impositivo, sicché non può consistere in un ordine di servizio in bianco, che si limiti ad indicare la sola qualifica professionale del delegato senza consentire al contribuente di verificare agevolmente la ricorrenza dei poteri in capo al sottoscrittore».
CONSIDERATO CHE
1.1 Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta: «Art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. – Violazione di legge – Illegittimità della delega all’accesso e dei successivi atti di accertamento dell’Ufficio sottoscritti per delega da soggetti non aventi qualifica dirigenziale e/o non muniti di poteri. Conseguente nullità degli avvisi di accertamento. Violazione degli artt. 42 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 in relazione all’art. 2697 cod. civ., nonché degli artt. 58 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e art. 345 cod. proc. civ., artt. 24 e 35 legge 7 gennaio 1929, n. 4 e artt. 52 e 63 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633». 1
.2 Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta: «Violazione di legge ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. Nullità della motivazione addotta per relationem in violazione dell’art. 3 legge 7 agosto 1990, n. 241, degli artt. 7 e 12, comma 7, legge 27 luglio 2000, n. 212, nonché dell’art. 112 cod. proc. civ. - Art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’art. 36 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546».
1.3 Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta: «Art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. – Nullità della sentenza impugnata per difetto di motivazione e/o motivazione apparente. Violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio – Art. 6, commi 2 e 5, e art. 7 legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente)».
1.4 Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente lamenta: «Art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. – Violazione di legge – Violazione degli artt. 7, 57 e 58 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – Error in procedendo ex art. 112 cod. proc. civ. – Violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato – Pronuncia su domanda e/o presunzione introdotta d’ufficio dalla Commissione tributaria regionale in grado di appello e mai contestata in precedenza. Violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio
1.5 Con il quinto motivo di ricorso, il ricorrente lamenta: «Art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. – Omessa ed erronea delibazione sugli elementi di fatto e di diritto adotti dal contribuente relativamente al carattere non strumentale dell’immobile, oltre che all’indeducibilità dei costi di ristrutturazione effettuata sulla base di elementi presuntivi – Violazione dell’art. 2729 cod. civ. in relazione all’onere probatorio ex art. 2697 cod. civ. incombente sull’Amministrazione».
1.6 Con il sesto motivo di ricorso, il ricorrente lamenta: «Art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. – Violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’esclusione del carattere strumentale all’attività professionale dell’immobile di proprietà del ricorrente in quanto parzialmente concesso in locazione a terzi. Erroneo ed inconferente richiamo al contratto di locazione commerciale».
2. Il primo motivo di ricorso è infondato. Con esso, il contribuente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto di rigettare la doglianza afferente alla mancata prova della legittimità della delega di firma per l’accesso e la verifica contabile rilasciata da OMISSIS. a OMISSIS che aveva firmato «su delega del Direttore provinciale OMISSIS». Soccorrono, in proposito, diverse pronunce di questa Sezione (ex plurimis Cass. 19/04/2019, n. 11013, Cass. 08/11/2019, n. 28850) secondo cui in linea generale, la funzione della sottoscrizione dell'atto impositivo, che sottende la tematica degli aspetti di natura probatoria, nel giudizio, in caso di contestazione, da parte del contribuente, della legittimità della sottoscrizione stessa, non trova una disciplina uniforme. Non mancano, invero, ipotesi in relazione alle quali opera il principio secondo cui deve presumersi che l'atto sia riferibile all'organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso sia stato adottato, come affermato da questa Corte in riferimento alla cartella esattoriale, al diniego di condono, all'avviso di mora e all'attribuzione di rendita catastale (Cass. 31/10/2018, n. 27871). Ad avviso del Collegio in tale prospettiva deve essere valutata la portata della prescrizione contenuta nell'art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 secondo cui «Gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d'ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell'ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato». La norma non contiene alcuna specificazione in ordine alle modalità di rilascio della delega, alla sua funzione e ai requisiti di validità, dovendosi per altro rilevare che al successivo terzo comma è prevista la nullità dell'avviso qualora non rechi, tra l'altro, la sottoscrizione. Appare dunque necessario, per quanto maggiormente rileva in questa sede, un approfondimento della questione che prenda le mosse non tanto dalla funzione dell'avviso di accertamento quale atto impositivo, quanto dalla sua natura di atto amministrativo. Se, invero, come è stato già rilevato, gli avvisi di accertamento costituiscono la più complessa espressione del potere impositivo, incidendo con particolare profondità nella realtà economica e sociale, deve ritenersi che la loro sottoscrizione da parte del capo o da funzionario da lui delegato, sia stata prevista come essenziale garanzia per il contribuente (Cass. 9/11/2015, n. 22800). Sotto tale profilo, appare evidente come il dato fondante sia costituito dal superamento di quella generale presunzione, sopra richiamata, di riferibilità dell'atto all'organo amministrativo dotato del potere di emanarlo, richiedendosi, al contrario, che tale provenienza sia avvalorata dalla sottoscrizione del capo dell'Ufficio, o del funzionario da lui delegato. Giova sin d'ora evidenziare, ancorché il rilievo sia privo, di per sé, di un decisivo valore argomentativo, non attenendo specificamente al tema della delega, come lo stesso riferimento al soggetto che riveste il ruolo apicale sia del tutto impersonale: a tale riguardo vale bene richiamare l'orientamento secondo cui l'avviso di accertamento è valido ove sia sottoscritto dal «reggente», ossia dal soggetto chiamato, ai sensi dell'art. 20, comma 1, lett. a) e b), d.P.R. 8 maggio 1987, n. 266 a sostituire temporaneamente il dirigente assente per cause improvvise in tutte le funzioni svolte dallo stesso ai fini della direzione dell'Ufficio (Cass. 7/11/2018, n. 28335, Cass. 5/09/2014, n. 18758). In relazione alla prescrizione contenuta nel primo comma dell'art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973, questa Corte ha posto in evidenza come, trattandosi di un atto esterno al giudizio, la presenza o meno della sottoscrizione dell'avviso di accertamento non attiene alla legittimazione processuale: in caso di contestazione, l'Amministrazione finanziaria è tenuta a dimostrare la sussistenza della delega, potendo produrla anche nel secondo grado del giudizio. Deve altresì ribadirsi che se l'avviso di accertamento non reca la sottoscrizione del capo dell'Ufficio «incombe all'Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, l'esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell'ufficio» (Cass. 10/11/2000, n. 14626, Cass. 10/07/2013, n. 17044, Cass. 21/06/2016, n. 12781, Cass. 12/01/2016, n. 332, Cass. 21/06/2016, n. 12781, Cass. 23/06/2017, n.15781, Cass. 6/03/2018, n. 5200), poiché il solo possesso della qualifica non abilita il funzionario della carriera direttiva alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell'Ufficio (Cass. 11/10/2012, n. 17400). È stato, quindi, precisato che la sottoscrizione dell'avviso di accertamento da parte di funzionario diverso da quello istituzionalmente competente a sottoscriverlo, ovvero da parte di un soggetto da detto funzionario non validamente ed efficacemente delegato, non soddisfa il requisito di sottoscrizione previsto, a pena di nullità, dall'art. 42, commi 1 e 3 del citato d.P.R. n. 600 del 1973 (Cass. 2/12/2015, n. 24492) e l'onere probatorio, facente capo all'Amministrazione, in caso di contestazione, viene giustificato anche con riferimento a principi di leale collaborazione e di vicinanza della prova. Quanto ai requisiti della delega, questa Corte, ha affermato il seguente principio di diritto (Cass. 09/11/2015, n. 22803) al quale si è conformata la sentenza impugnata: «In tema di accertamento tributario, la delega di firma o di funzioni di cui all'art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 deve necessariamente indicare il nominativo del delegato, pena la sua nullità, che determina, a sua volta, quella dell'atto impositivo, sicché non può consistere in un ordine di servizio in bianco, che si limiti ad indicare la sola qualifica professionale del delegato senza consentire al contribuente di verificare agevolmente la ricorrenza dei poteri in capo al sottoscrittore». Nel caso di specie, già nella sentenza resa dalla C.t.p., si dà atto della prova fornita dalla Agenzia delle Entrate in ordine al possesso della valida delega di firma da parte del titolare dell’Ufficio al sottoscrittore e tale circostanza non è oggetto di contestazione.
3. Anche il secondo motivo è infondato. Con esso, il contribuente lamenta l’error in iudicando ed il vizio di motivazione nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha escluso la sussistenza del vizio di motivazione dell’avviso di accertamento impugnato. Per consolidato principio di questa Corte, dal quale non v'è ragione di discostarsi, «in tema di contenzioso tributario, l'avviso di accertamento - che ha carattere di provocatio ad opponendum e soddisfa l'obbligo di motivazione, ai sensi dell'art. 56 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ogni qualvolta l'Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestarne efficacemente l’an ed il quantum debeatur - deve ritenersi correttamente motivato ove faccia riferimento ad un processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza regolarmente notificato o consegnato all'intimato, con la conseguenza che l'Amministrazione non è tenuta ad includere, nell'avviso di accertamento, notizia delle prove poste a fondamento del verificarsi di taluni fatti, né di riportarne, sia pur sinteticamente, il contenuto»; in particolare, al riguardo, è stato sostenuto che la motivazione dell'avviso di accertamento per relationem, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell'esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell'Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l'Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (Cass. 31/03/2011, n. 7360, Cass. 11/04/2011, n. 8183). In tal caso, pertanto, il giudice di merito deve accertare, motivando adeguatamente sul punto, se detto verbale sia stato posto nella sfera di conoscenza del contribuente, tenendo presente che tale presupposto deve considerarsi in re ipsa quando il riferimento attiene a verbali di ispezione o verifica redatti alla presenza del contribuente, o a lui comunicati o notificati nei modi di legge. Nel caso di specie, la C.t.r. ha motivato affermando che «se è vero che l'accertamento per l'anno in questione si fonda ed è diretta conseguenza del PVC che lo ha preceduto, non si può da tale circostanza far derivare la nullità dell'atto per difetto di motivazione al riguardo. Invero, da detto più PVC, eseguito in contraddittorio, e dall'atto di accertamento che lo ha recepito per relationem, emergono in termini oltremodo intellegibili tutti i dati (constatata non strumentalità all'attività professionale del contribuente della porzione immobiliare acquistata per € 122.710,00, piano secondo, int.3, deduzione da parte di questi del totale delle spese di ristrutturazione delle due porzioni immobiliari del totale degli interessi passivi da mutuo ipotecario gravante sulle due porzioni immobiliari, del totale degli interessi passivi da mutuo ipotecario gravante sulle due porzioni immobiliari e del totale delle quote di ammortamento del costo delle due porzioni immobiliari; locazione a terzi dell'anzidetta porzione immobiliare) posti a fondamento della pretesa tributaria Pertanto, con una motivazione complessa ed esente da errori di diritto, la C.t.r. ha accertato che non vi era carenza di motivazione dell'atto impugnato.
4. Il terzo ed il quarto motivo, da trattarsi congiuntamente per evidenti ragioni di connessione in quanto riferiti entrambi alla considerazione dei due immobili in termini fiscali, sono inammissibili. Con esso, il contribuente lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r., da un lato, ha escluso l’invocato difetto di motivazione dell’atto impugnato con riferimento alla mancata considerazione del dato, offerto in giudizio, del collegamento interno tra le due porzioni immobiliari e, dall’altro, ha ritenuto legittima la pretesa tributaria in virtù della duplice circostanza che l’immobile, in considerazione della locazione commerciale alla F.F. s.p.a., non poteva essere considerato strumentale all’attività del contribuente e la mancata riunificazione catastale in un unico immobile dei due immobili acquistati all’asta. Premesso che la denuncia di motivazione apparente è seguita da censure che non attengono al difetto di motivazione del giudice, ma sono dirette alla critica della motivazione contenuta nell'avviso di accertamento, nella doglianza le censure assumono i connotati di una critica attinente al merito della controversia ed all’apprezzamento delle risultanze di causa compiuto dal giudice d’appello e la giurisprudenza di questa Corte, in proposito, ha ribadito il consolidato principio secondo cui «Il ricorso per Cassazione deve ritenersi inammissibile nell'ipotesi in cui la censura svolta dal ricorrente assuma i connotati di una critica attinente al merito della controversia ad all'apprezzamento, pur congruamente motivato, delle risultanze di causa compiuto dai Giudici di appello» (Cass. 13/09/2013, n. 20973).
5. Infine, anche il quinto ed il sesto motivo, da trattarsi congiuntamente per evidenti ragioni di connessione in quanto riferiti entrambi alla inerenza e deducibilità dei costi di ristrutturazione, sono inammissibili. Con essi, il contribuente lamenta l’error in iudicando e l’omesso esame nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto indeducibili i costi di ristrutturazione e la non inerenza – e, quindi, la non deducibilità - dei costi sostenuti per la ristrutturazione dell’immobile oggetto del contratto di locazione commerciale. Sotto questo profilo, la censura assume i connotati di una critica attinente al merito della controversia ed all’apprezzamento delle risultanze di causa compiuto dal giudice d’appello. La giurisprudenza di questa Corte, in proposito, ha ribadito il consolidato principio secondo cui «Il ricorso per cassazione deve ritenersi inammissibile nell'ipotesi in cui la censura svolta dal ricorrente assuma, come nella specie, i connotati di una critica attinente al merito della controversia ad all'apprezzamento, pur congruamente motivato, delle risultanze di causa compiuto dai giudici di appello» (Cass. 13/09/2013, n. 20973).
6. In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.