giudizi sotto pena di nullità può determinare la nullità del lodo soltanto se le parti, prima del giudizio arbitrale, hanno stabilito le regole procedimentali cui attenersi, eventualmente anche mediante richiamo a quelle del giudizio ordinario (Sez. 1, n. 2201 del 31.1.2007) Il lodo è nullo per inosservanza delle regole dettate a pena di nullità o per violazione del principio del contraddittorio (art.829 n.2 e n.7, cod.proc.civ.). In difetto di accordo sulle regole scatta il potere degli arbitri di dettarle (art.816 bis, comma 1, 2° periodo, cod.proc.civ.) sia pur nel rispetto del cosiddetto «ordine pubblico processuale», attinente ai principi inviolabili a garanzia del diritto di agire e di resistere in giudizio, e non alle sole modalità con cui tali diritti sono regolamentati o si esplicano nelle singole fattispecie (Sez. 1, 23.7.2021, n. 21233). Pag. 13 a 20 Corte di Cassazione - copia non ufficiale La nullità non sussiste in ogni caso di violazione del diritto di difesa a tutela della partecipazione della parte al giudizio, ma soltanto quando, per la sua rilevante incidenza, abbia determinato una lesione rispetto all'intero processo (Corte di Giustizia 2 aprile 2009, causa C-394/2007; Sez. 1, 3.9.2015, n. 17519), e non quando il provvedimento sia stato emesso nei confronti di un soggetto che abbia avuto comunque la possibilità di partecipare attivamente al processo, quantomeno nella fase precedente a quella conclusasi con l'emissione del provvedimento. 6.4. Come si è detto, qualora le parti non abbiano determinato, nel compromesso o nella clausola compromissoria, le regole processuali da adottare, gli arbitri sono liberi di regolare l'articolazione del procedimento nel modo che ritengano più opportuno, anche discostandosi dalle prescrizioni dettate dal codice di rito, con l'unico limite del rispetto dell'inderogabile principio del contraddittorio, posto dall'art. 101 cod. proc. civ., il quale, tuttavia, va opportunamente adattato al giudizio arbitrale, nel senso che deve essere offerta alle parti, al fine di consentire loro un'adeguata attività difensiva, la possibilità di esporre i rispettivi assunti, di esaminare ed analizzare le prove e le risultanze del processo, anche dopo il compimento dell'istruttoria e fino al momento della chiusura della trattazione, nonché di presentare memorie e repliche e conoscere in tempo utile le istanze e richieste avverse. (Sez. 2, n. 10809 del 26.5.2015; Sez. 1, n. 5243 del 21.2.2019;Sez. 1, n. 8331 del 4.4.2018). Giova ribadire che nel procedimento arbitrale l'omessa osservanza del principio del contraddittorio (sancito dall'art. 816 bis, primo comma, cod. proc.., già in precedenza ricondotto all'art. 816 cod. proc. civ.) non è però un vizio formale, ma di attività. Pertanto, ai fini della declaratoria di nullità, è necessario accertare la concreta menomazione del diritto di difesa, tenendo conto della modalità del confronto tra le parti (avuto riguardo alle rispettive pretese) e delle possibilità, per le stesse, di esercitare, nel rispetto della regola Pag. 14 a 20 Corte di Cassazione - copia non ufficiale audiatur et altera pars, su un piano di uguaglianza le facoltà processuali loro attribuite (Sez. 1, n. 28660 del 27.12.2013). 6.5. Nella specie non risulta e non è dedotto che il procedimento arbitrale dovesse essere governato dalle regole del codice di procedura civile e soprattutto la ricorrente non deduce e non dimostra di non essere stata posta in condizione di interloquire e discutere dinanzi agli arbitri circa gli atti istruttori di cui lamenta l'illegittimità. Al contrario, la stessa ricorrente lamenta che il Collegio arbitrale abbia rigettato le eccezioni che evidentemente essa aveva potuto formulare. Tanto basta a escludere in radice il vizio di cui all'art.829, comma 1, n.9 cod.proc.civ. di inosservanza nel procedimento arbitrale del principio del contraddittorio. 6.6. È il caso di rammentare altresì il principio generale secondo cui la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l'interesse all'astratta regolarità dell'attività giudiziaria, ma garantisce solo l'eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione. Ne consegue che è inammissibile l'impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l'erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (Sez. 3, n. 26419 del 20.11.2020, Rv. 659858 - 01; Sez.2, 2.8.2019, n. 20874; Sez.1, 6.3.2019 n.6518; Sez.3, 13.2.2019 n. 4159; Sez. 1, n. 2626 del 2.2.2018, Rv. 646877 - 01; Sez.2, 9.8.2017 n.19759; Sez. 5, n. 26831 del 18.12.2014, Rv. 634236 - 01; Sez.3, 27.1.2014 n.1612; Sez. 3, 13.5.2014, n. 10327). La ricorrente non dice in alcun modo che cosa avrebbe dedotto di decisivo per la sua difesa nel termine per il deposito di memorie che non sarebbe stato concesso, né ha evidenziato, in violazione del principio di autosufficienza, sotto quale profilo i documenti la cui Pag. 15 a 20 Corte di Cassazione - copia non ufficiale produzione non sarebbe stata ammessa sarebbero stati parimenti decisivi. 7. Con il quarto motivo di ricorso, proposto ex art.360, n.4, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell'art.112 cod.proc.civ. per aver la Corte di appello omesso di pronunciarsi sulla doglianza, pure da essa introdotta con il motivo sub C) per denunciare il difetto di motivazione in ordine all'esercizio dei poteri istruttori da parte del Collegio arbitrale. 7.1. Il motivo è infondato perché la Corte di appello ha risposto implicitamente al motivo asseritamente trascurato, affermando che gli arbitri possono regolare l'assunzione delle prove nel modo ritenuto più opportuno, salvo l'obbligo, dopo l'istruttoria e prima della pronuncia di far conoscere alle parti i suoi risultati e consentire osservazioni e difese. 7.2. La ricorrente inoltre confonde l'esposizione sommaria dei motivi della decisione, che costituisce requisito di validità del lodo ex art.823, comma 1, n,5, cod.proc.civ. con la motivazione dei provvedimenti istruttori, che non è richiesta in difetto di specifica previsione pattizia e che comunque vizierebbe i provvedimenti istruttori e non già il lodo ed esulerebbe dal vizio dedotto. 8. Con il quinto motivo di ricorso, proposto art.360, n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 816 bis , 816 ter, 829, comma 1, n.5, 9 e 11, 210, 253, 101 cod.proc.civ. e 111 Cost. con riferimento alla denunciata violazione del principio del contraddittorio, all'omessa pronuncia sulle eccezioni sollevate dalla M. e alla contraddittorietà dei provvedimenti impugnati.

8.1. A tal fine la ricorrente elenca le proprie doglianze relative a:

1. Nullità della c.t.u. per omesso esame della documentazione da essa prodotta;

2. Nullità della c.t.u. per valutazioni di tipo giuridico compiute dal tecnico per l'interpretazione e valutazione di documenti effettuati dal Consulente in quanto attività riservata esclusivamente al giudice e per mancata risposta a uno dei quesiti del Collegio;

3. Nullità della c.t.u. per inversione dell'onere della prova applicata in consulenza gravemente contraddittoria e per la presunzione di colpevolezza, per sopralluoghi effettuati senza avviso alla parte, omesso esame di documentazione prodotta dalla M., omessa risposta alle osservazioni della M.;

4. Omessa risposta del C.t.u. alle osservazioni della M. con riferimento a una serie di gravi errori tecnici;

5. Nullità della c.t.u. per esame di documentazione non ritualmente prodotta, espletamento di indagini esorbitanti e violazione del principio del contraddittorio.

6. Motivi di nullità emergenti anche con riferimento all'omessa risposta del Collegio a critiche ed eccezioni sollevate dalla M. in ordine alle consulenze tecniche. con riferimento a numerosi errori tecnici.

8.2. Ai sensi dell'art.816 bis, le parti possono stabilire nella convenzione d'arbitrato, o con atto scritto separato, purché anteriore all'inizio del giudizio arbitrale, le norme che gli arbitri debbono osservare nel procedimento e la lingua dell'arbitrato. In mancanza di tali norme gli arbitri hanno facoltà di regolare lo svolgimento del giudizio e determinare la lingua dell'arbitrato nel modo che ritengono più opportuno, ma debbono in ogni caso attuare il principio del contraddittorio, concedendo alle parti ragionevoli ed equivalenti possibilità di difesa. L'art.816 ter regola l'istruzione probatoria elencando in modo ampio ed elastico gli atti istruttori che la possono comporre (prova testimoniale, anche per iscritto, consulenza tecnica, richiesta di informazioni).

8.3. Con il motivo la ricorrente deduce violazione dell'art.829, comma 1, cod.proc.civ., con riferimento alle ipotesi di cui n.5 (difetto di motivazione), 9 (inosservanza del principio del contraddittorio) e 11 (contraddittorietà) ma in realtà si duole del contenuto della decisione arbitrale e del rigetto di tutte le sue eccezioni, cercando indebitamente di investire questa Corte di legittimità, come prima di essa la Corte territoriale, del merito della lite. Essa infatti lamenta l'omesso esame da parte del Consulente di documentazione da essa prodotta, la formulazione da parte del Consulente di giudizi di carattere giuridico, l'esame di documentazione non ritualmente prodotta, la mancata risposta a un quesito peritale, l'indebita considerazione di un documento non utilizzabile (il computo metrico), la non corretta applicazione dell'onere della prova, gli errori di valutazione tecnica, l'omessa risposta del Consulente alle sue osservazioni con riferimento a svariati errori tecnici commessi, riferendosi peraltro comunque a pretesi vizi della consulenza e non del lodo.

8.4. La Corte di appello alle pagine da 16 a 19 della sentenza impugnata ha dato conto del fatto che il Collegio arbitrale aveva esaminato tutte le censure sollevate dalla M. relative alla consulenza tecnica, sicché non mancava la motivazione, né era stato violato il principio del contraddittorio; la Corte territoriale ha inoltre negato che la nullità per omesso esame di domande ed eccezioni ex art.829, comma 1, n.12, potesse riferirsi a vizi di un atto istruttorio e non già all'oggetto dei quesiti formulati agli arbitri ma ha comunque aggiunto che gli arbitri avevano esaminato rilievi ed eccezioni sollevati dalla M. con riferimento all'operato dei Consulenti. La tracimazione nel merito era poi del tutto evidente con riferimento alle ulteriori doglianze ora riproposte dalla ricorrente circa l'esistenza di gravi errori tecnici attinenti ai valori di resistenza del calcestruzzo impiegato per la costruzione.

8.5. Il quinto motivo è quindi complessivamente inammissibile, poiché - a fronte di una adeguata motivazione della Corte sulle censure rivolte alla consulenza tecnica d'ufficio - si traduce in una rivisitazione del merito, riproducendo nel ricorso le critiche alla consulenza già esaminate dagli arbitri e dalla Corte d'appello. È infatti inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l'apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici o delle risultanze istruttorie operata dal giudice di merito (Sez. 1, n. 5987 del 4.3.2021, Rv. 660761 - 02; Sez. U., 27.12.2019, n. 34476; Sez. 6 - 5, n. 29404 del 7.12.2017, Rv. 646976 - 01; Sez. 5, n. 19547 del 4.8.2017, Rv. 645292 - 01; Sez. 6 - 3, n. 8758 del 4.4.2017, Rv. 643690 - 01; Sez. 1, n. 16056 del 2.8.2016, Rv. 641328 - 01;). 9. Con il sesto motivo di ricorso, proposto ex art.360, n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all'art.91 cod.proc.civ. con riferimento alle spese di lite. Il motivo ha natura meramente consequenziale e cade con il cadere degli altri motivi.

10. Il ricorso proposto sulla base di motivi inammissibili o infondati, deve essere complessivamente rigettato. Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, occorre atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente