Giu Dichiarazioni false in sede di dichiarazione di residenza e istanza di permesso di soggiorno
TAR LAZIO di ROMA - sez. IS - SENTENZA 23 dicembre 2023 N. 19637
Massima
La presentazione di documentazione falsa e contraffatta o di falsa attestazione a sostegno della domanda di visto comporta, secondo la giurisprudenza amministrativa, l'inammissibilità della domanda stessa, ferme le relative responsabilità penali.

Testo della sentenza
TAR LAZIO di ROMA - sez. IS - SENTENZA 23 dicembre 2023 N. 19637

Pubblicato il 23/12/2023

N. 19637/2023 REG.PROV.COLL.

N. 06582/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6582 del 2019, proposto da-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Pietro Barone, Giovanni Acierno, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, Questura Roma, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del provvedimento del Questore di Roma emesso in data -OMISSIS- con cui è stata respinta l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro.


 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura Roma;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 22 settembre 2023 il dott. Filippo Maria Tropiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO e DIRITTO

L'istante ha impugnato il decreto specificato in epigrafe, con il quale il Questore di Roma, in data -OMISSIS-, ha rigettato l'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato presentata dall’esponente.

Il ricorrente ha lamentato l'illegittimità del provvedimento di diniego, articolando specifici motivi di diritto.

Si è costituita in giudizio l'amministrazione intimata, contestando il gravame e depositando documentazione.

La causa è stata trattenuta in decisione all'udienza di smaltimento del 22 settembre 2023.

Il ricorso è infondato.

Giova ricordare che il ricorrente, dopo aver fatto ingresso sul territorio nazionale il -OMISSIS- 2014, ha ottenuto in data -OMISSIS- 2014 un permesso di soggiorno per richiesta asilo politico con validità sino all’-OMISSIS- 2016.

In data -OMISSIS- 2016, l'istante ha poi ottenuto il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari valido fino al -OMISSIS- 2018.

Quindi, in data 24 ottobre dello stesso anno, l’esponente ha presentato tramite Poste Italiane una nuova istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato.

Ciò ricordato, l'amministrazione, all'esito dell'esame della documentazione presente nel fascicolo personale del richiedente, ha verificato talune anomalie riguardanti la residenza dichiarata dall'istante.

Infatti, costui aveva presentato una copia di certificato di residenza di Roma Capitale emesso in data -OMISSIS-, attestante la residenza in via-OMISSIS-; ma dalla verifica telematica all'anagrafe, effettuata dagli uffici l'-OMISSIS- non è emersa alcuna iscrizione anagrafica in capo all’esponente.

L’amministrazione, per un verso, procedeva dunque ad inoltrare la dovuta comunicazione di notizia di reato per la violazione di cui all'articolo 483 del codice penale (falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico) al Commissariato competente; per altro verso, all’esito della riscontrata incongruenza, adottava il gravato diniego, posto che l'aver dichiarato una falsa residenza integrava, con tutta evidenza, un tentativo di aggiramento delle verifiche in ordine alla sussistenza di un requisito indispensabile per l’ottenimento del titolo de quo (quello cioè di possedere un alloggio idoneo), oltre che rappresentare una violazione degli obblighi previsti dall'articolo 6, commi 7 e 8, del decreto legislativo 286/1998, nonché dell'articolo 7, comma 3, del DPR 223 del 1989.

Invero, si osserva che la presentazione di documentazione falsa e contraffatta o di falsa attestazione a sostegno della domanda di visto comporta, secondo la giurisprudenza amministrativa, l'inammissibilità della domanda stessa, ferme le relative responsabilità penali.

Si tratta infatti di una circostanza che, per altro, costituisce specificazione del più generale principio contenuto nell'articolo 75 del DPR 445/2000, laddove è prevista la decadenza dei benefici conseguiti con dichiarazioni false.

Tanto ricordato, tutti i motivi di ricorso sono infondati.

Ed invero, in primis, deve rilevarsi come alcuna illegittimità dell'atto possa derivare dall’omissione dell'avviso ex articolo 10 bis della legge 241/90, atteso che il contenuto del provvedimento era di natura sostanzialmente vincolata e, comunque, rilevava la sanatoria prevista dall'articolo 21 octies, secondo comma, della medesima legge sul procedimento amministrativo.

Quanto al merito del diniego, giova ribadire quanto già sopra esposto e ricordare come il rilascio del titolo de quo è sottoposto alla sussistenza di precisi requisiti, anche a tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, tal che il permesso non può essere rilasciato a chi non sia in grado di provare di avere una residenza o un alloggio certo.

In base a quanto disposto dall'articolo 5, comma 5, il rilascio del permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e se il permesso di soggiorno è stato rilasciato deve essere revocato, quando vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso o il soggiorno nel territorio dello Stato.

Si aggiunga, infine, che ai sensi degli articoli 21,22 e 24 del medesimo d.lgs. 286/1998, l'ingresso nel territorio dello Stato per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale, avviene nell'ambito delle quote di ingresso stabilite nel decreto di cui all'articolo 3, comma 4.

Alla luce delle sopra esposte considerazioni, il ricorso deve dunque essere rigettato perché infondato.

Sussistono tuttavia i presupposti di legge per compensare interamente le spese di lite tra le parti in causa.


 


 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Stralcio), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità delle persone fisiche indicate nel presente provvedimento.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 settembre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Antonella Mangia, Presidente

Michelangelo Francavilla, Consigliere

Filippo Maria Tropiano, Consigliere, Estensore

 
   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Filippo Maria Tropiano

 

Antonella Mangia

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO