Giu Il danno emergente nella responsabilità precontrattuale: consistenza e onere della prova
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - SENTENZA 30 ottobre 2024 N. 8668
Massima
In materia di responsabilità precontrattuale, il risarcimento deve essere contenuto nei limiti dell'interesse negativo, sicché sono risarcibili unicamente, a titolo di danno emergente, le spese fatte, nonché a titolo di lucro cessante la perdita di eventuali altre opportunità di guadagno; quanto al danno emergente, esso comprende le spese relative ai costi sostenuti per lo svolgimento delle trattative, quali viaggi, redazione di progetti, nonché i costi per la stipulazione del contratto, quali assistenza legale, redazione dell'atto pubblico, tasse, nonché ancora i costi effettuati per iniziare l'adempimento o per ricevere la prestazione.

Testo della sentenza
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - SENTENZA 30 ottobre 2024 N. 8668

Pubblicato il 30/10/2024

N. 08668/2024REG.PROV.COLL.

N. 05016/2017 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5016 del 2017, proposto da Termomeccanica Ecologia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marco Di Lullo, Mario Sanino, con domicilio eletto presso lo studio Mario Sanino in Roma, viale Parioli, 180;

contro

Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato con domicilio eletto presso lo studio Massimo Lacatena in Roma, via Poli,29, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Fabrizio Niceforo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Commissario delegato per le bonifiche ex Opcm 3849/2010, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Prima) n. 01803/2017.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania, del Commissario delegato per le bonifiche e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2024 il Cons. Luigi Furno e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

 

 

FATTO

La vicenda amministrativa, oggetto del presente giudizio, si è sviluppata nel senso di seguito indicato:

- la Termotecnica Ecologia s.p.a (d’ora innanzi solo Società o Tme) ha presentato alla Regione Campania, ai sensi dell’art. 37-bis della legge 11 febbraio 1994, n. 109, una proposta di finanza di progetto per la realizzazione di interventi di completamento e di adeguamento dell’impianto di depurazione di Napoli Est, nonché per la sua gestione, comprensiva della riscossione dei relativi canoni;

- la Giunta regionale, con deliberazione 15 marzo 2000, n. 1911, ha dichiarato la proposta ammissibile e fattibile, estendendola alla rete dei collettori “gravitante” sull’impianto di depurazione;

- In base all’articolo 12 dell’O.M. n. 3100/2000 il Presidente della Giunta Regionale della Campania – Commissario Delegato – è subentrato al Sindaco di Napoli nella titolarità dei poteri commissariali in materia di progettazione e realizzazione degli interventi e adeguamenti funzionali dei sistemi di collettamento interessanti, tra l’altro, anche l’impianto di depurazione di Napoli Est.

- il Commissario, con ordinanza 16 giugno 2003, n. 170, dopo avere predisposto uno specifico strumento di programmazione, ha ratificato la delibera n. 1911 del 2000 ed ha assegnato alla Tme il termine di novanta giorni per adeguare la propria proposta alle prescrizioni del nuovo strumento di programmazione;

- la Tme, con nota del 16 ottobre 2003, ha presentato la nuova proposta progettuale;

- il Commissario, con ordinanza n. 97 del 2005, ha incaricato il prof. Stampacchia di verificare la sostenibilità economica del Pef trasmesso dalla Società;

- il soggetto incaricato, con nota del 6 maggio 2006, ha ritenuto che il Pef fosse rispondente ai criteri di sostenibilità e coerenza, richiedendo soltanto una nuova asseverazione bancaria, che la Tme ha fornito il successivo 5 giugno;

- il Commissario, con ordinanza n. 12 del 2007, ha approvato la proposta “adeguata” presentata dalla Tme;

- il Commissario, con ordinanza 29 marzo 2007, n. 35, ha bandito la procedura di gara mediante licitazione privata avente ad oggetto la proposta presentata dal promotore Tme, con previsione che, in caso di affidamento a soggetto diverso dal promotore, quest’ultimo avrebbe avuto diritto al rimborso delle spese sostenute per la predisposizione della proposta, quantificate in euro 900.000;

- l’amministrazione, dopo avere svolto la procedura, ha predisposto la graduatoria, individuando i soggetti con cui procedere alla successiva fase di negoziazione;

- la Società Siba, terza in graduatoria, ha impugnato gli esiti della procedura innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, censurando la mancata esclusione delle società che si erano classificate al primo e al secondo posto;

- il Consiglio di Stato, con sentenza 14 luglio 2010, n. 538, in riforma parziale della sentenza del T.a.r. n. 6298 del 2008, ha respinto il ricorso di primo grado, ritenendo legittima l’attività svolta dall’amministrazione;

- con delibera della Giunta regionale 29 ottobre 2011, n. 586 è stato avviato il procedimento di autotutela avente ad oggetto la delibera della Giunta Regionale n. 1911 del 2000;

- il Commissario, con ordinanza 18 novembre 2011, n. 71, nel prendere atto della citata delibera n. 586, ha sospeso la procedura di gara;

- la Giunta regionale, con delibera 4 aprile 2012, n. 173, ha deciso di «revocare con decorrenza immediata» la delibera n. 1911 del 2000;

- il Commissario, con ordinanza 16 maggio 2012, n. 12, ha disposto la «revoca della procedura di gara» sulla base delle seguenti motivazioni: i) “la corrispondenza intercorsa in materia con la Regione Campania, nella quale è stata ripetutamente rappresentata la necessità di assumere determinazioni in merito alla suddetta procedura di gara attesa, tra l’altro, la dichiarata discrepanza tra l’intervento in questione e gli obiettivi programmatici della Regione Campania in materia di sistema depurativo” b) “la delibera della Giunta Regionale della Campania n. 173 del 04.04.2012” la cui motivazione veniva richiamata per relationem;

-TME ha proposto ricorso dinanzi al T.a.r. Campania per l’accertamento e la conseguente condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni subiti e , in via subordinata, per l’annullamento della D.G.R. Campania n. 173, del 4.4.2012, e della Ordinanza Commissariale n. 12, del 16 maggio 2012, e per la condanna dell’Amministrazione al pagamento dell’indennizzo spettante alla TME ai sensi dell’art. 21 quinquies, L. n. 241/1990;

-Il T.a.r Campania, con sentenza 4 aprile, n. 1803, ha respinto il ricorso;

-TME ha proposto appello;

 

 

-si è costituito in giudizio il Commissario di governo, chiedendo che venga dichiarato il suo difetto di legittimazione, in quanto, come risulterebbe anche dall’atto di appello, l’unico soggetto eventualmente responsabile sarebbe la Regione.

Si è costituita in giudizio la Regione Campania, chiedendo, senza articolare difese, il rigetto dell’appello.

Con sentenza non definitiva 3 luglio 2023, n. 6441, la Sezione ha accertato la sussistenza di una fattispecie di responsabilità precontrattuale in capo alla Regione Campania e il conseguente obbligo per l’amministrazione stessa di corrispondere, se provato, il risarcimento del danno da lesione dell’interesse negativo, nella forma del danno emergente e del lucro cessante (art. 1223 cod. civ.).

Ha, invece, respinto la domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno da lesione di interesse negativo sotto il profilo del lucro cessante.

Ha, inoltre, ritenuto insussistente una analoga fattispecie di responsabilità precontrattuale a carico del Commissario delegato.

Ha, infine, respinto il motivo finalizzato ad ottenere l’indennizzo previsto dall’art 21-quinquies, l. n. 241 del 1990.

Al fine di accertare l’eventuale sussistenza del danno da lesione dell’interesse negativo sotto l’esclusivo profilo del danno emergente, la Sezione, con la medesima sentenza, ha disposto una verificazione tecnica al fine di: i) stabilire quale siano stati, alla luce della documentazione depositata in giudizio, i costi sostenuti dalla Società appellante per la predisposizione del progetto consegnato alla Regione; ii) definire il valore complessivo dell’investimento, con indicazione di quale sia stata la percentuale dei costi rispetto al valore dell’investimento; iii) stabilire, in modo separato, quali siano stati effettivamente, alla luce della documentazione depositata in giudizio, gli altri costi che la parte appellante ha indicato, nonché i costi successivi sostenuti.

A tale fine ha nominato il Presidente della Facoltà economia dell’Università degli Studi di Roma, Torvergata, con facoltà di sub-delega a un professore ordinario, dotato delle necessarie competenze, della stessa Facoltà.

In data 29 aprile, il verificatore ha depositato in giudizio il proprio elaborato tecnico.

All’udienza dell’11 luglio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Per effetto di quanto statuito nella sentenza non definitiva della Sezione 3 luglio 2023, n. 6441, la questione posta all’odierno esame del Collegio attiene esclusivamente alla verifica della sussistenza del danno da lesione dell’interesse negativo, sub specie di danno emergente, discendente dalla accertata (sul piano dell’an) responsabilità precontrattuale della Giunta regionale, in relazione alla revoca della delibera della procedura di gara relativa alla realizzazione di interventi di completamento e di adeguamento dell’impianto di depurazione di Napoli Est, nonché per la sua gestione, comprensiva della riscossione dei relativi canoni.

Come anticipato nella parte in fatto, pur riconoscendo sul piano dell’an la responsabilità contrattuale della Regione, con la citata sentenza non definitiva, la Sezione ha circoscritto l’obbligo per l’amministrazione di corrispondere, se provato, il risarcimento del danno da lesione dell’interesse negativo, nella forma del solo danno emergente (art. 1223 cod. civ.).

Con la medesima decisione la Sezione ha, invece, respinto la domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno da lesione dell’interesse negativo sotto il profilo del lucro cessante.

L’appellante aveva, infatti, chiesto anche la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno da lucro cessante. In particolare, aveva al riguardo affermato che «la commessa era particolarmente impegnativa in termini di risorse umane e materiali e in termini di durata e pertanto la Tme, nelle more della conclusione della procedura, ha dovuto evitare di presentare altri project financing similari (…) ovvero partecipare a procedura analoghe».

La sezione, nondimeno, ha ritenuto non fondato il motivo relativo alla richiesta di danno da lucro cessante. Ciò in quanto l’appellante, come risulta dalla stessa articolazione della censura formulata, si è limitato ad una generica prospettazione, non supportata da elementi idonei a dimostrare che i danni lamentati si siano realmente prodotti e che siano conseguenza diretta e immediata, ai sensi dell’art. 1223 cod. civ., della condotta illecita della Regione.

Al fine di accertare la sussistenza dell’eventuale danno emergente, la Sezione, con la più volte citata sentenza non definitiva n. 6441/2023, ha disposto una verificazione tecnica al fine di: i) stabilire quale siano stati, alla luce della documentazione depositata in giudizio, i costi sostenuti dalla Società appellante per la predisposizione del progetto consegnato alla Regione; ii) definire il valore complessivo dell’investimento, con indicazione di quale sia stata la percentuale dei costi rispetto al valore dell’investimento; iii) stabilire, in modo separato, quali siano stati effettivamente, alla luce della documentazione depositata in giudizio, gli altri costi che la parte appellante ha indicato, nonché i costi successivi sostenuti.

In data 29 aprile 2024, il verificatore ha depositato il proprio elaborato peritale.

Il verificatore ha accertato, su base analitico-documentale, che l’odierna appellante ha sostenuto costi per il rilascio ed il rinnovo delle fideiussioni fino al 2012 per un importo complessivo pari ad euro 62.100,00.

Sulla base di un approccio sintetico-deduttivo ha, invece, ritenuto sussistenti costi pari ad euro 900.000,00 in relazione alla predisposizione del progetto del Piano Economico Finanziario (PEF), mentre non ha ritenuto adeguatamente provato il costo di 52.800,00 relativo alla relazione di asseverazione rilasciata da Banca Intesa. Parimenti non provate sono state ritenute le spese di trasferta e i costi di consulenza, che TME assume di aver sostenuto per importi rispettivamente pari ad euro 4.000,00 ed euro 178.000,00.

L’odierna appellante giustifica nei propri atti difensivi l’assenza di prove analitico documentali, in relazione ai costi sostenuti per l’approntamento del progetto, in ragione del notevole lasso di tempo intercorso tra il momento della effettuazione delle spese relative alla predisposizione del progetto consegnato alla Regione e quello di proposizione del ricorso. A sostegno dell’assunto rileva che una parte assai consistente delle spese è stata effettuata prima dell’anno 2003 e, in particolare, in occasione della presentazione del progetto originario avvenuta a giugno del 1999 approvato con la delibera della Regione del 2000.

A tale proposito, osserva che l’obbligo di conservazione delle scritture contabili ha una durata di 10 anni, ai sensi dell’art. 2220 c.c., ragione per cui alla data di avvio del contenzioso tale obbligo di conservazione era venuto meno.

La società appellante, a fronte della prospettata impossibilità di fornire la prova analitica delle spese sostenute, ha depositato nel giudizio di primo grado (in data 9 febbraio 2017) il progetto presentato a seguito dell’adeguamento richiesto dalla Regione nonché un parere pro veritate in ordine ai costi asseritamente sostenuti (in data 9 febbraio 2017). Peraltro, rileva ulteriormente l’appellante, l’impossibilità di un’indicazione analitica dei costi del progetto sarebbe aggravata dal fatto – riscontrato nella relazione di verificazione – che una parte dei costi per la realizzazione del progetto è rappresentato dai costi del personale in organico di TME, che era stato impegnato nella predisposizione della documentazione progettuale e “pertanto i relativi importi rappresentano una parte degli oneri sostenuti dalla società, inoltre questi ultimi non venivano iscritti tra le rimanenze dei lavori in corso e quindi sono stati indistintamente iscritti all’interno del conto economico tra i costi del personale e dei servizi”.

In via subordinata, la società appellante conclude nel senso che, ove si ritenesse non pienamente provata l’entità del danno sofferto da TME a titolo di spese sostenute per la predisposizione del progetto, si dovrebbe ritenere comunque dimostrato che la Società abbia fornito almeno un principio di prova in ordine allo stesso rispetto al quale l’Amministrazione convenuta non ha fornito alcuna prova contraria limitandosi a confutare apoditticamente il sistema di quantificazione “deduttivo” proposto dal verificatore.

Tanto premesso, il Collegio rileva quanto segue.

Tradizionalmente si ritiene che in materia di responsabilità precontrattuale il risarcimento debba essere contenuto nei limiti dell'interesse negativo. Quando, come avvenuto nel caso in esame, il contratto non è concluso, il contraente deluso non acquisisce, invero, il diritto a percepire le utilità che avrebbe conseguito in seguito all'adempimento (c.d. interesse positivo), ma unicamente il diritto ad essere messo nella stessa posizione in cui si sarebbe trovato nel caso in cui non avesse mai iniziato le contrattazioni (c.d. interesse negativo).In pratica, secondo un consolidato insegnamento giurisprudenziale, sarebbero risarcibili unicamente a titolo di danno emergente le spese fatte, nonché a titolo di lucro cessante la perdita di eventuali altre opportunità di guadagno ( Cons. St. 15 settembre 2014, n. 4674; Cass.,, 12 febbraio 1982, n. 855; Cass., 14 giugno 1982, n. 3613,; Cass.,25 gennaio 1988, n. 582; Cass., 26 maggio 1992, n. 6294,; Cass., 12 marzo1993, n. 2973,; Cass., 25 febbraio 1994, n. 1897,; Cass., 30agosto 1995, n. 9157; Cass., 10 maggio 1996, n. 4421).

Nel caso di che trattasi, come sopra esposto, occorre interrogarsi unicamente in ordine alla eventuale sussistenza del danno emergente, prendendo in considerazione, in particolare, la voce di danno costituita dalle spese affrontate dalla società appellante.

In base ad un comune insegnamento, le spese comprendono i costi sostenuti per lo svolgimento delle trattative, quali viaggi, redazione di progetti, nonché i costi per la stipulazione del contratto, quali assistenza legale, redazione dell'atto pubblico, tasse, nonché ancora i costi effettuati per iniziare l'adempimento o per ricevere la prestazione (ex pluribus, Cass. 27 ottobre 2021, n. 30186).

Nel caso in esame, reputa il Collegio che, sulla base delle complessive risultanze del giudizio, non è stato adeguatamente provato il danno emergente costituito dalle spese affrontate per la predisposizione del progetto.

Le deduzioni sviluppate dal verificatore in relazione alle spese relative al progetto non trovano un adeguato supporto sul piano documentale e non possono pertanto essere condivise dal Collegio.

Né, per giungere a diverse conclusioni, è possibile valorizzare, come fa la parte appellante, il fatto che sarebbe stato comunque fornito un principio di prova in ordine alla sussistenza di tale posta di danno.

In senso contrario il Collegio ricorda, infatti, che, secondo un costantane indirizzo interpretativo di questo Consiglio di Stato, quando è proposta una domanda risarcitoria, l’assenza di prova non può essere sopperita neppure facendo leva sul metodo acquisitivo, proprio del processo amministrativo impugnatorio, in quanto nell'azione di responsabilità per danni, il principio dispositivo e dell'onere della prova, sancito in generale dall' art. 2697, primo comma, c.c., opera con autonoma pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio invece dell'azione di annullamento (cfr. per tutte, Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 settembre 2021, n. 6240; in termini, Consiglio di Stato Sez. V, 18 marzo 2019, n. 1737; Consiglio di Stato, IV, 5 febbraio 2018, n. 701), ragione per la quale la parte che lamenta un danno deve fornirne una prova rigorosa (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 23 aprile 2021, n. 7; id., 12 maggio 2017, n. 2; cfr. anche Cass. civ. Sez. III, 17 settembre 2013, n. 21255).

Il principio è stato ribadito anche di recente dalla Sezione (Sez. IV, 16 novembre 2022, n. 10092) che ha avuto modo di puntualizzato che nelle cause che presentano una domanda risarcitoria, resta fermo l’onere di allegazione e prova da parte del danneggiato (artt. 63, comma 1, e 64, comma 1, c.p.a.), poiché nell’azione di responsabilità per danni il principio dispositivo sancito in generale dall’art. 2697, primo comma, c.c. opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento (ex art. 64, commi 1 e 3, c.p.a.), ragione per la quale le parti non possono sottrarsi all’onere probatorio e rimettere l’accertamento dei propri diritti all’attività del consulente tecnico d’ufficio.

In applicazione dei principi enucleati, il Collegio ritiene di poter positivamente valutare esclusivamente il danno costituito dalle spese effettivamente sostenute e comprovate sulla base delle risultanze documentali in atti.

Del resto, in tale direzione orienta lo stesso quesito sottoposto dalla Sezione al verificatore al quale, come sopra esposto, si è chiesto di definire quali siano stati, alla luce della “documentazione depositata in giudizio” i costi sostenuti dalla Società appellante per la predisposizione del progetto consegnato alla Regione.

Alla stregua del tenore testuale del riportato quesito, il verificatore ha chiarito che la documentazione in atti, ad eccezione della fattispecie riferita ai costi per le polizze fideiussorie, non consente una ricostruzione analitica dei costi sostenuti.

Né a diverse conclusioni può giungersi in base alla considerazione, sviluppata dal verificatore, secondo cui “la richiesta di rimborso dei costi per la predisposizione del progetto, pari ad euro 900.000,00, era stata già avanzata da TME all’atto della presentazione del progetto al Commissario; a ben vedere, tale richiesta era stata sottoposta al vaglio degli Uffici competenti della Regione Campania che, a seguito di opportuna istruttoria, l’aveva recepita ed accettata secondo quanto previsto dall’art. 37-bis” ovvero sulla base del parere pro veritate redatto dal Prof. Ing. Ennio Carnevale su incarico di TME (all. 5), in cui si dà atto della congruità del predetto costo per la redazione del progetto.

In senso contrario va, infatti, evidenziato, che, come si legge a pag. 17 della verificazione, “la documentazione presente in atti non ha consentito di esperire alcuna verifica amministrativa-contabile atta a dimostrare l’effettivo sostenimento dei costi richiesti a rimborso da TME, pari ad euro 900.000,00, (riscontrando fatture e altra documentazione probatoria sul piano amministrativo contabile), nel fascicolo sono presenti più elementi da cui si può desumere che la documentazione tecnica relativa al progetto è stata certamente predisposta e presumere che gli stessi costi siano stati oggetto di verifica da parte degli Uffici deputati presso gli enti competenti prima di riportare tale importo come dovuto a TME nell’ultimo Bando”.

Parimenti non provata è la voce di danno relativa ai costi sostenuti per l’asseverazione del Piano Economico Finanziario (PEF), in relazione alla quale il verificatore ha rilevato l’assenza in atti di documentazione idonea a dimostrare, nel dettaglio, l’entità e l’effettivo sostenimento di tali costi da parte della ricorrente.

Ad analoghe conclusioni occorre giungere anche in relazione ai costi di consulenza e spese di trasferta, in relazione ai quali, a fronte della richiesta di risarcimento avanzata da TME per un importo di euro 178.000,00, relativa ai costi di consulenza asseritamene sostenuti e di euro 4.000,00, concernente le spese di trasferta, il verificatore : - non ha rinvenuto in atti alcuna documentazione amministrativa volta a dimostrare analiticamente il sostenimento dei relativi costi da parte di TME; - non ha reperito alcun documento specifico che da evidenza della esistenza di tali costi e della loro effettiva riferibilità al progetto qui considerato ; - non ha riscontrato nel fascicolo del procedimento elementi atti a dimostrare che tali importi siano stati riconosciuti da parte degli Uffici competenti della Regione Campania e/o da parte di terzi. Per i motivi sopra riportati le verifiche poste in essere da parte dello scrivente in relazione ai costi per consulenti (euro 178.000,00) e spese di trasferta (euro 4.000,00) si sono concluse con esito negativo.

Di contro, ad avviso del Collegio, risulta, sulla base degli accertamenti effettuati dal verificatore, provato un danno pari ad euro 62.100,00 in relazione ai costi sostenuti in relazione alla polizza fideiussoria. Infatti, in relazione a quest’ultima voce di costo, e contrariamente a quanto visto con riferimento alle spese approntate per la predisposizione del progetto, la documentazione presente in atti consente di dimostrare analiticamente l’effettivo sostenimento di tali costi da parte della TME.

Alla luce delle osservazioni che precedono, il danno subito dalla odierna appallante va determinato nella misura di euro 62.100,00.

Ai fini dell’integrale risarcimento del danno, che costituisce debito di valore, occorre riconoscere, inoltre, al danneggiato sia la rivalutazione monetaria (secondo l’indice medio dei prezzi al consumo elaborato dall’Istat), che attualizza al momento della liquidazione il danno subito, sia gli interessi compensativi (determinati in via equitativa assumendo come parametro il tasso di interesse legale) calcolati sulla somma periodicamente rivalutata, volti a compensare la mancata disponibilità di tale somma fino al giorno della liquidazione del danno, sia, infine, gli interessi legali sulla somma complessiva dal giorno della pubblicazione della sentenza (che con la liquidazione del credito ne segna la trasformazione in credito di valuta) sino al soddisfo.

L’accoglimento solo parziale dell’appello, nei sensi dinanzi indicati, giustifica l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione, e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, condanna la Regione Campania al risarcimento del danno patrimoniale in favore dell’appellante, liquidato complessivamente nell’importo di euro 62.100,00, oltre accessori come indicato in motivazione.

Compensa tra le parti integralmente le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2024 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Vincenzo Neri, Presidente

Silvia Martino, Consigliere

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Luigi Furno, Consigliere, Estensore

Ofelia Fratamico, Consigliere