Giu Presupposti per l'esercizio del potere di cui all'art. 823 co. 2 c.c.
TAR SICILIA di PALERMO - SENTENZA 17 settembre 2024 N. 2576
Massima
Il bene pubblico non appartenente al demanio necessario assume il regime giuridico proprio dei beni patrimoniali indisponibili in quanto destinati ad un pubblico servizio a due concorrenti condizioni: la presenza della manifestazione di volontà dell'ente titolare del diritto reale pubblico, desumibile da un espresso atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell'ente di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio; nonché (congiuntamente) l’effettiva ed attuale destinazione del bene a pubblico servizio. Da ciò consegue come corollario che, in assenza dell’effettiva ed attuale utilizzazione in conformità della destinazione ad esso impressa, la determinazione amministrativa di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio non è sufficiente per l’esercizio del potere previsto all’art. 823, comma 2, c.c.

Testo della sentenza
TAR SICILIA di PALERMO - SENTENZA 17 settembre 2024 N. 2576

Pubblicato il 17/09/2024

N. 02576/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01938/2023 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1938 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Lucia Di Salvo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Palermo, via Notarbartolo n. 5;

contro

Ministero della Difesa - Esercito Italiano - Comando Forze Operative Sud - Comandante Area Territoriale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria ex lege in Palermo, via Mariano Stabile n. 182;
Agenzia del Demanio - Direzione Regionale Sicilia, non costituita in giudizio;

per l’annullamento

quanto al ricorso principale:

- dell’ordinanza di sgombero n. REG 2023 0-OMISSIS-3718 del 16 ottobre 2023, emessa dal Comando Forze Operative Sud in persona del Comandante area territoriale del Meridione, notificata in data 20 novembre 2023, con la quale è stato intimato al ricorrente il rilascio dell’area occupata sita in via dei -OMISSIS-, dei fabbricati e delle relative aree pertinenziali entro giorni 30 dalla notificazione;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente per quanto allo stato non conosciuto.

quanto al ricorso per motivi aggiunti:

- del conseguente ordine di recupero coattivo n. REG 2023 0129520 n.13/2023 del 18 dicembre 2023, emesso dal Comando Forze Operative Sud in persona del comandante area territoriale, notificato in data 22 dicembre 2023, (per errore materiale indicata nella relata come 22.-OMISSIS-.2023) con il quale è stato conseguentemente intimato al ricorrente il rilascio dei predetti locali entro il 21 gennaio 2024.


 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 maggio 2024 il dott. Francesco Mulieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato e depositato in data 20 dicembre 2023, il ricorrente ha chiesto l’annullamento previa sospensiva dell’ordinanza di sgombero n. REG 2023 0-OMISSIS-3718 del 16 ottobre 2023 emessa dal Comando Forze Operative Sud del Ministero della Difesa con la quale gli è stato intimato il rilascio dell’area occupata sita nel Comune di Palermo in via dei -OMISSIS-, dei fabbricati e delle relative aree pertinenziali entro giorni 30 dalla notificazione stante “la necessità da parte dell’amministrazione della Difesa di rendere liberi i locali per consentirne la successiva dismissione”.

Con successivi motivi aggiunti ha altresì impugnato il provvedimento di recupero coattivo n. REG 2023 0129520 n.13/2023 del 18 dicembre 2023, con il quale è stato conseguentemente intimato il rilascio dei predetti locali entro il 21 gennaio 2024.

Il ricorrente ha articolato le seguenti censure che possono essere così sintetizzate.

1) Trattandosi di un bene privo di destinazione pubblica da oltre 40 anni, giammai avrebbero potuto essere esercitati i poteri autoritativi di cui agli artt. artt. 231 D.lgs. n. 66/20-OMISSIS- e 832 cc., ma al più solamente gli strumenti civilistici. Non sarebbe sufficiente la titolarità in capo all’amministrazione della proprietà del bene, occorrendo anche l’effettiva ed attuale destinazione del bene ad un utilizzo pubblico, assente nel caso di specie; l’amministrazione della Difesa avrebbe provveduto a restaurare e a dedicare ad uso governativo esclusivamente i locali di via dei -OMISSIS-, avendo del tutto lasciato in abbandono i locali contrassegnati con il numero 2; inoltre, in ottemperanza agli obblighi di pubblicità e trasparenza di cui all’art. 30 del d.lgs. 33/2013, il Ministero della Difesa avrebbe indicato, nell’allegato pubblicato nella pagina “Amministrazione trasparente” - sezione “Patrimonio immobiliare”, esclusivamente l’immobile sito in via dei -OMISSIS- e non anche quello di via dei -OMISSIS-.

2) Il provvedimento impugnato risulterebbe in ogni caso illegittimo perché adottato in violazione del principio di proporzionalità, di derivazione Europea.

3) Il termine assegnato dall’Amministrazione per il rilascio risulterebbe sproporzionato ed ingiustamente penalizzante per la restituzione di locali di fatto abbandonati dall’amministrazione da tempo immemorabile e sol perché gli stessi devono essere dismessi: difetterebbe qualsivoglia istruttoria che, ove fosse stata consentita un minimo di partecipazione al ricorrente, ben avrebbe potuto coniugare le esigenze prive di connotazione pubblicistica con l’attuale condizione del bene.

4) L’aver lasciato che per oltre quarant’anni i locali in questione permanessero in uso al ricorrente (che li ha gestiti stabilmente e proficuamente facendone il fulcro della propria attività imprenditoriale), avrebbe ingenerato un affidamento tutelabile in relazione al quale sarebbe quanto meno occorsa una più congrua motivazione.

Per resistere al ricorso si è costituto, con memoria di mera forma, il Ministero della Difesa.

Con ordinanza n. -OMISSIS- del-OMISSIS-/01/2024 la domanda cautelare di parte ricorrente è stata accolta ed il Ministero della Difesa è stato onerato di fornire documentati chiarimenti in ordine alla non contestata mancanza di destinazione pubblicistica dell’immobile per cui è causa ed al dichiarato intendimento di dismetterlo.

In data 26 gennaio 2024 il Ministero della Difesa ha ottemperato alla suddetta ordinanza depositando documenti nonché una relazione sui fatti di causa.

Il ricorrente ha depositato una memoria in vista dell’udienza di merito, all’esito della quale il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Tanto premesso in punto di fatto, il ricorso è fondato sotto l’assorbente profilo dedotto con il primo motivo di ricorso.

Osserva il Collegio che il potere di autotutela esecutiva, previsto all’art. 823, comma 2, c.c., presuppone il previo accertamento della natura di bene patrimoniale indisponibile del compendio immobiliare oggetto di tutela recuperatoria pubblicistica; per contro il bene pubblico ricompreso nel patrimonio disponibile dell’ente non è affatto recuperabile autoritativamente ma mediante l’esercizio della tutela privatistica, a mezzo delle azioni possessorie o della rei vindicatio civilistica.

Ciò posto, il bene pubblico non appartenente al demanio necessario assume il regime giuridico proprio dei beni patrimoniali indisponibili in quanto destinati ad un pubblico servizio a due concorrenti condizioni: la presenza della manifestazione di volontà dell'ente titolare del diritto reale pubblico, desumibile da un espresso atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell'ente di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio; nonché (congiuntamente) l’effettiva ed attuale destinazione del bene a pubblico servizio (cfr., Cass. Civ. S.U.,25 marzo 2016 n. 6019; Cons. Stato, sez. IV, 30 gennaio 2019 n. 513; Cass. Civ., S.U., 28 giugno 2006 n. 14685). Da ciò consegue come corollario che, in assenza dell’effettiva ed attuale utilizzazione in conformità della destinazione ad esso impressa, la determinazione amministrativa di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio non è sufficiente per l’esercizio del potere previsto all’art. 823, comma 2, c.c. (cfr. Cass. Civ., S.U.,15 luglio 1999 n. 391).

Orbene nella fattispecie in esame, dalla documentazione versata in atti, risulta che:

- la famiglia dell’odierno ricorrente possiede il locale in questione quantomeno dagli anni 1980/1981 e ivi il ricorrente svolge l’attività commerciale (trattasi di un piccolo locale di 23 mq adibito a rivendita di polli alla brace) in forza delle autorizzazioni previste dalla legge;

- tale situazione era ben nota all’Amministrazione, tanto da essere stato imposto un canone per la occupazione del predetto immobile, dal ricorrente pagato nei tempi e modi concordati con l’Agenzia del Demanio;

- l’attività di recupero forzoso è finalizzata puramente e semplicemente alla dismissione del locale in questione, tanto da essere stato retrocesso all’Agenzia del Demanio, senza che vi sia stata alcuna esplicitazione della volontà dell’ente di destinarlo ad un pubblico servizio né tanto meno la sua effettiva ed attuale destinazione a tale pubblico servizio.

Ciò rende evidente - in disparte quanto dedotto dalla difesa ricorrente in ordine al diverso trattamento riservato dalla medesima amministrazione ai locali di via dei -OMISSIS- – che, nel caso di specie, difettano i presupposti di legge a supporto dei provvedimenti impugnati dovendo e potendo l’amministrazione utilizzare esclusivamente gli strumenti civilistici e non i poteri autoritativi posti a presidio dei beni pubblici; donde la evidente illegittimità dei provvedimenti impugnati che, pertanto, vanno annullati.

In conclusione, in accoglimento del primo motivo ed assorbita ogni altra censura, il ricorso ed i connessi motivi aggiunti devono essere accolti, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come integrato dai motivi aggiunti, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna il Ministero della Difesa alle spese di lite in favore del ricorrente che si liquidano in € 2.500,00, (euro duemilacinquecento/00), oltre accessori.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 28 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati:

Salvatore Veneziano, Presidente

Maria Cappellano, Consigliere

Francesco Mulieri, Consigliere, Estensore

 
   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Francesco Mulieri

 

Salvatore Veneziano

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO