Giu Effetti del diniego della cittadinanza italiana: conseguenze negative solo temporanee
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. I - PARERE 24 giugno 2024 N. 819
Massima
Il diniego della cittadinanza non preclude la possibilità di ripresentare l’istanza nel futuro (già dopo un anno dal primo rifiuto), per cui le conseguenze discendenti dal provvedimento negativo sono solo temporanee e non comportano alcuna “interferenza nella vita privata e familiare del ricorrente” (art. 8 CEDU, art. 7 Patto internazionale diritti civili e politici) - dato che l’interessato può continuare a rimanere in Italia ed a condurvi la propria esistenza alle medesime condizioni di prima. Quindi, per il provvedimento impugnato, con cui, nel bilanciamento degli interessi pubblici e privati in gioco, si è ritenuto recessivo l'interesse del privato a conseguire la cittadinanza, l’irragionevolezza è altresì esclusa alla luce della circostanza che il diniego di cittadinanza provoca il solo svantaggio temporale sopraindicato, il quale risulta “giustificato” ove si consideri la rilevanza degli interessi in gioco e l’irreversibilità degli effetti connessi alla concessione dello status di cittadino.

Testo della sentenza
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. I - PARERE 24 giugno 2024 N. 819


REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 22 maggio 2024


 

NUMERO AFFARE -OMISSIS-/2022

OGGETTO:

Ministero dell'interno.


 

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto da -OMISSIS-, avverso provvedimento -OMISSIS- del -OMISSIS- di diniego concessione della cittadinanza italiana.

 

LA SEZIONE

Vista la relazione con la quale il Ministero dell'interno ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Fabrizio Cafaggi;


 

Premesso:

1.- Il ricorrente, in data -OMISSIS-, ha presentato istanza di concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 9, comma 1, lettera f) della legge 5 febbraio 1992, n. 91.

2.- Il Ministero dell'Interno ha respinto tale istanza, essendo emerso a carico dell'interessato procedimento penale per i fatti commessi il -OMISSIS- in violazione degli artt. 624 e 625 c.p. (furto aggravato).

Di ciò è stata data comunicazione al ricorrente ai sensi dell'art. 10 bis della legge 241/90, invitando lo stesso, in data -OMISSIS-, a produrre le proprie osservazioni nel termine di dieci giorni dalla data del ricevimento. Il ricorrente riscontrava tale nota con proprie memorie difensive.

3.- Non ritenendo condivisibili le osservazioni formulate, l'Amministrazione ha adottato il provvedimento di rigetto del -OMISSIS-, notificato in data -OMISSIS-.

4.- Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica il ricorrente impugna, chiedendone l’annullamento, il suddetto provvedimento, deducendo eccesso di potere per carenza istruttoria e difetto di motivazione con particolare riferimento alla rilevanza del precedente penale.

5.- L’amministrazione esprime l’avviso che il ricorso debba essere respinto.

6.- Con parere interlocutorio -OMISSIS- il Consiglio di Stato chiedeva all’amministrazione un supplemento istruttorio diretto a determinare se dal momento della proposizione dell’istanza a quello della conclusione del procedimento amministrativo vi fossero stati ulteriori accertamenti in sede giurisdizionale e l’eventuale esito del procedimento penale.

7.- L’amministrazione con relazione del 31 luglio 2023 ha adempiuto all’incombente istruttorio.

Considerato

1.- Il Collegio richiama il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui la concessione della cittadinanza, ai sensi dell’art. 9 della l. 91/1992, irrevocabile una volta intervenuta, è subordinata ad una valutazione altamente discrezionale, rispetto alla quale la posizione soggettiva del richiedente non è di diritto soggettivo, ma ha consistenza di interesse legittimo, atteso che l'attribuzione del nuovo status di cittadino comporta l'inserimento dello straniero, a tutti gli effetti, nella collettività nazionale e l'acquisizione a pieno titolo, da parte dello stesso, dei diritti e dei doveri che competono ai suoi membri, e tra questi quelli connessi all'obbligo di concorrere alla realizzazione delle finalità che lo Stato persegue (ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. I, pareri 1907/2022, n. 943/2022 e n. 1959/2020; sez. III, 7/1/2022, n. 104, 1/03/2021, n.1705, 8/10/2021, n. 6720; sez. VI, 20/05/2011, n.3006 ).

La cittadinanza può essere concessa allo straniero che risieda legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica. Si tratta di un provvedimento ampiamente discrezionale. Secondo l’interpretazione giurisprudenziale (Cons. St., sez III, 29 settembre 2022, n. 8390; n. 4121 del 2021; n. 8233 del 2020; n. 7122 del 2019; n. 7036 del 2020; n. 2131 del 2019; n. 1930 del 2019), la cittadinanza non è, infatti, equiparabile ad un mero atto autorizzativo ampliativo o meno della sfera soggettiva del destinatario ma è un atto concessorio di alta amministrazione e l’art. 9, l. n. 91 del 1992 si limita ad indicare i presupposti per l’ammissibilità della domanda di cittadinanza ma non obbliga l’amministrazione a concedere la cittadinanza italiana a stranieri residenti da oltre un decennio..

Ai fini della concessione della cittadinanza per residenza sul territorio ai sensi dell’articolo 9, comma 1, lettera f), della legge n. 91/1992, l’Amministrazione deve verificare, oltre al requisito della residenza legale continuata per almeno 10 anni, l’inserimento del soggetto richiedente nel contesto sociale del Paese, attraverso un insieme di ulteriori elementi, atti a dimostrare l'avvenuta stabile integrazione del soggetto interessato nel tessuto sociale sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della condotta, tra cui particolare rilievo assume il comportamento tenuto dal richiedente nel rispetto delle regole della convivenza civile e non solo di quelle di rilevanza penale (Consiglio di Stato sez. I, 943/2022 e n. 1959/2020; sez. VI, 20/05/2011, n.3006).

1.2- La giurisprudenza del Consiglio di Stato ( Cons. Stato, sez. III, 29 settembre 2022, n. 8390; Id. 14 febbraio 2022, n. 1057; Id. 23 dicembre 2019, n. 8734), ha costantemente chiarito che, dinanzi all’esercizio di un potere altamente discrezionale come quello in esame, il sindacato del giudice amministrativo si esaurisce nel controllo del vizio di eccesso di potere, nelle particolari figure sintomatiche dell’inadeguatezza del procedimento istruttorio, illogicità, contraddittorietà, irragionevolezza della scelta adottata o difetto di motivazione.

Premesse le coordinate normative e giurisprudenziali delineate, si può procedere all’esame puntuale dei motivi di gravame.

2.- Lamenta il ricorrente carenza istruttoria e difetto di motivazione.

Il motivo è infondato.

2.1- Sostiene il ricorrente che il diniego sia fondato su una notizia di reato e che il provvedimento di diniego non rifletta una valutazione complessiva relativa al percorso di integrazione compiuto dal ricorrente.

Dalla documentazione trasmessa in atti risultava che vi fosse un procedimento in corso per il reato di furto aggravato.

2.2- Ad esito del parere interlocutorio sono emersi dalla ulteriore istruttoria elementi che consentono una puntuale verifica della valutazione compiuta dall’amministrazione tenuto conto che la Questura di -OMISSIS- con rapporto informativo trasmesso in data -OMISSIS- ha comunicato che nel procedimento penale n. -OMISSIS- e art 624 e 625 c.p. é stata emessa sentenza n. -OMISSIS- del -OMISSIS- di non doversi procedere per estinzione del reato per intervenuta prescrizione.

2.3- Alla luce di tale informazione il Collegio ritiene che non sussistano i lamentati vizi di carenza istruttoria. Giova infatti precisare che nessun fatto sopravvenuto è intervenuto tra il momento della presentazione della istanza e quello della conclusione del procedimento amministrativo concernente la commissione del reato.

La circostanza che successivamente alla conclusione del procedimento amministrativo sia stata emessa sentenza di non luogo a procedere per prescrizione non poteva essere tenuta in considerazione dall’amministrazione e comunque non avrebbe inficiato la valutazione avente quest’ultima ad oggetto non l’esito del procedimento ma la commissione del fatto a base del quale è stata posto il diniego all’istanza.

2.4- Giova infatti richiamare il consolidato principio della autonomia del procedimento penale da quello amministrativo, ben potendo l’amministrazione, chiamata a valutare il percorso di integrazione sociale del proponente, valutare la gravità del fatto anche in presenza di sentenze di assoluzione o a prescindere dalla conclusione del procedimento penale. La valutazione amministrativa persegue infatti finalità diversa da quella conseguita in sede penale essendo diretta a valutare, a fini prognostici, se la condotta del proponente sia espressiva del compimento del percorso di integrazione sociale nella comunità e della capacità di adempiere ai doveri di solidarietà civile, economica e sociale che sono riconducibili alla cittadinanza.

3.- Il diniego della cittadinanza non preclude la possibilità di ripresentare l’istanza nel futuro (già dopo un anno dal primo rifiuto), per cui le conseguenze discendenti dal provvedimento negativo sono solo temporanee e non comportano alcuna “interferenza nella vita privata e familiare del ricorrente” (art. 8 CEDU, art. 7 Patto internazionale diritti civili e politici) - dato che l’interessato può continuare a rimanere in Italia ed a condurvi la propria esistenza alle medesime condizioni di prima. Quindi, per il provvedimento impugnato, con cui, nel bilanciamento degli interessi pubblici e privati in gioco, si è ritenuto recessivo l'interesse del privato a conseguire la cittadinanza, l’irragionevolezza è altresì esclusa alla luce della circostanza che il diniego di cittadinanza provoca il solo svantaggio temporale sopraindicato, il quale risulta “giustificato” ove si consideri la rilevanza degli interessi in gioco e l’irreversibilità degli effetti connessi alla concessione dello status di cittadino.

4.- Ritiene il Collegio che non sussistano i vizi lamentati del provvedimento impugnato ed il ricorso non meriti accoglimento.

P.Q.M.

Esprime il parere che il ricorso debba essere respinto.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità dell'interessato, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti ed i terzi.


 

 
   

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE F/F

 

Fabrizio Cafaggi

Francesco Mele

 

 

   

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO

Elisabetta Argiolas



 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.