Giu Sulla revocazione di cui al n. 4) dell’art. 395 c.p.c.
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. II - SENTENZA 09 maggio 2023 N. 4706
Massima
1. L’errore di fatto, idoneo a costituire un vizio revocatorio ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., è identificabile con l’errore di percezione sull’esistenza o sul contenuto di un atto processuale, che si traduca nell’omessa pronuncia su una censura o su un’eccezione.
2. Non costituisce motivo di revocazione per errore di fatto la circostanza che il giudice, nell’esaminare la domanda di parte, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni proposte dalla parte a sostegno delle proprie censure.
3. Non può giustificare la revocazione, inoltre, una contestazione sull’attività di valutazione del giudice, perché essa riguarderebbe un profilo diverso dall’erronea percezione del contenuto dell’atto processuale, in cui si sostanzia l’errore di fatto; di conseguenza, il vizio revocatorio non può mai riguardare il contenuto concettuale delle tesi difensive delle parti, come esposte negli atti di causa, perché le argomentazioni giuridiche non costituiscono “fatti” ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c. e perché un tale errore si configura necessariamente non come errore percettivo, bensì come errore di giudizio, investendo per sua natura l’attività valutativa ed interpretativa del giudice.
4. non può giustificare la revocazione, altresì, una contestazione concernente il mancato esame di un qualsivoglia documento (come, ad es., di un allegato a una relazione istruttoria) o di qualsiasi altra prova offerta dalle parti, dal momento che in casi del genere si potrebbero configurare soltanto errores in iudicando, non contemplati dall’art. 395 c.p.c. quale motivo di ricorso per revocazione.
5. Affinché possa dirsi sussistente il vizio revocatorio contemplato dalla norma è inoltre necessario che l’errore di fatto si sia dimostrato determinante, secondo un nesso di causalità necessaria, nel senso che l’errore deve aver costituito il motivo essenziale e determinante della decisione impugnata per revocazione. È stato puntualizzato che il nesso causale non inerisce alla realtà storica, ma costituisce un nesso logico-giuridico, nel senso che la diversa soluzione della lite deve imporsi come inevitabile sul piano, appunto, della logica e del diritto, e non degli accadimenti concreti; la falsa percezione della realtà processuale deve dunque riguardare un punto decisivo, anche se non espressamente controverso della causa.
6. L’errore deve poi essere caduto su un punto non espressamente controverso della causa e in nessun modo deve coinvolgere l’attività valutativa svolta dal giudice circa situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività.

Testo della sentenza
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. II - SENTENZA 09 maggio 2023 N. 4706

Pubblicato il 09/05/2023

N. 04706/2023REG.PROV.COLL.

N. 07378/2022 REG.RIC.

https://www.giustizia-amministrativa.it/web/guest/stemma.jpgREPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7378 del 2022, proposto dalla -OMISSIS- s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Emanuela Beacco, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Paratico, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Mauro Ballerini e Marco Ciapponi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Lazio, n. 9, e con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia;
il Ministero della cultura, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

della -OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Tarcisio Grechi e Andrea Manzi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Alberico II, n. 33 e con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia;
della Regione Lombardia, in persona del presidente pro tempore, non costituita in giudizio;
della Soprintendenza archeologia, belle Arti e paesaggio per le province di Bergamo e Brescia, in persona del soprintendente pro tempore, non costituita in giudizio;

per la revocazione della sentenza del Consiglio di Stato, sezione seconda, n. 4125/2022, resa tra le parti.


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Paratico, del Ministero della cultura e della -OMISSIS- s.r.l.;

visti tutti gli atti della causa;

relatore, nell’udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2023, il consigliere Francesco Frigida;

uditi per le parti l’avvocato Emanuela Beacco, l’avvocato Gaia Stivali, per delega degli avvocati Andrea Manzi e Tarcisio Grechi, e l’avvocato dello Stato Daniela Canzoneri;

viste le conclusioni scritte dell’avvocato Mauro Ballerini per il Comune di Paratico;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO e DIRITTO

1. La -OMISSIS- s.r.l. ha proposto ricorso per revocazione avverso la sentenza del Consiglio di Stato, sezione II, n. 4125 del 24 maggio 2022, con cui è stato rigettato il ricorso (n. 1860 del 2022) per l’ottemperanza delle sentenze del Consiglio di Stato, sezione IV, n. 2023 del 27 marzo 2019 (ove si è disposto l’annullamento del permesso di costruire e dell’autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di una media struttura di vendita rilasciati nel 2016 in favore della -OMISSIS- s.r.l.) e, sezione VI, n. 5151 del 6 luglio 2021 (ove si è sancita la legittimità dell’ordinanza dirigenziale del Comune di Paratico n. 12 del 27 aprile 2019 di demolizione delle opere divenute sine titulo in seguito alla sentenza n. 2023/2019).

2. Con il su citato ricorso per ottemperanza la -OMISSIS- s.r.l., dando atto della mancata esecuzione da parte della -OMISSIS- s.r.l. del legittimo ordine di demolizione del 2019, chiese di ordinare al Comune di Pratico di procedere all’acquisizione gratuita al patrimonio comunale ai sensi dell’art. 31, comma 4, del d.P.R. n. 380/2001, degli edifici commerciali insistenti sul foglio catastale comunale 9, mappali 41 e 210, e della relativa area di sedime, con relativa trascrizione presso la conservatoria dei registri immobiliari, e loro demolizione d’ufficio.

3. Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso affermando che «l’evoluzione della vicenda osta all’accoglimento della domanda di parte ricorrente», in quanto «l’auspicato intervento demolitorio andrebbe ad incidere su una consistenza edilizia, attualmente in uso, sostitutiva di quella oggetto dei provvedimenti cui si riferiscono le pronunce di questo Consiglio di cui si invoca l’esecuzione».

4. La -OMISSIS- s.r.l. ha sostenuto che il rigetto del ricorso per ottemperanza sia «stato determinato da una svista percettiva del materiale istruttorio. Più precisamente “l’abbaglio dei sensi” - che coinvolge i §§ 11.6 ed 11.7 della sentenza e la disamina dei documenti 9 e 10 presenti nel fascicolo digitale – è stato determinato dall’errata comprensione dei contenuti delle foto prodotte dalle parti. La “svista percettiva” nella lettura delle due riproduzioni fotografiche (…) ha erroneamente indotto il Collegio a ritenere che il progetto oggetto del permesso di costruire convenzionato rilasciato il 19 ottobre 2020 alla -OMISSIS- (PE 5348/19 “per nuovo intervento commerciale sulla strada provinciale 12 al km 5.100” doc.3) si presentasse come assolutamente innovativo rispetto alle opere realizzate dalla controinteressata tra il 2016-2020 in virtù del permesso di costruire convenzionato n. 4864 del 26 agosto 2016 (ed autorizzazione paesaggistica). Titoli, questi ultimi, annullati nel 2019 in sede giurisdizionale con sentenza del Consiglio di Stato 2023 del 27 marzo 2019 (doc.6). (…) La svista sulle opere “da abbattere”, che appare con immediatezza ed è di semplice rilevabilità, ha indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, rilevante quale vizio revocatorio» e ha pertanto articolato, ai sensi dell’art. 395, n. 4), c.p.c., una censura revocatoria «Sull’erronea percezione del giudice. In particolare sulla svista meramente percettiva sulla consistenza dei manufatti realizzati senza titolo e da abbattere: univocamente ed incontestabilmente percepibile nella sua ontologica esistenza e quindi insuscettibile di diverso apprezzamento. Paragrafi 1.16 e 1.17 della sentenza. Erronea percezione delle fotografie contenute nei doc. 10 di Edelweiss e 9 di -OMISSIS-. Attuazione degli artt. 24, 103 e 113 Cost. e nell’art. 1 del cpa, 19 TUE, 263 TUEF e 6 CEDU».

5. La -OMISSIS- s.r.l. e il Comune di Paratico si sono costituiti partitamente in giudizio, eccependo entrambi l’inammissibilità e comunque l’infondatezza della revocazione.

5.1. Il Ministero della cultura si è costituito in giudizio.

6. In vista dell’udienza di discussione -OMISSIS- s.r.l. ha depositato memoria e memoria di replica e il Comune di Parartico ed Edelweiss Renewable s.r.l. hanno depositato memorie, con cui le parti hanno illustrato le proprie tesi e insistito sulle proprie posizioni.

7. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 24 gennaio 2023.

8. In applicazione del criterio della ragione più liquida si reputa di dover prescindere dall’eccezione di tardività della revocazione effettuata dalla -OMISSIS- s.r.l., la quale ha sostento che il dies a quo del termine d’impugnazione di sei mesi non vada individuato alla pubblicazione della sentenza revocanda, bensì a quella di altra precedente sentenza di ottemperanza.

9. Ciò posto, si rileva che il ricorso per revocazione è inammissibile alla stregua delle seguenti considerazioni.

10. Va innanzitutto precisato che la revocazione, sia ordinaria che straordinaria, è un mezzo di gravame di carattere eccezionale e si compendia in un’impugnazione limitata e a critica vincolata, in quanto proponibile solo per i motivi tassativamente indicati dalla legge.

Essa, in ambedue le forme, è caratterizzata da un procedimento costituito da due fasi: rescindente sulla sentenza revocanda (necessaria) e rescissoria (eventuale e conseguente all’accoglimento di quella rescindente), diretta a sostituire la predetta sentenza.

La distinzione tra revocazione ordinaria e straordinaria si fonda sulla diversità dei vizi che legittimano la loro proposizione: invero la prima tipologia si riscontra quanto i motivi posti a fondamento della revocazione sono conoscibili dalla parte soccombente dal momento della pubblicazione della sentenza [numeri 4) e 5) dell’art. 395 c.p.c.], mentre la seconda si rinviene quando i motivi sono inizialmente occulti e sono conoscibili soltanto successivamente alla predetta pubblicazione, a seguito della scoperta di fatti in precedenza sconosciuti [numeri 1), 2), 3) e 6) dell’art. 395 c.p.c.].

La differente natura dei vizi impinge sul dies a quo del termine d’impugnazione.

In particolare, l’attivazione del rimedio della revocazione ordinaria – tra cui rientra quella azionata dalla Edelweiss Renewable s.r.l. ai sensi dell’art. 395, n. 4), c.p.c. – soggiace al termine semestrale decorrente dalla pubblicazione del vizio, che nel caso di specie è stato rispettato, in quanto la sentenza revocanda è stata pubblicata il 24 maggio 2022 e il ricorso è stato notificato il 19 settembre 2022.

10.1. Con specifico riferimento alla revocazione di cui al n. 4) dell’art. 395, si osserva che: «a) l’errore di fatto, idoneo a costituire un vizio revocatorio ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., è identificabile con l’errore di percezione sull’esistenza o sul contenuto di un atto processuale, che si traduca nell’omessa pronuncia su una censura o su un’eccezione (per lo meno a far tempo da Cons. Stato, Ad. plen., 22 gennaio 1997, n. 3, ribadita da Ad. plen., 24 gennaio 2014, n. 5; successivamente cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1 settembre 2015, n. 4099; sez. V, 29 ottobre 2014, n. 5347; sez. IV 28 ottobre 2013, n. 5187; 6 agosto 2013, n. 4156; sez. III 29 ottobre 2012, n. 5510; sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 587); b) conseguentemente, non costituisce motivo di revocazione per errore di fatto la circostanza che il giudice, nell’esaminare la domanda di parte, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni proposte dalla parte a sostegno delle proprie censure (Cons. Stato, Ad. plen., 27 luglio 2016, n. 21); c) non può giustificare la revocazione, inoltre, una contestazione sull’attività di valutazione del giudice, perché essa riguarderebbe un profilo diverso dall’erronea percezione del contenuto dell’atto processuale, in cui si sostanzia l’errore di fatto (Cons. Stato, sez. IV, 4 agosto 2015, n. 3852; sez. V 12 maggio 2015, n. 2346; sez. III 18 settembre 2012, n. 4934); di conseguenza, il vizio revocatorio non può mai riguardare il contenuto concettuale delle tesi difensive delle parti, come esposte negli atti di causa, perché le argomentazioni giuridiche non costituiscono “fatti” ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c. e perché un tale errore si configura necessariamente non come errore percettivo, bensì come errore di giudizio, investendo per sua natura l’attività valutativa ed interpretativa del giudice (Cass. 22 marzo 2005, n. 6198); d) non può giustificare la revocazione, altresì, una contestazione concernente il mancato esame di un qualsivoglia documento (come, ad es., di un allegato a una relazione istruttoria) o di qualsiasi altra prova offerta dalle parti, dal momento che in casi del genere si potrebbero configurare soltanto errores in iudicando, non contemplati dall’art. 395 c.p.c. quale motivo di ricorso per revocazione (Cons. Stato, Ad. plen., 11 giugno 2001, n. 3); e) affinché possa dirsi sussistente il vizio revocatorio contemplato dalla norma è inoltre necessario che l’errore di fatto si sia dimostrato determinante, secondo un nesso di causalità necessaria, nel senso che l’errore deve aver costituito il motivo essenziale e determinante della decisione impugnata per revocazione. È stato puntualizzato che il nesso causale non inerisce alla realtà storica, ma costituisce un nesso logico-giuridico, nel senso che la diversa soluzione della lite deve imporsi come inevitabile sul piano, appunto, della logica e del diritto, e non degli accadimenti concreti (Cons. Stato, sez. VI, 18 febbraio 2015, n. 826); la falsa percezione della realtà processuale deve dunque riguardare un punto decisivo, anche se non espressamente controverso della causa (Cons. Stato, sez. IV, 1 settembre 2015, n. 4099); f) l’errore deve poi essere caduto su un punto non espressamente controverso della causa e in nessun modo deve coinvolgere l’attività valutativa svolta dal giudice circa situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività (Cons. Stato, Ad. plen., 24 gennaio 2014, n. 5)» (Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 21 aprile 2022, n. 3022).

L’errore di fatto deducibile ai fini della revocazione deve dunque consistere in una mera svista di carattere materiale, obiettivamente e immediatamente rilevabile, che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti o dai documenti stessi risulti positivamente accertato (cfr., ex aliis, Corte di cassazione, sezione I, ordinanza 23 giugno 2022, n. 20238).

Deve quindi trattarsi di un errore che attiene alla sfera della mera percezione e di conseguenza essere un mero abbaglio dei sensi, che non può coinvolgere l’attività valutativa e interpretativa del giudice e cadere sul contenuto concettuale delle tesi difensive delle parti.

10.2. Tanto premesso, nel caso di specie il ricorso mira di fatto ad un’inammissibile rivalutazione dell’iter logico seguito dalla sentenza di cui si chiede la revocazione, in quanto il Consiglio di Stato ha vagliato un punto controverso della causa tramite un’attività valutativa in diritto su situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività.

Segnatamente la ricorrente ha sostenuto in sostanza che il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4125/2022, sarebbe incorsa in un errore di percezione in punto di fatto, non avendo considerato che le opere oggetto dell’intervento non erano quelle originarie, ma quella realizzate in forza del titolo edilizio del 2016, poi annullato, per tal via erroneamente ritenendo che il progetto oggetto del permesso di costruire convenzionato rilasciato nel 2020 fosse assolutamente innovativo rispetto alle opere realizzate in forza dei titoli precedenti.

Tuttavia siffatto abbaglio dei sensi non è riscontrabile, poiché il Consiglio di Stato ha espressamente precisato che l’intervento assentito ha comportato la sostituzione dei vecchi manufatti, tantoché i nuovi manufatti si caratterizzano per la assoluta novità rispetto a quelli preesistenti.

Segnatamente è stato ivi affermato che «lo stesso permesso di costruire convenzionato n. 5348/2020 reca la seguente descrizione dell’intervento assentito quale “ristrutturazione edilizia edifici commerciali in sostituzione di edifici esistenti” usando così una locuzione che lascia agevolmente intendere come le preesistenze siano interamente da demolire per essere appunto da “sostituire” con quelle di nuova edificazione. Peraltro nella richiesta di permesso di costruire (doc. 11) l’intervento in progetto viene qualificato come “di nuova costruzione” (…) L’incidenza del nuovo titolo edilizio traspare poi con evidenza dall’esame della documentazione fotografica agli atti del giudizio, in quanto dal confronto tra i due manufatti rispettivamente autorizzati emerge l’assoluta novità del nuovo manufatto (doc. n. 9) rispetto a quello preesistente (doc. 10). Peraltro la novità del nuovo intervento traspare dalla stessa ottemperanda sentenza n. 2023/2019».

Ne discende che il Consiglio di Stato ha preso in considerazione la questione, che dunque non è stata pretermessa, e l’ha valutata nell’ambito della propria discrezionalità valutativa alla luce delle risultanze fattuali (citate) e del contenuto del dictum giudiziale oggetto di ottemperanza, con derivante inammissibilità della revocazione.

Ad ogni modo, il ricorso è inammissibile anche (e in via del tutto autonoma e di per sé sufficiente a predicarne l’inammissibilità) poiché l’asserito (e in concreto, come esplicitato, insussistente) abbaglio dei sensi verte su un fatto che è era (ed è) controverso tra le parti, siccome per -OMISSIS- s.r.l., a differenza di quanto sostenuto dalla ricorrente, i nuovi edifici hanno sostituito totalmente i vecchi, trattandosi in tutto e per tutto, di una nuova costruzione, che presuppone la preliminare demolizione dei vecchi edifici presenti sull’area interessata, con la conseguenza che non è integrato nel caso di specie l’indefettibile requisito di cui all’art. 395, n. 4) c.p.c., per cui l’errore revocatorio è rilevante soltanto «se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare».

Con riferimento a tale punto controverso, si specifica inoltre – per completezza e ad abundantiam – che comunque dal compendio fotografico in atti non affiora con chiarezza l’erroneità della tesi della novità della costruzione.

Va altresì evidenziata un’ulteriore circostanza – anch’essa autonomamente idonea a cagionare l’inammissibilità del veicolato rimedio – emergente dalla complessiva motivazione della sentenza revocanda: l’elemento su cui la ricorrente ha basato la propria domanda di revocazione, infatti, non è stato decisivo per la predetta statuizione, che, invece, si fonda su una pluralità di accertamenti fattuali e giuridici, sicché sarebbe insensibile alla contestazione del predetto singolo segmento della fattispecie materiale. Ed invero, la sentenza di cui si è chiesta la revocazione esplica, in sintesi, il proprio costrutto argomentativo: sull’autonomia degli atti della nuova serie procedimentale alla stregua del nuovo regime edificatorio, sull’ininfluenza dell’art. 38 del d.P.R. n. 380/2021, per come interpretato dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 17/2020, sul giudicato recato dalla sentenza del medesimo Consiglio n. 2023/2019, sull’estraneità del permesso di costruire n. 5348/2020 rispetto alla sentenza del Consiglio di Stato n. 5151/2021, sulla coerenza di quest’ultima con precedente pronuncia n. 2023/2019, nonché sul concetto di nuova costruzione e di sostituzione edilizia.

11. In conclusione il ricorso per revocazione va dichiarato inammissibile.

12. La peculiarità e la complessità della vicenda giustificano la compensazione tra le parti delle spese di lite del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione n. 7378 del 2022, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile; compensa tra le parti le spese di lite del presente giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2023, con l’intervento dei magistrati:

Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente

Francesco Frigida, Consigliere, Estensore

Maria Stella Boscarino, Consigliere

Fabrizio D'Alessandri, Consigliere

Ugo De Carlo, Consigliere

 
   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Francesco Frigida

 

Gianpiero Paolo Cirillo

 

   

 

   

 

   

 

   

 

   

IL SEGRETARIO