Giu Modifica legislativa e SCI
TAR MARCHE - SENTENZA 26 febbraio 2024 N. 170
Massima
Va dichiarata improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, la censura incentrata sulla violazione di norme costituzionali, qualora sopraggiunga una modifica legislativa che superi le censure di incostituzionalità originariamente prospettate; in particolare, la modifica apportata all'art. 19, comma 3, della l. n. 157 del 1992 dalla l. 29 dicembre 2022 n. 197 supera la censura relativa all'incostituzionalità dell'art. 25, comma 3, l. reg. Marche n. 7 del 1995 nella parte in cui consente che il controllo del cinghiale possa essere effettuato anche dai cacciatori e, di conseguenza, rende improcedibile la censura relativa alla violazione dell’art. 117 comma 2 Cost.

Testo della sentenza
TAR MARCHE - SENTENZA 26 febbraio 2024 N. 170

Pubblicato il 26/02/2024

N. 00170/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00366/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 366 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Lega per l'Abolizione della Caccia L.A.C. Onlus, Wwf Italia Ong - Onlus, rappresentati e difesi dall'avvocato Tommaso Rossi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Ancona, via Baccarani 4;

contro

Regione Marche, rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Comi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

l’Ambito Territoriale di Caccia AN2 Ancona, rappresentato e difeso dagli avvocati Daniele Carmenati, Giovanni Fattorini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

A) per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

della deliberazione della Giunta Regionale n. 645 del 17/5/2018 avente ad oggetto "L.R. n. 7/95 art. 25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023" nonché di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso, ancorché non conosciuto, ivi compreso il Documento Istruttorio allegato alla presente delibera impugnata e l'allegato A) parte integrante e sostanziale dell'atto in oggetto contenente il “Piano di controllo regionale del cinghiale 2018/2023” e di tutti i pareri degli organi competenti, nonché disapplicazione dell'art. 25 comma 3 L.R. Marche 5/1/1995 n. 7 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria", previo eventuale sollevamento da parte del Tribunale adito di questione di legittimità costituzionale relativamente a detto articolo;

B) per quanto riguarda i motivi aggiunti:

della deliberazione di Giunta Regionale Marche del 8/11/2018 n. 1469 avente ad oggetto “Integrazione dell'allegato A) della D.G.R. n. 645 del 17/5/2018 - “L.R. n.7/95, art.25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018/2023”;

nonché, per quanto occorrer possa:

del decreto del Dirigente della P.F. Caccia e Pesca nelle acque interne n. 490 del 22/10/2018, avente ad oggetto “DGR n.645 del 17/5/2018 ad oggetto “LR 7/95, art.25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023”. Approvazione del Piano operativo annuale dell'Ambito Territoriale di caccia AP – anno 2018; del decreto del Dirigente della P.F. Caccia e Pesca nelle acque interne n. 491 del 22/10/2018, avente ad oggetto “DGR n.645 del 17/5/2018 ad oggetto “LR 7/95, art.25.Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023”. Approvazione del Piano operativo annuale dell'Ambito Territoriale di caccia FM – anno 2018; del decreto del Dirigente della P.F. Caccia e Pesca nelle acque interne n. 492 del 22/10/2018, avente ad oggetto “DGR n. 645 del 17/5/2018 ad oggetto “LR 7/95, art.25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023”. Approvazione del Piano operativo annuale dell'Ambito Territoriale di caccia AN1 e AN 2 – anno 2018”; del decreto del Dirigente della P.F. Caccia e Pesca nelle acque interne n. 493 del 22/10/2018, avente ad oggetto “DGR n.645 del 17/5/2018 ad oggetto “LR 7/95, art.25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023”. Approvazione del Piano operativo annuale dell'Ambito Territoriale di caccia MC1 e MC2 – anno 2018; del decreto del Dirigente della P.F. Caccia e Pesca nelle acque interne n. 496 del 23/10/2018, avente ad oggetto “DGR n.645 del 17/5/2018 ad oggetto “LR 7/95, art.25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023”. Approvazione del Piano operativo annuale dell'Ambito Territoriale di caccia PS1 e PS2 – anno 2018;

dei Programmi Operativi Annuali redatti dai vari Ambiti Territoriali Caccia presenti nella Regione Marche;

della deliberazione di Giunta Regionale Marche n. 1103/2018 avente ad oggetto “Modifiche ed integrazione alla DGR n. 645 del 17/5/2018 “L.R: 7/95, art.25. Piano di controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023”.


 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Marche e dell’Ambito Territoriale di Caccia Ancona 2;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 novembre 2023 il dott. Giovanni Ruiu e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO e DIRITTO

Le associazioni ricorrenti dichiarano, come risulta dai rispettivi statuti, un preciso interesse, sia materiale che morale, alla salvaguardia e tutela del patrimonio faunistico-ambientale e alla difesa della natura e dell'ecosistema:

Con il ricorso introduttivo impugnano la deliberazione della Giunta Regionale delle Marche n. 645 del 17 maggio 2018, avente ad oggetto “L.R. n. 7/95 art. 25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023” (di seguito anche semplicemente Piano) e gli atti presupposti;

Con i motivi aggiunti depositati il 16 gennaio 2019 impugnano invece la D.G.R. n. 1469 dell’8 novembre 2018, avente ad oggetto “Integrazione dell'allegato A) della D.G.R. n. 645 del 17/5/2018- “L.R. n.7/95, art. 25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018/2023”, nonché la D.G.R. n. 1103/2018 e una serie di decreti con cui il dirigente della P.F. Caccia e Pesca nelle acque interne della Regione Marche ha approvato i Piani Operativi Annuali (P.O.A.) elaborati dagli Ambiti Territoriali di Caccia istituiti nelle province marchigiane.

Sollevano le seguenti censure.

1) violazione e/o falsa applicazione dell'art. 19 della L. n. 157 del 1992 e conseguente violazione dell'art. 117, comma 2, let. s), Cost., laddove vengono inclusi i “cacciatori” tra i soggetti abilitati al controllo della fauna selvatica nel territorio marchigiano. Illegittimità costituzionale dell'art. 25 della L.R. Marche n. 7 del 1995.

Con ii primo motivo, affermano che l’impugnata D.G.R. n. 645/2018 include anche gli “operatori muniti di licenza all'uopo espressamente autorizzati dalla Provincia”, tra i soggetti che possono attuare l'approvato Piano di controllo regionale del cinghiale 2018-2023, e ciò in forza di un errato richiamo al contenuto dell'art. 19, comma 2, della L. n. 157 del 1992. In realtà, questa disposizione prevede che tali piani siano attuati tassativamente soltanto dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali, che potranno a loro volta avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza di caccia, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza di caccia. Non sono dunque inclusi i cacciatori o altri operatori muniti di licenza per l'esercizio venatori. Le associazioni ricorrenti chiedono dunque al Tribunale di sollevare la questione di legittimità costituzionale - per violazione dell'art. 117, comma 2, let. s), Cost. e della norma interposta di cui all’art. 19 della L. 11 febbraio 1992, n. 157 - delle predette disposizioni regionali.

2) violazione e/o falsa applicazione dell'art. 19 della L. n. 157 del 1992 e dell'art. 25 L.R. Marche n. 7 del 1995. Eccesso di potere per difetto ed errore di motivazione e di istruttoria, per sviamento della causa tipica. Errore di presupposto in fatto e in diritto, in ragione del mancato accertamento da parte dell'ISPRA dell'inefficacia dei metodi ecologici di controllo della fauna selvatica. Mancata valutazione e motivazione circa lo scostamento dal parere espresso dall'ISPRA sul piano.

Le parti ricorrente osservano che

- l'art. 25 della L.R. n. 7 del 1995 prevede anzitutto che la Regione (la quale, ai sensi della L.R. n. 13 del 2015, ha ereditato le competenze in precedenza attribuite alle Province), eserciti il controllo selettivo della fauna in sovrannumero mediante “cattura” (termine che va però interpretato alla luce dell’art. 19 della L. n. 157 del 1992, che utilizza il ben più ampio concetto di “metodi ecologici”) ovvero, qualora l'ISPRA verifichi l'inefficacia degli altri metodi, mediante piani di abbattimento (comma 2). La legge statale di principio stabilisce dunque una rigida subordinazione dei piani di abbattimento alla preventiva utilizzazione dei metodi ecologici su parere dell'ISPRA, mentre l'abbattimento è permesso solo se l'ISPRA ha verificato l'inefficacia dei metodi ecologici;

- come ribadito in più occasioni anche dalla Corte Costituzionale, la disposizione statale, in quanto preordinata alla preservazione della fauna, è inderogabile da parte della legislazione regionale (vedasi la sentenza n. 278 del 2012) ed essa assegna particolare valore all'intervento dell'ISPRA allo scopo di garantire l'osservanza di livelli minimi e uniformi di protezione ambientale. La priorità dei “metodi ecologici” rispetto ai piani di abbattimento deve essere dunque assicurata senza alcun tipo di eccezione e deroga da parte della legislazione regionale;

- l’impugnata D.G.R. n. 645/2018 non e` conforme al suddetto principio di gradualità, dal momento che prescrive i piani di abbattimento senza che ci sia stata una verifica in concreto estesa a tutto il territorio interessato dal Piano dell'inefficacia dei “metodi ecologici”. La Regione Marche, quand’anche avesse valutato gli esiti dei metodi alternativi, ha omesso di dare conto di tale valutazione e, soprattutto, ha omesso di fornire i relativi dati all’ISPRA ai fini dell’espressione del parere di competenza;

- peraltro, da un attento esame dei dati contenuti nel Piano regionale impugnato (che riporta dati forniti dalle singole Province riferiti al periodo 2012-2017) emergerebbe la quasi totale assenza del ricorso ai “metodi ecologici” (quali trappole, recinzioni elettrificate, colture "a perdere", interventi con repellenti odorosi, recinzioni meccaniche, cannoncini dissuasori). Emerge altresì che, laddove i metodi ecologici sono stati utilizzati, essi hanno fornito buoni risultati, per cui la Regione avrebbe dovuto semmai implementare il ricorso a tali metodi e solo in caso di accertata inefficacia di tale strategia avrebbe potuto prescrivere i piani di abbattimento;

La D.G.R. n. 645/2018 sarebbe illegittima anche per difetto di istruttoria e di motivazione, e ciò in considerazione dei contenuti e della natura del parere - sfavorevole - che l'ISPRA ha espresso sul Piano. La Regione, una volta richiesto il parere all'ISPRA, avrebbe dovuto modificare il Piano secondo le indicazioni dell'Istituto (con particolare riferimento alle critiche sull’utilizzo della braccata) oppure discostarsene ma fornendo adeguata motivazione. La Regione Marche si è invece discostata de plano dal parere ISPRA nonché da quello espresso dalle Polizie provinciali, senza motivare tale scelta.

3) Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 25 della L.R. Marche n. 7 del 1995. Eccesso di potere per difetto ed errore di motivazione e di istruttoria, e per sviamento della causa tipica. Errore di presupposto in fatto e in diritto in ragione del mancato accertamento del requisito fondamentale della “presenza in sovrannumero” della fauna oggetto del piano.

Con questo motivo le ricorrenti evidenziano che la D.G.R. impugnata è illegittima anche per il fatto che nella specie manca il presupposto fondamentale in presenza del quale l'art. 25 L.R. della L.R. n. 7 del 1995 (in ciò dettando una normativa di maggior tutela rispetto alla legge quadro nazionale, cosa che è certamente permessa alle Regioni) consente il controllo selettivo delle specie di fauna selvatica, cioè il "sovrannumero" delle stesse. Ciò è confermato dal documento istruttorio annesso alla D.G.R., in cui si afferma erroneamente che "…il Piano in esame fonda il presupposto degli interventi di controllo numerico del cinghiale, non sulla presenza più o meno elevata di individui di cinghiale ma sulla rilevanza dei danni che questi determinano alle produzioni agricole…". E prosegue dicendo che "…l'aspetto di maggior interesse per individuare le aree di intervento è da ricercare nella quantità e distribuzione dei danni (...)". A ciò si aggiunga che in tutto il Piano non vi è traccia di una analisi numerica e quantitativa sulla presenza del cinghiale nell’intero territorio regionale e neppure a livello provinciale, tale da poter consentire di affermare con certezza che la specie sia "in sovrannumero". Del resto, anche l'ISPRA, nel proprio parere, censurava la mancata indicazione delle modalità e tecniche di stima della popolazione del cinghiale utilizzate per ottenere i valori riportati;

4) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 paragrafo 3 della direttiva 92/43/CEE ("habitat"), dell’art. 5, comma 1, e dell’art. 6, comma 2, del D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357 s.m.i. Mancata effettuazione della valutazione di incidenza sul piano di controllo. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 6, comma 2, del D.lgs. n. 152 del 2006 per mancata sottoposizione a procedura di VAS del piano quinquennale di controllo. Eccesso di potere per carenza e/o illogicità della motivazione e per sviamento della causa tipica. Errore di presupposto in fatto e in diritto.

Si lamenta la mancata sottoposizione del Piano a Vas e Valutazione d’Incidenza.

Con il ricorso per motivi aggiunti in data 16 gennaio 2019 le ricorrenti contestano che con l’impugnata D.G.R. n. 1469/2018, dopo il capitolo 6 dell'allegato A) della D.G.R. n. 645/2018, è stato inserito il capitolo 7, il quale prevede quanto segue: “7. Controllo numerico diretto del cinghiale 2018-2020 Fino al 31 dicembre 2020, in via sperimentale e straordinaria, fermo restando tutto quanto contiene il Piano di cui trattasi (DD.GG.RR. nn. 645/18 e 1103/18), l'attività di controllo numerico del cinghiale può essere effettuata dai proprietari o conduttori dei fondi, al fine di contenere i danni agricoli, oltre a quanto già previsto (capitolo 3.2.1 e capitolo 3.2.2), attraverso cattura e/o abbattimento sui fondi, in ogni fase del ciclo produttivo, ricadenti nelle zone A), B) e C), compresi gli istituti faunistici in cui e` vietato l'esercizio venatorio ai sensi della L. n. 157/92, secondo le seguenti modalità” (e di seguito sono elencate nel dettaglio tali modalità).

Con i motivi aggiunti deducono quindi le seguenti censure.

e) Invalidità derivata da quella dei provvedimenti impugnati nel ricorso introduttivo;

f) Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 19 della L. n. 157 del 1992 e conseguente violazione dell'art. 117, comma 2, let. s), Cost. Violazione dell’art. 25 L.R. n. 7 del 1995. Eccesso di potere per carenza e difetto di istruttoria e di motivazione e per sviamento della causa tipica.

A detta delle ricorrenti la D.G.R. n. 1469/2018 amplia in maniera significativa sia le aree e i tempi di intervento del controllo del cinghiale, sia i soggetti che possono effettuare tale controllo, in tal modo accentuando la violazione degli standards minimi di tutela imposti dalla L. n. 157 del 1992 già posta in essere con la D.G.R. n. 645/2018.

Infatti, in base alla D.G.R. n. 1469/2018 fino al 31 dicembre 2020 non ci saranno più limiti di alcun genere per quanto attiene alle modalità operative di intervento nelle diverse zone (A, B o C) che, invece, nella D.G.R. n. 645 erano normate in maniera articolata e differenziata per ogni tipo di zona.

La motivazione, riportata nel documento istruttorio con riferimento alle preoccupazioni del mondo agricolo per la salvaguardia delle proprie attività a seguito dell’ordinanza cautelare n. 5165/2018 del Consiglio di Stato (che ha sospeso in parte l’efficacia del Calendario Venatorio 2018/2019 della Regione Marche) sarebbe insufficiente.

Si sono costituiti in giudizio la Regione Marche e l’Ambito Territoriale di Caccia AN2, resistendo al ricorso.

Con ordinanza collegiale n. 251 del 2019, il Tribunale ha sollevato la questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 25, commi 2-bis (ultimo periodo) e 3, della L.R. Marche 5 gennaio 1995, n. 7 e s.m.i. - nella parte in cui tali disposizioni ampliano il novero dei soggetti attuatori dei piani di controllo della fauna selvatica rispetto all’elencazione di cui all’art. 19, comma 2, della L. 11 febbraio 1992, n. 157 - per contrasto con l’art. 117, comma 2, let. s), Cost. La questione è stata dichiarata inammissibile dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 160 del 2020.

Alla pubblica udienza del 9 novembre 2023 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

1 In primo luogo deve essere respinta l’eccezione di sopravvenuta carenza d’interesse dedotte dalla Regione Marche relativamente alla mancata impugnazione dei Piani operativi delle ATC di cui al piano oggetto del ricorso e alla scadenza del piano. Infatti, il piano è ancora in corso per l’anno 2023 e non risulta ancora sostituito. Inoltre, la natura esclusivamente programmatoria del Piano rispetto ai Piani Operativi non è affermata dalla Regione Marche

1.1 Nel merito, il ricorso introduttivo in parte deve essere in parte accolto, in parte dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse e per il resto deve respinto.

1.2 Con riguardo al primo motivo, come riportato nelle memorie delle associazioni ricorrenti e della Regione Marche, va preso atto che la modifica apportata all'art. 19 co.3 L. 157/92 dalla l. 29 dicembre 2022 n. 197 supera la censura relativa all'incostituzionalità dell'art. 25 co.3 L.R. 7/95 nella parte in cui consente che il controllo del cinghiale possa essere effettuato anche dai cacciatori e, di conseguenza, rende improcedibile la censura relativa alla violazione dell’art. 117 comma 2 cost., originariamente oggetto dell’ordinanza di rimessione di questo Tar n. 251 del 2019.

2 Con riguardo al secondo motivo del ricorso introduttivo, le associazioni ricorrenti in primo luogo lamentano l’assenza di prova dell’inefficacia dei metodi ecologici, che deve essere accertata da ISPRA ai sensi dell’19 della L. n. 157 del 1992 e dell'art. 25 L.R. Marche n. 7 del 1995.

2.1 Nota innanzitutto il Collegio come lo stesso parere ISPRA non contenga alcun rilievo al riguardo. Infatti, le parti ricorrenti lamentano anche la mancata valutazione dell’efficacia di tali metodi da parte dello stesso ISPRA. In realtà, da pagina 85 a pagina 100 del Piano, la Regione dettaglia l’utilizzo dei metodi di prevenzione nelle annate precedenti, unitamente all’abbattimento selettivo disposto dalla Province sulla base dei piani approvati da ISPRA. Il Piano mostra altresì un aumento dei risarcimenti per danni alle colture e, dal 2015 al 2016, dopo un’iniziale diminuzione, un aumento della percentuale dei terreni interessati. La delibera impugnata prevede, unitamente all’abbattimento, misure ecologiche raggruppate sotto la misura “Limitazione dell'accessibilità alle fonti alimentari”, che prevede l’impianto di specifiche misure di prevenzione per gli agricoltori che, nell’anno precedente, hanno subito danni per più di 100 euro. Inoltre, vengono stabilite misure di prevenzione attraverso l’aumento del prelievo venatorio.

2.2 Va quindi ritenuto che nel contenuto del Piano in esame sia ravvisabile il rispetto dell’art. 19 comma 2 del testo del D.lgs n. 157 del 1992, nel senso che si è data sufficiente contezza dell’insufficienza dei “metodi ecologici” e che non vi fosse un obbligo dell’ISPRA di rendere un parere specifico relativo a metodi ecologici già ampiamente sperimentati nella Regione Marche e analizzati dall’ISPRA medesimo, con i loro pro e contro, in precedenti pubblicazioni (Linee guida per la gestione del Cinghiale ed. 2003, citate nelle difese dell’Ambito Territoriale di Caccia di Ancona- si veda sul pinto anche Tar Lombardia Brescia 8 aprile 2019 n. 319).

2.3 Le censure sono invece fondate con riguardo alla previsione della braccata come metodo di controllo. Infatti, le controdeduzioni della Regione Marche al parere ISPRA appaiono del tutto insufficienti. ISPRA ha obiettato che “In particolare, al riguardo si evidenzia che la braccata con cani da seguita non assicura la selettività del prelievo, può determinare impatti su specie non- target (ad es. Capriolo o Cervo) e può favorire l'erratismo dei cinghiali, concorrendo a determinare una concentrazione delle presenze ali 'interno delle aree protette o una più ampia distribuzione di queste sul territorio, di conseguenza aumentando il rischio di impatti alle attività agricole nonché di incidenti stradali. Per tali motivi, questo Istituto ritiene che andrebbe escluso qualunque ricorso alla braccata per realizzare interventi di controllo. Si ribadisce altresì che qualunque intervento che preveda l'utilizzo di più di un cane (p. e. girata con 2 o 3 cani, ancorché abilitati come limieri) è da considerarsi una braccata e, come tale, da escludersi tra le tecniche utilizzate per il controllo della fauna. La risposta della Regione si limita a controdedurre che “Pur condividendo che la braccata non possa definirsi metodo selettivo nel controllo ciò non toglie che è una delle tecniche più efficaci da sempre utilizzate e praticate ancora oggi anche da altre Regioni Italiane (es. Toscana ed Emilia Romagna) con il parere favorevole dello stesso ISPRA”. Tali controdeduzioni sono generiche, non dando conto delle modalità di utilizzo della braccata nelle altre Regioni. Né può dare una giustificazione retroattiva all’utilizzo della braccata il riferimento, nelle difese regionali, al D.M. 13 giugno 2023, “Adozione del piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica”, la quale prevede, con limitazioni simili a quelle del piano in oggetto, la braccata, considerata la sua approvazione ben successiva al piano.

2.4 Inoltre, il Piano in esame si distingue per la genericità delle condizioni di utilizzo della braccata, dato che la stessa può essere attivata quando “a giudizio degli APP, possa essere garantito un disturbo limitato alla fauna diversa dal cinghiale” Tale previsione consente, sia pure con le limitazioni previste dalla Regione con riguardo alle modalità di svolgimento della braccata, una fortissima discrezionalità incompatibile con l’eccezionalità del ricorso a tale tecnica per la caccia di selezione.

3 Con il terzo motivo di ricorso si contesta la mancata verifica del soprannumero. Sul punto, ISPRA ha osservato che “In merito alle stime di densità fornite, si rileva come manchino indicazioni sulle modalità e le tecniche di stima della popolazione utilizzate per ottenere i valori riportati. Poiché la programmazione della gestione del Cinghiale (ai fìni anche di una riduzione degli impatti causati da questa specie) si basa su tali valori, sarebbe opportuno che codesta Amministrazione utilizzi sistemi affidabili, in grado cioè di rappresentare l'effettiva distribuzione e consistenza degli animali presenti sul territorio. " La Regione, nel Piano impugnato osserva che“ il Piano in esame, così come previsto dalla vigente normativa, fonda il presupposto degli interventi di controllo numerico del cinghiale, non sulla presenza più o meno elevata di individui di cinghiale ma sulla rilevanza dei darmi che questi determinano alle produzioni agricole. Infatti l'art. 19 della L. 157/92 riporta al comma 2: "Le regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro forestali ed ittiche, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica."

3.1 Il Collegio ritiene che la replica della Regione sia idonea a confutare l’obiezione di ISPRA. Infatti, a parere del Collegio la nozione di “sovrannumero” può basarsi anche su un’accurata analisi (presentata nel piano impugnato) dei danni provocati alle colture, il cui andamento è un evidente sintomo della presenza di un numero eccessivo di animali selvatici. Peraltro il piano contiene, in aggiunta all’analisi dei danni alle colture, anche la consistenza e la densità per gli anni precedenti (pgg. 15-36). Ad avviso del Collegio, l’analisi effettuata dalla regione rispetta quindi il citato articolo 19, nonché l’art. 25 della legge Regione Marche 13/1995, il quale prevede che la Regione provvede al controllo delle specie di fauna selvatica in sovrannumero anche nelle zone in cui è vietata la caccia. Del resto, lo stesso parere ISPRA non contesta la mancanza di dati numerici, ma si limita a censurare (con un “sarebbe opportuno”) la mancata indicazione delle fonti delle stime. Ancora, il ricorso non contiene contestazioni specifiche dei dati presentati dalla Regione, concentrandosi sul parere di ISPRA e sul dedotto difetto d’istruttoria vengono non.

4 Con riguardo al quarto motivo, il Piano di Controllo del Cinghiale riguarda un’attività limitata, appunto, al controllo di tale specie. L’art. 18, comma 2, della L. n. 157/1992 si riferisce genericamente a “piani faunistico-venatori”. Va quindi ritenuto che il piano in esame, nonostante la denominazione, non sia qualificabile come “piano o progetto” nel senso voluto dal T.U. n. 152/2006 e quindi non sia sottoposto a VAS/VIA, né a valutazione di incidenza (VIncA) ai sensi del DPR 357/1997. In particolare, nel ricorso si afferma che “valutare l’incidenza dei piani di abbattimento del cinghiale sui territori inseriti nella Rete Natura 2000 deriva dall’opportunità di valutare preventivamente l'impatto che tali abbattimenti- anche unitamente alle pratiche connesse all'esercizio venatorio delle medesime specie- possono avere sugli habitat e sulle specie di interesse comunitario visti nel loro complesso, come un unicum indistinguibile che trae il proprio equilibrio da una equilibrata gestione globale, non rilevando a tal fine che l'abbattimento riguardi specie particolarmente a rischio o meno”.

4.1 A parere del Collegio si tratta di affermazioni eccessivamente generiche. Del resto la Regione Marche ha successivamente incluso il controllo del cinghiale all’interno del piano faunistico regionale approvato con delibera n. 108 del 18 febbraio 2020 (sottoposto a VAS e VIncA), proprio in ossequio al principio per cui deve essere valutato, quando possibile, l’impatto cumulativo delle varie componenti aventi impatto sulla gestione delle aree protette.

4.2 Il ricorso introduttivo è quindi in parte fondato, limitatamente all’illegittimità della previsione della braccata come metodo di controllo selettivo (paragrafo 3.2.4 del Piano), in parte improcedibile (con riguardo al primo motivo di ricorso) e per il resto è infondato.

5 Il ricorso per motivi aggiunti è infondato, per cui si prescinde dall’eccezione preliminare fatta valere a verbale d’udienza dal Collegio.

5.1 Con il primo motivo è contesta l’invalidità derivata, Con il secondo motivo, le ricorrenti contestano la modifica introdotta dal punto 7.1.2 della DGR 1649 del 8 novembre 2018, che prevede come il proprietario o conduttore di fondo coltivato, non munito di licenza di caccia, ove sono posizionati gli impianti di cattura ed in possesso di attestato di partecipazione al corso organizzato dall'ATC o dalle Organizzazioni Professionali Agricole circa l'uso degli impianti di cattura. Sul punto va detto che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 21 del 2021, ha ritenuto non tassativa l'elencazione dei soggetti abilitati al contenimento della fauna nociva previsto dall'art. 19 della legge n. 157 del 1992, anche per l'esigenza di limitare le popolazioni di determinate specie di fauna selvatica che hanno subito un notevole incremento. Il punto 7.1.2, coordinato con il punto 7.1.3 del Piano, fa una chiara differenza tra il proprietario o conduttore di fondo coltivato ove sono posizionati gli impianti di cattura ed in possesso di attestato di partecipazione al corso organizzato dall'ATC o dalle Organizzazioni Professionali Agricole dotato o meno di licenza di caccia. I primi hanno un mero compito di gestione degli impianti di cattura, mentre l’abbattimento viene delegato agli APP. Al contrario i soggetti muniti di licenza di caccia comunicano alla Polizia Provinciale la cattura e procedono all’abbattimento. Appare quindi evidente la diversità ontologica dei ruoli, dato che i soggetti privi di licenza di caccia hanno un mero compito di controllo delle trappole. Del resto il parere di ISPRA, opera la medesima distinzione, dato che richiede che gli operatori “oltre a disporre delle necessarie autorizzazioni all’uso delle armi in caso di abbattimenti siano opportunamente preparati mediante appositi corsi di formazione”. La gestione delle trappole costituisce una collaborazione al controllo non proibita dalla normativa invocata dalle ricorrenti, e la DGR 1649/2018 fa una chiara distinzione sul punto, non prevedendo (ovviamente) l’abbattimento da parte dei soggetti non muniti di licenza di caccia. Al contrario, il controllo da parte dei soggetti privi di licenza prevede una necessaria collaborazione e supervisione della Polizia Provinciale. Il coinvolgimento di quest’ultima non può che riguardare ogni cattura, dovendo essa procedere all’eventuale abbattimento. Infine, la parte della censura che lamenta l’estensione delle zone di abbattimento risulta generica e non circonstanziata, e deve conseguentemente essere anche essa respinta.

3 Per quanto sopra, il ricorso introduttivo deve essere parzialmente accolto e per l’effetto l’impugnata deliberazione della Giunta Regionale n. 645 del 17 maggio 2018 va annullata limitatamente alla previsione della braccata come metodo di controllo selettivo (paragrafo 3.2.4). Il ricorso introduttivo va altresì dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse con riguardo al primo motivo di ricorso e per il resto respinto. Il ricorso per motivi aggiunti deve essere integralmente respinto.

3.1 La parziale soccombenza giustifica l’integrale compensazione delle spese tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso:

-accoglie in parte il ricorso introduttivo, in parte lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse e per il resto lo respinge, come specificato in motivazione.

-respinge il ricorso per motivi aggiunti.

Compensa integralmente le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Renata Emma Ianigro, Presidente

Giovanni Ruiu, Consigliere, Estensore

Simona De Mattia, Consigliere

 
   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Giovanni Ruiu

 

Renata Emma Ianigro

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO???????