Pubblicato il 16/08/2023
N. 07783/2023REG.PROV.COLL.
N. 01667/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1667 del 2019, proposto dalla società SAD – Trasporto Locale S.p.a. – SAD Nahverkehr A.G., in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Volpe, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
contro
la Provincia autonoma di Bolzano, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Renate von Guggenberg, Cristina Bernardi, Jutta Segna e Michele Purrello, dell’Avvocatura della Provincia autonoma di Bolzano nonché dall’avvocato Luca Graziani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e con domicilio eletto presso lo studio dell’ultimo dei suindicati difensori in Roma, via Po, n. 22;
per la riforma
della sentenza del Tribunale regionale della giustizia amministrativa, Sezione autonoma per la Provincia di Bolzano, 9 luglio 2018 n. 229, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio della Provincia autonoma di Bolzano e i documenti prodotti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del 22 giugno 2023 il Cons. Stefano Toschei e uditi per le parti gli avvocati Francesco Volpe e Luca Graziani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Con ricorso n. R.g. 1667/2019 la società SAD – Trasporto Locale S.p.a. – SAD Nahverkehr A.G. (d’or in poi, per brevità, SAD) ha proposto appello, dinanzi a questo Consiglio di Stato, avverso la sentenza del Tribunale regionale della giustizia amministrativa, Sezione autonoma per la Provincia di Bolzano, 9 luglio 2018 n. 229, con la quale è stato respinto il ricorso (n. R.g. 106/2016) proposto dalla medesima società per ottenere l’annullamento del decreto del direttore di Ripartizione, Ufficio trasporto persone, della Provincia autonoma di Bolzano n. 21518/2015, avente ad oggetto “determinazione del contributo ordinario di esercizio integrativo per l'anno 2012 e liquidazione del relativo saldo al concessionario SAD S.p.A.”, nella parte in cui esso non ha integralmente recepito la domanda di rimborso del contributo dovuto alla predetta società ex art. 17, l.p. 16/1985.
2. – Occorre premettere in punto di fatto che:
- la società SAD è concessionaria sin dal 1959 di vari servizi di trasporto di persone, urbano ed extraurbano nel territorio della provincia di Bolzano;
- le concessioni rilasciate alla SAD (senza selezione pubblica, come era consentito all’epoca) sono state prorogate nel tempo con interventi normativi locali ad hoc;
- l’oggetto della presente controversia, ora in grado di appello, si sostanzia nella contestazione, da parte della società SAD, della legittimità di un provvedimento assunto dai competenti uffici della Provincia autonoma di Bolzano, n. 21518/2015 del 3 dicembre 2015, con il quale è stato determinato l’ammontare “del contributo ordinario di esercizio integrativo per l’anno 2012 e liquidato il “relativo saldo” dovuti “al concessionario SAD s.p.a.”, ai sensi dell’art. 17, l.p. 16/1985, in quanto la società concessionaria si è visto riconosciuto, a titolo di saldo del contributo integrativo per l’esercizio 2012, l’importo € 1.427.646,63, comprensivo di un premio di risultato pari ad € 126.192,19 ritenuto non satisfattivo dalla predetta concessionaria, atteso che la Provincia non avrebbe tenuto conto di talune voci di costo e avrebbe comunque considerato tra i ricavi altre voci che non avrebbero dovute essere prese in considerazione.;
3. – Pare al Collegio utile ricostruire il quadro delle disposizioni normative che disciplinano la materia oggetto del presente contenzioso, per come illustrato dalla stessa società SAD nel ricorso in appello (dal quale si traggono ampi stralci che vengono riproposti in virgolettato) e in numerosi precedenti contenziosi che hanno caratterizzato i rapporti tra concedente e concessionaria nel corso degli ultimi anni, al fine di una migliore e completa rappresentazione dei profili, anche giuridici, che costituiranno il sostrato della decisione del presente giudizio in grado di appello.
Come è noto, quindi:
- l’attività in questione, svolta per la Provincia autonoma di Bolzano in qualità di concessionaria dalla SAD, è disciplinata dalla legge provinciale 2 dicembre 1985, n. 16 (recante la “Disciplina dei servizi di trasporto pubblico di persone”);
- per quanto qui rileva l’art. 17 della predetta legge provinciale stabilisce che “consorzi o singole imprese non consorziate sono ammessi, su loro domanda, ad un contributo integrativo di quello ordinario previsto all’articolo 14, finalizzato a compensare gli obblighi di servizio pubblico” e che detto contributo “è determinato nella differenza tra costi e ricavi come definiti e valutati nei commi da 2 a 4”;
- al citato comma 4 la legge provinciale definisce, più precisamente, cosa si debba intendere per ricavi, e quindi: “a) ricavi relativi ai prodotti del traffico; b) ricavi relativi ai contributi ordinari di cui all’articolo 14; c) ricavi relativi a contributi e sovvenzioni da parte dello Stato e di altri enti; d) ricavi relativi agli interventi finanziari ed ai rimborsi previsti al comma 3 dell’articolo 2; e) sopravvenienze che hanno determinato l’erogazione di maggiori contributi negli esercizi precedenti”;
- sostiene la SAD (nei molti contenziosi con la Provincia autonoma) che, quanto ai “costi di esercizio” del concessionario la l.p. 16/1985, al fine di determinare il contributo da versare ad esso, “ha inteso riferirsi a costi giuridicamente definiti. Essi, perciò, non corrispondono ai costi reali sostenuti dall’impresa concessionaria”. Infatti “la legge provinciale non ha inteso remunerare, tramite il sopra citato contributo, dei costi che corrispondono a fattori della produzione potenzialmente non incidenti sulla effettiva attività di offerta al pubblico del servizio. In secondo luogo, invece, l’individuazione di un «costo aziendale» per così dire "<politico"> (in quanto esso è distinto dal costo effettivo) trova giustificazione nell’intento di remunerare dei costi aggiuntivi che si impongono alle imprese, stante le particolarità del servizio così come esso è svolto nel territorio sudtirolese. Ciò comporta che, nella determinazione di siffatto "<costo aziendale politico">, si debba, innanzi tutto, operare sui costi effettivi, quali sono esposti dalla singola concessionaria, una sorta di «depurazione», volta a sottrarre quelle voci di costi aziendali che non possono essere computate perché non strettamente pertinenti. Ottenuto tale costo per così dire «depurato», in ossequio al secondo principio, si deve procedere a questo punto, a sommare quelle particolari voci di spesa che tengono conto delle particolarità del servizio. Il risultato così ottenuto costituisce, dunque, il primo passo che condurrà a quella sottrazione tra costi e ricavi la quale, a sua volta, darà luogo, dopo un ulteriore elaborazione dei dati (…), alla determinazione finale del contributo dovuto al concessionario”;
- la c.d. depurazione del costo aziendale è specificamente regolata dal secondo comma dell’art. 17 l.p. 16/1985, prevedendo una complessa procedura nella quale i due prevalenti caposaldi sono costituiti dalla individuazione del “costo standard” e del “costo effettivo”. Il primo (sempre per il comma 2 del citato art. 17) è riferito ad un costo ipotetico predeterminato dalla Provincia e relativo ad un chilometro di percorrenza di ogni vettura, calcolato in ragione di criteri di efficiente gestione delle attività in concessione e di parametri di coerenza con gli orari di servizio approvati, sulla base delle medesime voci di costo che concorrono a comporre il “costo aziendale”, di modo che esso (il “costo standard”) possa assurgere, quale strumento di comparazione con il “costo aziendale” sostenuto dall’impresa concessionaria, ai fini della determinazione del contributo erogabile al concessionario;
- ricorda la società oggi appellante (nel ricorso in appello, alla stessa stregua di quanto sostenuto nei molti contenziosi intercorsi con la Provincia autonoma) che l’art. 17, comma 5, della legge provinciale in esame stabilisce ancora che “Il costo standard è determinato per le diverse aziende o consorzi dalla Giunta provinciale entro il mese di settembre dell’anno precedente a quello di competenza”, di talché vanno considerati come “effettivi” i costi sostenuti in concreto dalla singola impresa concessionaria nell’esercizio finanziario successivo a quello di determinazione del “costo standard” e quindi depurati da quelle voci di spesa che la legge non ritiene rimborsabili all’esito della procedura di cui al comma 2 (sopra indicata). I “costi effettivi” sono poi suddivisi per ogni chilometro di effettiva percorrenza compiuto dalle singole vetture della concessionaria, in ragione dello stesso parametro utilizzato per individuare il “costo standard”, costituito dall’unità per chilometro e vettura;
- ricorda (ancora) la società SAD che, all’esito della individuazione dei costi “standard e effettivo”, possono realizzarsi due scenari. In un primo caso il “costo effettivo” risulta essere superiore al “costo standard”, il che determina a carico della concessionaria l’esclusione dal diritto di ottenere, in sede di liquidazione del contributo ordinario, qualsivoglia rimborso del “costo effettivo”, percependo così un contributo dalla Provincia inferiore al “costo standard” e quindi, verosimilmente, insufficiente a colmare le perdite di esercizio. In una seconda prospettiva, potrebbe essere il “costo standard” a superare il “costo effettivo”, con un evidente differenziale negativo tra ricavi e costi aziendali rispetto alla differenza tra ricavi e “costi standard”, facendo così emergere una positività nella gestione del servizio in capo al concessionario che dà diritto a considerare riconoscibile il “costo standard” sebbene decurtato (ex lege) per come previsto dall’art. 17 comma 2, ultimo periodo, l.p. 16/1985 (“Se il costo standard risulta superiore al costo effettivo, lo stesso costo standard viene ridotto nella misura necessaria ad assicurare una differenza tra i due costi non superiore all’uno per cento del costo effettivo”). In questo modo “l’incremento premiale di un punto percentuale operato sul «costo effettivo» (per il caso in cui esso sia inferiore al «costo standard») concorre (…) a determinare il profitto d’impresa per il concessionario”;
- nell’ultima fase di determinazione dei complessivi costi rimborsabili al concessionario, secondo la legge provinciale più volte richiamata, ai costi depurati (e come sopra individuati), frutto della comparazione tra “costo standard” e “costo effettivo” vanno da ultimo sommate ulteriori voci di spesa, prima non ricomprese. Il già più volte citato comma 2 dell’art. 17, l.p. 16/1985, in proposito così recita: “i costi aziendali al netto di quelli relativi ai servizi di area di cui al comma 3 dell’articolo 2 e ai servizi di interesse comune di cui al comma 2 dell’articolo 12, delle quote di ammortamento, degli oneri finanziari, degli oneri straordinari che non hanno determinato variazioni dei contributi erogati negli esercizi precedenti, delle imposte sul reddito e sul patrimonio, sono riconosciuti sulla base di un costo standard, per vettura chilometro o unità di prodotto equivalente, definito con criteri di efficiente gestione delle diverse attività in concessione. Le vetture chilometro o le unità di prodotto equivalenti, comprensive di quelle di trasferimento, devono risultare coerenti con gli orari Provinciali approvati ai sensi degli articoli 2 e 4. Se il costo standard risulta superiore al costo effettivo, lo stesso costo standard viene ridotto nella misura necessaria ad assicurare una differenza tra i due costi non superiore all’uno per cento del costo effettivo”;
- ai sensi del successivo art. 17, comma 3, “ai costi standard di cui al comma 2 si sommano i costi relativi ai servizi di area di cui al comma 3 dell’articolo 2, i costi relativi ai servizi di cui al comma 2 dell’articolo 12, i costi relativi alle eventuali indennità di bilinguismo, le quote di ammortamento degli investimenti effettuati in base agli interventi previsti al comma 3 dell’articolo 3 al netto delle quote di utilizzo del fondo investimenti, costituito secondo quanto previsto al comma 3 dell’articolo 15 e le quote di ammortamento riconosciuto ai sensi del comma 6 dell’articolo 3”.
4. – Ricostruito come sopra il quadro normativo nel quale si iscrive (anche) il presente contenzioso, facendo peraltro uso proprio delle interpretazioni esposte dalla SAD in precedenti contenziosi (assimilabili per oggetto e presupposti contestativi a quello qui in esame), debbono ora riferirsi le questioni che la SAD ha posto al T.R.G.A. di Bolzano nel giudizio di primo grado e che il predetto giudice ha ritenuto di non poter accogliere respingendo, con la sentenza 229/2018 (qui oggetto di appello), il ricorso proposto.
In primo grado la SAD ha proposto sei motivi di ricorso che, con necessaria sinteticità, vengono qui di seguito elencati:
a) violazione dell’art. 11-bis, l.p. 22 ottobre 1993, n. 17 per non avere la Provincia di Bolzano formalizzato un atto di preavviso di diniego al fine di far conoscere alla società interessata, in via preventiva rispetto all’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento, le ragioni che ostavano all’accoglimento della richiesta di riesame delle decisioni in un primo tempo assunte dall’amministrazione in merito all’accoglimento della richiesta di rimborso o di parte di essa, onde consentire una proficua partecipazione al procedimento che, dunque, non v’è stata;
b) violazione l.p. 17/1993 nella parte in cui impone all’amministrazione di predeterminare i criteri per la concessione di sovvenzioni, contributi e sussidi, operazione che nella specie non sarebbe stata effettuata;
c) viene poi contestata la (operata) decurtazione dei costi riferiti ai compensi erogati agli amministratori della società concessionaria, considerando quest’ultima incongruo il rinvio effettuato dalla Provincia ai tetti sui compensi degli amministratori delle società in house di cui all’art. 1, commi 725 e seg. l. 296/2006, dopo l’intervento della Corte Costituzionale che ha stabilito (con sentenza 159/2008) come la norma non fosse applicabile nel territorio della Provincia di Bolzano;
d) la Provincia avrebbe poi, indebitamente ed immotivatamente, computato ai fini della determinazione del contributo integrativo, somme introitate dalla SAD in esecuzione di clausole penali relative a rapporti contrattuali intrattenuti con i propri fornitori;
e) viene poi sostenuta una incompatibilità eurounitaria tra la l.p. 16/1985 e il regolamento CE n. 1191/1969, sicché il sindacato sulla prestazione del servizio si dovrebbe limitare ad una verifica della qualità dei risultati di gestione, senza estendersi ad una valutazione sulle modalità della gestione;
f) infine il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo a causa della (derivata) illegittimità della delibera provinciale n. 1299 del 10 novembre 2015 di rideterminazione del costo standard per gli anni 2011 e 2012.
5. – Il T.R.G.A. di Bolzano, con la sentenza n. 229/2018, ha ritenuto infondati i motivi di censura dedotti in quanto, riassuntivamente:
- la maggior parte di essi si risolvono in una aperta critica al precedente dello stesso T.R.G.A., di cui alla sentenza n. 221/2014, con riferimento al quale vengono riproposte censure sovrapponibili a quelle già respinte in via definitiva con il citato precedente. Ne consegue la inammissibilità delle domande caducatorie proposte nei confronti del nuovo provvedimento attraverso il quale vengono (surrettiziamente) riproposte censure ad atti presupposti, già respinte in precedenti contenziosi con sentenze passate in cosa giudicata;
- la residua parte di contestazioni va respinta nel merito anche richiamando il precedente del Tribunale amministrativo n. 221/2014.
6. – La SAD nello spiegare appello nei confronti della sentenza del T.R.G.A. n. 229/2018, ha riproposto, con adeguata trasposizione nella formula di motivi di contestazione dei singoli capi della sentenza di primo grado con i quali ciascuna delle censure in quella sede dedotte è stata ritenuta non accoglibile, i corrispondenti percorsi contenziosi già tracciati dinanzi al primo giudice e che dunque il Collegio ritiene, per brevità, di non riprodurre analiticamente.
Alla elencazione dei motivi la SAD ha anteposto una contestazione “generale” del decreto n. 21518/2015, ribadendo la sua illegittimità in via derivata, in quanto tratta dalla illegittimità della delibera provinciale n. 1299 del 10 novembre 2015 di rideterminazione del costo standard per gli anni 2011 e 2012, fatta oggetto di impugnazione definita, sfavorevolmente per SAD, dal T.R.G.A. di Bolzano con sentenza 211/2018 e a propria volta fatta oggetto di appello al Consiglio di Stato, con ricorso n. R.g. 884/2019.
Da qui la richiesta di riforma della sentenza fatta oggetto di appello e l’accoglimento del ricorso proposto in primo grado con l’annullamento del decreto provinciale in quella sede impugnato.
7. - Si è costituita nel presente giudizio di appello la Provincia autonoma di Bolzano confermando in via preliminare l’effettiva sussistenza di un giudicato sulle questioni sollevate dalla società appellante e contestando analiticamente la fondatezza dei sei motivi di appello dedotti dalla società SAD. Ribadendo sul punto la legittimità dell’attività svolta dall’amministrazione e la correttezza del percorso argomentativo fatto proprio dal giudice di prime cure per destituire di fondamento i suddetti motivi (nella proposizione offerta dalla società in primo grado), la provincia appellata chiedeva la reiezione del mezzo di gravame proposto e la conferma della sentenza di primo grado.
8. – Il Collegio ritiene, in via preliminare, precisare che con il decreto 3 dicembre 2015 n. 21430/2015 (oggetto di altro giudizio) viene dato atto, tra l’altro, che con il decreto n. 69/38.2 del 7 marzo 2013 (già impugnato dalla SAD con ricorso n. R.g. 350/2013 e definito con esito sfavorevole alla società con la sentenza n. 221/2014, nuovamente impugnato in un separato giudizio), il costo standard extraurbano per gli autobus di linea è stato rideterminato, per l’anno 2011, in euro 2,4943 e che tale costo standard è stato successivamente aggiornato con deliberazione della Giunta provinciale n. 1299 del 10 novembre 2015.
Quest’ultimo provvedimento è stato anch’esso impugnato con ricorso dinanzi al T.R.G.A. di Bolzano R.g. n. 64/2016, definito con sentenza n. 211/2018 e riformata con sentenza di questa Sezione del Consiglio di Stato n. 4102/2022. Detta pronuncia della Sezione, nondimeno, adottata all’esito di una CTU, ha riguardato esclusivamente la questione avente ad oggetto la computabilità nei costi standard dei costi delle locazioni, disponendo che “debbano essere aumentati retroattivamente per integrare nei conteggi esclusivamente i costi delle infrastrutture e degli affitti per le rimesse”, punto 9.1 della citata sentenza) e rideterminato in 2,5347 Euro/km..
Ne deriva che la limitata portata demolitoria della sentenza n. 4102/2022 della Sezione, sul contenuto recato dalla deliberazione della Giunta provinciale n. 1299 del 10 novembre 2015, non impinge sul presente contenzioso, provocando l’aspirato effetto caducatorio da illegittimità derivata preteso dalla società appellante, in quanto il presente contenzioso ha ad oggetto profili per la gran parte diversi rispetto a quelli che sono stati oggetto del diverso processo definito con la sentenza della Sezione n. 4102/2022. Peraltro, come ha correttamente segnalato il primo giudice al punto n. 61 della sentenza qui oggetto di appello “Il ricorso proposto avverso la deliberazione di Giunta n. 1299 del 10.11.2015 concerne (…) la determinazione del costo standard per gli anni 2011 e 2012 mentre il presente giudizio riguarda la liquidazione del contributo integrativo per il 2012”. Con il che il sesto motivo di appello dedotto dalla SAD può ritenersi non fondato.
9. – Passando alle singole questioni contenziose nuovamente dedotte dalla SAD, va esclusa la condivisibilità del primo motivo di appello, con il quale è stata sostenuta la violazione della l.p. 17/1993, in quanto non solo il procedimento in questione non può qualificarsi alla stregua di un ordinario procedimento avviato ad istanza di parte ma, tenuto conto delle continue interlocuzioni sviluppate nel corso dell’attività istruttoria da rappresentanti di entrambe le parti e tenuto conto della inadeguata (ad avviso del Collegio e per come nel prosieguo si specificherà) contestazione delle soluzioni alle quali è giunta la Provincia, la società appellante non ha dimostrato che una eventuale ulteriore partecipazione procedimentale, con l’allegazione di osservazioni finali dopo aver conosciuto preventivamente (rispetto all’adozione del provvedimento finale qui impugnato) le ragioni ostative all’accoglimento delle pretese avanzate, avrebbe condotto all’adozione di un provvedimento provinciale di segno diverso rispetto a quello che è stato poi adottato.
10. – Anche il secondo motivo dedotto in appello non merita condivisione, in quanto la disciplina sul riconoscimento del contributo è recata dalla l.p. 16/1985 (in particolare gli artt.14 e 17), di talché non necessita(va) una ulteriore produzione normativa specifica da parte della Provincia autonoma di Bolzano.
Così come il terzo motivo di appello, con il quale si contesta la mancata condivisione da parte del T.R.G.A. della censura con la quale la SAD si duole del mancato computo (integrale) dei compensi per gli amministratori e i costi dovuti agli oneri finanziari sostenuti dalla concessionaria. La questione, già sollevata da SAD in numerosi contenziosi e mai ritenuta fondata né dal giudice di primo che né da quello d’appello, si sovrappone con altra identicamente proposta nel precedente giudizio definito con la sentenza n. 221/2014, emergendone dunque (in questa sede) la inammissibilità.
Come, infatti, è ben noto alle parti dell’odierna controversia, per averne riferito più volte negli atti depositati nel presente giudizio, la SAD ha espressamente rinunciato all’appello proposto (n. R.g. 2806/2015) nei confronti della sentenza del T.R.G.A. di Bolzano n. 221/2014, senza alcun condizionamento o limitazione, rinunciando così a tutte le censure proposte nel giudizio di secondo grado con le quali si sosteneva la erroneità della sentenza di primo grado con riferimento ai capi della stessa nei quali erano raccolte le argomentazioni utilizzate dal T.R.G.A. per respingere nel merito le questioni di legittimità mosse in quella sede dalla SAD e, in parte, sovrapponibili a quelle che caratterizzano il contenzioso qui in esame nel presente grado di appello.
Come è riconosciuto dalla più recente giurisprudenza (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. VI, 22 febbraio 2022 n. 1262) costituisce invero ius receptum, affermato in relazione al processo amministrativo di appello (cfr., anche, Cons. Stato, Sez. IV, 23 giugno 2015 n. 3158 e Sez. V, 16 febbraio 2015 n. 806), che ai sensi degli artt. 2909 Cod. civ. e 324 Cod. proc. civ., applicabili anche al processo amministrativo, la regola del ne bis in idem presuppone l'identità nei due giudizi delle parti in causa e degli elementi identificativi dell'azione proposta, e quindi che in quei giudizi sia chiesto l'annullamento degli stessi provvedimenti, o al più di provvedimenti diversi ma legati da uno stretto vincolo di consequenzialità in quanto inerenti ad un medesimo rapporto, sulla base di identici motivi di impugnazione (cfr., ancora, Cons. Stato, Sez. V, 10 maggio 2021 n. 3618).
Pare evidente dunque che tutte le censure dedotte e sovrapponibili a quelle già scrutinate dal T.R.G.A. di Bolzano e definite (nel merito) con esito sfavorevole per la SAD con la sentenza n. 221/2014, stante il passaggio in giudicato della stessa, anche per l’intervenuta rinuncia formale all’appello da parte della SAD, debbono essere dal Collegio dichiarate inammissibili.
11. – Sempre con il terzo motivo la SAD, con rifermento all’annualità 2012, si duole del mancato riconoscimento di oneri finanziari per l’importo di € 607.598,00 sostenendo che detta decurtazione non è stata giustificata dall’amministrazione e non soccorre in tal senso la lettera dell’assessore alla mobilità n. 595441 del 17 ottobre 2014 con la quale si condiziona la rimborsabilità degli oneri finanziari alla presentazione dei rendiconti da effettuare entro il mese di agosto di ciascun anno.
Va detto però che nel decreto qui principalmente gravato, n. 21518/2015, nella Tabella C, sono indicati dettagliatamente i conteggi il dettaglio dei conteggi effettuati con indicazione delle decorrenze e delle date di liquidazione, specificando altresì le modalità di computo degli interessi dovuti. Il metodo di esame di detta voce di computo e la manifestazione puntuale (seppur numerica) delle ragioni che hanno accompagnato l’amministrazione nel giungere alla conclusione avversata dalla SAD, costituiscono elementi che militano indubbiamente per una considerazione in termini di non illogicità né di irragionevolezza della procedura svolta dall’amministrazione e degli esiti ai quali essa è pervenuta, escludendo che, in difetto di ulteriore e più idoneo corredo documentale, le deduzioni della società oggi appellante possano essere scrutinate favorevolmente dal Collegio.
Peraltro le modalità di computo conseguono a scadenze fissate dalla legge (termine di accredito del 90% dell’importo riconosciuto l’anno precedente a partire dal 1° giorno del mese successivo da quello di riferimento) ed ai ritardi con cui di regola la concessionaria ha nel tempo (e per prassi) presentato la domanda di rimborso rispetto alla scadenza della relativa annualità (ma su tale tema e sulla legittimità dell’azione dell’amministrazione si può rimandare alla sentenza n. 221/2014).
12. – Con il quarto motivo si evidenzia la contestata contabilizzazione delle somme introitate dalla concessionaria a titolo di penali escusse in seguito ad inadempimenti dei propri fornitori.
Anche questo tema è comune a molti altri contenziosi intercorsi tra la SAD e la Provincia autonoma di Bolzano. Analogamente a detti contenziosi anche nel presente la questione prospettata dalla SAD non può trovare accoglimento in quanto, avere la Provincia imputato le forniture in questione come inerenti al servizio pubblico oggetto dell’attività svolta in via principale dalla concessionaria, costituisce, ad avviso del Collegio, una valutazione (in difetto di ulteriori elementi contrastanti che non sono stati offerti da SAD nel presente giudizio, non essendo allo scopo sufficiente la mera considerazione circa la natura di penale dei relativi importi sostenuta dalla predetta società) non affetta da vizio di palese illogicità o irragionevolezza, con la conseguenza che anche la contestazione alla decisione di non accogliere il settimo motivo di ricorso (punto 59 della sentenza qui oggetto di appello) non può essere condivisa
13. – Con il quinto motivo la SAD contesta la legittimità della procedura svolta dall’amministrazione nel rispetto della disciplina dettata dalla l.p. 16/1985, in quanto quest’ultima sarebbe incompatibile con la normativa comunitaria di settore e, in particolare, con il Regolamento CE 1370/2007.
Sul punto, già noto per essere stato oggetto di contrasto tra concedente e concessionaria in precedenti contenziosi e, in particolare, in quello definito con la sentenza n. 221/2014, vale la pena di riproporre, testualmente, alcuni passaggi di detta sentenza nella parte in cui interessa anche l’odierno contenzioso. Alle pagg. 20 e 21 della predetta sentenza (facendo anche esplicito riferimento all’orientamento giurisprudenziale comunitario, di cui alla sentenza della Corte di Giustizia UE, 24 luglio 2003, in causa C-280/00 “Altmark Trans GmbH”) si legge (testualmente) che “il riconoscimento di un 1% come bonus, tenendo conto del contesto in cui opera la Sad, che, proprio come concessionaria della Provincia ha un rischio imprenditoriale ridotto con riferimento al mercato della concorrenza, appare congruo e ragionevole, tenuto, anche, conto, dell’aspetto premiale di detto bonus, orientato al conseguimento da parte del concessionario di una maggiore efficienza nella gestione dell’impresa.
Per tale ragione il riconoscimento del bonus non può assurgere a diritto che debba sempre essere riconosciuto, perché, in tal caso potrebbe essere incentivante, o, comunque, permissivo, ad un allentamento dell’efficienza gestionale da parte del concessionario, che, comunque, usufruirebbe di questo compenso premiale, pur non avendolo meritato.
Si aggiunge che non rientra tra i compiti della Provincia quello di garantire alla Sad, società privata, il conseguimento di un utile di impresa, indipendentemente dall’efficienza della gestione aziendale; spetta, infatti, alla Sad organizzare la propria attività in modo da produrre il maggior utile possibile, magari, anche, operando con altri soggetti nel mercato dei trasporti, diversi dalla Provincia.
Si deve tener presente, inoltre, che se la Sad ritenesse di non poter proseguire il servizio di pubblico trasporto con la Provincia, non riuscendo più a conseguire un utile soddisfacente nelle modalità con questa pattuite, avrebbe, comunque, la possibilità di recedere dalla relativa concessione, ovviamente rispettando la procedura prevista. Peraltro, questo, finora non si è mai verificato e ciò induce a credere che la ricorrente gestisca il servizio con un conseguimento di un utile, dalla stessa considerato, quanto meno, interessante e, comunque, sufficiente al prosieguo del rapporto con la Provincia.
Quanto sopra porta ad escludere che la determinazione del costo standard (che, come sopra evidenziato, in quanto “definito con criteri di efficiente gestione delle diverse attività in concessione”, ai sensi del comma 2 dell’art. 17, rientra nella discrezionalità tecnica della Provincia), manifesti evidenti profili di manifesta illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza o travisamento dei fatti; come pure ad un contrasto con lo stesso art. 17 e con il regolamento CE 23 ottobre 2007, n. 1370/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio, come asserito dalla ricorrente”.
Sempre nella ridetta sentenza n. 221/2014 viene puntualizzato che, secondo la Commissione UE (decisione n. 2005/C 297/94), “per margine di utile ragionevole si intende un tasso di remunerazione del capitale proprio, che deve tenere conto del rischio o dell’assenza di rischio per l’impresa grazie all’intervento dello Stato, in particolare se quest’ultimo concede diritti esclusivi o speciali. In genere questo tasso non deve superare il tasso medio rilevato nel settore interessato nel corso degli ultimi anni. Nei settori nei quali non esiste un’impresa comparabile all’impresa incaricata del servizio di interesse economico generale il raffronto può essere effettuato con imprese situate in altri Stati membri o, se necessario, con imprese di altri settori a condizione che si tenga conto delle peculiarità di ciascun settore. Nel determinare il margine di utile ragionevole, lo Stato membro può introdurre criteri di incentivazione, in funzione, fra l’altro, della qualità del servizio reso e dell’accresciuta efficienza produttiva”.
14. - In ragione delle suesposte osservazioni le censure dedotte in sede di appello vanno ritenute non condivisibili sicché il mezzo di gravame proposto va respinto con la conseguente conferma della sentenza di primo grado.
A ciò si aggiunga che lo scrutinio (complessivo) dei motivi di appello proposti dalla parte appellante è stato sviluppato alla luce dell'ormai consolidato “principio della ragione più liquida”, corollario del principio di economia processuale (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 5 gennaio 2015 n. 5 nonché Cass., Sez. un., 12 dicembre 2014 n. 26242), sicché sono stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663 e per il Cons. Stato, Sez. VI, 26 gennaio 2022 n. 531 e 2 settembre 2021 n. 6209), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Tenuto conto della evidente complessità della questione, anche sotto il profilo processuale, ritiene il Collegio che sussistano i presupposti di cui all’art. 92 c.p.c., così come espressamente richiamato dall’art. 26 c.p.a., per disporre la compensazione integrale delle spese del grado di appello tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello (n. R.g. 1667/2019), come indicato in epigrafe, lo respinge.
Spese del grado di appello compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 22 giugno 2023 con l'intervento dei magistrati:
Sergio De Felice, Presidente
Alessandro Maggio, Consigliere
Giordano Lamberti, Consigliere
Stefano Toschei, Consigliere, Estensore
Thomas Mathà, Consigliere
L'ESTENSORE |
IL PRESIDENTE |
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Stefano Toschei |
Sergio De Felice |
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IL SEGRETARIO