Giu Clausole di salvaguardia nei contratti sottoscritti da società private che operino nel comparto sanitario pubblico
TAR MOLISE - SENTENZA 02 agosto 2024 N. 255
Massima
La legittimità delle clausole di salvaguardia è stata più volte riconosciuta sotto il profilo che dette pattuizioni sono essenzialmente funzionali alla tutela stessa del diritto alla salute quale bene superiore costituzionalmente garantito, e, per converso, nient’affatto foriere di una indebita compressione del diritto di agire in giudizio dell'operatore privato, il quale ben può valutare il proprio interesse a coltivare il contenzioso in atto e, quindi, a non sottoscrivere il contratto munito della clausola in discussione; fermo restando, infine, che, anche sottoscrivendo la clausola, il privato manterrebbe intatto il proprio diritto d’azione in giudizio, costituzionalmente garantito, in relazione alle sopravvenienze. La manifestazione di volontà abdicativa che si esprime nell'adesione al contratto che contempli le clausole in questione costituisce, quindi, il frutto di una valutazione di convenienza della parte privata che, sebbene di fatto non integralmente “libera”, non si presenta però certo connotata da profili di condizionamento trasmodanti i fisiologici limiti che si manifestano anche nei rapporti tra privati (dotati, eventualmente, di non identica forza contrattuale).

Testo della sentenza
TAR MOLISE - SENTENZA 02 agosto 2024 N. 255

Pubblicato il 02/08/2024

N. 00255/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00342/2020 REG.RIC.

N. 00344/2020 REG.RIC.

N. 00351/2020 REG.RIC.

N. 00353/2020 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 342 del 2020, proposto dalla società “Centro di Chirurgia Ambulatoriale Oculare Dr. Francesco Laurelli” s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Salvatore Di Pardo, con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia;

contro

la Regione Molise, il Consiglio dei Ministri, il Ministero della Salute, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, la Conferenza Permanente Stato Regioni e Province Autonome, il Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario della Regione Molise, il sub Commissario ad acta, ciascuno in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, via Insorti D'Ungheria, n.74;

nei confronti

dell’A.S.Re.M. (Azienda Sanitaria Regionale per il Molise) e della società Gea Medica s.r.l. unip., entrambe non costituite in giudizio;



 

sul ricorso numero di registro generale 344 del 2020, proposto dalla società “Istituto Oftalmico Pentro” s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Salvatore Di Pardo, con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia;

contro

la Regione Molise, il Consiglio dei Ministri, il Ministero della Salute, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, la Conferenza Permanente Stato Regioni e Province Autonome, il Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario della Regione Molise, il sub Commissario ad acta, ciascuno in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, via Insorti D'Ungheria, n.74;

nei confronti

dell’A.S.Re.M. (Azienda Sanitaria Regionale per il Molise) e della società Gea Medica s.r.l. unip., entrambe non costituite in giudizio;



 

sul ricorso numero di registro generale 351 del 2020, proposto dalla Casa di Cura “Villa Esther” s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Salvatore Di Pardo, con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia;

contro

la Regione Molise, il Consiglio dei Ministri, il Ministero della Salute, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, la Conferenza Permanente Stato Regioni e Province Autonome, il Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario della Regione Molise, il sub Commissario ad acta, ciascuno in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, via Insorti D'Ungheria, n.74;

nei confronti

dell’A.S.Re.M. (Azienda Sanitaria Regionale per il Molise) e della società Gea Medica s.r.l. unip., entrambe non costituite in giudizio;



 

sul ricorso numero di registro generale 353 del 2020, proposto dalla Casa di Cura “Villa Maria” s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Salvatore Di Pardo, con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia;

contro

la Regione Molise, il Consiglio dei Ministri, il Ministero della Salute, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, la Conferenza Permanente Stato Regioni e Province Autonome, il Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario della Regione Molise, il sub Commissario ad acta, ciascuno in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, via Insorti D'Ungheria, n.74;

nei confronti

dell’A.S.Re.M. (Azienda Sanitaria Regionale per il Molise) e della società Gea Medica s.r.l. unip., entrambe non costituite in giudizio;

per l'annullamento

tutti i ricorsi:

- del D.C.A. n. 56 del 30.09.2020, avente ad oggetto la “Definizione dei limiti massimi di finanziamento per le prestazioni sanitarie di assistenza ospedaliera e specialistica ambulatoriale erogate dagli operatori privati accreditati, acquistabili dal Sistema Sanitario Regionale per l'anno 2020”;

- del D.C.A. n. 60 dell'8.10.2020, avente ad oggetto “Approvazione dello Schema di contratto per l'acquisto delle strutture private operanti in regime di accreditamento di prestazioni sanitarie di assistenza ospedaliera e specialistica ambulatoriale per l'anno 2020”;

- nonché di tutti gli atti presupposti, consequenziali e/o comunque connessi.


 

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 aprile 2024 il dott. Luigi Lalla e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO e DIRITTO

1. Vengono all’odierno esame del Collegio alcune delle cause intraprese (sulla base di censure del tutto analoghe) dalle Strutture sanitarie regionali autorizzate e accreditate ai sensi del D.Lgs. n. 502 del 1992, e contrattualizzate dall’Azienda Sanitaria Regionale del Molise (A.S.RE.M.), contro le determinazioni programmatorie del Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro dal disavanzo finanziario nel settore sanitario della Regione Molise con riferimento all’imposizione dei tetti di spesa per l’acquisto di prestazioni sanitarie sul mercato degli operatori privati per l’anno 2020.

2. Va rammentato che in base agli accordi relativi al triennio 2016-2018, l’A.S.RE.M. ha acquistato dalle strutture sanitarie accreditate in questione delle prestazioni sanitarie per un budget complessivo, ripartito in specifiche voci e correlativi tetti di spesa.

La programmazione 2016-2018 si caratterizzava -senza qui entrare nel dettaglio delle previsioni- per la non sottoposizione a un invalicabile tetto di spesa delle prestazioni rese in favore dei pazienti extraregionali, siccome regolate da una clausola (ex artt. 4 e 6) che condizionava però la loro remunerazione all’effettivo conseguimento della relativa compensazione finanziaria in sede interregionale.

3. Alla scadenza del precedente contratto, l’A.S.RE.M. con comunicazione n. 98198 del 24.12.2018, pur con l’avvertimento che il budget complessivo annuale avrebbe potuto subire variazioni- ha provveduto alla proroga della precedente disciplina, autorizzando “in via provvisoria e fino all’adozione dei nuovi provvedimenti di fissazione dei tetti di spesa ed alla stipula degli accordi contrattuali per l’anno 2018, un volume di prestazioni mensili del valore pari ad 1/12 del limite di spesa dei contratti stipulati sulla base dei tetti di spesa indicati con D.C.A. n. 37 del 28/06/2017 e secondo le modalità di erogazione previste per la scorsa annualità”.

4. Nel 2020, tuttavia, il Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della Regione Molise, nell’espletamento dei suoi compiti di attuazione del piano di rientro, decideva di modificare il descritto assetto regolatorio e negoziale, intraprendendo una politica di revisione degli equilibri contrattuali con l’apposizione di tetti di spesa rigidamente invalicabili. Questa definizione, ora non più superabile, della consistenza delle diverse tipologie di prestazioni in acquisto perseguiva il risanamento economico attraverso la soppressione degli onerosi esborsi “extra budget”.

Conseguentemente l’A.S.RE.M. ha sostituito al precedente accordo 2016-2018 dei nuovi schemi contrattuali, conformati alla nuova impostazione programmatoria commissariale.

Le strutture private accreditate, vedendo di conseguenza contrarsi l’ambito delle loro prestazioni remunerabili, hanno allora impugnato le relative determinazioni regolatorie di volta in volta susseguitesi, agendo in giudizio ai fini della conservazione dello status quo ante.

Nel dettaglio, la nuova impostazione regolatoria commissariale è stata attuata mediante:

- la previsione di un budget leggermente ridotto e invalicabile;

- la sottoposizione, quindi, anche delle prestazioni per l’utenza extraregionale ad un tetto massimo invalicabile;

- l’eliminazione dello specifico budget precedentemente previsto per le prestazioni “integrative”.

5. Con riguardo alla disciplina da applicare per le prestazioni dell’anno 2019, il Commissario ad acta adottava (ora per allora) il decreto n. 10 del 5.02.2020, avente appunto ad oggetto la “Definizione dei limiti massimi di finanziamento per le prestazioni sanitarie di assistenza ospedaliera e specialistica ambulatoriale erogate dagli operatori privati accreditati, acquistabili dal Sistema Sanitario Regionale per l’anno 2019”, unitamente al decreto n. 11 dello stesso giorno, recante “Approvazione dello schema di contratto per l’acquisto dalle strutture private operanti in regime di accreditamento di prestazioni sanitarie di assistenza ospedaliera e specialistica ambulatoriale per l’anno 2019”.

Tali provvedimenti commissariali, a suo tempo impugnati anche dalle strutture ricorrenti, sono stati annullati dal T.A.R. Molise con le sentenze n. 85 del 2021 (confermata dal Consiglio di Stato, sez. III, con sentenza n. 4381 del 30 maggio 2022); n. 93 del 2021 (confermata dal Consiglio di Stato, sez. III, con sentenza n. 4377 del 30 maggio 2022) n. 94 del 2021 (confermata in appello con la sentenza n. 4370 del 30 maggio 2022); n. 95 del 2021 (confermata in appello con sentenza n. 4375 del 30 maggio 2022).

L’annullamento dei decreti commissariali nn. 10 e 11 del 5.02.2020 è dipeso principalmente dalla carente istruttoria e dalla tardività dell’avvento della nuova disciplina dei tetti di spesa, introdotti ad esercizio 2019 ormai chiuso e pertanto in via completamente retroattiva.

6. Per le prestazioni sanitarie del successivo anno 2020 sono stati assunti dei decreti commissariali dai contenuti analoghi a quelli dei decreti nn. 10 e 11/2020, e segnatamente il n. 56 del 30.9.2020 e il n. 60 del 8.10.2020, anch’essi impugnati dalle odierne ricorrenti, che hanno proposto i relativi nuovi gravami sulla base dei seguenti motivi di ricorso:

I- «VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA LEGGE 241/90: PER MANCATA PARTECIPAZIONE DELLA RICORRENTE AL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO»;

II- «ILLEGITTIMITA’ DEGLI ATTI IMPUGNATI PER ECCESSO DI POTERE CARENZA DI ISTRUTTORIA, ERRONEITA’ DEI PRESUPPOSTI, CARENZA DI MOTIVAZIONE. CONTRADDITTORIETA’ RISPETTO A PRECEDENTI MANIFESTAZIONI DI VOLONTA’ RESE DALLA STESSA P.A. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ACCORDO CONTRATTUALE DI BUDGET. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 8 QUINQUIES DEL D.LGS. 502/92. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI AFFIDAMENTO, DI BUONA FEDE E DI LEALTA’ NEI RAPPORTI TRA PRIVATI E P.A., DEL PRINCIPIO DI CERTEZZA DEI RAPPORTI GIURIDICI, DI BUON ANDAMENTO DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA CHE IMPLICA L’IMPARZIALITÀ, LA PROPORZIONALITÀ E LA RAGIONEVOLEZZA E LA PIANIFICAZIONE PREVENTIVA DELLA SPESA SANITARIA. L’ILLEGITTIMITÀ DEGLI ATTI IMPUGNATI PER LA PORTATA RETROATTIVA»;

III- «ILLEGITTIMITA’ DEGLI ATTI IMPUGNATI PER ECCESSO DI POTERE PER CARENA DI ISTRUTTORIA, ERRONEITA’ DEI PRESUPOPSTI, ILLOGICITA’, IRRAGIONEVOLEZZA. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 8-QUATER DEL D.LGS. 502/1992»;

IV- «ILLEGITTIMITA’ DEGLI ATTI IMPUGNATI PER ECCESSO DI POTERE PER ILLOGICITA’, IRRAGIONEVOLZZA IN RAGIONE DI QUANTO STABILITO DAGLI STRUMENTI DI PROGRAMMAZIONE REGIONALE».

7. Nella sostanza, le ricorrenti si sono dolute del fatto che la Struttura commissariale, trascurando l’effettivo fabbisogno sanitario e la relativa domanda storica, abbia:

- violato i diritti partecipativi degli operatori interessati, nonché il loro affidamento;

- assegnato un budget complessivamente ridotto, nonostante si trattasse del periodo relativo all’emergenza pandemica da Covid-19;

- modificato l’assetto negoziale rispetto al 2018 introducendo un limite di spesa invalicabile per le prestazioni erogate in favore di pazienti extra regionali, con la conseguente indebita locupletazione da parte della Regione Molise (che ne avrebbe tratto comunque un utile, continuando a riportare in sede di compensazione interregionale le voci di costo sostenute per le cure dei pazienti di altre Regioni somministrate al di là del tetto di spesa fissato, pur senza riconoscerne la remunerazione alle strutture sanitarie erogatrici);

- in alcuni casi, mancato di riproporre alcune specifiche voci di budget per “prestazioni integrative”.

7.1. Le istanze di sospensiva contestualmente proposte dalle ricorrenti sono state respinte da questo Tribunale con le ordinanze cautelari adottate nei rispettivi giudizi (in particolare, le ordinanze nn. 16, 17, 18 e 25 del 16.01.2021).

8. Le Amministrazioni intimate, costituitesi in giudizio in resistenza alle impugnative, dopo aver sollevato svariate eccezioni di inammissibilità ne hanno dedotto anche l’infondatezza nel merito.

9. Le varie parti costituite hanno depositato nel prosieguo plurime e articolate memorie, insieme a cospicue produzioni documentali.

In particolare l’Avvocatura Distrettuale dello Stato, con la produzione in giudizio del 7.03.2024, ha depositato le copie dei contratti di budget per l’anno 2020 sottoscritti individualmente da ciascuna ricorrente, con i quali le stesse avrebbero accettato anche la clausola di salvaguardia di cui all’art. 12 delle singole convenzioni, implicante tuttavia la rinuncia alle azioni/impugnazioni già intraprese avverso i provvedimenti di determinazione dei tetti di spesa ovvero ai contenziosi instaurabili contro i provvedimenti già adottati e conoscibili. Se ne è così dedotta l’improcedibilità del gravame per tutti i rispettivi giudizi.

Da ultimo, le ricorrenti hanno avanzato un’istanza di rinvio della trattazione delle cause prevista per l’udienza pubblica del 24.04.2024, motivata con l’esigenza di attendere l’esito dei giudizi di appello proposti innanzi al Consiglio di Stato con riguardo alle sentenze emesse da questo T.A.R. nel 2023 sui ricorsi impugnatori dei D.C.A. di imposizione dei tetti di spesa per la successiva annualità del 2021 (decreti di contenuto sostanzialmente analogo a quelli all’odierno esame del Collegio).

10. Le argomentate posizioni delle parti sono state da ultimo precisate in vista dell’udienza pubblica del 24 aprile 2024, al cui esito, dopo la discussione, la causa è passata in decisione.

11. Il Collegio, in via preliminare, confermata l’insussistenza di ragioni idonee a giustificare la concessione dell’invocato rinvio delle cause in esame poiché questo è subordinato, dal comma 1 bis dell’art. 73 cod.proc.amm., all’esistenza di “casi eccezionali”, nella fattispecie chiaramente non configurabili, ritiene opportuno disporre la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 70 cod.proc.amm., ravvisandone i presupposti di connessione oggettiva in quanto tali gravami investono i medesimi atti e pongono le medesime questioni di diritto.

12. Tutti i ricorsi sono improcedibili per la sopravvenuta acquiescenza prestata dalle ricorrenti in corso di giudizio agli atti impugnati.

12.1. Difatti, le strutture ricorrenti hanno manifestato la propria acquiescenza in occasione della sottoscrizione dei rispettivi contratti di budget per l’anno 2020, tutti recanti, all’art. 12, apposite “clausole di salvaguardia” implicanti un’accettazione espressa degli atti amministrativi in questa sede gravati, con annessa rinuncia alle azioni giurisdizionali già intraprese avverso gli stessi.

12.2. In particolare, dalla produzione della difesa erariale del 7.03.2024 si desume che:

a) per il Centro di chirurgia ambulatoriale oculare dr. Francesco Laurelli, il legale rappresentante p.t. risulta avere sottoscritto il contratto per gli acquisti relativi al 2020 in data 9.05.2022 (cfr. “All.1-ct1761-2020ContrattoLAURELLI.pdf” allegato nel giudizio n.r.g. 342/2020);

b) per l’Istituto oftalmico Pentro s.r.l., il legale rappresentante p.t. risulta avere sottoscritto il contratto per gli acquisti relativi al 2020 in data 19.05.2022 (cfr. “All.1-ct1764-2020CONTRATTOISTITUTOOFTALICOPENTRO.” allegato nel giudizio n.r.g. 344/2020);

c) per la Casa di cura “Villa Esther” s.r.l., il legale rappresentante p.t. risulta avere sottoscritto il contratto per gli acquisti relativi al 2020 in data 25.10.2023 (cfr. “All.1-ct1784-2020ContrattoVillaEsther.pdf” allegato nel giudizio n.r.g. 351/2020;

d) per la Casa di cura “Villa Maria” s.r.l., il legale rappresentante p.t. risulta avere sottoscritto il contratto per gli acquisti relativi al 2020 in data 30.05.2023 (cfr. “All.1-ct1762-2020ContrattoVILLAMARIA.pdf” allegato nel giudizio n.r.g. 353/2020).

12.3. La menzionata clausola di salvaguardia presente nei relativi contratti ha il seguente tenore:

1. Con la sottoscrizione del presente contratto la struttura accetta espressamente, completamente ed incondizionatamente il contenuto e gli effetti dei provvedimenti di determinazione dei tetti di spesa, di determinazione delle tariffe e ogni altro atto agli stessi collegato o presupposto, modificativo o integrativo, anche qualora intervenuto successivamente alla sottoscrizione del presente in quanto atti che determinano il contenuto del contratto. 2. In considerazione dell'accettazione dei provvedimenti indicati sub comma 1 (ossia i provvedimenti di determinazione dei tetti di spesa, delle tariffe ed ogni altro atto agli stessi collegato o presupposto) con la sottoscrizione del presente contratto, la struttura privata rinuncia alle azioni e impugnazioni già intraprese avverso i predetti provvedimenti ovvero ai contenziosi instaurabili contro i provvedimenti già adottati e conoscibili. 3. In caso di emanazione di norme legislative incidenti sul contenuto del contratto stipulato, lo stesso deve ritenersi automaticamente modificato ed integrato. fatti salvi gli effetti prodotti” (così l’art. 12 dei contratti sottoscritti medio tempore).

12.4. Di conseguenza le strutture sanitarie ricorrenti, sottoscrivendo i relativi contratti, hanno incondizionatamente accettato, ai sensi della “clausola di salvaguardia” ivi prevista, il contenuto e gli effetti dei provvedimenti di determinazione dei tetti di spesa e delle tariffe, nonché di ogni altro atto agli stessi collegato o presupposto, in quanto atti che definiscono la disciplina del contratto, addivenendo anche a contestuale rinuncia alle “azioni e impugnazioni già intraprese” avverso gli atti medesimi.

12.5. Ora, le impugnative in esame, come, naturalmente, i D.C.A. così impugnati, sono precedenti alla sottoscrizione da parte delle ricorrenti dei rispettivi contratti per l’acquisto delle prestazioni relative al 2020. Ne consegue che l’accettazione da parte dei privati delle relative condizioni -tra cui, in particolare, quella riflettente la clausola di salvaguardia- non può non determinare l’improcedibilità dei loro precedenti gravami per intervenuta acquiescenza, rientrando in pieno tale vicenda nella fattispecie della rinuncia alle azioni già intraprese di cui all’art. 12, comma 2, dei nuovi testi contrattuali.

Difatti, il contratto di budget sottoscritto dalle ricorrenti nelle more processuali è la fedele riproduzione dello schema approvato con il D.C.A. n. 60 del 2020, e i contenuti contrattuali sono univocamente riferibili alle determinazioni di cui al D.C.A. n. 56 del 2020 parimenti qui citato in epigrafe, decreto peraltro richiamato nelle stesse premesse contrattuali formanti - ai sensi dell’art. 1 dei contratti- “parte integrante e sostanziale” dei contratti medesimi.

Del resto, in base all’incipit dell’art. 4, comma 1, “il Committente … acquista dall'Erogatore le prestazioni descritte nella tabella riportata all'art. 2 del presente schema che con l'applicazione delle tariffe vigenti, al momento della sottoscrizione del presente contratto, [cioè quelle stabilite con decorrenza 1° gennaio 2020 dal D.C.A. n. 56/2020 gravato], richiamate in premessa…determinano il valore del contratto (budget)”.

Da questi richiami si desume, dunque, che i decreti commissariali impugnati, e particolarmente quello n. 56/2020, hanno costituito un presupposto fondamentale dei menzionati contratti, in quanto hanno contribuito a definire un loro elemento essenziale, quello del valore/corrispettivo delle prestazioni che venivano contrattualmente acquistate dall’A.S.Re.M..

12.6. Su queste basi, deve allora ritenersi che la controversia oggi all’esame rientri senz’altro nell’ambito di applicazione delle previsioni delle clausole di salvaguardia dell’art. 12 dei contratti di budget, in quanto le odierne impugnative ricadono appieno nel novero delle impugnazioni “già intraprese” (cfr. il comma 2 di tale articolo) avverso il “contenuto e gli effetti dei provvedimenti di determinazione dei tetti di spesa, di determinazione delle tariffe…che determinano il contenuto del contratto” (cfr. comma 1). Impugnazioni che hanno così formato oggetto, pertanto, di rinuncia contrattuale espressa, integrale e incondizionata.

13. Le conclusioni derivanti dall’interpretazione logico-letterale delle riferite previsioni contrattuali sono corroborate dalla loro interpretazione funzionale, dal momento che le clausole di salvaguardia sono funzionalizzate proprio ad arginare il proliferare dei contenziosi e porre termine a quelli già insorti.

In definitiva, nella fattispecie in scrutinio viene in rilievo lo schema tipico dell'acquiescenza, in quanto le strutture ricorrenti, con la sottoscrizione dei rispettivi contratti, e l’approvazione specifica anche del loro art. 12, compiuta ai sensi degli artt. 1341 e 1342 del cod.civ., hanno mostrato in maniera inequivocabile, attraverso manifestazioni espresse, la loro intenzione di rinunciare, sul piano sostanziale, alla posizione giuridica (asseritamente) lesa dal provvedimento, e, sul piano processuale, al loro correlativo diritto a ricorrere.

13.1. La legittimità generale delle clausole di salvaguardia è, del resto, riconosciuta da un costante insegnamento giurisprudenziale (cfr. ex plurimis Cons. St., III, nn. 7479/2019, 2075/2019, 787/2019, 5039/2018; 4936/2018, n. 138/2018).

E’ stato, invero, condivisibilmente evidenziato che gli operatori privati - in quanto impegnati, insieme alle strutture pubbliche, a garantire l'essenziale interesse pubblico alla corretta e appropriata fornitura del primario servizio della salute - non possono considerarsi estranei ai vincoli oggettivi e agli stati di necessità propri del piano di rientro, al cui rispetto la Regione è obbligata. Chi intenda operare nell'ambito della sanità pubblica deve difatti accettare i limiti cui la stessa è astretta, dovendo comunque e in primo luogo assicurare, pur in presenza di restrizioni finanziarie, beni costituzionali di superiore valore, quale i livelli essenziali relativi al diritto alla salute. In alternativa, agli operatori resta pur sempre, come già anticipato, la scelta di agire quali privati nel privato (cfr. ex multis Cons. St., III, n. 3744/2022; id., III, n. 8879/2019).

La legittimità delle clausole di salvaguardia è stata più volte riconosciuta anche sotto il profilo che dette pattuizioni sono essenzialmente funzionali alla tutela stessa del diritto alla salute quale bene superiore costituzionalmente garantito, e, per converso, nient’affatto foriere di una indebita compressione del diritto di agire in giudizio dell'operatore privato, il quale ben può valutare il proprio interesse a coltivare il contenzioso in atto e, quindi, a non sottoscrivere il contratto munito della clausola in discussione; fermo restando, infine, che, anche sottoscrivendo la clausola, il privato manterrebbe intatto il proprio diritto d’azione in giudizio, costituzionalmente garantito, in relazione alle sopravvenienze (cfr. ex multis Cons. St., II, n. 8676/2021; id. III, n. 6662/2019; III, 10 maggio 2023, n. 4715).

La manifestazione di volontà abdicativa che si esprime nell'adesione al contratto che contempli le clausole in questione costituisce, quindi, il frutto di una valutazione di convenienza della parte privata che, sebbene di fatto non integralmente “libera”, non si presenta però certo connotata da profili di condizionamento trasmodanti i fisiologici limiti che si manifestano anche nei rapporti tra privati (dotati, eventualmente, di non identica forza contrattuale) (cfr. Cons. St., III, n. 8318/2019).

D’altra parte, le clausole di salvaguardia possono essere reputate meramente ricognitive dell'effetto preclusivo/rinunciatorio dell'iniziativa impugnatoria che normalmente si produce, per generale opinione giurisprudenziale, nei casi in cui il soggetto pregiudicato da un dato provvedimento ponga in essere atti, comportamenti o dichiarazioni univoci, che dimostrino la sua chiara e incondizionata volontà di accettarne comunque gli effetti e l'operatività (cfr. ex multis Cons. St., III, n. 8318/2019; id., nn. 6279/2021, 5529/2020, 2075/2019, 5039/2018, 4936/2018, 3617/2017).

Non vi è dubbio, infatti, che l'assenso alla stipulazione di un accordo - che, come nella specie, assuma a suo inequivocabile presupposto un provvedimento ipoteticamente lesivo - si atteggi quale comportamento univocamente indicativo della volontà del privato stipulante di accettarne gli effetti, tanto da acquisire i diritti ed assumere gli obblighi, in maniera ugualmente volontaria, che si riconnettono e sono funzionali all'esecuzione della prestazione alle condizioni economiche predeterminate dall'Amministrazione nell'esercizio del suo potere programmatorio in materia sanitaria (cfr. Cons. St., III, n. 4157/2022).

In tutti questi casi viene in rilievo un prevalente interesse pubblico, munito di valore costituzionale, che si riporta al valore del pur difficile equilibrio tra la preservazione del diritto alla salute, nel suo nucleo irriducibile, e le esigenze di contenimento della spesa nel settore della sanità pubblica in una fase sfavorevole del ciclo economico (art. 81 Cost., come sostituito dalla l. cost. n. 1/2012).

La giurisprudenza della Corte Costituzionale ha peraltro riconosciuto che il diritto fondamentale alla tutela giurisdizionale può ben essere limitato in presenza di un interesse pubblico riconoscibile come potenzialmente preminente sul principio di cui all'art. 24 Cost. (cfr. C. Cost. n. 238/2014), quali quelli del rispetto dei livelli essenziali di assistenza, e, in un periodo di stringenti restrizioni finanziarie, del controllo della spesa sanitaria, che costituisce una condicio sine qua non al fine di garantire la tutela dell'essenziale interesse pubblico alla corretta e appropriata fornitura del primario servizio della salute alla popolazione.

13.2. Inoltre, la giurisprudenza amministrativa ha costantemente qualificato come “legittimo […] l’inserimento nei contratti di clausole che contemplino l’accettazione incondizionata dei tetti di spesa fissati e delle tariffe, nonché la relativa rinuncia alle azioni, dovendosi necessariamente evitare che il rispetto dei vincoli finanziari, attuato con la sottoscrizione di accordi compatibili con le risorse disponibili, rimanga esposto ad iniziative in sede giurisdizionale in grado di compromettere o porre in pericolo gli obiettivi perseguiti” (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, sentenze n. 518 del 7 marzo 2019 e n. 440 del 6 marzo 2020; Consiglio di Stato, Sez. III, sentenze nn. 3617 del 21 luglio 2017 e n. 836 del 22 febbraio 2017).

E anche il Consiglio di Stato ha avuto modo di chiarire che, in ipotesi analoghe a quella in esame, viene in rilievo lo schema tipico dell’acquiescenza, in quanto il soggetto privato aderente in maniera inequivocabile, attraverso manifestazioni espresse, manifesta così la sua intenzione di rinunciare, sul piano sostanziale, alla posizione giuridica (asseritamente) lesa dal provvedimento, rinunciando altresì, sul piano processuale, al proprio diritto a ricorrere (Consiglio di Stato, Sez. III, 10 maggio 2023, n. 4715).

Né, secondo la giurisprudenza amministrativa, può essere negata l’esistenza, in una Regione sottoposta a Piano di Rientro, di un interesse pubblico prevalente a prevedere, nella contrattazione con gli operatori privati, una tale tipologia di clausola, che risponde alla duplice finalità di garantire il necessario contenimento della spesa sanitaria nelle Regioni che presentino un deficit economico –finanziario, e di evitare che il rispetto dei vincoli finanziari, attuato con la sottoscrizione di accordi contrattuali compatibili con le risorse regionali disponibili, possa essere esposto a iniziative in sede giurisdizionale in grado di compromettere o porre in pericolo gli obiettivi perseguiti dalla Regione.

D’altra parte, “chi intende operare nell’ambito della sanità pubblica deve pur accettare i limiti in cui la stessa sanità pubblica è costretta, dovendo comunque e in primo luogo assicurare, persino in presenza di restrizioni finanziarie, beni costituzionali di superiore rango quali i livelli essenziali relativi al diritto alla salute. Le strutture private, che operano e cooperano in regime di accreditamento all’erogazione del servizio sanitario, non possono ignorare questa fondamentale esigenza pubblica, di preminente valore costituzionale perché implicante un difficile equilibrio tra la preservazione del diritto alla salute (art. 32 Cost.), nel suo nucleo irriducibile, e le esigenze di contenimento della spesa nel settore della sanità pubblica in una fase sfavorevole del ciclo economico (art. 81 Cost., come sostituito dalla l. cost. n.1 del 2012).

Tale esigenza pubblica è sottesa alla previsione sia di stringenti tetti di spesa che, parimenti, delle clausole di salvaguardia con le quali le Regioni sottoposte a piano di rientro dal disavanzo nel settore sanitario tendono a favorire – non già ad imporre – la rinuncia ai relativi contenziosi da parte delle strutture accreditate” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 21 luglio 2017, n. 3617; si veda anche, più di recente, Sez. III, 24 settembre 2020 n. 5559).

La parte pubblica, infatti, in difetto di una valida e incondizionata accettazione della clausola di salvaguardia non avrebbe interesse alla conclusione del singolo contratto, non potendo essa programmare efficacemente la spesa sanitaria nella permanenza e continuo rischio di contestazioni giudiziali sui tetti di spesa.

13.3. Né può condividersi l’assunto, proposto in udienza dalle ricorrenti, secondo il quale la “clausola di salvaguardia” non si applicherebbe al caso di specie. Nel contratto da loro firmato era chiaramente indicato il budget assegnato a ciascuna struttura: sicché le medesime, se l’avessero ritenuto non congruo o comunque non coerente, avrebbero potuto non sottoscrivere il contratto, ed eventualmente far valere in giudizio le proprie ragioni. Invece, acconsentendo alla stipulazione del contratto ne hanno accettato gli effetti (anche ove per qualche aspetto eventualmente pregiudizievoli).

Conseguentemente, le ricorrenti non possono, una volta accettati gli effetti della quantificazione del budget di loro pertinenza, pretendere di poter nondimeno proseguire l’impugnativa di atti che ne costituivano il presupposto e definivano il contenuto.

Ammettere una simile possibilità significherebbe rimettere in discussione, per altra via, lo stesso budget che si è dichiarato di voler accettare, frustrando integralmente gli effetti giuridici della clausola di salvaguardia e svuotandola di ogni utilità.

Né, del resto, rileverebbero eventuali riserve apposte all’atto della sottoscrizione del contratto (nel caso di specie, peraltro, non risultanti): in proposito, il Consiglio di Stato ha chiarito che la formulazione, da parte delle strutture sanitarie, di dichiarazioni di riserva con le quali si afferma di sottoscrivere i contratti al solo scopo di non incorrere nella sospensione del rapporto di accreditamento, ma riservandosi tuttavia ogni più ampia tutela, se non contemplata nello stesso modello contrattuale, non è idonea a impedire la formazione dell’accordo (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 10 maggio 2023, n. 4715).

13.4. Non è superfluo ribadire, infine, su di un piano generale, che la clausola di salvaguardia non influisce negativamente sulla libera formazione della volontà negoziale delle strutture sanitarie, in quanto queste ultime possono liberamente optare per l’accettazione delle condizioni contrattuali che la contemplano o per la rinuncia alla stipulazione. A tale stregua, le valutazioni che le strutture sanitarie sono chiamate a fare non differiscono dalle valutazioni di convenienza che ciascun contraente compie per decidere se sottoscrivere o meno pressoché qualunque accordo negoziale (cfr. in tal senso ex multis Cons. St., III, n. 3744/2022; T.A.R. Molise, sentenza n. 141 del 2.05.2023).

Ben si può quindi dire che l’adesione volontaria delle strutture ricorrenti agli accordi di budget, alla cui stipula esse non erano affatto costrette, ha suggellato la priorità dell’esigenza di contenimento della spesa pubblica, funzionale alla continuità dell’erogazione delle prestazioni sanitarie. Le strutture ricorrenti, infatti, qualora avessero ritenuto insostenibili i tetti di spesa stabiliti con i D.C.A. impugnati, avrebbero potuto allora ben scegliere di operare in regime di libera concorrenza, accettando il rischio d’impresa connesso alle normali dinamiche competitive del mercato, in luogo di optare per un regime protetto da riserva e sostenuta dal finanziamento pubblico.

14. In conclusione, i ricorsi vanno dunque ritenuti improcedibili a motivo della ricomprensione della controversia in esame entro l’ambito applicativo della clausola di salvaguardia prevista dall’art. 12 dei contratti di budget per il 2020, per avere le strutture ricorrenti oggettivamente manifestato, con la sottoscrizione in corso di giudizio di tali contratti, la loro intenzione di rinunciare, sul piano sostanziale, alla posizione giuridica (potenzialmente) incisa dai provvedimenti in questa sede già impugnati, e, sul piano processuale, al loro relativo diritto a ricorrere.

15. La radice pattizia e la natura sopravvenuta della causa che impone la definizione in rito della controversia giustifica, infine, l'integrale compensazione delle spese di lite inter partes.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, li dichiara, previa loro riunione, tutti improcedibili.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 24 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati:

Nicola Gaviano, Presidente

Roberto Ferrari, Referendario

Luigi Lalla, Referendario, Estensore

 
   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Luigi Lalla

 

Nicola Gaviano

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO