“Nel caso di domanda proposta dal correntista, l'accertamento del dare e avere può attuarsi con l'utilizzo di prove che forniscano indicazioni certe e complete atte a dar ragione del saldo maturato all'inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto; ci si può inoltre avvalere di quegli elementi i quali consentano di
affermare che il debito, nell'intervallo temporale non documentato, sia inesistente o inferiore al saldo passivo iniziale del primo degli estratti conto prodotti, o che permettano addirittura di affermare che in quell'arco di tempo sia maturato un credito per il cliente stesso; diversamente si devono elaborare i conteggi partendo dal primo saldo debitore documentato”. (Corte di Cassazione civile sez. I n. 9201 del 7 maggio 2015) Tale principio non comporta l’onere a carico del correntista della produzione di tutti gli estratti conto relativi al rapporto ben potendo la prova dei movimenti del conto desumersi anche aliunde, vale a dire attraverso le risultanze dei mezzi di cognizione assunti d'ufficio e idonei a integrare la prova offerta, specificamente mediante consulenza tecnica contabile disposta dal giudice sulle prove documentali prodotte da valutarsi con un accertamento in fatto insindacabile innanzi al giudice di legittimità (Cass. civ, sez. I n. 9526 del 4 aprile 2019, Cass. civ., sez. VI-1, n. 29190 del 21 dicembre 2020, Cass. civ., sez. I, n. 20621 del 19 luglio 2021 e n. 1550 del 19 gennaio 2022).
Per le motivazioni già esposte, nei rapporti di conto corrente bancario, il cliente, o anche gli altri soggetti legittimati quali gli eredi, che agisca per ottenere la restituzione delle somme indebitamente versate in presenza di clausole nulle, ha l'onere di provare l'inesistenza della causa giustificativa dei pagamenti effettuati mediante la produzione del contratto che contiene siffatte clausole, ovvero di provare, con i mezzi di prova più efficaci, o avvalendosi delle acquisizioni di ufficio disposte dal giudice, l’applicazione unilaterale e illegittima di clausole esterne al contratto e derivanti dalla prassi, senza poter invocare il principio di vicinanza della prova al fine di spostare detto onere in capo alla banca, tenuto conto che tale principio non trova applicazione quando ciascuna delle parti, almeno di regola, acquisisce la disponibilità del documento al momento della sua sottoscrizione e quella degli estratti conto e della documentazione contabile delle singole operazioni nel corso del rapporto (cfr. Cass.civ. sez. VI-1, n. 33009/2019)
CONSIDERATO CHE
I ricorrenti deducono:
1. Violazione e/o falsa e/o omessa applicazione dell'art. 119,
comma 4, TUB e dell'art. 210 c.p.c., nonché dell’art. 2220
c.c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. per avere
la Corte ritenuto non assolto l’onere della prova a loro
carico a causa della mancata esibizione di tutti gli estratti
conto relativi al rapporto, trascurando così la richiesta di
esibizione rivolta alla banca già con l’atto di
citazione introduttivo del giudizio, richiesta di esibizione
disattesa dalla banca
che si era anche opposta alla loro acquisizione ex art. 210
c.p.c.
Secondo i ricorrenti, ai fini della valutazione di rilevanza
della richiesta di esibizione proposta con l’atto di citazione
del 26.6.2010, non osterebbe la circostanza che la
documentazione si riferisce a un contratto di conto corrente
chiuso in data 16.12.2002 perché l’obbligo decennale di
conservazione della documentazione contabile a carico della
banca si riferisce all’intero rapporto e decorre dal momento
della chiusura del conto. Tale mancata considerazione della
richiesta di esibizione e di acquisizione degli estratti
conto mancanti avrebbe erroneamente indotto la Corte di
appello a rideterminare il rapporto di dare e avere con la
banca dalla data del primo estratto conto esibito e non
dall’inizio del rapporto così come avevano invece proceduto
correttamente i Giudici del primo grado.
1.1 La censura che si articola su due versanti è infondata. I
ricorrenti rivendicano, per effetto della mancata acquisizione
degli estratti conto sin dall’inizio del rapporto
contrattuale, l’applicazione del cd. tasso zero alla data del
3 gennaio 1999 corrispondente al primo estratto conto esibito
in giudizio. Sul punto la giurisprudenza di legittimità cui va
data continuità in questo giudizio (Cass. civ. sez. I, n.
11543 del 2 maggio 2019) è in palese contrasto con la tesi dei
ricorrenti in quanto afferma che “nei rapporti bancari di
conto corrente, esclusa la validità della pattuizione di
interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista
e riscontrata la mancanza di una parte degli estratti conto,
riportando il primo dei disponibili un saldo iniziale a debito
del cliente, occorre distinguere il caso in cui il correntista
sia convenuto da quello in cui sia attore in giudizio”.
“Nel caso di domanda proposta dal correntista, l'accertamento
del dare e avere può attuarsi con l'utilizzo di prove che
forniscano indicazioni certe e complete atte a dar ragione del
saldo maturato all'inizio del periodo per cui sono stati
prodotti gli estratti conto; ci si può inoltre avvalere di quegli
elementi i quali consentano di
affermare che il debito, nell'intervallo temporale non
documentato, sia inesistente o inferiore al saldo passivo
iniziale del primo degli estratti conto prodotti, o che
permettano addirittura di affermare che in quell'arco di tempo
sia maturato un credito per il cliente stesso; diversamente si
devono elaborare i conteggi partendo dal primo saldo debitore
documentato”. In questa prospettiva è corretto il richiamo
della Corte di appello alla sentenza della Corte di Cassazione
civile sez. I n. 9201 del 7 maggio 2015 che ribadisce la piena
applicabilità del principio dell’onere probatorio a carico
dell’attore in materia di accertamento del rapporto di dare e
avere fra la banca e il correntista che agisca
per l’accertamento di un saldo più favorevole come
conseguenza dell’accertamento della nullità delle clausole
applicate dalla banca in tema di tassi ultralegali, anatocismo
e capitalizzazione degli interessi passivi. Tale principio non
comporta l’onere a carico del correntista
della produzione di tutti gli estratti conto relativi al rapporto
ben potendo la prova dei movimenti del conto desumersi anche
aliunde, vale a dire attraverso le risultanze dei mezzi di
cognizione assunti d'ufficio e idonei a integrare la prova
offerta, specificamente mediante consulenza tecnica contabile
disposta dal giudice sulle prove documentali prodotte da
valutarsi con un accertamento in fatto insindacabile innanzi
al giudice di legittimità (Cass. civ, sez. I n. 9526 del 4
aprile 2019, Cass. civ., sez. VI-1, n. 29190 del 21 dicembre
2020, Cass. civ., sez. I, n. 20621 del 19 luglio 2021 e
n. 1550 del 19 gennaio 2022).
Per altro verso – ma con argomentazioni che appaiono assorbite
dal rigetto della censura relativa alla mancata applicazione
del cd. tasso zero- i ricorrenti insistono sulla rilevanza
della pretesa mancata considerazione della richiesta di
esibizione e di acquisizione di ufficio degli estratti conto
non in loro possesso. Anche tale censura si dimostra in ogni
caso infondata, oltre che non rilevante. Infatti l’art. 119
comma 2 del testo unico bancario (T.U.B.) che disciplina
l’obbligazione di consegna periodica degli estratti conto,
nell'ambito dei rapporti regolati in conto corrente, si
differenza dal quarto comma che regola la diversa ipotesi
della consegna di «copia della documentazione inerente a
singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni».
Il chiaro tenore testuale di quest’ultima disposizione esclude
la fondatezza della tesi di parte ricorrente secondo cui
all’esibizione degli estratti conti, sin dall’inizio
del rapporto, la banca era tenuta sussistendo a suo carico un
obbligo di conservazione della completa documentazione contabile
per dieci anni dalla chiusura del rapporto di conto corrente.
Nè comunque - a prescindere dal riferimento alla diversità
delle due discipline normative contenute nell’art. 119 nonché
alla possibilità di supplire alla carenza di estratti conto
avvalendosi di altri mezzi di prova - la censura dei
ricorrenti assume diversa rilevanza con riferimento al periodo
dal 26 giugno 2000 al 16 dicembre 2002 perché la domanda dei
ricorrenti è intesa a invalidare il saldo negativo portato dal
primo estratto conto prodotto in giudizio e non anche gli
esiti della
consulenza relativi al periodo successivo. In definitiva
deve escludersi qualsiasi mancata considerazione da parte
della Corte di appello delle richieste di esibizione e
acquisizione documentale non solo perché insussistenti gli
obblighi di conservazione documentale a carico della banca per
il periodo antecedente al 3 gennaio 1999 ma anche per la
esclusione della possibilità di applicare da tale data
il saldo zero alla luce della giurisprudenza di legittimità e
per la adesione della Corte di appello alla relazione
integrativa del consulente che partendo dal saldo risultante
dal primo estratto conto disponibile ha accertato il saldo
finale a favore del correntista dante causa degli odierni
ricorrenti. Adesione questa che implica altresì il giudizio
negativo sulla acquisizione di una prova piena circa la
inattendibilità del saldo iniziale da cui è il partito il ricalcolo
del saldo finale. E tale giudizio costituisce, come si è
visto, un accertamento di merito insindacabile in questa sede
se non attraverso lo specifico e residuo sindacato di
legittimità ex art. 360 n. 5 che i ricorrenti non hanno in
alcun modo attivato con il ricorso per cassazione.
2. Violazione e/o falsa e/o omessa applicazione dell’art.2697 c.c.,
in relazione all'art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c., nonché
violazione e/o falsa applicazione dei principi di diritto
sulla distribuzione dell'onere della prova, in relazione
all'art. 360, comma 1, n.3, c.p.c.
La Corte non avrebbe considerato, inoltre, che i ricorrenti erano
gli eredi del correntista e non avevano mai ricevuto
personalmente gli estratti conto, per cui l’onere probatorio
avrebbe dovuto essere considerato secondo il principio della
cd. vicinanza della prova.
2.1 Il motivo è assorbito dal rigetto del primo. Per le motivazioni
già esposte, nei rapporti di conto corrente bancario, il
cliente, o anche gli altri soggetti legittimati quali gli
eredi, che agisca per ottenere la restituzione delle somme
indebitamente versate in presenza di clausole nulle, ha
l'onere di provare l'inesistenza della causa giustificativa
dei pagamenti effettuati mediante la produzione del contratto
che contiene siffatte clausole, ovvero di provare, con i mezzi
di prova più efficaci, o avvalendosi delle acquisizioni di
ufficio disposte dal giudice, l’applicazione unilaterale e
illegittima di clausole esterne al contratto e derivanti dalla
prassi, senza poter invocare il principio di vicinanza della
prova al fine di spostare detto onere in capo alla banca,
tenuto conto che tale principio non trova applicazione quando
ciascuna delle parti, almeno di regola, acquisisce la
disponibilità del documento al momento della
sua sottoscrizione e quella degli estratti conto e della
documentazione contabile delle singole operazioni nel corso
del rapporto (cfr. Cass.civ. sez. VI-1, n. 33009/2019).
3. La non fondatezza dei motivi del ricorso determina il suo
rigetto e la condanna dei ricorrenti alle spese del
giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna alle spese del presente
giudizio