Giu Assenza di aspettativa del privato in materia urbanistica
TAR EMILIA ROMAGNA - PARMA - SENTENZA 14 maggio 2024 N. 121
Massima
L'inquadramento di un'area nel contesto dei c.d. "territori urbanizzati" o dei "territori rurali" riconducendosi alla pianificazione urbanistica, rientra senz'altro nell'ambito della discrezionalità del Comune e può essere sindacata dal Giudice Amministrativo solo in caso di palese irrazionalità o ingiustizia manifesta. Le scelte effettuate dall'Amministrazione in sede di pianificazione urbanistica di carattere generale costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità se non per profili di manifesta illogicità ed irragionevolezza, sicché, in virtù di tale ampiezza dei margini di apprezzamento discrezionale, le osservazioni proposte dai privati in materia urbanistica non danno luogo a peculiari aspettative trattandosi di semplici apporti collaborativi con la conseguenza che il loro rigetto o il loro accoglimento, di regola, non richiede una motivazione analitica, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e confrontate con gli interessi generali sottesi allo strumento pianificatorio.

Testo della sentenza
TAR EMILIA ROMAGNA - PARMA - SENTENZA 14 maggio 2024 N. 121

Pubblicato il 14/05/2024

N. 00121/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00007/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Salvarani, Giovanna Bronzoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Collecchio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Tommaso Bonetti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Provincia di Parma, Comitato Urbanistico di Area Vasta - Cuav, Regione Emilia Romagna, Agenzia Regionale per la Sicurezza Territoriale e la Protezione Civile, Agenzia Regionale per la Prevenzione, l'Ambiente e l'Energia dell'Emilia - Romagna (Arpae), Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità Emilia Occidentale, Consorzio di Bonifica Parmense, Asl 102 - Parma, non costituiti in giudizio;

nei confronti

-OMISSIS-, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- della deliberazione del Consiglio Comunale di Collecchio n. 51 del 6.10.2020 avente ad oggetto: "Piano Urbanistico Generale (PUG) adottato a norma dell'art. 46 della LR 24/2017 con DCC n. 12 del 27/02/2019. Adeguamento del PUG adottato al parere motivato espresso dal CUAV e approvazione a norma comma 6) art. 46 LR n. 24 del 21/12/2017", pubblicata in data 11.11.2020 nel BURERT e nell'Albo Pretorio del Comune di Collecchio dal 9.10.2020 al 24.10.2020, unitamente ai relativi elaborati, allegati e agli altri atti pure incogniti ivi richiamati, comprese la scheda di controdeduzione e la Dichiarazione di sintesi circa le osservazioni e consultazioni;

- del parere motivato favorevole espresso dal Comitato Urbanistico di Area Vasta (CUAV) - Provincia di Parma, avente ad oggetto: "Piano Urbanistico Generale del Comune di Collecchio adottato ai sensi dell'art. 46 della L.R. 24/17 con atto di Consiglio Comunale n. 12 del 27.02.19. Parere motivato ai sensi dell'art. 46 della L.R. 24/2017", e tutti gli altri atti e pareri - nessuno escluso - anche in materia ambientale, compreso il documento di Valsat, solo parzialmente cogniti entro i limiti menzionati nel parere Cuav;

- della delibera della Giunta del Comune di Collecchio n. 91 del 24/07/2018, avente ad oggetto: "Proposta di Piano Urbanistico Generale - Assunzione a norma dell'art. 45.2 della L.R. 24/2017";

- della delibera della Giunta del ridetto Comune n. 123 dell'11.09.2018, avente ad oggetto: "Proposta di Piano Urbanistico generale a norma dell'art. 45.2 della L.R. 24/2017 dalla Giunta Comunale. Proroga termine di presentazione osservazioni";

- della delibera consiliare del Comune di Collecchio n. 12 del 27.02.2019 avente ad oggetto: "Piano Urbanistico Generale assunto con Dg. n. 91 del 24/07/2018 - Controdeduzione alle Osservazioni pervenute e Adozione Proposta di Piano a norma dell'articolo 46.1 della L.R. 24/2017";

- della delibera della Giunta del Comune di Collecchio n. 23 dell'11.02.2020, avente ad oggetto: “Piano Urbanistico Generale Adottato con Deliberazione di C.C. 12 Del 27/02/2019 - Integrazioni e Precisazioni della Giunta Comunale”;

- della delibera consiliare del Comune di Collecchio n. 14 de 10.03.2020, avente ad oggetto: "Piano Urbanistico Generale adottato con Deliberazione di CC. n. 12 del 27/02/2020 - Adozione, a norma dell'art. 46 della LR 24/2017, del documento di integrazione e precisazioni assunto dalla Giunta Comunale con Atto n. 23 dell'11/02/2020".


 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Collecchio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2024 la dott.ssa Paola Pozzani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

Con l’atto introduttivo il ricorrente impugna deliberazione del Consiglio Comunale di Collecchio n. 51 del 6.10.2020 avente ad oggetto "Piano Urbanistico Generale (PUG) adottato a norma dell'art. 46 della LR 24/2017 con DCC n. 12 del 27/02/2019. adeguamento del PUG adottato al parere motivato espresso dal CUAV e approvazione a norma comma 6) art. 46 LR n. 24 del 21/12/2017" con i relativi pareri, la delibera della Giunta del Comune di Collecchio n. 91 del 24/07/2018, avente ad oggetto "Proposta di Piano Urbanistico Generale - Assunzione a norma dell'art. 45.2 della L.R. 24/2017" unitamente agli atti di proroga, di controdeduzioni alle osservazioni e di integrazioni e precisazioni ed, infine, la delibera consiliare del Comune di Collecchio n. 14 de 10.03.2020, avente ad oggetto "Piano Urbanistico Generale adottato con Deliberazione di CC. n. 12 del 27/02/2020 - Adozione, a norma dell’art. 46 della LR 24/2017, del documento di integrazione e precisazioni assunto dalla Giunta Comunale con Atto n. 23 dell'11/02/2020”.

L’Amministrazione resistente si è costituita in giudizio con atto del 9 marzo 2021.

Con ordinanza presidenziale n. 165 del 28 novembre 2023 si è chiesto alle parti di comunicare se fossero intervenuti fatti o atti ulteriori nel corso del giudizio e alla parte ricorrente di confermare l’attualità dell’interesse alla definizione del giudizio, cui ha fatto seguito la dichiarazione di interesse alla decisione del ricorrente versata in atti il 26 gennaio 2024 e la memoria del Comune di Collecchio del 27 gennaio 2024 con cui si insiste per il rigetto del ricorso.

Con memoria del 4 aprile 2024 e replica del 17 aprile 2024 parte ricorrente ha precisato le proprie doglianze.

Il Comune resistente ha controdedotto con memoria del 4 aprile 2024 e replicato con atto versato in atti il 17 aprile 2024.

Entrambe le parti hanno prodotto copiosa documentazione.

Alla pubblica udienza dell’8 maggio 2024, dopo ampia discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorrente ha formulato alcune premesse in fatto a sostegno delle proprie doglianze.

In sintesi, ha rappresentato di essere proprietario degli immobili acquistati per successione mortis causa dalla madre e allibrati al foglio 35 del Catasto del Comune di Collecchio (PR) e, in particolare, dei terreni di cui ai mappali 1, 2, 3, 63, 64 e 65 e degli edifici di civile abitazione, di cui ai mappali 164 (cat. A/7), 120 (cat. C/2) e 93 (cat. A/2) del Catasto Fabbricati; l'intera area sarebbe urbanizzata ed è attraversata dalle reti del gasdotto comunale e della fognatura posta al servizio della zona nord-est del capoluogo. Per caratteristiche, secondo il deducente, di collocazione e di destinazione residenziale già in atto, le aree di sua proprietà non potrebbero essere considerate "aree di pregio paesaggistico", né rilevanti per il sistema agroalimentare.

Ad avviso della difesa attorea queste aree sono state inopinatamente inserite nel "territorio rurale" (art. 36 L.R. Emilia-Romagna 21.12.2017 n. 24) del P.U.G. del Comune di Collecchio adottato dal Consiglio comunale il 27.02.2019 (delibera n. 12), oltretutto gravandole con il vincolo derivante dalla simbologia "visuali paesaggistiche da conservare".

In particolare, a fronte di “osservazione” da lui presentata in data 29.10.2018, le successive controdeduzioni del Comune non paiono corrette al ricorrente laddove così motivano: “L'area segnalata dall'osservante presenta caratteristiche evidenti di edificato sparso, all'interno di un ambito rurale, seppure in adiacenza al territorio urbanizzato (...) In particolare il Territorio Urbanizzato viene definito, fra l'altro, come l'insieme delle "aree edificate con continuità a prevalente destinazione residenziale, produttiva, commerciale, direzionale e di servizio, turistico ricettiva, le dotazioni territoriali, le infrastrutture, le attrezzature e i servizi pubblici comunque denominati, i parchi urbani nonché i lotti e gli spazi inedificati dotati di infrastrutture per l'urbanizzazione degli insediamenti". Si specifica poi, che non fanno parte del territorio urbanizzato: a) le aree rurali, comprese quelle intercluse tra più aree urbanizzate aventi anche un'elevata contiguità insediativa; b) l'edificato sparso o discontinuo, collocato lungo la viabilità e le relative aree di pertinenza e di completamento; c) le aree permeabili collocate all'interno delle aree edificate con continuità che non siano dotate di infrastrutture per l'urbanizzazione degli insediamenti. E' evidente che per definire il territorio urbanizzato, non costituisce elemento sufficiente constatare la presenza delle opere di urbanizzazione, ma occorre, soprattutto, verificare il "carattere delle aree e degli immobili" partendo dalla valutazione del sistema morfologico-insediativo a cui sono riferiti. In relazione alla richiesta n.2 si premette che, come evidenziato nella Relazione alla Strategia per la Qualità Urbana ed Ecologico Ambientale, la definizione dei contenuti del PUG è partita da un'analisi valutativa del quadro conoscitivo (...) E' sulla base di tale analisi che sono emerse, per alcune parti del territorio, politiche di indirizzo alla conservazione e alla valorizzazione. E' il caso dell'area segnalata che presenta importanti elementi di valore in termini di servizi ecosistemici offerti come evidenziato nella Valutazione di Sostenibilità Ambientale e Territoriale sia per il sistema paesaggio "aree di pregio paesaggistico" (cfr. Tav. Valsat 4a Carta del sistema del Paesaggio) sia per il sistema agroambientale per la presenza di terreni agrari di ottima qualità "Classe I Capacità d'uso dei suoli" (cfr. Tav. Valsat 5a Carta del sistema del Agroambientale). Inoltre in un'ottica, necessaria, di contenimento del consumo di suolo il PUG ha ritenuto di escludere per tale ambito qualsiasi trasformazione estranea agli utilizzi agricoli ed in contrasto con i valori paesaggistici dell'area”.

Nessuna variazione è dunque poi intervenuta in sede di approvazione del P.U.G.

Con il primo motivo di ricorso “Violazione e falsa applicazione degli artt. 31, 32, 33, 34, 35 e 36 della L.R. Em. Rom. 21.12.2017 n. 24 e succ. mod. ed integr. Violazione del principio della c.d. perequazione urbanistica. Eccesso di potere per evidente travisamento dei presupposti. Palesi errori di fatto. Manifeste illogicità, contraddittorietà anche intrinseca, irrazionalità ed arbitrarietà. Istruttoria mancante e, comunque, totalmente inadeguata ed erronea. Difetto assoluto di motivazione. Motivazione apparente e, comunque, del tutto ultronea, erronea ed illogica. Perplessità dell'azione amministrativa. Disparità di trattamento. Palese irragionevolezza ed abnormità della previsione impugnata” il deducente si duole della asserita errata applicazione che il Comune resistente avrebbe operato dell’art. 36 della L.R. n. 24 del 2017 dal quale, secondo la tesi attorea, si evincerebbe in modo chiaro e preciso che al "territorio rurale" possono e devono appartenere solo i "territori agricoli", cioè quelli dotati di accertata, effettiva ed attuale destinazione ad attività agrosilvopastorale o ad attività agroalimentari, non consentendo più nemmeno l'inclusione nel "territorio rurale" di aree con funzione di c.d. parcheggio in attesa di future destinazioni urbanistiche di natura residenziale o produttiva.

La proprietà del ricorrente non avrebbe le caratteristiche di "area rurale", ma neppure quelle dell’"edificato sparso e discontinuo", in quanto le aree in questione si svilupperebbero all'interno del territorio urbanizzato e sarebbero a questo collegate persino da future espansioni delle aree adiacenti (Centro sportivo) e dalla prevista viabilità anche ciclabile, in una posizione che secondo il ricorrente si troverebbe in “chiaro dialogo ed anzi di reciproca interconnessione con il T.U.”, né sarebbe suscettibile di utile destinazione agrosilvopastorale o ad attività agroalimentari in quanto sottodimensionata.

Inoltre, l’art. 32 della L.R. Emilia- Romagna n. 24/2017, non adeguatamente valorizzato secondo la difesa attorea in sede di controdeduzioni, non condurrebbe, argomentando a contrario rispetto a quanto sostenuto dall’Amministrazione, ad una interpretazione restrittiva della definizione di "Territorio Urbanizzato", consentendo anzi di includervi pure i "lotti e gli spazi inedificati dotati di infrastrutture per l'urbanizzazione degli insediamenti" (II comma, lett. a): la disciplina delle nuove urbanizzazioni ex art. 35 della Legge regionale non traccerebbe, continua la difesa attorea, un confine assoluto ed invalicabile tra perimetro urbanizzato e zone rurali, cosicché - a più forte ragione - dovrebbe riconoscersi natura edificabile ad un'area, come quella del ricorrente, in parte già edificata e, comunque, interamente urbanizzata.

Infine, secondo l’esponente, l’Amministrazione avrebbe, altresì, confuso gli immobili di proprietà del dott. -OMISSIS- con altre e diverse aree poiché le controdeduzioni del Comune – delle quali il ricorrente lamenta la genericità - prenderebbero in considerazione solo i mappali 164, 120 e 93, obliterando i mappali 1, 2, 3, 63, 64 e 65 parimenti oggetto dell'osservazione, e, dall'altro, nelle fotogrammetrie allegate al P.U.G., le aree del ricorrente sono contraddistinte dal bollino giallo n. 31, che, tuttavia, sarebbe stato - erroneamente secondo il ricorrente - posizionato a circa 300/350 metri a nord-ovest rispetto alla proprietà del dott. -OMISSIS-.

La proprietà del ricorrente si troverebbe inclusa tra un’area urbanizzata residenziale e ricettiva, una zona dedicata all’espansione del Centro sportivo calcistico ed, infine, un’area dei proprietari confinanti cui sarebbe stato assentito un intervento edilizio in deroga alla fascia di rispetto posta a tutela dei corsi d'acqua (torrente Manubiola) e in deroga al vincolo relativo alle "visuali paesaggistiche da conservare" cui invece sarebbe sottoposta l’area dell’esponente dalle disposizioni del PUG.

Una nota del 2 marzo 2020, con la quale il Settore Assetto del Territorio del Comune di Collecchio rilevava la presenza di “processionaria” all’interno della proprietà del Dott. -OMISSIS-, ricondurrebbe l’area in questione all’“ambito urbano”, concludendo la difesa attorea per un chiaro riconoscimento dell’effettiva vocazione dell’area stessa in tal senso ed escludendone la natura rurale.

L’Amministrazione controdeduce che l’art. 32, commi 2 e 3, della L.R. n. 24/2017 è particolarmente rigoroso nel prevedere che non fanno parte, e non possono far parte, del territorio urbanizzato sia le “aree rurali”, tra le quali sono ricomprese anche quelle “intercluse tra più aree urbanizzate aventi anche un’elevata contiguità insediativa”, sia quelle riconducibili nell’ambito del “edificato sparso o discontinuo, collocato lungo la viabilità e le relative aree di pertinenza e di completamento …”, come sarebbero quelle del ricorrente.

La difesa della resistente aggiunge che le osservazioni partecipative dei privati non sono vincolanti a fronte di una decisione ampiamente discrezionale dell’Amministrazione in materia.

Con il secondo motivo di ricorso “Violazione e falsa applicazione dell'art. 12 del Regolamento Europeo e del Consiglio n. 1307/2013 del 17.12.2013. Violazione e falsa applicazione dell'art. 4 del D.M. del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali del 18.11.2014, prot. 6513. Violazione e falsa applicazione dell'art. 46, I comma, della L.R. Em. Rom. 21.12.2017 n. 24 e succ. mod. ed integr.. Ulteriori manifeste illogicità, irrazionalità e arbitrarietà. Difetto di motivazione e di istruttoria. Ulteriori errori di fatto e travisamento dei presupposti. Violazione dei principi di leale collaborazione tra P.A. e privati. Eccesso di potere per contraddittorietà. Manifesta ingiustizia. Sviamento di potere” il ricorrente osserva che la previsione del P.U.G. impugnata si traduce nella - sostanziale ed a tempo indeterminato - inibizione della possibilità di utilizzare le aree non edificate (mappali 1, 2, 3, 63, 64 e 65) poiché detti mappali, in quanto esclusi dal perimetro urbanizzato, non potranno in futuro essere utilizzati sotto il profilo edificatorio, e, allo stato, non potrebbero - nemmeno in astratto - essere utilmente sfruttati a fini agricoli, poiché palesemente sottodimensionati.

In particolare, alla luce del combinato disposto degli artt. 12 del Regolamento UE n. 1307/2013 e 4 del D.M. 18.11.2014, le aree di proprietà del ricorrente non possiederebbero i requisiti minimi per la liquidazione dei pagamenti diretti relativi alla politica agricola comune, configurandosi, almeno nella sostanza ad avviso della difesa attorea, una sorta di vincolo ablativo in via di fatto, essendo difficilmente ipotizzabile una qualche forma di sfruttamento, quantomeno redditizia, di queste aree: l’Amministrazione, pertanto, avrebbe dovuto motivare in modo più approfondito esaminando anche ragionevoli alternative.

L’Amministrazione controdeduce che le aree in questione potranno essere utilizzate conformemente alle possibilità ammesse per quelle ricomprese in territorio rurale dalla legislazione, a partire dalle previsioni di cui all’art. 36 della L.R. n. 24/2017, e dal PUG stesso, non configurandosi, pertanto, come ex adverso sostenuto, “una sorta di vincolo ablativo in via di fatto, essendo difficilmente ipotizzabile una qualche forma di sfruttamento, quantomeno redditizia, di queste aree”. Secondo la resistente, la dedotta mancata percezione di contributi PAC non risulta pertinente a sostegno della tesi attorea sulla inutilizzabilità dell’area a fini agricoli.

Non sarebbe necessaria, inoltre, alcuna motivazione rafforzata, non rientrandosi nelle ipotesi che il giudice amministrativo ha, a tal fine, tassativamente identificato (citando Consiglio di Stato, Sez. VII, n. 490/2024).

Conclude sul punto il Comune che sono state, nel caso di specie, rispettate le previsioni normative relative al percorso procedimentale di formazione del PUG, compreso l’art. 46 della Legge regionale n. 24/2017, come emergerebbe anche dal parere favorevole espresso dal CUAV e, dunque, anche dalla Regione Emilia-Romagna e dalla Provincia di Parma.

Con il terzo motivo di ricorso “Violazione e falsa applicazione degli artt. 25, 31, 34 e 37 della L.R. Em. Rom. 21.12.2017 n. 24 e succ. mod. ed integr.. Difetto di istruttoria e perplessità dell'azione amministrativa. Errore di fatto e travisamento dei presupposti. Disparità di trattamento e manifesta ingiustizia. Contraddittorietà, irrazionalità e illogicità manifeste” la difesa attorea censura che gli artt. 25, 31 e 37 della L.R. Emilia -Romagna 21.12.2017 n. 24, in sede di conformazione del territorio, pongono dei requisiti analitici ed assai specifici, che attengono "alle qualità intrinseche del bene" (art. 25) e devono essere individuati nella apposita "Tavola dei vincoli" (art. 37) risultando, quindi, illegittimo – come il deducente evidenzia che ricorrerebbe nel caso di specie – prevedere vincoli conformativi nell'ambito della "Tavola delle strategie", che, ai sensi dell'art. 34 della L.R. n. 24/2017, deve limitarsi a fissare le condizioni di massima e, comunque, gli obiettivi generali, appunto strategici, senza efficacia immediatamente conformativa del territorio.

Il ricorrente aggiunge che, non solo le aree di sua proprietà sono state, a suo dire erroneamente, inserite nel "territorio rurale" del P.U.G. del Comune di Collecchio, ma le stesse risultano, persino, assoggettate al vincolo derivante dalla simbologia "visuali paesaggistiche da conservare" (facendo riferimento alla Tav. 1 P.U.G. di cui al proprio doc. 18), chiedendo in sede di osservazioni che venisse cancellata tale ultronea simbologia; tuttavia, nelle controdeduzioni ("in relazione alla richiesta n. 2"), l’Amministrazione ha respinto l'istanza, sulla base di una motivazione asseritamente apparente ed erronea, richiamandosi ad un presunto "pregio paesaggistico" e ad una ritenuta apodittica qualità del terreno ("Classe I"), che, a dire del Comune, si ricaverebbe dalle Tavole Valsat (4a e 5a).

Diversamente la difesa attorea ritiene che, quanto alla qualità del terreno, compitando le Tavole in oggetto, la gradazione del "verde" non configurerebbe la Classe I, ma semmai la Classe II, mentre il "retinato", che dovrebbe individuare il pregio paesaggistico, si confonde con quello che evidenzia le zone di pubblico interesse: in ogni caso, il ricorrente evidenzia la presenza di evidenti errori pure di valutazione che comporterebbero un palese "scambio di area", essendo evidente all’esponente che l'area in questione, per collocazione e destinazione residenziale già in atto, non vanta alcun pregio paesaggistico. Infatti, si tratterebbe, da un lato, di aree con edificato piuttosto anonimo (civile abitazione) risalente agli anni '70, come tale privo, sotto ogni profilo, di pregio architettonico, e, dall'altro, di terreni inedificati limitrofi a servizi pubblici, uffici e complessi ricettivi privi di qualsivoglia valenza paesaggistica.

A riprova di ciò, la difesa attorea evidenzia la disparità di trattamento rispetto al fatto che lo stesso Comune ha autorizzato i vicini del ricorrente, Sigg.ri Chierici e Mari, a costruire sui mappali 9 e 7, quest'ultimo posto al confine sud con il mappale 63 del dott. -OMISSIS- ed asseritamente assoggettato in modo identico al rispetto delle "visuali paesaggistiche da conservare": il ricorrente precisa che tali considerazioni non sono riportate al fine di invocare il vizio di disparità di trattamento per rivendicare la perpetuazione di una condizione di illegittimità, ma, al contrario, per chiedere la rimozione della rilevata disparità per ricondurre una palese situazione di ingiustizia entro i canoni della legittimità (citando T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, Sez. II, 30.11.2016 n. 978) poiché, con riferimento al succitato mapp. 7, l’Amministrazione non ha fatto applicazione del suddetto criterio "visuali paesaggistiche da conservare", in quanto, ritiene l’esponente, lo ha reputato inesistente o trascurabile, visto che "in loco" vi sarebbe nulla di rilevante da salvaguardare.

L’Amministrazione controdeduce che la cartografia dei provvedimenti impugnati è solo ideogrammatica, alla quale seguirà maggiore dettaglio negli accordi operativi e nei piani attuativi e che, attraverso la SQUEA del PUG e nell’esercizio dei propri poteri discrezionali di pianificazione urbanistica, il Comune ha ritenuto di caratterizzare “il limite est di via Giardinetto” quale elemento importante per salvaguardare situazioni, contesti e ambiti rilevanti anche dal punto di vista paesaggistico, rimarcando che gli obiettivi e gli indirizzi della SQUEA, in quanto fondati sulle acquisizioni e sulle valutazioni derivanti dal quadro conoscitivo e dalla VALSAT, rappresentano riferimento necessario e da rispettare nell’articolazione delle politiche territoriali assunte dal PUG.

Infine, in ordine alla presunta disparità di trattamento, la resistente evidenzia che il caso riportato dal ricorrente riguarda il legittimo rilascio nel 2018 di un titolo edilizio in conformità alle previsioni urbanistiche allora vigenti, in particolare all’art. 37.2 del previgente RUE.

Esaminate le posizioni delle parti, il Collegio ritiene di richiamare brevemente alcuni principi elaborati in materia, rilevanti nel caso di specie, cui la presente decisione ritiene di confrontarsi nel senso della continuità.

Quanto all’ampiezza del perimetro discrezionale amministrativo relativo alla tipologia provvedimentale programmatoria, sub specie urbanistico-edilizia, segnatamente riferito all’espressione del potere conformativo rispetto alle prospettive classificatorie degli interessati, già la decisione del Consiglio di Stato n. 2837 del 9 giugno 2008 precisava che “La scelta amministrativa sottesa all'esercizio del potere di pianificazione di settore deve obbedire solo al superiore criterio di razionalità nella definizione delle linee dell'assetto territoriale, nell'interesse pubblico alla sicurezza delle persone e dell'ambiente, e non anche ai criteri di proporzionalità distributiva degli oneri e dei vincoli, con la conseguenza che in relazione ad essa non può prospettarsi una disparità di trattamento. Le scelte di pianificazione urbanistica relative ad un determinato terreno o immobile appartengono alla sfera degli apprezzamenti di merito dell'amministrazione, per cui in ordine ad esse non sono ipotizzabili censure di disparità di trattamento basate sulla comparazione con la destinazione impressa ad immobili adiacenti”.

Sul distinguo tra tipologie vincolistiche, prosegue la decisione, “Si è al cospetto di vincoli conformativi allorché le prescrizioni mirino ad una zonizzazione dell'intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione assolta dalla intera zona in cui questi ricadono e delle sue caratteristiche intrinseche, o del rapporto (per lo più spaziale) con un'opera pubblica; laddove, invece, allorquando le previsioni non abbiano una tale natura generale, ma impongano un vincolo particolare incidente su beni determinati, in funzione della localizzazione puntuale di un'opera pubblica, la cui realizzazione non può coesistere con la proprietà privata, il vincolo deve essere qualificato come preordinato alla relativa espropriazione, con conseguente ininfluenza agli effetti indennitari (Cassazione civile, I, 19.9.2006, n. 20252)”.

Tale orientamento è confermato anche dalla decisione del Consiglio di Stato n. 10767 del 7 dicembre 2022 laddove chiarisce che “una recente sentenza di questo Consiglio osserva come, “secondo una prima angolazione interpretativa giurisprudenziale, la distinzione tra vincoli conformativi e vincoli espropriativi va operata in relazione agli effetti dell'atto di pianificazione: in tale prospettiva, «la caratteristica del vincolo conformativo è che con esso si provvede ad una zonizzazione dell'intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione dell'intera zona in cui i beni ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche; il vincolo espropriativo è, invece, un vincolo particolare, incidente su beni determinati, in funzione della localizzazione di un'opera pubblica (Cons. Stato, sez. IV, n. 6241/2019; cfr. Cass. civ., sez. I, n. 27114/2013; n. 23572/2017; n. 16084/2018; Cons. Stato sez. IV, n. 2995/2015; n. 3684/2016; n. 3190/2019; n. 2677/2019; sez. II, n. 6610/2019)» (Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 marzo 2022, n. 1940). Secondo «una diversa, ma non alternativa angolazione interpretativa, per stabilire la natura conformativa o espropriativa di un vincolo, occorre verificare se la sua imposizione ammetta, comunque, la realizzazione dell'opera da parte del privato e se, in presenza di tale possibilità, quest’ultimo possa porre l’opera medesima sul mercato e sfruttarla economicamente (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 5582/2015; n. 4022/2016; n. 4748/2017; sez. VI, n. 783/2020; sez. II, n. 6455/2020; TAR Puglia, Lecce, sez. I, n. 1027/2018; TAR Campania, Napoli, sez. VIII, n. 6634/2018): solo in tal caso, infatti, si può affermare che non vi sia uno svuotamento del diritto di proprietà»(v., ancora, Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 marzo 2022, n. 1940). Diversamente, qualora dell'opera realizzata, comunque destinata ad una pubblica utilizzazione, l'unico esclusivo fruitore sia l'ente pubblico, si ha un sostanziale svuotamento del contenuto economico del diritto di proprietà, con relativa configurazione del vincolo a guisa sostanzialmente espropriativa (v., ancora, Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 marzo 2022, n. 1940)”.

Inoltre, la decisione surriferita evidenzia che “per potersi affermare la natura espropriativa del vincolo, debba concorrere un triplice ordine di presupposti. In particolare: i) il vincolo deve prevedere un’imposizione a titolo particolare relativa a beni determinati, finalizzata alla localizzazione di un’opera di interesse pubblico; ii) la realizzazione dell’opera deve risultare incompatibile con la proprietà privata, richiedendo necessariamente l’espropriazione del bene; iii) dal vincolo deve derivare l’inedificabilità del bene colpito e, quindi, lo svuotamento del contenuto del diritto di proprietà, dal momento che lo stesso non è più utilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale ovvero diminuisce in modo significativo il valore di scambio (Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 marzo 2022, n. 1940)”.

Sul sindacato giurisdizionale in materia, questo Tribunale con la sentenza n. 158 dell’8 giugno 2022, ha chiarito che “l'inquadramento di un'area nel contesto dei c.d. "territori urbanizzati" o dei "territori rurali", anche ex art. 32 della L.R. n. 24 del 2017, riconducendosi alla pianificazione urbanistica, rientra senz'altro nell'ambito della discrezionalità del Comune e può essere sindacata dal Giudice Amministrativo solo in caso di palese irrazionalità o ingiustizia manifesta, come peraltro già affermato in altre occasioni da questo Tribunale: «le scelte effettuate dall'Amministrazione in sede di pianificazione urbanistica di carattere generale costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità se non per profili di manifesta illogicità ed irragionevolezza, sicché, in virtù di tale ampiezza dei margini di apprezzamento discrezionale, le osservazioni proposte dai privati in materia urbanistica non danno luogo a peculiari aspettative trattandosi di semplici apporti collaborativi con la conseguenza che il loro rigetto o il loro accoglimento, di regola, non richiede una motivazione analitica, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e confrontate con gli interessi generali sottesi allo strumento pianificatorio (T.A.R. Emilia-Romagna, Sez. I - Parma, 07/11/2016, n. 321)»”.

Negli stessi termini, prosegue la citata sentenza n. 158/2022, si è espresso anche il Consiglio di Stato: “«la programmazione e pianificazione urbanistica è caratterizzata da un altissimo grado di discrezionalità nella prospettiva di un ordinato e funzionale assetto del territorio comunale» (vedi Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 26 febbraio 2013, n. 1187), «sicché le scelte dell'amministrazione non sono censurabili se non per manifesti errori di fatto e abnormità delle scelte» (vedi Consiglio di Stato, sentenza n. 3135 del 2033; Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 23 marzo 2020, n. 2012; Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 1° settembre 2015, n. 4072; Consiglio di Stato, sezione IV, decisione 27 luglio 2010, n. 4920).”

Sulla funzione procedimentale delle osservazioni del privato, la citata decisione del 2008, con orientamento rimasto immutato (cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sez. II, n. 6055 del 12 ottobre 2020) precisava che “Le osservazioni dei privati ai progetti di strumenti urbanistici sono un mero apporto collaborativo alla formazione di detti strumenti e non danno luogo a peculiari aspettative, con la conseguenza che il loro rigetto non richiede una specifica motivazione, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano (Consiglio Stato, IV, 21.5.2007, n. 2577). Il rigetto delle osservazioni proposte dai privati in sede di formazione del piano regolatore non richiede una particolare motivazione, essendo esse meri apporti collaborativi dati dai cittadini alla formazione dello strumento urbanistico, con la conseguenza che è sufficiente che esse siano state esaminate e ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano (C: Stato, IV, 11.10.2007, n. 5357). Qualora nelle scelte di pianificazione - che inevitabilmente valorizzano alcune aree mortificando le prospettive di utilizzazione e il valore di scambio di altre - non siano ravvisabili contrasti con l'impostazione tecnico-urbanistica dello strumento urbanistico o non si evidenzi la contrarietà ai principi della logica, è da escludere che possano ritenersi inficiate le scelte edificatorie e non è possibile dare ingresso a censure di disparità di trattamento”.

Sull’onere motivazionale, la decisione del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5595 del 7 giugno 2023 conferma che “per costante giurisprudenza le scelte urbanistiche costituiscono valutazioni di merito sottratte al sindacato giurisdizionale di legittimità, salvo che risultino inficiate da errori di fatto, abnormi illogicità, violazioni procedurali, ovvero che, per quanto riguarda la destinazione di specifiche aree, risultino confliggenti con particolari situazioni che abbiano ingenerato affidamenti e aspettative qualificate. In particolare, l’onere di motivazione gravante sull’amministrazione in sede di adozione di uno strumento urbanistico, salvo i casi in cui esse incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative, è di carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte effettuate, senza necessità di una motivazione puntuale e “mirata” (Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5478)”; la decisione precisa, altresì che “mentre richiede una motivazione specifica una variante che interessi aree determinate del PRG., per le quali quest’ultimo prevedeva diversa destinazione (a maggior ragione in presenza di legittime aspettative dei privati), non altrettanto può dirsi allorchè la destinazione di un’area muta per effetto della adozione di un nuovo strumento urbanistico generale, che provveda ad una nuova e complessiva definizione del territorio comunale”.

Si chiarisce, altresì, che “Le uniche, tassative ipotesi (individuate dalla consolidata giurisprudenza sopra richiamata in base alle argomentazioni elaborate dall’Adunanza plenaria n. 24 del 1999), in cui è richiesta una motivazione rafforzata, sono le seguenti: I) superamento degli standard minimi; II) presenza di una convenzione di lottizzazione o di un accordo equivalente, valido ed efficace; III) giudicato di annullamento di diniego di permesso di costruire o di silenzio inadempimento sulla relativa istanza; IV) destinazione di un fondo totalmente intercluso a zona agricola”. In ogni caso, aggiunge la decisione, “Occorre, infine, osservare che la motivazione delle scelte urbanistiche, sufficientemente espressa in via generale, è desumibile sia dai documenti di accompagnamento all’atto di pianificazione urbanistica, sia dalla coerenza complessiva delle scelte effettuate dall’amministrazione comunale (Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2014 n. 1459)”.

Sulla ratio sottesa alla L.R. Emilia-Romagna n. 24/2017, la recente sentenza del T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, Sez. II, n. 59 del 26 gennaio 2024 chiarisce che, in senso diverso se non opposto rispetto alla disciplina previgente, “finalità primaria della L.R. Emilia-Romagna n. 24 del 2017 è infatti costituita dall'esigenza di far cessare l'espansione urbana delle città, alla quale coerentemente si accompagnano sia il favor per gli interventi sull'esistente diretti alla rigenerazione urbana e alla riqualificazione e recupero degli edifici sia, sotto diverso profilo, il radicale mutamento della politica urbanistica territoriale, che, con la nuova disciplina regionale, risulta univocamente diretta ad imporre ai Comuni (e ai relativi strumenti urbanistici) una drastica riduzione del consumo del suolo, al fine ultimo di addivenire e anche di anticipare (rispetto all'anno 2050) l'obiettivo eurounitario del "consumo di suolo a saldo zero".

Quanto al vincolo sostanzialmente ablativo, si richiama il T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, n. 129 del 25 gennaio 2022, laddove, in linea con un consolidato orientamento, precisa che “la verifica della natura del vincolo deve essere fatta avendo riguardo alla concreta disciplina contenuta negli strumenti urbanistici, in quanto, laddove sia consentita, anche ad iniziativa del privato, l’edificazione del suolo e la realizzazione di opere e strutture volte al godimento del bene, il diritto dominicale non potrà dirsi del tutto svuotato di contenuto, rimanendo salva l’utilizzabilità dell’area rispetto alla sua naturale destinazione ( T.a.r Puglia, Lecce, I, 12 maggio 2011, n. 832)”.

Il Consiglio di Stato, con la decisione n. 5667 del 7 novembre 2012 ha chiarito, inoltre, che “non hanno carattere espropriativo, ma soltanto conformativo, e perciò non sono soggetti a decadenza e all’obbligo di indennizzo, né emerge l’obbligo di ritipizzazione e l’inadempimento all’obbligo di provvedere (che non sussiste) tutti i vincoli di inedificabilità imposti dal piano regolatore, a qualsivoglia titolo, per ragioni lato sensu ambientali. Tra tali ipotesi, il vincolo di inedificabilità (c.d. di rispetto) a tutela di una strada esistente, il vincolo di verde attrezzato, il vincolo di inedificabilità per un parco e per una zona agricola di pregio, la destinazione a verde e così via (tra tante, Consiglio di Stato, IV, 23 dicembre 2010, n.9372)”.

In particolare, la citata decisione del Consiglio di Stato n. 10767/2022 ribadisce che “in relazione alle zone destinate a verde, la giurisprudenza escluda la sussistenza di un vincolo di natura espropriativa, rientrando nell’ambito della normale conformazione della proprietà privata; infatti, «tale destinazione urbanistica è sussumibile tra le ipotesi di qualificazione delle zone territoriali omogenee di cui lo strumento urbanistico primario si compone e, anche se pone preclusione all’edificazione implicando l’esclusione della possibilità di realizzare qualsiasi opera edilizia incidente sulla destinazione a verde, rimane comunque espressione delle funzioni di ripartizione in zone del territorio, senza determinare vincoli tali da escludere potenzialmente il diritto di proprietà nella sua interezza (in questo senso, sez. V, n. 3234 del 2013, cit.; cfr., con riguardo specifico alla destinazione a “verde pubblico” Cons. St., sez. VI, 20 giugno 2012, n. 3571; sez. IV, 13 luglio 2011, n. 4242; sez. IV, 23 dicembre 2010, n. 9372)» (Consiglio di Stato, Sez. IV, 28 marzo 2022, n. 2239). Del resto, in seguito alla sentenza n. 179/1999 della Corte Costituzionale, si afferma un indirizzo rigoroso e restrittivo in merito all’individuazione dei vincoli espropriativi, nel senso che avrebbero carattere non “espropriativo”, ma solo conformativo, «tutti i vincoli di inedificabilità imposti dal piano regolatore, a qualsivoglia titolo, per ragioni lato sensu ambientali: il vincolo di inedificabilità (c.d. di rispetto) a tutela di una strada esistente; il vincolo di “verde attrezzato”, il vincolo d'inedificabilità per un parco e per una zona agricola di pregio, la destinazione a verde privato (cfr. Cons. St., sez. VI, 19 marzo 2008, n. 1201; ad. plen., 24 maggio 2007, n. 7; Cass. 19 maggio 2006, n. 11848; Cons. Stato, ad. plen., 16 novembre 2005, n. 9; sez. IV, 25 maggio 2005, n. 2718; sez. IV, 15 giugno 2004, n. 4010; sez. IV, 8 giugno 2000, n. 3214)» (Consiglio di Stato, Sez. IV, 28 marzo 2022, n. 2239)”.

Sulla nozione di vincolo sostanzialmente espropriativo o espropriativo di fatto, la decisione del Consiglio di Stato n. 2205 del 12 aprile 2018, rinvia alla giurisprudenza che ha elaborato il concetto di “limiti comportanti la totale inutilizzazione”, concetto che va “enucleato in base alla insuperata giurisprudenza costituzionale, in materia di cd. espropriazione di valore (sentenze 20 gennaio 1966 n. 6 e 29 maggio 1968 n. 55), che indica il criterio per discernere le ipotesi in cui l’amministrazione esercita sui beni di proprietà privata un potere conformativo (come tale, non indennizzabile), da quelle in cui – viceversa – esercita un potere sostanzialmente ablatorio (come tale, indennizzabile, nello stesso senso Cons. Stato, Sez. V, n. 3234 del 2013; Sez. IV, n. 9372 del 2010”; la citata decisione conclude, poi, assumendo l’iscrizione, per tradizionale e indiscusso insegnamento, dei vincoli a verde pubblico (ma anche privato), giustificati da ragioni di tutela ambientale, nell’ambito dei vincoli conformativi, senza titolo ad indennizzo alcuno (Cons. Stato, Sez. V, n. 3234 del 2013; Sez. IV, n. 9372 del 2010 cit.)”.

Complessivamente, va considerato, pertanto, che il potere pianificatorio risulta ampiamente discrezionale, con disposizioni classificatorie del territorio appartenenti al merito amministrativo e sindacabili solo per manifesti errori di fatto e abnormità delle scelte, e che le osservazioni endoprocedimentali non assurgono ad elemento istruttorio qualificato; inoltre, i vincoli conformativi rispondono a destinazioni generalizzate del territorio che, nel caso specifico della L.R. Emilia-Romagna, sono anche rivolte, coerentemente agli obiettivi eurounitari, alla rigorosa minimizzazione del consumo del suolo.

Inoltre, il vincolo espropriativo-ablatorio sussiste unicamente a seguito della destinazione del singolo bene alla realizzazione dell’opera pubblica alle condizioni di legge come chiarite dalla citata giurisprudenza. Diversamente, il vincolo c.d. “sostanzialmente espropriativo” o “espropriativo di fatto” viene evocato laddove sia previsto il sostanziale svuotamento del valore economico per l’imposizione della destinazione ad un utilizzo pubblico, sostanzialmente ablativo, incompatibile con qualsivoglia iniziativa privata, restando comunque conformativi tutti i vincoli di inedificabilità imposti dallo strumento urbanistico, a qualsivoglia titolo, per ragioni lato sensu ambientali, come il vincolo relativo ad una zona agricola di pregio o anche la destinazione a verde pubblico o privato.

La previsione conformativa, inoltre, si denota per una classificazione dell’area rivolta alla definizione della destinazione urbanistica stabilita con decisione di merito da parte dell’Amministrazione, non scrutinabile dal giudice se non in base al parametro della abnormità o manifesta irragionevolezza.

Alla luce dei predetti principi, questo Collegio ritiene che le doglianze attoree siano da respingere.

In primo luogo, l’amplissima discrezionalità che connota l’adozione del PUG non risulta viziata nel caso di specie da valutazioni abnormi: la ratio sottesa alla L.R. n. 24/2017, infatti, consente di interpretare le norme definitorie dell’area rurale nel senso indicato nel caso di specie dall’Amministrazione con valutazione priva di vizio logico a fronte del criterio di minimizzazione del consumo del suolo.

La presenza di altre aree urbanizzate non esclude, infatti, la conferma da parte dello strumento urbanistico impugnato dell’area del ricorrente nella destinazione rurale alla luce del suddetto principio della massima limitazione del consumo del suolo prevista dalla nuova Legge regionale.

Infatti, l’art. 32, commi 2 e 3, della L.R. n. 24/2017, come condivisibilmente osservato dall’Amministrazione, risulta particolarmente rigoroso nel prevedere che non fanno parte, e non possono far parte, del territorio urbanizzato sia le “aree rurali”, tra le quali sono ricomprese anche quelle “intercluse tra più aree urbanizzate aventi anche un’elevata contiguità insediativa”, sia quelle riconducibili nell’ambito dell’“edificato sparso o discontinuo, collocato lungo la viabilità e le relative aree di pertinenza e di completamento”.

Inoltre, come sottolineato dall’Amministrazione, al “territorio rurale” non necessariamente devono appartenere solo i territori agricoli, ossia quelli dotati di accertata, effettiva ed attuale destinazione ad attività agrosilvopastorale o ad attività agroalimentari, poiché, oltre a quanto disposto dal richiamato art. 32, comma 3, lett. a) e b), l’art. 36 della L.R. n. 24/2017 prevede al comma 4 che “Il PUG individua e disciplina l’edificato sparso o discontinuo non facente parte del territorio urbanizzato e le relative aree di pertinenza e di completamento, di cui all'articolo 32, comma 3, lettera b) …”; al comma 5 prevede espressamente che “Il recupero degli edifici non più funzionali all'esercizio dell'attività agricola e di quelle ad essa connesse è disciplinato dal PUG …, con riferimento alle diverse caratteristiche del territorio rurale, nel rispetto della disciplina dettata dal PTPR, allo scopo di conseguire prioritariamente il recupero e la valorizzazione degli edifici di valore storico architettonico, culturale e testimoniale di cui all'articolo 32, comma 8, la qualificazione del paesaggio e il contrasto allo spopolamento e abbandono delle aree remote e marginali …”.

Le disposizioni richiamate consentono, quindi, di concludere che il dato normativo di riferimento in tema di “territorio rurale”, dunque, permette di farvi rientrare anche quelle aree inerenti all’edificato sparso o discontinuo a prescindere dalla concreta attività agricola.

La motivazione in tal senso adottata dall’Amministrazione, seppur succinta ed affidata ad una identificazione cartografica generale nel PUG, risulta sufficiente in rispetto alle finalità programmatorie del PUG e le integrazioni motivazionali offerte in sede endoprocedimentale appaiono puntuali e coerenti con le citate disposizioni normative. In ogni caso, la fattispecie non rientra nelle ipotesi di motivazione rafforzata identificate dalla giurisprudenza surriferita sul punto.

Le censure relative alla consistenza del vincolo apposto quale strumento di sostanziale natura ablatoria, richiamati i precedenti giurisprudenziali summenzionati sul punto, non può trovare accoglimento laddove nel caso di specie il PUG conferma la destinazione rurale della zona, oltretutto già precedentemente così classificata, senza indicare, nemmeno indirettamente o prospetticamente, una funzione pubblica dell’area in questione: la destinazione impressa, pertanto, non può qualificarsi quale vincolo sostanzialmente espropriativo o ablatorio di fatto, come invece lamentato dal ricorrente, in quanto presenta le caratteristiche del diverso vincolo conformativo che, pacificamente come evidenziato più volte nelle citate decisioni, comprende anche i casi di vincoli di inedificabilità imposti per ragioni lato sensu ambientali.

In ogni caso, la lamentata concreta inutilizzabilità dell’area a fini agricoli non è supportata da apprezzabile evidenza documentale, stante l’irrilevanza della concreta mancata ammissione ai contributi PAC.

La “bollinatura” cartografica quale zona con “visuali paesaggistiche da conservare” è classificazione che attiene, dunque, alla conformazione del territorio affidata, come ribadito dalla citata giurisprudenza, al merito amministrativo: nel caso di specie, in considerazione della esaminata ratio della normativa regionale rivolta alla massima conservazione delle consistenze esistenti ed alla minimizzazione dello sfruttamento del suolo, non può ritenersi la destinazione de qua impressa con valutazione abnorme o manifestamente irragionevole.

Le doglianze relative alle modalità di inserimento sistematico dell’area del ricorrente nel PUG, segnatamente nella Tavola delle Strategie anziché nella Tavola dei Vincoli, attengono nella sostanza alla medesima questione principale, sollevata con le altre censure, relativa alla legittimità della destinazione urbanistica dell’area del ricorrente, sulla quale si è già avuto modo di argomentare.

La lamentata “disparità di trattamento”, o comunque il riferimento ad un caso asseritamente analogo, non risulta pertinente alla luce del richiamato orientamento giurisprudenziale sul punto ed in ragione del radicale diverso assetto dei principi urbanistico-edilizi delineato dalla citata Legge regionale direttamente cogente rispetto alle aspettative classificatorie dell’interessato: la legittimità del titolo edilizio assentito ai proprietari confinanti non è oggetto di causa né può essere posto quale tertium comparationis rispetto alla destinazione urbanistica impressa dal PUG all’area del ricorrente in forza della necessaria applicazione della Legge regionale n. 24/2017 al caso di specie.

Pertanto, per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.

Il Collegio ritiene che in considerazione della peculiarità della materia le spese di lite possano essere compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna sezione staccata di Parma (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese di lite compensate.

Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati:

Italo Caso, Presidente

Caterina Luperto, Referendario

Paola Pozzani, Referendario, Estensore

 
   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Paola Pozzani

 

Italo Caso

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO