Giu Sulla natura del parere reso dal C.G.A.R.S.
C.G.A.R.S. Adunanza Sez. riunite - PARERE 05 febbraio 2024 N. 24
Massima
A seguito della eliminazione della potestà del Governo regionale di deliberare in senso difforme rispetto al parere reso dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede consultiva, quest’ultimo abbia assunto, come già avvenuto a seguito della novella del 2009 per il parere espresso dal Consiglio di Stato, carattere sostanzialmente decisorio, proprio in ragione della sua forza assolutamente vincolante

Testo della sentenza
C.G.A.R.S. Adunanza Sez. riunite - PARERE 05 febbraio 2024 N. 24

REPUBBLICA ITALIANA

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Adunanza delle Sezioni riunite del 16 gennaio 2024


 

NUMERO AFFARE 00203/2023

OGGETTO:

Presidenza della Regione Siciliana - Ufficio legislativo e legale.


 

Ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana, proposto dalla signora -OMISSIS-, per l’annullamento del D.D.G. n. 5359 del 3 marzo 2005 del Dipartimento regionale dei beni culturali, con il quale, a seguito del superamento del concorso pubblico per la copertura di n. 70 posti di dirigente tecnico archeologo, la stessa è stata inquadrata nella categoria “D” – “Funzionario”. Richiesta di riesame del parere di questo Consiglio n. rg. 644/06, reso nell’adunanza delle Sezioni riunite dell’11 dicembre 2007.

LA SEZIONE

Vista la nota di trasmissione della relazione prot. n. 22331/535.05.08 in data 9 novembre 2023, con la quale la Presidenza della Regione Siciliana - Ufficio legislativo e legale ha chiesto il parere del Consiglio di Giustizia Amministrativa sull’affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Vincenzo Martines.


 

Premesso e considerato

1. Il Dipartimento regionale della funzione pubblica e del personale, con nota prot. n. 89855 del 25 ottobre 2023, dopo la notifica della sentenza n. 656 del 9 ottobre 2023 di questo Consiglio - emessa a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 63/2023, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 5, del d.lgs. n. 373/2003, eliminando così la facoltà del Presidente della Regione Siciliana di dissociarsi dal parere reso dalle Sezioni riunite - ha rappresentato «la difformità e quindi il contrasto del parere del C.G.A., reso in precedenza, in senso favorevole alla ricorrente (fattispecie esposta nella deliberazione n.262 del 29 settembre 2011 della Giunta regionale), rispetto al giudicato della Corte di Cassazione, che sulla questione di diritto si è pronunciata più volte con sentenze ormai definitive, rese in modo favorevole per l’amministrazione su analoghi ricorsi promossi dinanzi al competente giudice del lavoro.».

Sulla base della considerazione che «solo le pronunce della Corte di Cassazione hanno effetto di giudicato sostanziale» ha chiesto «il riesame di merito del parere, emesso a suo tempo, in sede di ricorso straordinario; ciò come rimedio utile per evitare che si realizzi un contrasto tra giudicati sulla medesima questione giuridica».

2. La questione si riferisce al contenzioso concernente l’impugnazione del decreto del Presidente della Regione Siciliana n. 1017 del 7 novembre 2011, nonché della deliberazione della Giunta regionale n. 262 del 29 settembre 2011, di autorizzazione, con il quale è stato rigettato il ricorso straordinario promosso dalla dottoressa -OMISSIS-, in difformità al parere n. 644/2006 reso dal Consiglio nell’adunanza delle Sezioni riunite dell’11 dicembre 2007.

Il decreto del Presidente della Regione Siciliana n. 1017/2011, discostandosi da quanto ritenuto nel parere n. 644/2006, ha affermato la legittimità dell’inquadramento della ricorrente nella categoria “D” – “Funzionario”, anziché, come richiesto col ricorso straordinario e riconosciuto nel parere n. 644/2006, in quella di dirigente di terza fascia.

3. L’Ufficio legislativo e legale, con nota prot. n. 22331/535.05.8 del 9 novembre 2023, ha sottoposto la citata richiesta di riesame al Collegio e, a garanzia del contradditorio, ha trasmesso la richiesta alle parti «per l’eventuale presentazione di memorie difensive, entro e non oltre il termine del 30 novembre 2023».

L’Ufficio legislativo e legale in ordine all’ammissibilità della richiesta di riesame rammenta che «l’orientamento prevalente sembra attestarsi in senso restrittivo, ammettendolo soltanto nelle fattispecie nelle quali è esperibile il rimedio (a sua volta straordinario) della revocazione» e che «[q]uesto orientamento è stato recepito nella Direttiva presidenziale del 19 giugno 2020 (pubblicata nella GURS n. 37 del 3 luglio 2020, p. 27), in tema di ricorsi straordinari al Presidente della Regione Siciliana.».

A fronte di tale indirizzo, che nega la possibilità di riesame del parere, richiama «un filone interpretativo che ritiene ammissibile la richiesta di riesame del parere de quo anche in altre ipotesi, e segnatamente nelle seguenti:

- ius superveniens, quando tra la formulazione del parere e l’emanazione del decreto decisorio siano sopravvenute nuove norme che comunque impedirebbero l’esecuzione della decisione conforme al parere (lo stesso criterio viene talvolta richiamato per le sopravvenienze rilevanti in fatto);

- ipotesi di obiettiva certezza della non conformità al diritto vigente;

- ipotesi di contrasto logico con decisioni giurisdizionali passate in giudicato, ovvero di irrimediabile contrasto con indirizzi giurisprudenziali consolidati (Cons. St., comm. spec., 12.2.1979 n. 100/290; Cons. St., ad. gen., 4.4.1991 n. 23/91; Cons. St., III, 25.6.1991, n. 1020/1990; Cons. St., comm. spec., 29.2.2000 n. 201/1990; Cons. St., 23.6.2004 n. 2763/02: Cons. St., I, 16.1.2008 n. 4416/2007).»

4. La dottoressa -OMISSIS-, per il tramite dei sui difensori avvocati Girolamo Rubino e Calogero U. Marino, ha depositato, con p.e.c. del 29 novembre 2023, una memoria volta a dimostrare l’infondatezza della richiesta di riesame del parere n. 644/2006, reso nell’adunanza a Sezioni riunite dell’11 dicembre 2007.

Evidenzia che «è stato lo stesso Ufficio legislativo e legale a prendere atto e a codificare il suddetto consolidato orientamento giurisprudenziale, a mezzo della recente DIRETTIVA PRESIDENZIALE 19 giugno 2020 Ricorsi straordinari al Presidente della Regione siciliana - Disciplina dell’istituto e aggiornamenti legislativi e giurisprudenziali- Rispetto dei termini per l’istruzione-, ove è stato testualmente previsto che “Invero, su richiesta dell’ULL, anche dietro sollecitazione di una delle parti, è possibile il riesame di un parere precedentemente reso dal Cgars e non ancora recepito in un decreto del Presidente della Regione Siciliana, limitatatamente “ai soli casi in cui, in difetto di tale riesame, sarebbe aperta la via - per ambo le parti del giudizio - alla richiesta di revisione: ossia ai soli casi in cui si configuri la sussistenza di alcuna delle ipotesi ex art. 395 c.p.c.” (v. parere Cgars sez. riun., 6 novembre 2012, 417).».

Trascrive, in ordine ad una fattispecie del tutto analoga a quella in esame, il parere n. 416/2011, reso nell’adunanza a Sezioni riunite del 6 novembre 2006, ove si legge che «[s]i è trattato, secondo la Regione, di un’opzione ermeneutica erronea, perché non seguita né dalla Cassazione, né da varie pronunzie di queste stesse Sezioni Riunite. Quand’anche si convenisse sul punto, ciò non consente il riesame del parere. È vero, invece, che sull’opzione interpretativa scelta non v’è spazio a riesame.

È nella fisiologia del sistema giustiziale, che si basa sul limite soggettivo del giudicato per le sole parti del procedimento, che possa darsi adito a decisioni diverse di casi analoghi: non è certamente un bene che ciò avvenga, ma il rimedio per scongiurarlo va ricercato nella chiarezza delle norme, non nell’indefinita possibilità di rimetter mano a decisioni già prese.».

Eccepisce, infine, «la palese tardività della richiesta di riesame in questione, formulata a distanza di ben 9 mesi della sentenza della Corte costituzionale n. 63/2023 del 21 febbraio 2023 che ha eliminato la possibilità per il Presidente della Regione di discostarsi dal parere reso dal CGA e che, a partire dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, ha reso vincolante per l’amministrazione regionale il parere di Codesto CGARS n. 644/06 dell’11 dicembre 2007».

5. L’occasione è utile per un approfondimento della prassi che prevede il riesame del parere precedentemente reso dalle Sezioni riunite alla luce dell’intervenuta sentenza della Corte costituzionale n. 63/2023, che ha eliminato una differenza sostanziale tra i pareri resi da questo Consiglio sui ricorsi straordinari al Presidente della Regione Siciliana e quelli resi dal Consiglio di Stato sui ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica.

5.1. Al riguardo, giova, innanzitutto, ricordare che il ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana, a differenza di quello al Presidente della Repubblica, trova fondamento in una disposizione di rango costituzionale.

La disciplina del ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana è contenuta, in generale, nell’art. 23 del regio decreto legislativo del 15 maggio1946 n. 455, recante lo Statuto della Regione Siciliana, convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, che così prevede: «[g]li organi giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive sezioni per gli affari concernenti la Regione. Le Sezioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti svolgeranno altresì le funzioni, rispettivamente, consultive e di controllo amministrativo e contabile. I magistrati della Corte dei conti sono nominati, di accordo, dai Governi dello Stato e della Regione. I ricorsi amministrativi, avanzati in linea straordinaria contro atti amministrativi regionali, saranno decisi dal Presidente della Regione sentite le Sezioni regionali del Consiglio di Stato».

5.2. L’istituto, poi, trova la sua compiuta disciplina nell’art. 9 del d.lgs. n. 373 del 24 dicembre 2003, recante «norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana concernenti l’esercizio nella regione delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato», che così statuisce: «[i]l Consiglio di giustizia amministrativa, nella sua composizione consultiva, è organo di consulenza giuridico-amministrativa del Governo regionale. La legge regionale, ferma restando l’obbligatorietà del parere sugli atti regolamentari del Governo della Regione, determina gli altri casi in cui è richiesto il parere obbligatorio del Consiglio di giustizia amministrativa. È in facoltà del Governo regionale di chiedere il parere del Consiglio in ogni altra ipotesi. Quando il parere riguarda materie che incidano notevolmente sugli interessi generali dello Stato o di altre Regioni, il Consiglio può deferirne l’esame all’Adunanza generale del Consiglio di Stato, sentita sul punto la Regione. In tale caso l’Adunanza generale esamina gli affari su preavviso del Consiglio di giustizie amministrativa e con l’intervento di almeno due magistrati di quest’ultimo. Sui ricorsi straordinari di cui all’articolo 23 dello Statuto il parere è obbligatorio ed è reso dalla adunanza delle Sezioni riunite del Consiglio di giustizia amministrativa. Per la validità dell’adunanza è richiesta la presenza di almeno nove membri. Qualora il Presidente della Regione non intenda decidere il ricorso in maniera conforme al parere del Consiglio di giustizia amministrativa, con motivata richiesta deve sottoporre l’affare alla deliberazione della Giunta regionale. All’Adunanza generale del Consiglio di Stato, composta ai sensi del comma 3, è altresì devoluta la cognizione dei conflitti di competenza, in sede consultiva, tra il Consiglio di giustizia amministrativa e il Consiglio di Stato»;

Essendo la disciplina del ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana contenuta nelle norme di attuazione dello Statuto speciale, fonte a competenza «separata e riservata» rispetto a quella esercitabile dalle ordinarie leggi della Repubblica (vds. Corte costituzionale sent. n. 180/1980), tale disciplina attuativa si era uniformata a quelle vigente ratione temporis, che giova evidenziare era antecedente alla riforma dell’istituto del ricorso straordinario contenuta nell’art. 69 della legge n. 69 del 2009.

5.3. Solo a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 63/2023 ha cessato di avere efficacia, ex art. 136 Cost., l’art. 9, comma 5, del d. lgs. n. 373/2003, secondo il quale «[q]ualora il Presidente della Regione non intenda decidere il ricorso in maniera conforme al parere del Consiglio di giustizia amministrativa, con motivata richiesta deve sottoporre l’affare alla deliberazione della Giunta regionale.»; di conseguenza, è stato soppresso il potere del Presidente della Regione Siciliana di discostarsi dal contenuto del parere reso da questo Consiglio in sede consultiva.

5.4. Il carattere vincolante, o no, del parere reso dall’Organo consultivo ha, senza dubbio, inciso profondamente sul processo di evoluzione che ha interessato il rimedio del ricorso straordinario.

Come sottolineato dalla Corte costituzionale «[s]iffatto processo – pur non comportando una giurisdizionalizzazione dell’istituto, al quale va comunque riconosciuta una natura “giustiziale” che differisce da quella giurisdizionale (sentenze n. 24 del 2018 e n. 73 del 2014) – ha determinato l’ampliamento delle garanzie e degli strumenti di tutela a disposizione di chi si avvale di tale rimedio proprio sulla base della mutata natura vincolante del parere dell’organo consultivo.» (Corte costituzionale n. 63/2023).

Il ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana, a causa della differente fonte normativa, è rimasto “congelato” alla disciplina vigente e trasfusa nel d.lgs. n. 373/2003, per la cui modifica necessita di un procedimento normativo paritetico, previsto e disciplinato dall’art. 43 dello Statuto speciale.

5.5. Limitando il campo alla questione che in questa sede interessa, non v’è dubbio che a seguito della eliminazione della potestà del Governo regionale di deliberare in senso difforme rispetto al parere reso dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede consultiva, quest’ultimo abbia assunto, come già avvenuto a seguito della novella del 2009 per il parere espresso dal Consiglio di Stato, carattere sostanzialmente decisorio, proprio in ragione della sua forza assolutamente vincolante.

Al riguardo giova ricordare che la Corte costituzionale - che in passato aveva riconosciuto natura amministrativa all’istituto del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, soprattutto in ragione della facoltà del Consiglio dei ministri di adottare una decisione difforme dal parere del Consiglio di Stato (sentenza n. 254 del 2004) - aveva valorizzato «[l]’acquisita natura vincolante del parere del Consiglio di Stato, che assume così carattere di decisione, [la quale] ha conseguentemente modificato l’antico ricorso amministrativo, trasformandolo in un rimedio giustiziale, che è sostanzialmente assimilabile ad un “giudizio”» (sentenza n. 73 del 2 aprile 2014).

Ancora la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto «che, a seguito delle modifiche apportate dalla legge del 2009 e dal decreto legislativo del 2010, il processo di trasformazione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica si sia concluso con la sua competenza ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione.» (Sez. I, Mediani c. Italia, 1° ottobre 2020, ric.11036/14).

Giova, infine, ricordare che la Corte regolatrice a seguito dell’eliminazione del potere di discostarsi dal parere del Consiglio di Stato ha affermato che tale novità normativa «conferma che il provvedimento finale, che conclude il procedimento, è meramente dichiarativo di un giudizio: che questo sia vincolante, se non trasforma il decreto presidenziale in un atto giurisdizionale (in ragione, essenzialmente, della natura dell’organo emittente e della forma dell’atto), lo assimila a questo nei contenuti, e tale assimilazione si riflette sull’individuazione degli strumenti di tutela, sotto il profilo della effettività» (Cass., sez. un., n. 2065 del 2011).

Di tale nuovo carattere del parere consultivo dovrà tenersi debito conto per la soluzione della questione in esame.

6. Passando all’esame della richiesta di riesame del parere emesso da queste Sezioni riunite, deve valutarsi, innanzitutto, la questione preliminare della sua ammissibilità.

6.1. Il Collegio, per prima cosa, osserva che il riesame del parere già reso in sede di definizione del ricorso straordinario non è previsto da alcuna norma.

La disciplina del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, contenuta nel d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, all’art. 15 prevede unicamente una sola forma di revisione: l’impugnazione dei decreti del Presidente della Repubblica che decidono ricorsi straordinari «per revocazione nei casi previsti dall’art. 395 del codice di procedura civile».

Lo stesso per quanto concerne il ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana, la cui disciplina è contenuta, innanzitutto, nell’art. 23 dello Statuto e, poi, nella disciplina di attuazione, oggi il d.lgs. 23 dicembre 2003, n. 373.

Va ribadito, al riguardo, che «ai fini della disciplina dell’istituto del ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana, debba aversi riguardo alla disciplina del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica contenuta nel d.P.R. n. 1199/1971, in forza del rinvio dinamico a tale normativa contenuto nell’art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 373/2003, fermo restando che sono comunque necessari una serie di adattamenti imposti, se non altro, dalla palese necessità di sostituire, ad esempio, i riferimenti agli organi statali con i riferimenti agli organi regionali funzionalmente corrispondenti.» (Cgars, adunanza delle Sezioni riunite del 22 febbraio 2022, n. 171/2022).

6.2. La richiesta di riesame è sorta con la prassi, prima della novella del 2009, mentre era prevista la facoltà di una decisione difforme rispetto al parere del Consiglio di Stato.

Prima di proporre al Consiglio dei Ministri l’adozione di una decisione difforme ex art. 14, comma 2, del cit. d.P.R. n. 1199/1971, si è fatto ricorso al riesame in casi eccezionali tipizzati dalla giurisprudenza «come ad es. per i pareri affetti dagli stessi vizi che comporterebbero la revocazione, nei casi di jus superveniens o fatto rilevante sopravvenuto, e per violazione di un principio giurisprudenziale consolidato (cfr. Ad, Gen. 4.2.1988, n. 2)» (Cons. Stato, ad. gen., 4 aprile 1991, n. 23).

Già nella sua prima elaborazione la richiesta di riesame è stata pensata avendo come riferimento l’istituto della revocazione, tant’è che l’Adunanza generale dell’aprile del 1991 tra i primi casi eccezionali individua proprio «i pareri affetti dagli stessi vizi che comporterebbero la revocazione» e, subito dopo l’elencazione delle altre due ipotesi, aggiunge «che la revocazione dei decreti presidenziali che decidono ricorsi straordinari (art. 15 del D.P.R. 1199 del 1971) non può presupporre tutti i requisiti comunemente individuati dalla dottrina e giurisprudenza processuale civilistica, in quanto, ovviamente, l’espressione dell’art. 395, n. 5, c.p.c. “se la sentenza è contraria ad altra precedente avente tra le parti autorità di cosa giudicata”, deve esser interpretata fino a ricomprendere il caso di contrasto tra decreti decisori, resi su ricorsi straordinari, oppure tra decreto e sentenza (per il secondo caso cfr., ad es. Ad. Gen. 21.2.1957 n. 102). Del resto è ben noto che la revocazione in tema di ricorso straordinario, pur se riferita formalmente al decreto decisorio, in realtà investe il contenuto del parere cui si sia adeguato il provvedimento presidenziale.».

Nel caso esaminato dall’Adunanza generale, che ha ritenuto ammissibile la richiesta di riesame, si trattava di scongiurare un contrasto tra il parere n. 634/1989 della sezione II del Consiglio di Stato, che era favorevole all’annullamento di un decreto del Ministero del lavoro di indizione dell’esame di stato di consulente del lavoro, ritenendo la competenza in materia della provincia autonoma di Bolzano, e la sentenza del Consiglio di Stato n. 1390/1985 di annullamento della delibera della provincia autonoma di Bolzano di indizione degli esami per lo stesso anno, affermando la competenza statale.

Dalla ricostruzione della genesi del rimedio del riesame emerge che esso: a) è un rimedio di matrice giurisprudenziale; b) è stato elaborato nel periodo in cui era ammessa la facoltà della decisione difforme; 3) è utilizzabile prima che venga emanato il decreto del Presidente della Repubblica, ossia «con la decisione di ricorso straordinario in via di perfezionamento» (Cons. Stato, ad. gen., 4 aprile 1991, n. 23).

Tale strumento di mera prassi - originariamente ammesso in via di fatto per i soli casi in cui il Ministero istruttore, dopo la relazione e prima della trasmissione degli atti alla Presidenza della Repubblica per la formalizzazione del decreto decisorio, avesse ravvisato la necessità di una riconsiderazione del parere alla luce di sopravvenienze rilevanti in fatto e in diritto - è stato esteso, sempre in casi del tutto eccezionali, anche alle istanze di parte, sempre, però, attraverso il “filtro” di una richiesta ministeriale.

6.3. Con riferimento a tale prassi, la giurisprudenza del Consiglio di Stato, in sede consultiva, ha individuato alcuni principi generali per quanto concerne i presupposti per la revisione dei pareri resi in ordine ai ricorsi straordinari.

6.3.1. Tale elaborazione parte sempre dall’assunto che la richiesta di riesame del parere deve, normalmente e in linea di massima, essere ritenuta inammissibile, per le seguenti ragioni:

i) trattasi di uno strumento che non è contemplato dalla legislazione vigente in tema di ricorso straordinario;

ii) il potere consultivo si consuma una volta esercitato in relazione al caso di specie esaminato, in considerazione della irretrattabilità del parere, conseguente al suo contenuto decisorio al pari delle sentenze, in coerenza con il suo carattere assolutamente vincolante per l’amministrazione a seguito della novella del 2009.

6.3.2. Le Sezioni consultive del Consiglio di Stato, pur ritenendo la normale inammissibilità della richiesta di riesame del parere, hanno, tuttavia, individuato alcuni casi in cui, in via eccezionale, può essere ammessa: «[u]na di esse è quella in cui sarebbe consentita, ai sensi dell’art. 395 del codice di procedura civile e dell’articolo 15 del d. P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, la revocazione del decreto del Presidente della Repubblica decisorio, essendo irragionevole e in contrasto col principio di economia dei mezzi giuridici che ciò che è ammesso per il decreto presidenziale decisorio non possa esserlo per il prodromico parere di questo Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. I, n. 1553/2018). La rimanente casistica ne identifica le motivazioni nella rilevata sussistenza di un irrimediabile contrasto con indirizzi giurisprudenziali consolidati, che è circostanza ben più ampia per portata e conseguenze, anche sul piano dell’eguaglianza sostanziale, della isolata e sporadica divergenza interpretativa, ovvero nella comprovata, evidente ed obiettiva non conformità a legge (cfr. Comm. Spec., 29 febbraio 2000, n. 201/1999).» (Cons. Stato, Sez. II, parere n. 2976/2018).

La giurisprudenza formatasi in materia ha precisato che «non può essere ritenuta ammissibile una richiesta di riesame che risulti fondata soltanto su di una divergenza interpretativa di fonti normative, comportando la funzione giustiziale del ricorso straordinario la normale irretrattabilità della relativa decisione, alla pari delle sentenze, se non nei casi limitati ed eccezionali di revocazione.» (Cons. Stato, sez. I, parere n. 1019/2022).

6.3.3. La giurisprudenza consultiva del Consiglio di Stato, così come ritenuto sin dall’Adunanza generale del 4 aprile 1991, individua nel decreto decisorio da parte del Presidente della Repubblica il momento scriminante circa la possibilità di utilizzare il rimedio del riesame.

Nel caso di errore revocatorio «se l’errore emerge dopo che è stato adottato il decreto decisorio da parte del Presidente della Repubblica, il rimedio esperibile è quello revocatorio previsto dall’art. 15 d.P.R. 1199/1971.» (Cons. Stato, sez. I, parere n. 1284/2022).

Ancora, più in generale «stante la ora indicata natura informale, di mera prassi e dunque del tutto eccezionale del “riesame” di precedenti pareri, tale strumento è praticabile solo fino a quando non sia intervenuto il decreto decisorio del Capo dello Stato, la cui adozione chiude definitivamente il procedimento contenzioso e consente, successivamente, il solo rimedio formale e tipico della revocazione, nelle forme e nei limiti di legge.» (Cons. Stato, sez. I, parere n. 388/2023).

6.4. La richiesta di riesame del parere sul ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana, è stata, in passato, oggetto di decisioni di queste Sezioni riunite, sicché giova richiamare i principi di diritto già tracciati nelle precedenti pronunce.

6.4.1. È stato affermato, innanzitutto, che la richiesta di riesame del parere «non è prevista da alcuna norma e in linea di principio deve essere ritenuta inammissibile, in quanto suscettibile di protrarre senza alcuna regola la definizione del ricorso, in contrasto con i principi di buon andamento dell’amministrazione e di certezza delle situazioni giuridiche» (Cgars, adunanza delle Sezioni riunite del 9 gennaio 2018, parere n. 62/2018).

La regola della normale inammissibilità trova alcune specifiche eccezioni in alcune limitate tassative ipotesi individuate dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato e, precisamente: «- ius superveniens, quando nelle more della formulazione del parere e l’emanazione del decreto di decisione siano sopravvenute nuove norme che comunque impedirebbero l’esecuzione della decisione conforme al parere;

- cause di revocazione, che ex post consentirebbero l’impugnazione per revocazione del decreto di decisione;

- ipotesi di obiettiva certezza della non conformità al diritto vigente;

- ipotesi di contrasto logico con decisioni giurisdizionali passate in giudicato» (Cgars, sez. riun., 14 gennaio 2020, parere n. 31/2020).

È stato precisato che possa ritenersi eccezionalmente ammissibile «purché pervenga dall’amministrazione interessata, tale potendosi ritenere l’Ufficio legislativo della Regione delegato dal Presidente della Regione, che sia formulata prima del decreto presidenziale di decisione del ricorso e non trovi fondamento in una divergenza interpretativa di norme.» (Cgars, sez. riun., 9 gennaio 2018, parere n. 62/2018).

6.4.2. Nella direttiva presidenziale sui ricorsi straordinari del 19 giugno 2020, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana, parte I, n. 37 del 3 luglio 2020, è espressamente previsto che «su richiesta dell’ULL, anche dietro sollecitazione di una delle parti, è possibile il riesame di un parere precedentemente reso dal Cgars e non ancora recepito in un decreto del Presidente della Regione Siciliana, limitatatamente “ai soli casi in cui, in difetto di tale riesame, sarebbe aperta la via - per ambo le parti del giudizio - alla richiesta di revisione: ossia ai soli casi in cui si configuri la sussistenza di alcuna delle ipotesi ex art. 395 c.p.c.” (v. parere Cgars sez. riun., 6 novembre 2012, 417).»

Al riguardo, giova ricordare che la direttiva ha recepito quanto raccomandato dal Consiglio nel parere n. 61/2020, reso nell’adunanza di Sezione del 25 febbraio 2020, con l’inserimento dell’orientamento espresso nel parere n. 417/2011, reso dalle Sezioni riunite il 6 novembre 2012, secondo il quale «è d’uopo ritenere che la possibilità di riesaminare il parere già reso in sede di definizione di ricorso straordinario sia strettamente limitata ai soli casi in cui, in difetto di tale riesame, sarebbe aperta la via – per ambo le parti del giudizio – alla richiesta di revisione: ossia ai soli casi in cui si configuri la sussistenza di alcuna delle ipotesi ex art. 395 c.p.c.», evidenziando che «[l]a precisazione si rivela utile alla luce della corretta previsione nella bozza dell’istituto della revocazione quale rimedio avverso il decreto di decisione.».

6.4.3. Tra i precedenti di questo Consiglio va, in particolare, ricordato il parere n. 416/2011, reso nell’adunanza delle Sezioni riunite del 6 novembre 2012, che si è espresso nel senso della inammissibilità della richiesta di riesame per contrasto con altro parere delle Sezioni riunite e con l’orientamento espresso rispetto alla medesima fattispecie dalla Corte di Cassazione.

7. Il Collegio intende dare seguito al proprio precedente orientamento trasfuso nella direttiva presidenziale sui ricorsi straordinari del 19 giugno 2020 e risalente ai pareri n. 416 e 417 del 2011, resi nell’adunanza Sezioni riunite del 6 novembre 2012, nonché conformi ai precedenti pareri n. 447/03 e 366/03, resi nell’adunanza Sezioni riunite dell’1 febbraio 2011.

Ribadisce, in particolare, che non può ritenersi ammissibile una richiesta di riesame che trovi fondamento soltanto su una divergenza interpretativa di norme, in quanto la funzione di rimedio giustiziale che caratterizza il ricorso straordinario implica la irretrattabilità della relativa decisione, alla pari delle sentenze, se non nei casi limitati ed eccezionali di revocazione.

Il contenuto decisorio e vincolante del parere reso dal Consiglio esclude la possibilità di rinnovare l’esercizio del potere consultivo.

7.1. La ragione della non ripetibilità del potere consultivo sul ricorso straordinario è, oggi, ancora più forte a seguito dell’intervenuta eliminazione del potere del Governo regionale di disattendere la decisione delle Sezioni riunite dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 63/2023.

Il parere reso dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede consultiva ha assunto, infatti, carattere sostanzialmente e pienamente decisorio, proprio in ragione della sua forza assolutamente vincolante, che lo rende equiparabile a quello delle sentenze.

7.2. Ampliare la portata del rimedio del riesame oltre il perimetro delineato dalla revocazione, che, giova rimarcare, è l’unico rimedio esperibile per espressa previsione dell’art. 15 del d.P.R. n. 1199/1971, comporta il rischio (inaccettabile) di ampliare all’infinito e senza alcuna regola la possibilità di modificare la decisione.

Come visto sin dai primi albori dell’invenzione giurisprudenziale del rimedio del riesame, il riferimento principale è stato l’istituto della revocazione.

Ammettere il riesame, oltre i casi di revocazione, comporta un ingiustificabile pregiudizio della certezza delle situazioni giuridiche definite.

Ciò, a maggior ragione nei casi di orientamenti interpretativi difformi, che costituiscono una condizione necessaria alla evoluzione del nostro ordinamento giuridico (diritto), come significativamente scriveva già Pomponio nel II secolo d.C.: «Constare non potest ius, nisi sit aliquis iuris peritus, per quem possit, cottidie in melius produci».

7.3. Nel caso in esame il paventato «contrasto tra giudicati sulla medesima questione giuridica», ove si dovesse ritenere un error iuris, non sarebbe sufficiente a legittimare una richiesta di revisione ex art. 15 del d.P.R. n. 1199/1971, non potendosi ammettere un ampliamento del rimedio extra ordinem non previsto da alcuna norma.

Nel caso che ne occupa, si tratta, peraltro, di due pronunce entrambe successive al parere, che, dunque, neppure poteva presagire quali sarebbero stati i futuri sviluppi giurisprudenziali.

7.4. Nella richiesta di riesame formulata non v’è alcuna menzione di eventuali ipotesi revocatorie, in quanto si richiama unicamente un contrasto con pronunzie della Cassazione, relative alla medesima vicenda concorsuale, successive al parere n. 644/2006.

Di certo non si tratta della medesima controversia, essendo diversi i soggetti ricorrenti, con la conseguenza che non si ravvisa alcuna delle ipotesi previste dall’art. 395 c.p.c., neppure quella di cui al n. 5.

In realtà, l’argomentazione su cui si fonda l’odierna richiesta di riesame riguarda un profilo valutativo prettamente giuridico: quello concernente la corretta interpretazione delle norme disciplinanti l’inquadramento dei vincitori di un concorso.

Il parere di queste Sezioni riunite, di cui viene oggi chiesta la revisione, non risulta estrinsecamente viziato da alcun error iuris, il quale comunque non potrebbe comunque sorreggere, nell’odierno quadro ordinamentale, una richiesta di riesame, occorrendo a tal fine un errore revocatorio ex art. 395 c.p.c. che giammai può identificarsi in un errore di diritto; errore che di certo non può individuarsi nella scelta di opposte tesi giuridiche che si contrappongono in sede esegetica.

Secondo la Regione si è trattato di un’opzione ermeneutica erronea, perché non seguita dalla Cassazione.

Ciò non è sufficiente, però, a fondare il riesame del parere, anche se si dovesse convenisse sulla erroneità della scelta esegetica.

Al riguardo giova ribadire che «sull’opzione interpretativa scelta non v’è spazio a riesame. È nella fisiologia del sistema giustiziale, che si basa sul limite soggettivo del giudicato per le sole parti del procedimento, che possa darsi adito a decisioni diverse di casi analoghi: non è certamente un bene che ciò avvenga, ma il rimedio per scongiurarlo va ricercato nella chiarezza delle nonne, non nell’indefinita possibilità di rimetter mano a decisioni già prese. … è nella fisiologia di ogni sistema che, esaurite tutte le revisioni ammesse, si formi l’immutabilità della decisione assunta, destinata a far stato definitivamente - giusta o sbagliata che la si reputi - per tutte le parti, e solo per esse.» (pareri n. 416 e 417 del 2011, resi nell’adunanza delle Sezioni riunite del 6 novembre 2012).

8. Sulla base delle considerazioni sopra svolte, in conclusione, il Collegio esprime il parere che debba dichiararsi inammissibile la richiesta di riesame.

P.Q.M.

Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana esprime il parere che la richiesta di riesame debba essere dichiarata inammissibile.


 

 
   

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

 

Vincenzo Martines

Gabriele Carlotti

 

 

   

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO