Pubblicato il 09/03/2023
N. 02503/2023REG.PROV.COLL.
N. 00951/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 951 del
2019, proposto da
-OMISSiS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dall'avvocato Marina Belinda Pozzi, con
domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio
fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Giovanna Gerardo in
Roma, via Corfinio n.25;
contro
Comune di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Paola Cozzi, Giuseppe Lepore, Antonello Mandarano, Alessandra Montagnani Amendolea, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Lepore in Roma, via Polibio n. 15;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) n. 01432/2018, resa tra le parti,
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Milano;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 23 gennaio 2023 il Cons. Roberta Ravasio e uditi per le parti gli avvocati Nessuno è comparso per le parti costituite in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l'utilizzo della piattaforma "Microsoft Teams.
Viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società -OMISSiS- S.r.l. è proprietaria del complesso immobiliare sito in Milano, via -OMISSIS-, composto da box, capannoni, laboratori, magazzini, uffici ed area cortilizia con posti auto (mappali nn. 52, 53, 54 e 55 del foglio 199), nonché dell’immobile sito all’interno del complesso e censito al foglio -OMISSIS-???????, in relazione al quale presentava, in data 17.02.2004 istanza di condono ai sensi della l. 326/2003, per la “trasformazione del vano di sgombero soprastante la zona uffici (posto all'interno del capannone industriale) in uffici con annessi due servizi igienici e scala di collegamento tra i due piani, per una superficie utile di mq. 248,92”.
2. In data 12.02.2011 il Comune di Milano richiedeva alcune integrazioni documentali e l’08.09.2016 comunicava che le somme dovute a titolo di oblazione e acconto oneri erano state solo parzialmente versate.
3. Infine, con il provvedimento emesso dal Dirigente dell'Unità Direzione Urbanistica – Area Sportello Unico per l'Edilizia – Unità Interventi Edilizi Maggiori e Condono, rif.10301029, il Comune di Milano rilasciava il permesso di costruire in sanatoria e rideterminava il contributo ai sensi degli artt. 16 e 19 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, in euro 154.485,55, sotto deduzione dell'importo di euro 22.153,88, versato a titolo di acconto, per un totale di euro 132.331,67.
4. La -OMISSIS- S.r.l. impugnava il suddetto provvedimento innanzi al TAR Lombardia contestando la quantificazione delle somme dovute.
5. Con sentenza n. 1432/2018 il TAR Lombardia – Sez. II respingeva il ricorso.
6. La -OMISSIS- S.r.l. ha ricorso in appello avverso l’indicata decisione.
7. Si è costituito in giudizio il Comune di Milano insistendo per la declaratoria di inammissibilità dell’appello e comunque per la sua infondatezza nel merito.
8. Con ordinanza n. 2520/2021 il Consiglio di Stato, pronunciandosi sulla domanda cautelare avanzata dalla -OMISSIS- S.r.l., l’ha respinta stante l’assenza di fumus boni iuris e rilevava d’ufficio che l’appello era stato depositato il 4 febbraio 2019 e che la domanda di fissazione d’udienza era stata depositata il 19 marzo 2021, oltre il termine di un anno previsto dall’art 71 c.p.a.; pertanto assegnava alle parti un termine ex art 73 co. 3 c.p.a. per presentare memorie in relazione all’intervenuta perenzione del ricorso.
9. Previo scambio di memorie la causa è stata chiamata per la discussione in occasione dell’udienza di smaltimento del 23.01.2023, a seguito della quale è stata trattenuta per la decisione.
10. Il ricorso deve essere dichiarato estinto per perenzione.
10.1 Come rilevato con ordinanza n. 2520/2021, il ricorso in appello è stato depositato in data 4 febbraio 2019, mentre la domanda di fissazione d’udienza è stata depositata solamente in data 19 marzo 2021, ad oltre due anni di distanza.
10.2 L’appellante sostiene che la tardività del deposito dell’istanza di fissazione udienza sia dipeso dall’emergenza sanitaria insorta “a ridosso della scadenza del termine”.
10.3 Le argomentazioni dell’appellante non sono condivisibili in quanto la sospensione dei termini relativi al processo amministrativo disposta con i D.L. 18/2020 e 23/2020 non é applicabile al caso di specie.
10.3.1 Il D.L. 18/2020, art 84, ha infatti disposto che “Fatto salvo quanto previsto dal comma 2, dal 8 marzo 2020 e fino al 15 aprile 2020 inclusi si applicano le disposizioni del presente comma. Tutti i termini relativi al processo amministrativo sono sospesi, secondo quanto previsto dalle disposizioni di cui all'articolo 54, commi 2 e 3, del codice del processo amministrativo (…)”; successivamente il D.L. 23/2020 art 36 ha disposto che “Il termine del 15 aprile 2020 previsto dall'articolo 83, commi 1 e 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 è prorogato all'11 maggio 2020. Conseguentemente il termine iniziale del periodo previsto dal comma 6 del predetto articolo è fissato al 12 maggio 2020.”
10.3.2 Nel caso di specie il termine di un anno dal deposito del ricorso in appello è scaduto, considerando il periodo di sospensione dei termini durante il periodo feriale, in data 04.03.2020, dunque prima che cominciasse ad operare la sospensione disposta ex lege dal D.L. n. 18/2020. Non risulta inoltre applicabile al caso di specie l’istituto della rimessione in termini per errore scusabile in quanto “l'istituto dell'errore scusabile, che consente una deroga al principio fondamentale di perentorietà dei termini processuali, ha carattere eccezionale e proprio per questo è soggetto a regole di stretta interpretazione. I presupposti per la concessione dell'errore scusabile, infatti, sono individuabili esclusivamente nella oscurità del quadro normativo, nelle oscillazioni della giurisprudenza, in comportamenti ambigui dell'amministrazione, nell'ordine del giudice di compiere un determinato adempimento processuale in violazione dei termini effettivamente previsti dalla legge, nel caso fortuito e nella forza maggiore. Tanto premesso, il giudice di secondo grado ha, dunque, sottolineato che l'interruzione o la sospensione di un termine di decadenza è ammessa solo per espressa previsione di legge, con norma primaria ad hoc, come nel caso di leggi che eccezionalmente sospendono in via generalizzata i termini processuali in occasione di eventi calamitosi, tra cui quelle inerenti all'emergenza Covid-19, che hanno sospeso i termini processuali per un limitato periodo di tempo nel corso dell'anno 2020” (Consiglio di Stato sez. IV, 08/11/2022, n.9797).
10.3.3. In ogni caso, anche a voler ritenere il ritardo scusabile a causa dell’insorgenza dell’emergenza sanitaria, il termine ha ricominciato a decorrere dal 12 maggio 2020, mentre l’istanza di fissazione udienza è stata depositata solo in data 19.03.2021, dunque dopo oltre 10 mesi dalla fine del periodo di sospensione, ragione per cui, conteggiati i due periodi anteriore e posteriore alla sospensione, risulta ampiamente decorso il termine annuale fissato dall’art. 71 c.p.a.
10.3.4 Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, inoltre, “La formulazione di una istanza di fissazione d'udienza, necessaria per evitare l'estinzione, per perenzione, del ricorso, non può essere desunta aliunde e, in particolare, dalla mera circostanza della presentazione dell'istanza di sospensione dell'atto impugnato, in quanto quest'ultima serve ad introdurre un procedimento incidentale, inserito in quello principale, ma autonomo e distinto, onde la richiesta di tutela cautelare non è idonea ad interrompere il termine di perenzione del giudizio principale.” (Consiglio di Stato sez. III, 19/03/2018, n.1755).
11. In conclusione, il ricorso dunque deve essere dichiarato estinto per perenzione.
12. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara estinto per perenzione.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore del Comune di Milano, delle spese del giudizio, che si liquidano in €. 3.000,00, oltre accessori, se per legge dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2023, celebrata in videoconferenza ai sensi del combinato disposto degli artt. 87, comma 4 bis, c.p.a. e 13 quater disp. att. c.p.a., aggiunti dall’art. 17, comma 7, d.l. 9 giugno 2021, n. 80, recante “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l'efficienza della giustizia”, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati:
Luigi Massimiliano Tarantino, Presidente FF
Oreste Mario Caputo, Consigliere
Giordano Lamberti, Consigliere
Davide Ponte, Consigliere
Roberta Ravasio, Consigliere, Estensore
IL SEGRETARIO