a) se, alla luce della richiamata giurisprudenza costituzionale sopravvenuta alla pronuncia dell’Adunanza plenaria n. 28 del 2014, debba confermarsi quanto ritenuto da tale Adunanza plenaria in ordine alla ammissibilità della prassi della sospensione cd. impropria nel giudizio amministrativo;
b) ove la risposta sia affermativa, se, nel caso in cui in un giudizio amministrativo sia disposta una sospensione cd. impropria, in attesa che la Corte di giustizia UE si pronunci su un rinvio pregiudiziale ex art. 267 del TFUE sollevato su medesima questione in un altro giudizio, si abbia una sospensione in senso tecnico, con la conseguenza che la prosecuzione del giudizio è subordinata necessariamente all’impulso di parte, ovvero una situazione differente, di mero rinvio della causa, tale da non giustificare l’applicazione dell’art. 80, comma 1, c.p.a.;
c) ove si risponda nel primo senso anche al quesito sub b), così confermandosi quanto a suo tempo ritenuto dall’Adunanza plenaria 28 del 2014, visto il contrasto tra la pronuncia della IV sezione n. 1686 del 2021 e la pronuncia della VI sezione n. 82 del 2023 (art. 99, comma 1, c.p.a.), quale interpretazione occorra dare all’articolo 80 del c.p.a. secondo il quale: «In caso di sospensione del giudizio, per la sua prosecuzione deve essere presentata istanza di fissazione di udienza entro novanta giorni dalla comunicazione dell'atto che fa venir meno la causa della sospensione», in particolare se il termine previsto dalla disposizione citata abbia natura perentoria o ordinatoria.
Pubblicato il 17/11/2023
N. 09876/2023 REG.PROV.COLL.
N. 03098/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL'ADUNANZA PLENARIA
sul ricorso numero di registro generale 3098 del 2013, proposto da
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
Zuritel s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Isidoro Niola e Gian Luca Zampa, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gian Luca Zampa in Roma, piazza del Popolo, n. 18;
nei confronti
-OMISSIS-, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tar per il Lazio – Roma (Sezione Prima) n. 535/2013, resa tra le parti, concernente l’irrogazione di una sanzione pecuniaria amministrativa per pratica commerciale scorretta.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della società Zuritel s.p.a.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2023 il Cons. Giovanni Pascuzzi e uditi per le parti gli avvocati dello stato Pietro Garofoli e Nico Moravia per delega dell’avvocato Gian Luca Zampa;
Riconvocata la camera di consiglio per il giorno 18 ottobre 2023, ai sensi dell’art. 75, comma 2, c.p.a.;
A. Premessa in fatto.
1. Con ricorso del 2010 la società Zuritel s.p.a. ha chiesto al Tar per il Lazio l’annullamento:
- del provvedimento dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato n. 20399 adottato nell'adunanza del 22 ottobre 2009 con il quale la ricorrente è stata condannata al pagamento di una sanzione pecuniaria pari ad euro 55 mila per aver posto in essere una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20 e 22 del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, come modificato dal d.lgs. n. 146/07 (Codice del Consumo);
- del provvedimento dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato n. 20399, assunto in data 6 agosto 2009, con il quale è stata rigettata l’istanza per la presentazione di impegni presentata da Zuritel s.p.a. in data 24 giugno 2009, ai sensi dell’art. 27, comma 7, del Codice del Consumo e dell’art. 8 del “Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette”;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ancorché non conosciuto.
2. Così la sentenza del Tar per il Lazio, impugnata in questa sede, ha sintetizzato le circostanze di fatto allegate dalla ricorrente:
- Zuritel è una società del gruppo Zurich specializzata nella vendita di prodotti assicurativi esclusivamente tramite internet e telefono, utilizzando il marchio “Zurich Connect”;
- in data 2 marzo 2009 la società lanciava l’iniziativa denominata “Battiamo la tua polizza", diffusa con vari mezzi di comunicazione (TV, stampa, radio ed internet), originariamente protratta sino al 30 marzo 2009 e poi riproposta dal 5 maggio al 30 giugno 2009;
- i soggetti interessati, se titolari di un contratto di assicurazione "RC auto" con copertura furto/incendio in corso con altra compagnia di assicurazioni, potevano partecipare all'iniziativa richiedendo un preventivo Zuritel per una polizza "RC auto" con copertura furto/incendio con le medesime caratteristiche: tali soggetti, una volta confrontate le condizioni economiche del preventivo della polizza ottenuto da Zuritel con la polizza in proprio possesso, avrebbero potuto richiedere un buono carburante pari a Euro 50 qualora l'importo del premio come "preventivato" da Zuritel fosse risultato maggiore (e quindi meno conveniente) di quello previsto dalla polizza in corso con la loro compagnia;
- per l'erogazione del bonus era altresì necessario che il soggetto richiedente fosse titolare di un contratto "RC Auto" avente decorrenza/ validità da almeno 5 anni consecutivi, senza aver registrato sinistri negli ultimi 5 anni (compreso l'anno in corso) e che il preventivo Zuritel fosse inclusivo della condizione "guida esclusiva" o "esperta";
- con comunicazione del 25 maggio 2009 l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato informava Zuritel dell'avvio nei suoi confronti di un procedimento istruttorio (PS/3721), ai sensi dell'art. 27, comma 3, del Codice del Consumo, nonché ai sensi dell' art. 6 del Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette, avente ad oggetto una condotta idonea ad integrare un’ipotesi di violazione degli articoli 20, 21 e 22 del Codice del Consumo, essendo tale condotta " ...contraria alla diligenza professionale ed idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio …", ed "… ingannevole, in quanto sarebbero state fornite ai consumatori informazioni non rispondenti al vero, inesatte o incomplete, ovvero sarebbero state omesse informazioni rilevanti in ordine a presupposti e condizioni per poter fruire della promozione avente ad oggetto l'attribuzione dei buoni carburante; la pratica, pertanto, potrebbe aver indotto, ovvero essere risultata idonea ad indurre il consumatore medio in errore e/o ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”;
- nello specifico, l'omissione informativa avrebbe riguardato la necessità di possedere una garanzia che coprisse anche il furto e l'incendio nonché il fatto che "... la garanzia aggiuntiva incendio e furto non sarebbe stata prestata da Zuritel a favore dei contraenti residenti in determinate aree territoriali ...”;
- avuta conoscenza dell’avvio dell’istruttoria, Zuritel apportava significative modifiche alle modalità di diffusione dell’iniziativa, sia nella pagina iniziale del sito web sia nelle pagine interne successive, rendendo più esplicite le limitazioni relative alle modalità di partecipazione, e ne informava prontamente l’Autorità;
- con memoria del 4 giugno 2009 la società poi presentava, ai sensi dell’art. 27, comma 7, del codice del consumo e dell’art. 8, comma 1, del Regolamento, una proposta di impegni aggiuntivi rispetto alle modifiche già attuate;
- con delibera del 6 agosto 2009 l’AGCM rigettava l’istanza di assunzione degli impegni, per manifesta scorrettezza e gravità delle condotte contestate;
- veniva quindi acquisito il parere dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che con nota del 15 ottobre 2009 si pronunciava nel senso di ritenere la pratica scorretta, ai sensi degli articoli 20, 21 e 22 del Codice del Consumo;
- con provvedimento n. 22399, del 22 ottobre 2009, AGCM deliberava la scorrettezza della pratica commerciale oggetto del procedimento, ai sensi degli articoli 20 e 22 del Codice del Consumo, e irrogava a Zuritel s.p.a. una sanzione pari a 55.000 euro.
3. Avverso il suddetto provvedimento e avverso il provvedimento di rigetto degli impegni del 6 agosto 2009, la società ha proposto ricorso fondato sui seguenti motivi:
I. Violazione e falsa applicazione dell'art. 19, comma 3, del Codice del Consumo da parte dell'Autorità nella Delibera n. 20399 del 22 ottobre 2009. Incompetenza dell'Autorità nell'applicazione delle norme in materia di pratiche commerciale scorrette con riferimento ai prodotti assicurativi.
Si sosteneva che la fattispecie oggetto del provvedimento, trattandosi di prodotti assicurativi, rientrava nella competenza dell'ISVAP.
II. Violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli arti. 18, comma 1, lett. e) ed m), 20 e 22 del Codice del Consumo da parte dell’Autorità nella Delibera n. 20399del 22 ottobre 2009.
Si sosteneva che la condotta contestata non ha prodotto un ipotetico pregiudizio al comportamento economico del consumatore, né un'influenza nelle decisioni di natura commerciale, in quanto l'iniziativa non era finalizzata ad invitare all'acquisto di una polizza, non essendo la corresponsione del bonus condizionata all'acquisto.
III. Violazione e falsa applicazione dell'art. 27, comma 7, del Codice del Consumo e dell’art. 8 del Regolamento in relazione al provvedimento di rigetto degli impegni (provv. del 6 agosto 2009 - prot. n. 0050401). Eccesso di potere per irragionevolezza.
Si sosteneva il rigetto degli impegni era fondato su due assunti di fatto errati: che le condotte fossero caratterizzate da un elevato grado di offensività e che risultassero di particolare gravità.
IV. Violazione e falsa applicazione dell'art. 11 della legge n. 689/1981 da parte dell'Autorità nella delibera n. 20399 del 22 ottobre 2009 nella parte relativa alla quantificazione della sanzione. Violazione del principio di proporzionalità. Abuso di potere per carenza istruttoria. Contraddittorietà della motivazione.
Si lamentava l'assenza di proporzionalità nella determinazione della sanzione, in quanto l'Autorità non avrebbe tenuto in debito conto: l'opera prestata da Zuritel per eliminare ed attenuare le conseguenze della presunta violazione; la durata della presunta infrazione; il posizionamento di mercato di Zuritel nel mercato assicurativo.
V. Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e ss., e in particolare dell’art. 10, della legge n. 241/90.
Si sosteneva che l’Autorità, benché fosse tenuta a valutare effettivamente e compiutamente le argomentazioni e difese svolte dalla parte nel corso del procedimento, nel provvedimento finale non ha tenuto in alcuna considerazione le argomentazioni giuridiche svolte da Zuritel nelle due memorie procedimentali.
4. Nel giudizio di primo grado si è costituita AGCM per resistere al ricorso, chiedendone il rigetto nel merito.
B. La sentenza di primo grado.
5. Con sentenza n. 535 del 2013 il Tar per il Lazio ha accolto il ricorso.
5.1 Dopo un esame delle prescrizioni normative e degli orientamenti giurisprudenziali sul punto, il primo giudice ha ritenuto sussistere in capo all’ISVAP una generale competenza nella materia delle assicurazioni private anche con specifico riferimento alla tutela del consumo. Il Tar ha risolto in favore dell’ISVAP il conflitto di competenze con l’AGCM in merito all'applicazione della normativa in materia di tutela del consumatore con riguardo ai prodotti assicurativi e ha decretato la conseguente esclusione dell'applicazione delle norme generali del Codice del Consumo alla condotta in esame. Il provvedimento impugnato è stato considerato illegittimo perché emesso da un’autorità amministrativa incompetente.
C. Il ricorso in appello dell’Autorità per la concorrenza e per il mercato. Lo svolgimento del giudizio di appello. La “sospensione impropria” del giudizio. Le difese di Zuritel.
6. Avverso la citata sentenza del Tar per il Lazio n. 535 del 2013 ha proposto appello l’AGCM (ricorso n. 3098/2013 depositato in data 24 aprile 2013).
6.1 A sostegno dell’impugnativa venivano formulati i motivi di appello così rubricati:
I. Sulla disapplicazione delle norme settoriali per contrasto con la direttiva 2005/29/Ce.
II. Sul rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia.
7. In data 7 maggio 2013 si costituiva in giudizio la società Zuritel con memoria formale limitandosi a rilevare “l’irricevibilità, l’inammissibilità e l’improcedibilità del ricorso in appello nonché l’infondatezza dello stesso nel merito, con riserva di controdedurre, precisare ed esibire documenti” e chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.
7.1 Quasi 4 anni dopo, il 14 febbraio 2017, la società Zuritel ha depositato memoria nella quale (oltre a controdedurre in ordine alla competenza ad emanare il tipo di provvedimento impugnato e in ordine alla richiesta di rinvio pregiudiziale) ha riproposto ai sensi dell’art. 101, comma 2, le censure di merito circa la legittimità dell’atto impugnato proposte in primo grado e assorbite dal primo giudice.
8. Con ordinanza n. 1068 del 7 marzo 2017 la Sezione ha disposto la sospensione del giudizio sulla base della seguente motivazione:
«Rilevato che la controversia si incentra sull’identificazione dell’Autorità competente all’irrogazione della sanzione relativa a una pratica commerciale scorretta nel mercato delle assicurazioni;
Considerato che la questione sembra risolta dall’art.27, comma 1-bis, d. lgs.n.206 del 2005, inserito dall’art.1, comma 6, lett. a) d. lgs. n.21 del 2014, nella parte in cui assegna una competenza generale all’Autorità garante della concorrenza e del mercato ad adottare provvedimenti sanzionatori di pratiche commerciali scorrette, anche nei settori regolati da altre Autorità, e che, nondimeno, la soluzione del problema pregiudiziale della compatibilità di tale disposizione nazionale con il diritto euro-unitario, e, segnatamente, con la direttiva 2005/29/CE, è stata rimessa, ai sensi dell’art.267 del TFUE, alla Corte di Giustizia UE da questa Sezione (con l’ordinanza n.167 del 17 gennaio2017);
Ritenuto che la definizione del predetto problema condiziona anche la decisione del presente appello, in ragione dell’identità della questione qui controversa con quella oggetto del predetto rinvio e del suo carattere logicamente pregiudiziale, e che, quindi, in coerenza con la concorde richiesta delle parti formulata all’udienza pubblica del 2 marzo 2017, occorre sospendere il presente ricorso, ai sensi del combinato disposto egli artt.79 c.p.a. e 295 c.p.c., in attesa della risoluzione del quesito da parte della Corte di Giustizia UE».
Deve ritenersi si sia trattato di una sospensione cd. impropria, non avendo la Sezione rimesso direttamente una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia, ma solo ritenuto di soprassedere nella decisione sul merito della causa in attesa che si pronunciasse la Corte su questione già rimessale in occasione di un diverso e coevo giudizio di appello (quello iscritto al RG n. 2827/2013), sempre dalla Sesta sezione con la citata ordinanza n. 167/2017.
9. La Corte di giustizia ha poi definito la questione con sentenza del 13 settembre 2018 (Cause riunite C-54/17 e C-55/17).
10. A distanza di anni, dall’ordinanza n. 1068 del 7 marzo 2017, senza che vi fosse stata più alcuna iniziativa di parte ma anche senza che la sentenza della Corte di giustizia fosse stata depositata nel presente giudizio, è stata fissata l’udienza di discussione dell’appello -sottoposto al rito abbreviato di cui all’art. 119 c.p.a. - per il giorno 5 ottobre 2023, dandone avviso alle parti, a cura della segreteria, in data 7 giugno 2023.
11. Con memoria depositata il 17 settembre 2023 l’AGCM ha riaffermato la competenza dell’Autorità alla luce della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 13 settembre 2018 ed ha insistito sull’infondatezza nel merito del ricorso di primo grado.
11.1 Con memoria depositata il 19 settembre 2023 la società Zuritel ha sollevato eccezione di improcedibilità dell’appello per mancata prosecuzione del giudizio ai sensi dell’artt. 80, comma 1, del c.p.a.
12. All’udienza riconvocata del 18 ottobre 2023, nel corso della quale il Collegio ha rilevato a verbale la tardività dei motivi riproposti da Zuritel ai sensi dell’art. 101, comma 2, l’appello è stato trattenuto per la decisione.
D. La sussistenza di un potenziale contrasto di giurisprudenza e di una potenziale non condivisione di un principio di diritto enunciato dalla Adunanza plenaria: la conseguente rimessione della controversia all’Adunanza plenaria.
13. La difesa della società Zuritel ha sollevato formale eccezione di improcedibilità dell’appello per mancata prosecuzione del giudizio ai sensi dell’artt. 80, comma 1, del c.p.a.
Secondo Zuritel il giudizio va dichiarato estinto ai sensi dell’art. 35, comma 2, lett. a) del c.p.a. perché la parte appellante non ha tempestivamente presentato apposita istanza di fissazione udienza ai sensi dell’art. 80, comma 1, del c.p.a. entro il termine di 90 giorni dalla conoscenza dell’atto che ha fatto venire meno la causa della sospensione del giudizio.
A fondamento dell’eccezione vengono proposti i seguenti rilievi.
13.1 Sulla sospensione del giudizio con ordinanza del 7 marzo 2017.
La società Zuritel sostiene che il presente giudizio è stato sospeso ai sensi degli art. 79 c.p.a. e 295 c.p.a. in attesa che la Corte di giustizia si pronunciasse nell’ambito del rinvio pregiudiziale ad essa rimesso sulla medesima questione. La causa del rinvio di fronte alla Corte di Giustizia è quella di cui al numero C-54/17 e C-55/17 tra la medesima Autorità Antitrust e, rispettivamente, la società Wind e la società Vodafone.
13.2 Sulla cessazione della causa di sospensione.
La società Zuritel ricorda che la Corte di Giustizia ha definito la questione pregiudiziale con sentenza del 13 settembre 2018 e che con la pubblicazione di questa sentenza è cessata la causa che aveva determinato la sospensione del presente giudizio.
13.3 Sulla mancata presentazione dell’istanza di fissazione udienza da parte dell’AGCM appellante.
La società Zuritel sostiene che:
- l’art. 80, comma 1, del c.p.a. richiede che in caso di sospensione del giudizio, per la sua prosecuzione deve essere presentata istanza di fissazione udienza entro 90 giorni dalla comunicazione dell’atto che fa venir meno la causa della sospensione;
- questo significa che, nel caso di specie, l’Autorità Antitrust avrebbe dovuto presentare una nuova istanza di fissazione udienza entro il termine di 90 giorni dalla conoscenza dell’avvenuta pubblicazione della sentenza della Corte di giustizia;
- è pacifico che l’onere di provvedere all’istanza di fissazione udienza gravasse sull’Autorità Antitrust che è la parte appellante la quale aveva l’interesse alla possibile riforma della sentenza di primo grado e, pertanto, alla prosecuzione del giudizio d’appello;
- è pacifico che, a valle della pubblicazione della sentenza della Corte di giustizia che ha determinato la cessazione della causa della sospensione del presente giudizio, l’Autorità Antistrust non ha mai presentato alcuna istanza di fissazione udienza ai sensi dell’art. 80, comma 1, del c.p.a. e non ha altrimenti riassunto il giudizio;
- è pacifico, infine, che l’Autorità abbia avuto conoscenza circa l’avvenuta pubblicazione della sentenza della Corte di giustizia. Infatti, anche indipendentemente dal fatto che essa fosse parte del giudizio di fronte alla Corte: a) questa sentenza è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea n. C-408 del 12 novembre 2018 e, pertanto, sussiste una presunzione assoluta ex lege che la sentenza sia conosciuta; b) questa sentenza è stata trasmessa nel giudizio a quo al Consiglio di Stato nella causa tra l’Autorità Antitrust e Wind (rg. 2827/2013) e nella causa tra la medesima Autorità e Vodafone (rg. 3103/2013) ed entrambi i giudizi sono stati, a loro volta definiti, rispettivamente, con sentenza del Consiglio di Stato 25 ottobre 2019 n. 7296 e con sentenza del Consiglio di Stato 11 novembre 2019 n. 7699: ancora una volta, pertanto, per definizione, l’Autorità Antitrust è venuta a conoscenza dell’avvenuta esistenza della sentenza della Corte di giustizia che è stata trasmessa nei giudizi a quo in cui essa era parte e menzionata nelle sentenze che hanno definito tali giudizi;
- è pacifico che è definitivamente decorso il termine di 90 giorni dalla conoscenza della cessazione della causa di sospensione previsto ai sensi dell’art. 80, comma 1, del c.p.a. Infatti, assunto che a tutt’oggi l’Autorità non ha mai presentato la necessaria istanza di fissazione udienza, il termine di 90 giorni è ormai definitivamente decorso in qualunque modo voglia considerarsi il relativo dies a quo. Del resto, quale che sia il momento in cui va riferita all’Autorità Antitrust la conoscenza circa l’esistenza della sentenza della Corte di giustizia (il giorno della sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea nel 2018, ovvero la comunicazione di tale sentenza nel giudizio a quo del Consiglio di Stato, ovvero ancora la pubblicazione delle sentenze conclusive del medesimo Consiglio di Stato nel 2019), il termine di 90 giorni è decorso oramai da anni;
- in conclusione, nel caso di specie, a valle della conoscenza della sentenza della Corte di giustizia in attesa della quale era stata disposta la sospensione del presente giudizio, l’Autorità ha mancato di presentare l’istanza di fissazione udienza necessaria alla prosecuzione del giudizio ai sensi dell’art. 80, comma 1, c.p.a. Per l’effetto, il giudizio è improcedibile e va dichiarato estinto ai sensi dell’art. 35, comma 2, lett. a) del c.p.a. Infatti, secondo questa disposizione, “il giudice dichiara estinto il giudizio: a) se nei casi previsti dal presente codice non viene proseguito o riassunto nel termine perentorio fissato dalla legge (…)”.
Da sottolineare come tutto il ragionamento della difesa di Zuritel sembra muovere dalla premessa che alla sospensione impropria si applichino le stesse regole processuali di quella propria, in particolare l’art. 80, comma 1, c.p.a.
13.4 La giurisprudenza su: a) la natura perentoria del termine ex art. 80, comma 1, c.p.a.; e b) il dies a quo per la decorrenza del termine ex art. 80, comma 1, c.p.a.
A conforto della propria tesi, la difesa della società Zuritel riproduce:
a) per quel che attiene la natura perentoria del termine ex art. 80, comma 1, c.p.a., la motivazione della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione VI, 3 gennaio 2023 n. 82;
b) per quel che attiene l’applicabilità dell’art. 80, comma 1, c.p.a. e il dies a quo per la decorrenza del relativo termine alla sospensione impropria, la motivazione dell’ordinanza dell’Adunanza plenaria 15 ottobre 2014, n. 28.
Su entrambe le pronunce appena citate si avrà modo di tornare più avanti.
14. Nel caso di specie la decisione sull’eccezione di improcedibilità dell’appello per mancata prosecuzione del giudizio ai sensi dell’art. 80, comma 1, del c.p.a. proposta da Zuritel acquista carattere dirimente, tenuto conto che la questione del riparto di competenza a provvedere, tra le diverse autorità (AGCM e ISVAP), sembrerebbe oramai chiarita e che sugli altri motivi a suo tempo dedotti da Zuritel per contestare la legittimità della sanzione irrogata da AGCM non è dato più pronunciare, non essendo stati riproposti nel termine decadenziale di cui all’art. 101, comma 2 (la questione è stata fatta rilevare a verbale all’udienza del 5 ottobre 2023 ai sensi dell’art. 73, comma 3).
Mette conto notare che la difesa dell’Autorità non ha preso posizione esplicita sulla eccezione di improcedibilità negli scritti difensivi. Ma nella trattazione orale avvenuta in udienza ha affermato che essa è infondata sottolineando le differenze tra la sospensione impropria e quella propria e il fatto che, nel primo caso, nel silenzio del codice, non esiste un onere della parte appellante di dover sollecitare la fissazione all’indomani della pubblicazione della sentenza della corte UE.
La decisione sull’eccezione si pone all’intersezione di una pluralità di temi e questioni che sono: a) le statuizioni assunte in passato dall’Adunanza plenaria in tema di sospensione impropria; b) alcune pronunce successive di Sezioni diverse del Consiglio di Stato che appaiono in contrasto tra loro nella definizione della natura del termine di cui all’art. 80, comma 1, c.p.a.; c) gli insegnamenti più recenti della Corte costituzionale; d) la necessità di assicurare una applicazione effettiva delle pronunce della Corte di giustizia UE, dato anche il loro carattere “normativo”.
Dall’analisi di queste variabili emerge: a) un contrasto giurisprudenziale tra precedenti di Sezioni diverse del Consiglio di Stato quanto alla natura del termine di cui all’art. 80, comma 1, c.p.a.; b) l’utilità, ad avviso del Collegio, di un supplemento di riflessione su quanto a suo tempo affermato dall'Adunanza plenaria in ordine alla prassi della sospensione impropria e dell’applicazione ad essa dell’art. 80, comma 1.
Di qui la decisione di rimettere alla Adunanza plenaria le questioni di seguito riportate.
15. Il precedente dell’Adunanza plenaria.
Nell’ordinanza n. 28/2014 l’Adunanza plenaria si è così espressa:
«e) nel processo amministrativo, secondo un consolidato indirizzo (cfr., fra le tante, ordinanza Sez. V, 27 settembre 2011, n. 5387; Sez. IV, 11 luglio 2002, n.3926), trova ingresso la c.d. sospensione impropria del giudizio principale perla pendenza della questione di legittimità costituzionale di una norma, applicabile in tale procedimento, ma sollevata in una diversa causa;
f) non si rinviene, infatti, nel sistema della giustizia amministrativa (arg. ex artt.79 e 80, c.p.a.) una norma che vieti una tale ipotesi di sospensione (cfr. Cass., Sez. un., 16 aprile 2012, n. 5943), né si profila una lesione del contraddittorio allorquando (come nel caso di specie), le parti, rese edotte della pendenza della questione di legittimità costituzionale, non facciano richiesta di poter interloquire davanti al giudice delle leggi sollecitando una formale rimessione della questione; tale esegesi, inoltre, è conforme sia al principio di economia dei mezzi processuali che a quello di ragionevole durata del processo (che assumono un particolare rilievo nel processo amministrativo in cui vengono in gioco interessi pubblici), in quanto, da un lato, si evitano agli uffici, alle parti ed alla medesima Corte costituzionale dispendiosi adempimenti correlati alla rimessione della questione di costituzionalità, dall’altro, si previene il rischio di prolungare la durata del giudizio di costituzionalità (e di riflesso di quelli a quo);
g) rimane inteso che il termine per la prosecuzione del giudizio sospeso è quello innovativamente sancito dall’art. 80, co. 1, c.p.a. per tutte le ipotesi di sospensione del processo amministrativo (90 giorni dimidiati nel caso dispecie a 45, in forza del combinato disposto degli artt. 87, co. 2, lett. d) e co.3, e 114, co. 8 e 9, c.p.a.); tale termine decorrerà dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del provvedimento della Corte costituzionale che definisce il giudizio relativo al più volte menzionato art. 42-bis t.u. espr.; invero, deve ritenersi ragionevole, ai fini della tempestiva prosecuzione del processo sospeso per la pendenza di un giudizio di legittimità costituzionale sulla disciplina applicabile nella causa a seguito di questione sollevata da altro giudice, che il termine decorra dalla data di pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale sulla Gazzetta ufficiale - che integra un idoneo sistema di pubblicità legale per la conoscenza delle sorti del processo costituzionale – e non dalla notificazione operata dal soggetto interessato alle controparti a fini sollecitatori, in quanto tale meccanismo, rimesso alla mera volontà delle parti, non è compatibile con il principio di ragionevole durata del processo essendo suscettibile di provocare una quiescenza sine die del processo (cfr. Cass. civ., sez. I, 26 marzo 2013, n. 7580; Cons. St., ordinanza Sez. IV, 11 luglio 2002, n.3926)».
Come si è detto, questa pronuncia dell’Adunanza plenaria è stata richiamata per esteso dalla difesa della società Zuritel.
16. Il precedente della Sesta Sezione.
Occorre richiamare la sentenza 3 gennaio 2023 n. 82 della Sesta Sezione del Consiglio di Stato.
In quel caso il giudizio era stato sospeso perché pendeva, innanzi l’autorità giudiziaria ordinaria, una vicenda relativa a una questione pregiudiziale rispetto a quella su cui si controverteva e la cui soluzione poteva avere influenza decisiva sull’esito del giudizio stesso.
La Sesta Sezione, in estrema sintesi, ha ritenuto che:
- il primo comma dell’articolo 80 del c.p.a. non qualifica espressamente come perentorio il termine di 90 giorni entro il quale presentare l’istanza di fissazione di udienza per la prosecuzione del giudizio già sospeso, mentre nella diversa ipotesi di interruzione il terzo comma indica il termine di 90 giorni per la riassunzione quale “perentorio”;
- sulla natura (perentoria o ordinatoria) del termine di cui al primo comma della norma si sono registrati nel tempo opposti orientamenti giurisprudenziali;
- la necessità di evitare, in ossequio al principio di ragionevole durata del processo, una quiescenza sine die del giudizio presuppone logicamente che il termine fissato dalla norma per la prosecuzione dello stesso abbia natura perentoria, non risultando conciliabile con la valenza solo ordinatoria dello stesso;
- anche se l’art. 80 del c.p.a. comma 1, c.p.a. non qualifica espressamente come perentorio il termine dettato per la prosecuzione del giudizio sospeso, diversamente da quanto fa il comma 3 dello stesso articolo per il termine di riassunzione di quello interrotto, l’art. 35, comma 2, dello stesso c.p.a. dispone che “Il giudice dichiara estinto il giudizio…se, nei casi previsti dal presente codice, non viene proseguito o riassunto nel termine perentorio fissato dalla legge o assegnato dal giudice”, con il che viene espressamente fissata già una volta per tutte la perentorietà dei termini legali di prosecuzione o riassunzione del giudizio recati dallo stesso codice;
- la natura perentoria del termine in discussione si manifesta essenziale affinché l’art. 80, comma 1, possa soddisfare la propria trasparente ratio;
- la stessa natura trova un pieno riscontro anche nella disciplina del processo civile (art. 297, comma 1, cod. proc. civ.), al quale ineriscono esigenze di “ragionevole durata” non maggiori di quelle ravvisabili rispetto al giudizio amministrativo”;
- se il termine non fosse perentorio ci si troverebbe di fronte alla evidente irrazionalità e contraddittorietà di un sistema processuale che preveda meccanismi di riattivazione di un processo quiescente diversi, a seconda che si tratti di sospensione o di interruzione del giudizio;
- le esigenze di ragionevole durata del processo, giustificative del carattere perentorio del termine di cui al richiamato articolo 80, comma 1 del c.p.a., si manifestano come preminenti in ogni ipotesi di sospensione del giudizio, al fine di evitare il pericolo di una quiescenza sine die dello stesso, a prescindere dalla causa di sospensione;
- il termine di 90 giorni per la prosecuzione è perentorio tanto nell’ipotesi in cui la sospensione sia stata disposta in relazione ad un incidente di costituzionalità o di pregiudizialità europea quanto nell’ipotesi in cui la sospensione derivi dalla circostanza che altro giudice debba risolvere una controversia dalla cui definizione dipenda la decisione della causa.
Come si è detto, questa pronuncia della Sesta Sezione del Consiglio di Stato è stata richiamata per esteso dalla difesa della società Zuritel.
17. Il precedente della Quarta Sezione.
Occorre richiamare anche la sentenza 26 febbraio 2021 n. 1686 della Quarta Sezione del Consiglio di Stato.
In quel caso il giudizio era stato sospeso perché era stata sollevata una questione di costituzionalità.
La Quarta Sezione, in estrema sintesi, ha ritenuto che:
- ai sensi dell’art. 79, comma 1, c.p.a., la sospensione del processo è disciplinata dal codice di procedura civile, dalle altre leggi e dal diritto dell’Unione europea;
- ai sensi dell’art. 80, comma 1, c.p.a., in caso di sospensione del giudizio, per la sua prosecuzione deve essere presentata istanza di fissazione di udienza entro novanta giorni dalla comunicazione dell’atto che fa venir meno la causa della sospensione;
- la natura ordinatoria e sollecitatoria del termine si evince da plurimi elementi:
a) la legge non indica la parte processuale che è tenuta a presentare l’istanza;
b) non qualifica il termine come perentorio;
c) regola la ripresa del giudizio in modo diametralmente opposto rispetto alla fattispecie dell’interruzione del giudizio;
- più in particolare, quanto alla lettera sub b), la qualificazione giuridica espressa è elemento necessario per affermare la natura perentoria del termine: ai sensi dell’art. 152 c.p.c., applicabile al processo amministrativo ex art. 39 c.p.a., “I termini per il compimento degli atti del processo sono stabiliti dalla legge; possono essere stabiliti dal giudice anche a pena di decadenza, soltanto se la legge lo permette espressamente. I termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori”;
- in relazione alla lettera sub c), invece, il comma 2, art. 80 c.p.a. prevede che il processo interrotto prosegue se la parte nei cui confronti si è verificato l’evento interruttivo presenta nuova istanza di fissazione di udienza;
- se la prosecuzione non avviene in questo modo, a norma del successivo comma 3, il processo deve essere riassunto, a cura della parte più diligente, con atto notificato alle altre parti nel termine perentorio di novanta giorni dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo;
- l’art. 35, comma 2, lettera a), c.p.a. prevede, invece, che il processo si estingue “se, nei casi previsti dal presente codice, non viene proseguito o riassunto nel termine perentorio fissato dalla legge o assegnato dal giudice”;
- applicando questi principi alla fattispecie sottoposta al giudizio della Quarta Sezione, si ricava che:
- l’evento che determina la sospensione può anche prescindere dallo specifico comportamento processuale di una delle parti del giudizio e riguardare invece, il giudizio medesimo nella sua oggettività;
- tipico è il caso della sospensione a seguito di rimessione dell’incidente di costituzionalità;
- l’esito non sarebbe mutato se fosse stato fatto un rinvio pregiudiziale alla CGUE;
- entrambe le questioni possono essere rimesse o sollevate d’ufficio dal giudice, anche senza la richiesta specifica di una o di entrambe le parti del giudizio;
- nel caso, poi, del rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 del TFUE, lo stesso si configura anche come obbligatorio e doveroso per il giudice di ultima istanza;
- l’evento interruttivo, viceversa, riguarda la parte processuale specificamente colpita;
- quanto alle conseguenze processuali concernenti la ripresa del processo, trattandosi di fattispecie diverse e non assimilabili, la norma (con riguardo al processo sospeso) non individua la parte che è tenuta a presentare l’istanza e non qualifica come perentorio il termine per il compimento dell’attività utile;
- viceversa, con riguardo al caso del processo interrotto, la norma individua il soggetto interessato nella parte che ha subito l’evento interruttivo; soltanto nell’ipotesi in cui tale soggetto si dimostri disinteressato, la norma onera la parte più diligente del compimento dell’attività e qualifica come perentorio il termine di novanta giorni;
- ciò significa che, sul piano processuale, rispetto al processo sospeso, è sostanzialmente indifferente il soggetto che compie l’attività processuale e manca la previsione della perentorietà;
- la ratio della norma è quella – sola – ordinatoria e sollecitatoria alla ripresa dell’attività, che può avvenire a cura di una delle parti o di entrambe congiuntamente o anche separatamente.
18. La sentenza della Sesta Sezione n. 82/2023 e la sentenza della Quarta Sezione n. 1686/2021 giungono a due conclusioni opposte. Secondo la pronuncia della Sesta Sezione il termine previsto dall’art. 80, comma 1, del c.p.a. ha natura perentoria. Secondo la pronuncia della Quarta Sezione detto termine ha invece natura ordinatoria.
Entrambe le pronunce affermano di essere coerenti con i principi enunciati nella sentenza dell’Adunanza plenaria n. 28/2014 (dianzi richiamata).
19. La posizione della Corte costituzionale sulla cosiddetta “sospensione impropria”.
Come si dianzi ricordato, nella ordinanza 28/2014, più volte richiamata l’Adunanza plenaria ha affermato che:
«e) nel processo amministrativo, secondo un consolidato indirizzo (cfr., fra le tante, ordinanza Sez. V, 27 settembre 2011, n. 5387; Sez. IV, 11 luglio 2002, n.3926), trova ingresso la c.d. sospensione impropria del giudizio principale per la pendenza della questione di legittimità costituzionale di una norma, applicabile in tale procedimento, ma sollevata in una diversa causa;
f) non si rinviene, infatti, nel sistema della giustizia amministrativa (arg. ex artt.79 e 80, c.p.a.) una norma che vieti una tale ipotesi di sospensione (cfr. Cass., Sez. un., 16 aprile 2012, n. 5943), né si profila una lesione del contraddittorio allorquando (come nel caso di specie), le parti, rese edotte della pendenza della questione di legittimità costituzionale, non facciano richiesta di poter interloquire davanti al giudice delle leggi sollecitando una formale rimessione della questione».
Come è noto con l’espressione “sospensione impropria” si suole indicare la sospensione del giudizio (disposta d’ufficio o su istanza di parte) per la pendenza di una questione di legittimità costituzionale o di pregiudizialità europea rispetto alla medesima norma ovvero alla medesima questione di diritto, rilevante in tale giudizio, ma sollevata ovvero trasmessa alla Corte costituzionale o alla Corte di giustizia dal giudice di una diversa causa. La sospensione è impropria, in particolare, in quanto ad essa non si accompagna (con ciò che ne consegue) la trasmissione degli atti al Giudice costituzionale o alla Corte di giustizia dell’Unione europea.
Elemento peculiare della presente fattispecie è rappresentato dal fatto che nell’ordinanza 1068/2017, con la quale la Sezione ha disposto la sospensione del giudizio per la rilevanza di una questione interpretativa già rimessa alla Corte di giustizia UE in un altro processo, tale sospensione sia stata disposta «ai sensi del combinato disposto egli artt.79 c.p.a. e 295 c.p.c.». E l’articolo 295 c.p.c. disciplina le ipotesi di sospensione necessaria del processo. Mentre la cosiddetta “sospensione impropria” dovrebbe avere natura diversa, “discrezionale”, e quindi facoltativa, piuttosto che necessaria.
In una prospettiva più radicale, si potrebbe persino dubitare che quella impropria sia una vera sospensione, accostandola ad una forma di rinvio della (decisione della) causa, disposta senza la fissazione di una data certa.
In ogni caso, successivamente alla pronuncia dell’Adunanza plenaria n. 28/2014, che ha riconosciuto l’esistenza della sospensione impropria nel giudizio amministrativo - sull’assunto che ciò che non è vietato è ammesso, assunto al quale in una prospettiva differente (v. Infra Corte cost.) si potrebbe tuttavia anche replicare che, all’inverso, nella dimensione processuale, è piuttosto ciò che non è previsto dal legislatore che di regola non può essere consentito al giudice, anche considerando il progressivo sfavore mostrato nel tempo proprio dal legislatore per le ipotesi di sospensione processuale - su tale istituto si è pronunciata la Corte costituzionale che nella sentenza n. 218/2021 così ha ribadito la propria posizione:
«La vicenda in esame, in particolare per quanto attiene alla posizione della richiedente AISCAT, induce nondimeno questa Corte a ribadire come debba «escludersi la sussistenza di una discrezionale facoltà del giudice di sospendere il processo fuori dei casi tassativi di sospensione necessaria, e “per mere ragioni di opportunità” (sentenza n. 207 del 2004)» (ordinanza n. 202 del 2020) e, al contempo, a stigmatizzare la prassi della cosiddetta “sospensione impropria”, vale a dire di quella sospensione disposta, senza l’adozione di un’ordinanza di rimessione a questa Corte, in attesa della decisione sulla questione di legittimità costituzionale, avente ad oggetto le stesse norme, sollevata da altro giudice.
Questa prassi, che si esprime nell’adozione di un provvedimento di sospensione «difforme da univoche indicazioni normative» (ordinanza n. 202 del 2020), priva le parti interessate della possibilità di accedere al giudizio di legittimità costituzionale e riduce, nel giudizio stesso, il quadro, offerto alla Corte, delle varie posizioni soggettive in gioco. Ciò, tuttavia, non è sufficiente a legittimare la parte a intervenire, perché altrimenti risulterebbe alterata la struttura incidentale del giudizio di legittimità costituzionale».
La Consulta, pertanto, sembra guardare con sfavore alla prassi della sospensione impropria.
E si deve considerare che l’art. 129 del Regolamento di procedura della Corte di giustizia UE stabilisce che: «L’intervento può avere come oggetto soltanto l’adesione, totale o parziale, alle conclusioni di una delle parti. Esso non attribuisce gli stessi diritti processuali riconosciuti alle parti; in particolare, quello di chiedere lo svolgimento di un’udienza». Ne consegue (ampliando il ragionamento svolto dalla Consulta) che anche nell’ipotesi di questione pregiudiziale proposta alla Corte di Giustizia UE la prassi di sospendere un giudizio in attesa che analoga questione sollevata in un altro processo venga decisa dalla Corte UE priva le parti interessate della possibilità di rappresentare in maniera piena davanti alla Corte UE il fondamento della propria posizione.
In definitiva, quindi, diventa lecito chiedersi se l’affermazione fatta dall’Adunanza plenaria nella ordinanza 28/2014 circa la sussistenza di una sospensione impropria del giudizio conservi validità e attualità alla luce degli orientamenti assunti dalla Corte costituzionale anche con riferimento ad una sospensione disposta per pregiudizialità unionale.
20. La necessità di assicurare una applicazione effettiva delle pronunce della Corte di giustizia UE.
Nel caso di specie si discute della sorte di un giudizio – avente ad oggetto una sanzione per pratica commerciale scorretta, materia di stretta derivazione dal diritto UE - nel quale occorre fare applicazione di un canone interpretativo fissato dalla Corte di giustizia, e che ha a tutti gli effetti valenza di fonte normativa - ancorché sulla base di un rinvio pregiudiziale formulato in un giudizio diverso ma su questione analoga.
Nella sentenza n. 11/2016 l’Adunanza plenaria ha ribadito il seguente principio:
«54. Occorre a tal proposito ricordare che le sentenze pregiudiziali interpretative della Corte di Giustizia hanno la stessa efficacia vincolante delle disposizioni interpretate: la decisione della Corte resa in sede di rinvio pregiudiziale, dunque, oltre a vincolare il giudice che ha sollevato la questione, spiega i propri effetti anche rispetto a qualsiasi altro caso che debba essere deciso in applicazione della medesima disposizione di diritto (in tal senso è costante la giurisprudenza comunitaria: cfr. Corte Giust., 3 febbraio 1977,in causa C-52/76, Benedetti c. Munari F.lli sas, in Racc. 1977, 163 e 5 marzo1986, in causa 69/85, Wünsche Handelgesellschaft Gmbh& Co. c. Repubblica Federale della Germania, in Racc., 1986, 947)».
Gli effetti di una pronuncia interpretativa della Corte di giustizia UE sarebbero attenuati se non addirittura vanificati se non fosse assicurato alla parte che ha interesse a valersene in giudizio e ai giudici nazionali di tenerne conto in quanto componente del diritto UE, tanto più se l’impedimento fosse legato all’esistenza di una prassi processuale di creazione giurisprudenziale – la sospensione impropria - e di una regola processuale ad esso applicabile non codificata ma derivante dall’applicazione in via analogica o estensiva di quanto stabilito per la sospensione propria, ove l’art. 80, comma 1, fosse letto nel senso della perentorietà del termine.
La conclusione finale sarebbe, nel caso di specie, il determinarsi di una preclusione processuale in tesi praeter legem tale da impedire l’esame del merito della controversia e, dunque, tale da determinare il passaggio in giudicato di una sentenza di primo grado sebbene contraddetta dalla giurisprudenza UE ma senza che di tale giurisprudenza si possa fare applicazione.
Occorre, pertanto, definire la disciplina giuridica applicabile alle modalità di prosecuzione di un processo sospeso in senso improprio in attesa della pronuncia della Corte di giustizia UE, richiesta di pronunciarsi su rinvio pregiudiziale disposto in altro giudizio, anche considerando la necessità di assicurare l’effetto utile del diritto UE.
21. In conclusione, si formulano all’Adunanza plenaria i seguenti quesiti:
A) se, alla luce della richiamata giurisprudenza costituzionale sopravvenuta alla pronuncia dell’Adunanza plenaria n. 28/2014, debba confermarsi quanto ritenuto da tale Adunanza plenaria in ordine alla ammissibilità della prassi della sospensione cd. impropria nel giudizio amministrativo;
B) ove la risposta sia affermativa, se, nel caso in cui in un giudizio amministrativo sia disposta una sospensione cd. impropria, in attesa che la Corte di giustizia UE si pronunci su un rinvio pregiudiziale ex art. 267 del TFUE sollevato su medesima questione in un altro giudizio, si abbia una sospensione in senso tecnico, con la conseguenza che la prosecuzione del giudizio è subordinata necessariamente all’impulso di parte, ovvero una situazione differente, di mero rinvio della causa, tale da non giustificare l’applicazione dell’art. 80 co. 1, c.p.a.
C) ove si risponda nel primo senso anche al quesito sub B), così confermandosi quanto a suo tempo ritenuto dall’Adunanza plenaria 28/2014, visto il contrasto tra la pronuncia della Quarta Sezione n. 1686/2021 e la pronuncia della Sesta Sezione n. 82/2023 (art. 99, comma 1, c.p.a.), quale interpretazione occorra dare all’articolo 80 del c.p.a. secondo il quale: «In caso di sospensione del giudizio, per la sua prosecuzione deve essere presentata istanza di fissazione di udienza entro novanta giorni dalla comunicazione dell'atto che fa venir meno la causa della sospensione», in particolare se il termine previsto dalla disposizione citata abbia natura perentoria o ordinatoria.
Il Collegio è dell’avviso che la prassi giurisprudenziale della sospensione impropria possa prestarsi a delle obiezioni, per i profili sopra evidenziati, laddove assimilata in tutto e per tutto ad una sospensione propria e laddove da ciò sia fatta discendere la necessità che per la sua prosecuzione debba essere presentata istanza di fissazione di udienza in un termine ritenuto perentorio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, ne dispone il deferimento all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.
Manda alla segreteria della sezione per gli adempimenti di competenza, e, in particolare, per la trasmissione del fascicolo di causa e della presente ordinanza al segretario incaricato di assistere all'Adunanza plenaria.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 5 ottobre 2023 e 18 ottobre 2023, con l'intervento dei magistrati:
Hadrian Simonetti, Presidente
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Roberto Caponigro, Consigliere
Giovanni Gallone, Consigliere
Giovanni Pascuzzi, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE |
IL PRESIDENTE |
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Giovanni Pascuzzi |
Hadrian Simonetti |
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IL SEGRETARIO