Pubblicato il 14/05/2024
N. 00154/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00027/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA NON DEFINITIVA
sul ricorso numero di registro generale 27 del 2021, proposto dalla società -OMISSIS- s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Andrea Sticchi Damiani, con domicilio digitale come da pec estratta dal Registro di Giustizia;
contro
Regione Molise, nonché Ministero della Cultura - Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio del Molise, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, alla via Insorti D'Ungheria, n. 74;
nei confronti
del
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Stato,
domiciliataria ex lege in Campobasso, alla via
Insorti d'Ungheria, n.74;
Comune di Larino, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuliano Di
Pardo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di
Giustizia;
per l'annullamento
- della determinazione del Direttore del IV Dipartimento della Regione Molise n. 154 del 16.11.2020, recante in oggetto “determinazione di conclusione negativa della conferenza di servizi ex art. 14-quater l. n. 241/90 e ss.mm.ii. Rigetto istanza tesa a ottenere l'autorizzazione unica ai sensi dell'art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 per la realizzazione e l'esercizio di un impianto fotovoltaico della potenza nominale di 20,78 MW, da ubicarsi in c/da «Piane di Larino» nel Comune di Larino (CB) e relative opere di connessione alla RTN. Società proponente: -OMISSIS- S.r.l.”;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, ancorché non conosciuto dall'odierna ricorrente, ivi compresi, ove occorrer possa:
a. la nota della Regione Molise prot. n. 140333 del 12.9.2020 adottata ai sensi dell'art. 10-bis della legge n. 241/1990, con la quale è stato comunicato il preavviso di diniego dell'istanza;
b. il parere negativo reso dalla Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio del Molise con nota prot. n. 7291 del 10.8.2020, comunicato unitamente al preavviso di diniego;
c. il parere negativo reso dal Comune di Larino con nota prot. 10975 del 13.8.2020, comunicato sempre unitamente al preavviso di diniego, nonché, ove occorra, i relativi atti presupposti, ossia le deliberazioni del Consiglio comunale n. 30 del 7.8.2020, con i relativi allegati, e n. 36 del 29.10.2010;
d. la nota di riscontro della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio del 21.10.2020, con la quale viene formulato parere negativo alla realizzazione del progetto;
e. nei limiti dell'interesse in questa sede azionato, e solo ove occorra, il Piano Territoriale Paesistico Ambientale di Area Vasta adottato ai sensi della legge regionale n. 24/1989.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 aprile 2024 il dott. Roberto Ferrari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Visto l'art. 36, co. 2, cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Viene alla decisione del Collegio il ricorso con il quale la -OMISSIS- s.r.l. ha impugnato la determinazione regionale n.154 del 6.11.2020 con la quale è stata respinta la sua istanza finalizzata alla realizzazione di un impianto fotovoltaico nel territorio del Comune di Larino.
E’ utile brevemente ripercorrere i momenti più salienti dell’iter amministrativo che ha preceduto l’adozione del provvedimento.
2. Con nota assunta al prot. regionale n. 147544 del 28.11.2019 la società aveva presentato istanza per il rilascio dell’autorizzazione unica ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 per “la costruzione e l’esercizio di un impianto fotovoltaico della potenza nominale di 20,78 MWp, da ubicarsi in c/da “Piane di Larino” nel Comune di Larino e relative opere di connessione alla RTN nella SE elettrica di trasformazione 380/150 kV di Larino, mediante la realizzazione di un cavidotto interrato della lunghezza di circa 2,5 km”.
3. Con determinazione n. 1960 del 16.4.2020 la Regione Molise aveva escluso la sottoposizione del progetto alla procedura di valutazione di impatto ambientale, e, di seguito, con successiva nota del 18.5.2020 aveva convocato la conferenza dei servizi in modalità asincrona ai sensi dell’art. 14-bis della legge n. 241/1990.
3.1 Nell’ambito della Conferenza, così come previsto dall’art. 12 del D.lgs. n. 387/2003 (e come confermano le premesse del provvedimento conclusivo del procedimento), la Regione aveva disposto che, tra gli altri, dovessero confluire i seguenti pareri, in ragione del regime vincolistico che riteneva sussistere nell’area dell’intervento progettuale: “1) Verifica di Assoggettabilità a Valutazione di Impatto ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. n. 152/2006; 2) Autorizzazione Paesaggistica ai sensi dell’art. 146 del D.lgs. n. 42/2004 in quanto l’area oggetto di intervento risultava sottoposta a pianificazione paesistica di cui al PTPAAV n. 2 “Lago di Guardialfiera - Fortore Molisano”, la cui approvazione equivale a dichiarazione di notevole interesse pubblico ai sensi della legge n. 1497 del 1939 (Rif. Art. 8 comma 1 della L.R. n. 24 del 16.12.1989); 3) Autorizzazione ai sensi dell’art. 21 del d.lgs. 42/2004 per gli aspetti relativi alla tutela archeologica per quanto riguarda l’allestimento del cavidotto lungo il Tratturo S. Andrea Biferno; 4) Concessione sull’utilizzo dei Demani Tratturali ai sensi della L.R. n. 9 del 11/04/1997, Regolamento di attuazione n. 1 del 08/01/2003 e Delibera di Giunta Regionale n. 468 del 29/11/2009, conseguente all’acquisizione dell’autorizzazione da parte della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per il Molise ai sensi dell’art. 21 del d.lgs. n. 42/2004” (cfr la premessa “Constatato che” del provvedimento impugnato)
4. Con nota prot. n. 7291 del 10.8.2020 perveniva il parere negativo della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio del Molise, che, in ragione della motivazione che in seguito verrà più diffusamente richiamata, così concludeva: “Per quanto sopra esposto, e per le ragioni evidenziate, questa Soprintendenza esprime parere negativo ai sensi dell’art. 146 del D.lgs. 42/2004 per gli aspetti paesaggistici alla realizzazione dell’impianto fotovoltaico, oltre che a formulare il diniego ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. 42/2004 per gli aspetti relativi alla tutela archeologica per quanto riguarda l’allestimento del cavidotto lungo il Tratturo S. Andrea Biferno”.
5. A tale parere la società replicava con nota di riscontro assunta al prot. della Regione Molise n. 144804 del 21.9.2020, con la quale, contestando le motivazioni espresse nel parere negativo della Soprintendenza, ne affermava comunque la natura non vincolante, sottolineando che “l’Amministrazione procedente detiene il potere di rilasciare il titolo autorizzativo, anche alla luce dell’interesse pubblico sotteso alla realizzazione dell’impianto...”
5.1 A seguito delle osservazioni svolte dall’interessata la Soprintendenza emetteva l’ulteriore parere n. prot. 9794 del 21.10.2020, nel quale, valutando le osservazioni e le proposte di modifica progettuale che la società s’impegnava a formulare, essa confermava comunque il proprio precedente parere negativo, sottolineando che, “Per quanto sopra detto, né la modifica progettuale inerente il percorso del cavidotto, pur salvaguardando il tratturo, né le osservazioni formulate, sono tali da poter indurre questa Soprintendenza ad una riformulazione del parere vincolante già espresso con nota prot. n. 7291 del 10/08/2020”.
6. A conclusione del percorso procedimentale veniva quindi emesso il provvedimento impugnato in via principale nell’odierno giudizio, ossia la determina n. 154 del 16.11.2020, con la quale la Regione decideva: “1) di prendere atto del parere vincolante del MIBACT - Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il Molise prot. n. 7291 del 10/08/2020 e dell’elevata potenzialità produttiva e di pregio dell’area interessata dall’intervento”, e, di conseguenza, “rigettare l’istanza della Società -OMISSIS- SRL con sede legale nel Comune di Milano in Via Alessandro Manzoni, n. 41, P.I.10537660960, assunta al prot. Regionale n.147544 del 28/11/2019 per la costruzione e all’esercizio di un impianto fotovoltaico della potenza nominale di 20,78 MWp, da ubicarsi in c/da “Piane di Larino” nel Comune di Larino e relative opere di connessione alla RTN nella SE elettrica di trasformazione 380/150 kV di Larino, mediante la realizzazione di un cavidotto interrato della lunghezza di circa 2,5 km”
7. Avverso tale provvedimento conclusivo e gli atti da esso presupposti la -OMISSIS- s.r.l. ha quindi proposto l’attuale ricorso, affidato a sei motivi così rubricati: 1) Sull’intervenuto parere favorevole del ministero e del comune per carenza di dissenso costruttivo: Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3, 14-bis e 14-ter della legge n. 241/90. Violazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003. Violazione del D.M. 10.9.2010. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione degli artt. 3 e 97 Cost. Violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione del principio di leale collaborazione. Violazione del divieto di aggravio procedimentale. Eccesso di potere per contraddittorietà dell’azione amministrativa. Violazione del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili.; 2) Sulla illegittimità del provvedimento di diniego in ragione del carattere non vincolante del parere ministeriale. In via subordinata: sulla rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 8 della l.r. n. 24/1989; 3) Sulla illegittimità del provvedimento di diniego in relazione alle posizioni prevalenti espresse dagli enti coinvolti e sulla rilevanza del provvedimento di via e del piano energetico regionale: Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3 e 14-bis e seguenti della legge n. 241/90. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 152/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Illogicità e irragionevolezza dell’azione amministrazione. Violazione degli art. 3 e 97 Cost. Violazione del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili. Violazione della direttiva 2009/28/CE. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa. Travisamento dei fatti rilevanti. Violazione e falsa applicazione del Piano. Violazione e falsa applicazione del PEAR; 4) Sulla illegittimità del parere ministeriale e della nota di controdeduzioni: Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, e 14-bis e seguenti della legge n. 241/90. Violazione e falsa applicazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/90. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 Cost. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 42/2004. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Illogicità e irragionevolezza dell’azione amministrazione. Violazione del principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili. Violazione della direttiva 2009/28/CE. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa. Travisamento di fatti rilevanti. Violazione e falsa applicazione del Piano. Violazione e falsa applicazione del PEAR; 5) Sulla illegittimità del provvedimento di diniego in relazione al parere comunale; 6) Sugli ulteriori profili di illegittimità per difetto di istruttoria e di motivazione del provvedimento di diniego”.
8. In resistenza all’impugnativa si sono costituite le Amministrazioni intimate, le quali hanno eccepito in via preliminare l’irricevibilità parziale del ricorso, per tardività dell’impugnazione dei pareri negativi espressi dalla Soprintendenza sui quali si era in gran parte fondata la motivazione del diniego della Regione. Dall’affermazione di tale parziale irricevibilità e della conseguente inoppugnabilità degli anzidetti pareri, le resistenti hanno altresì desunto l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse, attesa la natura plurimotivata del provvedimento impugnato.
In subordine le Amministrazioni hanno comunque rilevato l’infondatezza nel merito del ricorso.
Nella fase cautelare la causa è stata chiamata alla camera di consiglio del 10.2.2021, al cui esito, su richiesta della ricorrente, è stata rinviata al merito.
In vista dell’udienza pubblica del 24.4.2024, successivamente fissata, le parti hanno depositato le rispettive memorie e gli scritti di replica.
Nel corso dell’indicata udienza, sentiti i difensori come da verbale in atti, la causa è stata quindi trattenuta in decisione.
9. Il Collegio rileva subito come, allo stato, e per le ragioni che di qui a poco si preciseranno, non sia possibile giungere immediatamente a una decisione completa sul merito di causa.
Pertanto con la presente sentenza viene definita solo una parte della controversia. Il Tribunale si pronuncerà sulle eccezioni preliminari sollevate in rito dalle resistenti e sul primo motivo di ricorso, per il resto disponendo invece incombenti istruttori, nei sensi e per le motivazioni di cui ai successivi paragrr. 12 e 13.
10.Va in primo luogo esaminata l’eccezione d’irricevibilità parziale del ricorso, e quella, connessa, di sopravvenuta improcedibilità dello stesso gravame, sollevate sia dall’Avvocatura dello Stato che dal Comune di Larino sul presupposto che la ricorrente non avrebbe tempestivamente impugnato i pareri MIBAC prot. n. prot. 7291 del 10.8.2020 e prot.n. 9794 del 21/10/2020.
10.1 L’eccezione non coglie nel segno.
Simili pareri, infatti, nella generale considerazione della giurisprudenza assumono di regola rilievo come atti solo endo-procedimentali, e quindi privi di un’immediata efficacia lesiva, in quanto la lesione della sfera giuridica dell'interessato si determina soltanto, all’esito della Conferenza dei Servizi, con l’emissione dell'atto conclusivo del procedimento amministrativo.
In argomento, da ultimo le SS.UU. della Corte di Cassazione (con sentenza resa in materia di competenza del Tribunale delle acque, ma con considerazioni di carattere generale) hanno difatti decisivamente osservato : “Il dissenso motivato espresso dal MIBAC (Ministero dei beni culturali ed ambientali), ai sensi dell'art. 26, comma 2, del d.lgs. n. 42 del 2004, in seno alla conferenza di servizi di cui all'art. 12, comma 3, d.lgs. n. 387 del 2003, per il rilascio dell'autorizzazione alla costruzione di impianti di energia elettrica da fonti rinnovabili, svolge una mera funzione di rappresentazione degli interessi affidati alla sua tutela e non preclude, dunque, la prosecuzione del procedimento verso la decisione conclusiva, ai sensi dell'art. 25 del citato d.lgs. n. 42 del 2004” (Cass. Civ. SS.UU. n. 10054/2023, già richiamata in T.A.R. Molise n. 346/2023).
L’eccezione va quindi disattesa.
10.2 Con il rigetto di tale eccezione cadono altresì quelle ad essa collegate.
Secondo questi ulteriori rilievi delle resistenti difese, stante la mancata impugnazione immediata dei predetti pareri, e tenuto conto della natura plurimotivata del provvedimento finale impugnato, la ricorrente avrebbe ormai tecnicamente perduto ogni interesse alla disamina dei propri motivi di ricorso.
Questa prospettazione dà tuttavia per presupposta quella stessa pretesa irricevibilità per tardività dell’impugnazione dei pareri del MIBAC che è stata qui appena esclusa.
Quanto appena osservato, pertanto, circa l’insussistenza di un onere d’immediata impugnazione dei pareri de quibus risulta già sufficiente a disattendere anche quest’ulteriore eccezione.
11. Sgomberato il campo dalle eccezioni preliminari, si può così passare alla disamina dell’unica questione di merito, quella posta dal primo motivo di ricorso, della quale il Collegio può occuparsi anche prima di aver soddisfatto le esigenze istruttorie che di seguito verranno precisate.
La Soprintendenza, secondo la prospettiva ricorsuale, nell’esprimere i suoi due pareri negativi sul progetto proposto dalla ricorrente avrebbe violato il disposto dell’art. 14 ter L. n. 241/1990, nella parte in cui questo prevede che “ciascun ente o amministrazione convocato alla riunione è rappresentato da un unico soggetto abilitato ad esprimere definitivamente e in modo univoco e vincolante la posizione dell’amministrazione stessa su tutte le decisioni di competenza della conferenza, anche indicando le modifiche progettuali eventualmente necessarie ai fini dell’assenso”.
Segnatamente, la ricorrente lamenta che il dissenso dell’Amministrazione preposta alla tutela dei vincoli rilevanti nel procedimento sarebbe stato espresso in maniera innanzitutto non esaustiva, e, comunque, non costruttiva, come invece prescritto dalla parte conclusiva del precetto appena trascritto.
Questa critica, imperniata sul c.d. dissenso costruttivo, non può però trovare adesione.
11.1 In primo luogo, in via generale il Collegio, richiamandosi all’avviso già recentemente espresso dal Tribunale su analoga censura, non ritiene condivisibile l’affermazione - che nella prospettazione attorea vorrebbe invece ergersi a regola ineludibile - secondo la quale il dissenso dovrebbe sempre e indefettibilmente avere, alla stregua del disegno legislativo, un necessario contenuto alternativo (T.A.R. Molise n. 346/2023).
La preferibile interpretazione più elastica si fonda su quanto significativamente rilevato nei principi espressi nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, e così declinati : “non è vietato esprimere un dissenso assoluto: la commendevole prassi di imporre prescrizioni, o comunque di pervenire ad una anticipazione dei correttivi che potrebbero far giungere al superamento del dissenso (modus operandi, questo, senz’altro corretto e lodevole) ovviamente non può costituire una evenienza invariabile: essa non si giustifica, laddove l’amministrazione prospetti l’assoluta impossibilità di eseguire l’opera in quell’area (in questi casi, ovviamente, il vaglio, che dovrà essere particolarmente accurato e stringente si incentrerà sulla motivazione dell’assolutezza del diniego” (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 6923/2018).
11.2 Quanto appena detto non contrasta con l’orientamento, parimenti consolidato in giurisprudenza, in base al quale il contraddittorio tra le parti pubbliche e private nel procedimento finalizzato al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica “si distingue per una peculiare declinazione dei principi della collaborazione e della buona fede cui è improntato il rapporto amministrativo (art. 1, co. 2 – bis, l. n. 241/1990 e s.m.i.), i quali, in presenza di ragioni ostative all’accoglimento dell’istanza, debbono assumere, ove possibile, la veste del c.d. “dissenso costruttivo”, vale a dire dell’obbligo delle amministrazioni coinvolte di collaborare lealmente con la parte privata per consentirle di apportare al progetto le modifiche necessarie a renderlo compatibile con i valori tutelati dal vincolo”. (Consiglio di Stato Sez. IV, n. 8038/2023). Come sottolineato, difatti, nella medesima decisione, peraltro emessa in vicenda con connotazioni simili a quella odierna, “tale obbligo non si traduce necessariamente nel farsi carico delle modifiche occorrenti a conformare il progetto, ma nel fornire all’interessato le indicazioni e le coordinate necessarie per orientarsi con cognizione di causa fra le diverse alternative praticabili in astratto, nella ricerca della soluzione compatibile con la disciplina vincolistica”.
11.3 Orbene, in disparte la complessiva valutazione dell’attendibilità e legittimità delle motivazioni del diniego fornite dall’Amministrazione e costituenti oggetto del corrente giudizio - la cui analisi sarà demandata alla sentenza definitiva -, in questa sede può senz’altro osservarsi che la Soprintendenza preposta, in esito al percorso procedimentale intrapreso, ha ritenuto, nella propria prospettiva tutoria, non ravvisabili modifiche progettuali idonee a rendere ammissibile l’intervento proposto dalla ricorrente. Nella sua ottica, infatti, come emerge dai due pareri espressi nel corso del procedimento, la Soprintendenza ha rilevato la sostanziale assenza di una soluzione effettivamente prospettabile per poter realizzare l’impianto in controversia allocandolo nell’area di destinazione prescelta dalla ricorrente.
In questo quadro, dunque, il punto di vista espresso dall’Amministrazione, al cospetto della pretesa attorea di ottenere da essa comunque un dissenso costruttivo, e perciò la prospettazione di una diversa soluzione progettuale, non si presenta censurabile (fermo restando che rimane impregiudicata la disamina delle critiche di merito sollevate dalla ricorrente avverso la posizione della Soprintendenza, delle quali il Tribunale si farà carico, come predetto, nella sentenza definitiva).
11.4 A tale conclusione il Collegio addiviene proprio alla luce dei contenuti dei due pareri espressi dal MIBAC, le cui motivazioni sono poi rifluite nel provvedimento impugnato.
Ebbene, già nel suo primo parere (prot. 7291 del 10.8.2020) la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio del Molise aveva affermato l’incompatibilità del progetto nel suo complesso con le esigenze di tutela dei valori di interesse sia archeologico che paesaggistico ad essa affidati.
Dal primo punto di vista l’Amministrazione aveva infatti ritenuto che tutta l’area prescelta per la localizzazione dell’impianto si dovesse considerare “ad altissimo rischio archeologico come dimostrato dalle ricognizioni intensive e sistematiche effettuate a partire dal lavoro portato avanti tra gli anni settanta e gli anni ottanta dall'équipe dell'Università di Leicester diretta dal Prof. G. Barker, che ha edito un importante studio che riguarda la valle del Biferno”.
Sotto il profilo paesaggistico, anche in questo caso con considerazioni idonee ad investire l’intera area, e quindi a incidere negativamente sul complessivo progetto, la Soprintendenza aveva poi sottolineato che: “l’area in questione è classificata come Pa, ossia caratterizzata da aree di interesse produttivo agricolo di valore elevato, a sottolineare l’importanza della valenza agraria del paesaggio”. Da qui l’Amministrazione aveva poi ravvisato l’incompatibilità dell’impianto nella sua interezza rispetto all’area interessata, poiché “L’impianto sia per il suo carattere industriale che per la sua estensione, di circa 25 Ha, è in grado di determinare uno stravolgimento per quanto riguarda la percezione del paesaggio agrario tutelato”.
Infine, il parere aveva precisato: “La realizzazione dell’impianto, infatti, è in grado di riconnotare completamente l’aspetto agrario dei luoghi che, in questo ristretto ambito, risulta ancora compatibile con la zonizzazione industriale prevista dallo strumento urbanistico. Tale alterazione, inoltre, è dovuta anche all’effetto cumulo con un preesistente impianto fotovoltaico a distanza di circa 700 metri”.
11.5 Non va poi trascurato che l’Amministrazione aveva anche valutato se fosse stato possibile il superamento di alcune delle criticità di impatto generale già rilevate nel suo primo parere quando la società, a fronte dei rilievi connessi al valore archeologico dell’area, aveva espresso la volontà di realizzare un percorso alternativo del cavidotto, e, “al fine di superare l’interferenza con il tratturo Sant’Andrea – Biferno il Servizio, con nota prot. n. 154839 del 09/10/2020, ha trasmesso l’elaborato progettuale recante la modifica al MIBACT - Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio al fine di valutarne la compatibilità”. Ebbene, anche rispetto a questa prospettazione la Soprintendenza, con la nota prot. n. 9794 del 21/10/2020, nel ribadire il parere negativo alla modifica del tracciato del cavidotto, aveva espresso ulteriori considerazioni, tendenti comunque ad escludere in senso assoluto la realizzabilità dell’impianto nell’area in questione. In particolare, con questo suo secondo elaborato essa aveva osservato che: “il PEAR, pur non individuando zone non idonee per la realizzazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, fornisce degli indirizzi ben precisi tali a favorire la realizzazione di tali impianti “... in aree dismesse, tetti di edifici civili e/o industriali, ex cave”.
Questa considerazione, per il suo carattere generale, contribuiva quindi a escludere la fattibilità dell’intervento nell’area in cui la società aveva previsto di realizzarlo. E lo stesso parere, inoltre, nel riscontrare le considerazioni sotto il profilo paesaggistico svolte dall’interessata con riferimento all’impatto visivo dell’impianto, rimarcava: “la ditta propone un riferimento al buffer visivo delle norme regionali della Puglia, che non può essere condiviso, tenuto in conto il diverso contesto morfologico del territorio in questione ben evidenziato nel parere reso da questo Ufficio; né la ditta produce alcun ulteriore studio sull’intrusione visiva dell’impianto in oggetto in relazione al contesto in cui lo si vorrebbe collocare”. E nel contempo infine sottolineava che: “La ditta, quindi, erroneamente ritenendo illegittimo il parere espresso dalla Soprintendenza in merito agli aspetti paesaggistici, propone una modifica progettuale riguardante solamente il tracciato del cavidotto che nella nuova versione proposta andrebbe solamente ad attraversare il tratturo senza costeggiarlo”.
11.5.1 Al di là della plausibilità e correttezza intrinseca delle motivazioni fin qui rievocate, la cui legittimità, giova ribadirlo, sarà scrutinata dal Tribunale nella propria sentenza definitiva, il complesso degli elementi vagliati dimostra pertanto come all’Amministrazione non possa essere ascritto, nella fattispecie, l’addebito di avere violato il canone del dissenso costruttivo.
Quest’ultimo, come già detto, costituisce una declinazione del principio di leale collaborazione tra le parti pubbliche e private del procedimento, cui è improntato il rapporto amministrativo (art. 1 co. 2-bis l. n. 241/1990).
In presenza di ragioni ostative all'accoglimento dell'istanza del privato, il suddetto canone determina un obbligo a carico delle Amministrazioni che “non si traduce, evidentemente, nel farsi carico delle modifiche occorrenti a conformare il progetto, ma nel fornire all'interessato le indicazioni necessarie per orientarsi con cognizione di causa fra le più alternative praticabili in astratto, nella ricerca della soluzione compatibile con la disciplina vincolistica” (T.A.R. Toscana sez. II, n. 353/2022).
Il punto è, però, che nel caso concreto l’Amministrazione non aveva ritenuto possibile alcuna soluzione diversa da quella della non realizzabilità tout court dell’opera. E basti ricordare a tal proposito che, anche a fronte della prospettata modifica del percorso del cavidotto, cui, come detto, la società era pervenuta dopo il primo parere negativo, il MIBAC aveva nuovamente escluso la possibile realizzazione dell’opera, permanendo, a suo dire, anche dopo la prospettata modifica, il pregiudizio dei valori archeologici e ambientali ivi esistenti.
In questo quadro, facendo dunque applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza, deve concludersi che la Soprintendenza, nell’esprimere il proprio duplice parere negativo, non abbia violato il principio del dissenso costruttivo. Come osservato dal Consiglio di Stato in una simile vicenda nella già citata sentenza della IV Sezione n. 8038/2023, non viola i principi del dissenso costruttivo l’Amministrazione che “in esito al percorso procedimentale intrapreso ha (nella sua visione) coerentemente ritenuto non ravvisabili modifiche progettuali idonee a rendere ammissibile l’intervento proposto e che l’unica soluzione ammissibile sarebbe stata la soluzione negativa estrema, ovvero la delocalizzazione dell’impianto”.
Quanto sopra conduce allora a respingere, nei termini fin qui delineati, il primo motivo di ricorso.
12. A questo punto, come si è già anticipato, in relazione alle residue censure ascritte al provvedimento impugnato il Tribunale ravvisa, invece, delle esigenze istruttorie, le quali andranno soddisfatte secondo le indicazioni che seguono.
13. Giova premettere, al riguardo, che le parti controvertono, in particolare, sull’esistenza puntuale, o meno, di vincoli specifici insistenti sull’area d’interesse in ragione del PTAAAV (Piano di Area Vasta n. 2 “Il lago di Guardialfiera - Fortore Molisano”).
Le contrapposte impostazioni sostenute in giudizio si ripercuotono quindi sull’assegnabilità o meno di una natura vincolante al parere negativo espresso dalla Soprintendenza, e perciò, di riflesso, sul preciso grado d’influenza a questo assegnabile sulle determinazioni conclusive della Regione.
In merito la ricorrente insiste nell’affermare che la superficie di intervento non sarebbe interessata da vincoli paesaggistici e archeologici puntualmente individuati, bensì localizzata in un’area del tutto idonea a ospitare impianti per la produzione di energie rinnovabili, in base alle previsioni di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 e del D.M. 10 settembre 2010.
Secondo questa visuale, ai fini della qualificazione dell’area come vincolata, contrariamente a quanto sostenuto dalla Regione, non basterebbe il dato della sua inclusione all’interno del Piano Paesaggistico Territoriale di Area Vasta (il PTPAAV n. 2 “Lago di Guardialfiera - Fortore Molisano”). Tale ordine di idee ha peraltro trovato riscontro nella giurisprudenza di questo Tribunale, ed in particolare nella sentenza n. 392/2022, emessa su analoga tematica, nella quale è stato affermato che “per la configurazione del vincolo non è sufficiente la mera ricomprensione di un dato territorio nel Piano, ma è necessario il supporto costituito da un’attività di individuazione degli elementi e delle caratteristiche occorrenti a giustificare la dichiarazione di notevole interesse pubblico”.
Ciò posto, ad avviso della ricorrente, secondo la L.R. Molise n. 24/1989, sulla cui base detto Piano è stato emanato, la dichiarazione di notevole interesse pubblico riguarderebbe non già l’intero territorio regionale, ma soltanto beni puntualmente individuati, e segnatamente quelli ubicati nell’area in cui è stato progettato l’impianto, non essendo perciò sufficiente il mero ricadere di quest’ultima nel perimetro del Piano Territoriale di Area Vasta.
Tale conclusione scaturirebbe da un’interpretazione letterale e sistematica della citata legge regionale. In particolare, il suo art. 8, comma 1, effettivamente riconnette la dichiarazione di notevole interesse pubblico (e l’applicazione del relativo regime vincolistico) non già alla generalità delle zone comunque ricomprese nei vari Piani territoriali relativi alle varie zone regionali, ma solo ai “contenuti dei Piani territoriali paesistico - ambientali di area vasta relativi alla lettera a) dell'articolo 4”, e pertanto alle porzioni di territorio qualificate dagli specifici elementi corrispondenti ai singoli “tematismi” rilevanti, individuati e descritti nei loro caratteri costitutivi.
Dette disposizioni vanno lette poi congiuntamente all’art. 3 della medesima legge regionale, rubricato “oggetto” del Piano, secondo cui quest’ultimo contiene “gli elementi (puntuali, lineari, areali) del territorio, la cui tutela riveste interesse pubblico in quanto condizione del permanere dei caratteri costitutivi, paesistici ed ambientali, del territorio stesso”.
Il medesimo articolo prosegue prevedendo che gli elementi (puntuali, lineari, areali) che concorrono in modo interrelato alla definizione dei suddetti caratteri, e che dunque sono meritevoli di tutela, possono riguardare una serie di cd. Tematismi, e cioè, sostanzialmente, specifici valori (archeologici, ambientali, paesaggistici, storici, culturali) da tutelare in via prioritaria.
13.1 Tanto premesso, il Collegio in proposito non può non notare, alla luce della documentazione disponibile, la mancanza agli atti degli elementi necessari per verificare l’eventuale specifica caratterizzazione, sotto i profili d’interesse del Piano (elementi relativi ai singoli “tematismi” individuati e descritti), dell’area oggetto dell’intervento in controversia, nonché per accertare la specifica disciplina d’uso eventualmente correlata all’area stessa.
Per compiere tale essenziale verifica occorrerebbe prendere visione dell’intero articolato del Piano di Area Vasta, e, altresì, degli elaborati grafici del Piano stesso concernenti la porzione di territorio rilevante ai fini di causa.
Agli atti di causa mancano tuttavia sia la parte testuale che gli elaborati grafici del Piano stesso.
13.2. Sul punto il Collegio deve difatti precisare che agli indicati fini non risultano utilizzabili i documenti depositati da parte ricorrente in data 25.1.2021 (segnatamente, gli allegati dal numero 23 al numero 26 della relazione tecnica a corredo del progetto), contenenti la documentazione attestante l’iter formativo del PTAAV (all. 23) ma non anche il suo articolato; e contenenti, altresì, due cartografie dell’area che tuttavia non sono leggibili, e non consentono neppure d’individuare, al loro interno, la specifica indicazione e qualificazione delle precise aree d’intervento su cui dovrebbe sorgere l’impianto (all.ti 24 e 25).
13.3. In virtù delle richiamate esigenze istruttorie deve quindi ordinarsi, onerandone entrambe le parti, il deposito del Piano di Area Vasta in esame, sia nel suo articolato, sia nelle elaborazioni grafiche dell’area d’interesse.
Va inoltre ordinato alla ricorrente, e comunque alla parte più diligente, di depositare nuovamente la cartografia di cui agli allegati dal n. 24 al n. 26 del deposito del 25 gennaio 2021, o documentazione ad essa equivalente, e segnatamente un’idonea cartografia dalla quale ricavare i suddetti ed essenziali elementi di riferimento.
Le cartografie dovranno comunque indicare lo specifico sito di allocazione dell’impianto, oltre che le eventuali aree di interesse archeologico e paesaggistico sottoposte a tutela, insistenti nell’area di estensione del Piano.
14. Ulteriori esigenze istruttorie, pur connesse, riguardano infine specificamente la censura dedotta nel paragr. 2.2. del ricorso (pagg. 20-22), ed esigono di acquisire agli atti di causa la documentazione riflettente le prescrizioni d’uso dettate dal Piano e concernenti gli specifici beni (eventualmente) tutelati che siano localizzati nella porzione territoriale nella quale dovrebbe ricadere l’intervento della ricorrente.
15. Agli incombenti complessivamente indicati le parti dovranno provvedere entro il termine di 60 giorni dalla pubblicazione o, se precedente, dalla notifica della presente decisione, in vista dell’udienza pubblica fissata fin d’ora per il 6 novembre 2024.
16. Conclusivamente, sulla base delle suesposte considerazioni il Tribunale, disattese le eccezioni preliminari formulate dalle Amministrazioni resistenti, respinge il primo motivo di ricorso, e per il residuo da decidere dispone gli incombenti istruttori di cui in motivazione.
Spese al definitivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima), non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:
-disattese le eccezioni in rito sollevate dall’Amministrazione resistente, respinge il primo motivo di ricorso;
-riservata al definitivo ogni ulteriore decisione in rito e nel merito, dispone gli incombenti istruttori indicati in motivazione.
Fissa per il prosieguo del giudizio l’udienza pubblica del 6 novembre 2024.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Manda alla segreteria per le comunicazioni di rito alle parti costituite.
Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 24 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati:
Nicola Gaviano, Presidente
Roberto Ferrari, Referendario, Estensore
Luigi Lalla, Referendario
L'ESTENSORE |
IL PRESIDENTE |
|
Roberto Ferrari |
Nicola Gaviano |
|
|
||
|
||
|
||
|
||
|
IL SEGRETARIO