Pubblicato il 29/12/2022
N. 17768/2022 REG.PROV.COLL.
N. 09682/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9682 del 2022, integrato
da motivi aggiunti, proposto da
avvocato Nicola Russo, rappresentato e difeso da sé medesimo, con
domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Interno, ciascuno in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’accertamento:
per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
previa dichiarazione dei competenza esclusiva e funzionale del Tar Lazio-Roma, del diritto soggettivo di elettorato dell'odierno ricorrente, per partecipare personalmente, liberamente e direttamente, in un sistema istituzionale di democrazia parlamentare, con metodo democratico ed in condizioni di libertà e uguaglianza, alla vita politica della Nazione, nel legittimo esercizio della sua quota di sovranità popolare, così come previsto e garantito dagli artt. 1,2,3,24,48,49,51,56,71,92, 111,113,117 e 138 Cost., dell'art. 6,13 CEDU e dell’art. 3 del Protocollo CEDU, entrambi ratificati in Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848;
e per la declaratoria che:
- l'applicazione della legge elettorale n. 165 del 3 novembre 2017, così come modificata ed integrata dalla legge n. 51/2019, nonchè completata dal D. Leg.vo n. 177/2020, risulta gravemente lesiva nel suo diritto fondamentale e soggettivo di elettore, ponendosi in contrasto con le superiori disposizioni costituzionali;
- che la legge delega del 18 giugno 2009, n. 69, art. 44- comma 2, lettera d), inattuata dal legislatore è ugualmente una legge sostanziale, costitutiva e processuale, autonoma nei contenuti, nonché chiara, determinata ed immediata applicabilità ed efficacia diretta, con efficacia erga omnes per i principi e criteri direttivi processuali, autointegrandosi nell'Ordinamento giuridico processuale amministrativo, nel rispetto e giusta applicazione del Codice del processo amministrativo, emanato con successivo Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104;
e per l'annullamento
del Decreto del Presidente della Repubblica del 21 luglio 2022, n. 97, pubblicato sulla G.U. serie generale n. 169 del 21.7.2022, con cui è stata disposta la convocazione dei Comizi per le Elezioni della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica statuita per il 25 settembre 2022, ed ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale, anche non conosciuto.
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Russo Nicola il 10/10/2022:
1)per l'accertamento, previa dichiarazione dei competenza esclusiva e funzionale del Tar Lazio-Roma, del diritto soggettivo di elettorato dell'odierno ricorrente, per partecipare personalmente, liberamente e direttamente, in un sistema istituzionale di democrazia parlamentare, con metodo democratico ed in condizioni di libertà e uguaglianza, alla via politica della Nazione, nel legittimo esercizio della sua quota di sovranità popolare, così come previsto e garantito dagli artt. 1,2,3,24,48,49,51,56,71,92, 111,113,117 e 138 Cost. e dell'art. 6,13 CEDU e art. 3 del Protocollo Cedu, entrambi ratificati in Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848;
2) per la declaratoria che l'applicazione della legge elettorale n. 165 del 3 novembre 2017, così come modificata ed integrata dalla legge n. 51/2019, nonchè completata dal D. Leg.vo n. 177/2020, risulta gravemente lesiva nel suo diritto fondamentale e soggettivo di elettore, ponendosi in contrasto con le superiori disposizioni costituzionali
3) per la declaratoria che la legge delega del 18 giugno 2009, n. 69, art. 44- comma 2,lettera d), inattuata dal legislatore è ugualmente una legge sostanziale, costitutiva e processuale, autonoma nei contenuti, nonché chiara, determinata e di immediata applicabilità ed efficacia diretta, con efficacia erga omnes per i principi e criteri direttivi processuali, autointegrandosi nell'Ordinamento giuridico processuale amministrativo, nel rispetto e giusta applicazione del Codice del processo amministrativo, emanato con successivo Decreto legislativo 2 luglio 200, n. 104-
4) per l'annullamento del VERBALE DI PROCLAMAZIONE degli eletti per le Elezioni politiche 2022 dei Parlamentari della Camera dei Deputati e per il Senato della Repubblica del 08 ottobre 2022, da parte dell'Ufficio Centrale elettorale Nazionale c/o La Corte di Cassazione, in persona del legale rappresentante pro tempore.
5) per l'annullamento del Decreto del Presidente della Repubblica del 21 luglio 2022, n. 97, pubblicato sulla G.U. serie generale n. 169 del 21.7.2022, con cui è stata disposta la convocazione dei Comizi per le Elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica statuita per il 25 settembre 2022, ed ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale, anche non conosciuto. Ivi compreso eventuale atto di proclamazione degli eletti.
6)conseguentemente, in via incidentale, ai sensi dell'art. 23 della Legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenuta la rilevanza e non manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sopra dedotte, disporre la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale;
per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Russo Nicola il 27/10/2022:
-annullamento elezioni politiche 2022
-annullamento del verbale proclamazione degli eletti dell'Ufficio elettorale nazionale presso la corte di Cassazione
-annullamento del decreto di apertura Comizi elettorali.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 dicembre 2022 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
L’odierno ricorrente, cittadino elettore iscritto nelle liste elettorali del Comune di Taranto, come da documenti in atto, agisce nel presente giudizio per fare valere – con il ricorso e con i successivi motivi aggiunti che hanno ad oggetto gli atti, anche legislativi, ed i conseguenti provvedimenti attinenti il rinnovo del Parlamento del 25 settembre 2022 – il libero esercizio del proprio diritto di voto, assumendo di non poterlo attualmente esercitare in coerenza con i principi di cui agli artt. 48, secondo comma, 56, primo comma e 58, primo comma della Costituzione; ed in violazione dell’art. 3 del Protocollo n. 1 della CEDU-Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.
A tal proposito, deduce di ritenere l’azione di accertamento unico strumento utile alla tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali come il diritto ad esprimere il voto di preferenza del candidato, precisando che non intende far caducare l’intera legge nr. 165/2017, né sostituirla con altra eterogenea, ma solo ripristinare in essa contenuti costituzionalmente obbligati (come il voto di preferenza nella scelta del candidato, personale, libero e diretto), senza compromettere la permanente idoneità del sistema elettorale vigente, diretto a garantire il rinnovo degli Organi Costituzionali, oltre a far valere gli altri diritti costituzionalmente protetti; e che, tal fine, la Corte Costituzionale, cui chiede di rimettere la relativa questione, può avvalersi dei propri poteri di cui all’art. 27, ultima parte, della Legge n. 87 del 1953; o può derivare nell’immediatezza dal legislatore in attuazione dei principi enunciati dalla stessa Corte (Sentenza Corte Costituzionale n. 1/2014).
A tal fine argomenta circa l’illegittimità degli atti e dei provvedimenti afferenti il rinnovo della Camera e del Senato per le seguenti ragioni di censura.
1) Eccesso di potere per ingiustizia manifesta – sviamento – violazione e vizi del procedimento – travisamento dei fatti – illegittimità derivata;
2) violazione e falsa applicazione della legge del 18 giugno 2009, n. 69, art. 44- comma 2, lett. d); del D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104; incostituzionalità degli artt. 129 e 130 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, in relazione agli artt. 24 e 76 Cost. ed alla legge delega n. 69/2009; art. 44, comma 2, lett. d);
3) violazione e falsa applicazione della Legge elettorale n. 165/2017; incostituzionalità per violazione delle norme della Costituzione di cui agli artt.1, 2, 3, 24, 48, 49, 51, 56, 71, 92, 111, 113, 117 e 138; e dell’art. 6,13 CEDU e dell’art. 3 del Protocollo CEDU, ratificati in Italia con legge nr. 848 del 5 agosto 1955.
A fondamento del gravame lamenta il mancato esercizio della delega contenuta nella legge del 69/2009, art. 44, comma 2, lett. d) che aveva demandato al Governo, nella redazione del codice del processo amministrativo, l’attribuzione al giudice amministrativo anche della giurisdizione sulle competizioni elettorali politiche nazionali; pur in assenza dell’esercizio della delega, tale norma avrebbe piena applicabilità diretta, sostanziale e processuale; in subordine, andrebbe sollevata questione di illegittimità costituzionale del codice del processo amministrativo, artt. 129 e 130 nella parte in cui non prevedono tale giurisdizione, in violazione della delega. Lamenta, quindi, la violazione del diritto di voto non avrebbe spazio la c.d. “autodichia” del Parlamento.
La legge elettorale nr. 165/2017 sarebbe fortemente sospetta di incostituzionalità in quanto le relative norme comporterebbero uno squilibrio non giustificato nella rappresentanza; sussisterebbero gravi dubbi di rispetto dell’art. 48Cost. in ordine ai parametri costituzionali dell’uguaglianza, della libertà e della personalità del voto, che si applicano anche ai sistemi misti, con prevalenza del voto proporzionale, 5/8 dei seggi, rispetto a 3/8 maggioritari e apparentemente senza premi di maggioranza; analoghe questioni sono prospettate in relazione alla legge costituzionale nr. 1/2020 di riduzione del numero dei parlamentari specialmente per quanto riguarda il Senato.
Sussisterebbe violazione dell’art. 48 della Cost. sotto diversi profili (mancanza dello scorporo dei seggi maggioritari uninominali ed il trasferimento del voto tra candidati uninominali e liste plurinominali violerebbe il principio di uguaglianza del voto; tale meccanismo provocherebbe ingiusti vantaggi alle coalizioni di liste ed alle liste che le compongono; il voto congiunto obbligatorio a pena di nullità costituirebbe la base del voto di scambio politico, perché i capi dei listini possono essere candidati nei collegi uninominali, così che, a causa della sanzione di nullità, verrebbero puniti quegli elettori che volessero esercitare il loro diritto costituzionale di voto diretto, libero e personale; la contrarietà a Costituzione delle liste bloccate sarebbe già stata acclarata dalla Corte Costituzionale con sentenza nr. 1/2014; l’art. 18 bis del DPR n. 361/1957 e 9 del d.lgs. n. 533/1993, come modificati dalla legge nr. 165/2017, prevedono esenzioni dalla raccolta firme per la presentazione di liste che favoriscono soltanto le formazioni già presenti nelle Camere uscenti a svantaggio di nuove formazioni; le minoranze linguistiche e le minoranze politiche hanno un trattamento differenziato; sarebbe lesa la tutela delle minoranze linguistiche; col voto congiunto obbligatorio a pena di nullità tutte le candidature sono bloccate; il vincitore delle future elezioni con la legge elettorale e numero di parlamentari vigente sarebbe padrone, pur non avendo la maggioranza assoluta dei voti validi e, comunque, dei votanti, della revisione costituzionale ex art. 138 Cost. in assenza di verifica del rispetto dell’art. 139 Cost. e dei principi costituzionali enunciati nella sentenza n. 1146/1988.
Si è costituita la Presidenza del Consiglio, insieme al Ministero dell’Interno, che resistono al ricorso di cui chiedono il rigetto, per inammissibilità ed infondatezza, sotto diversi profili.
Nella pubblica udienza del 9 dicembre 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.
I) Osserva il Collegio che, nella odierna fattispecie, l’azione presuppone una giurisdizione “naturale” del giudice amministrativo sulle questioni inerenti l’ordinamento elettorale per le elezioni politiche (con riferimento agli atti preparatori) e dunque viene dedotta la violazione di tale principio da parte del codice del processo amministrativo (che non prevede tale ambito di giurisdizione), che andrebbe rimessa al vaglio della Corte Costituzionale in via pregiudiziale; una volta affermata la giurisdizione del giudice amministrativo, viene chiesto a quest’ultimo di accertare, ancora una volta previo rinvio pregiudiziale alla Corte Costituzionale, una serie di violazioni (conseguenti all’attuale sistema elettorale) dei principi che informano l’esercizio del voto in maniera libera ed eguale per tutti i cittadini, nonché altri profili inerenti la rappresentanza di territori e formazioni sociali, con particolare riguardo alle minoranze, anche linguistiche.
II) La premessa dalla quale dipende l’esercizio dell’azione, ossia la sussistenza di una giurisdizione naturale del giudice amministrativo sulle questioni inerenti il procedimento elettorale, è inappropriata al caso di specie, nel quale viene dedotta un’azione rivolta non già ad avversare esclusione o ammissione di candidati o di liste dalla competizione elettorale (che, astrattamente, potrebbe ricondursi al novero delle analoghe controversie disciplinate, nel c.p.a., dagli artt. 129 e 130), bensì i limiti che derivano, in tesi, all’esercizio del diritto di voto da parte dell’elettore nell’attuale ordinamento.
Appare dunque evidente che il ricorrente lamenta la violazione di un diritto soggettivo pieno, che, in quanto tale, appartiene alla cognizione del giudice ordinario.
III) Ciò conduce il Collegio a poter risolvere la controversia con il richiamo a due recenti decisioni della Sezione che sono quasi del tutto sovrapponibili a quella odierna, salvo quanto si andrà a rilevare (TAR Lazio, II bis, 22 settembre 2022, nr. 12061 e 12059).
In quelle fattispecie veniva in rilievo una fattispecie di esclusione di candidati o da liste (ricorso nr. 12069/2022) o di simboli (ricorso nr. 12059) dalla medesima competizione elettorale di cui si discute nell’odierno giudizio e la Sezione ha dichiarato il relativo gravame “carente in senso assoluto di giurisdizione”.
Ha rilevato la Sezione come la giurisprudenza sia di primo grado che di appello del G.A. “siano assolutamente concordi nel ritenere che, non recando” l’art. 126 del c.p.a., “alcun riferimento alle elezioni della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, il c.d. contenzioso pre-elettorale in materia non sia devoluto alla giurisdizione del giudice adito, bensì sia ripartito “tra l’Ufficio centrale nazionale – competente per quanto concerne le controversie relative alla esclusione di liste e candidature – e le Assemblee di Camera e Senato, cui è attribuito il controllo del procedimento elettorale, in virtù di una norma eccezionale di carattere derogatorio, basato su un regime di riserva parlamentare strumentale alla necessità di garantire l’assoluta indipendenza del Parlamento e riconducibile all’autodichia. Ai sensi del combinato disposto degli artt. 126 e 129 c.p.a., in sostanza, il giudice amministrativo ha giurisdizione in materia di operazioni elettorali relative al rinnovo degli organi elettivi dei comuni, delle province, delle regioni e all'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, ma non anche in materia di elezioni “politiche” nazionali” (così Cons. St., sez. III, sent. n. 999/2018……omississ….L'art. 129 c.p.a. prevede, inoltre, che "i provvedimenti immediatamente lesivi del diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali e per il rinnovo dei membri del Parlamento Europeo spettanti all'Italia sono impugnabili innanzi al tribunale amministrativo regionale competente nel termine di tre giorni dalla pubblicazione, anche mediante affissione, ovvero dalla comunicazione, se prevista, degli atti impugnati". Le descritte norme delimitano, quindi, chiaramente, l'ambito di estensione della giurisdizione amministrativa in materia di contenzioso elettorale, dal quale sono escluse le controversie - quale quella in esame - concernenti l'esclusione delle liste dalle elezioni politiche e, dunque, riferite al procedimento elettorale preparatorio per le elezioni politiche alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica. Inoltre, il diritto di elettorato passivo e, dunque, le questioni inerenti le candidature che intervengono nel procedimento elettorale preparatorio, riguardano un diritto soggettivo e, come tali dovrebbero essere ricondotte, in linea di principio e laddove il procedimento non fosse diversamente disciplinato dall'art. 66 della Costituzione e dagli artt. 23 e 87 del D.P.R. n. 361 del 1957, nella giurisdizione del giudice ordinario sulla base della regola generale della causa petendi, non essendo stata prevista, in materia, alcuna ipotesi di giurisdizione esclusiva, tenuto conto della riserva legislativa in ordine all'ambito di estensione della giurisdizione amministrativa, ai sensi dell'art. 103 della Costituzione”).
Le decisioni richiamate precisano, ancora, che “il sopra cennato assetto della tutela riguardo afferente la presentazione di liste e contrassegni per le elezioni politiche è stato ritenuto costituzionalmente non illegittimo dalla Corte Costituzionale, la quale si è espressa sull’argomento ritenendo che “la questione è sollevata sulla base di una premessa - quella secondo cui nell'ordinamento vi sarebbe un vuoto di tutela delle situazioni giuridiche soggettive nel procedimento elettorale preparatorio delle elezioni alle Camere del Parlamento - che non trova riscontro nel quadro normativo e giurisprudenziale, in quanto la Corte di cassazione ha indicato nello stesso organo parlamentare il giudice competente, mentre la circostanza che la Camera dei deputati abbia, a sua volta, negato la propria giurisdizione sulle controversie riguardanti atti del procedimento elettorale preparatorio, implica che sulla questione possa sorgere un conflitto di giurisdizione, che non spetta alla Corte costituzionale risolvere, oppure, qualora ricorrano i presupposti soggettivi ed oggettivi, un conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato, dovendosi comunque escludere l'esistenza di un vuoto di tutela dipendente da una carenza normativa incolmabile con gli ordinari strumenti ermeneutici e processuali, e non potendosi condividere l'assunto secondo cui le situazioni soggettive che vengono in rilievo nel detto procedimento elettorale sarebbero interessi legittimi, in quanto viene in rilievo il diritto di elettorato passivo, sicché le relative controversie potrebbero essere attribuite al g.a. solo a titolo di giurisdizione esclusiva” (Corte Cost. n. 259/2009)”.
E’ stato quindi affrontato, nelle sentenze richiamate, anche il profilo del mancato esercizio della delega ai fini della previsione della giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alle elezioni politiche, rilevandosi che: “costituisce circostanza ben nota come l’art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (contenente “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”) avesse recato la previsione di una delega al Governo affinché fosse introdotta “la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, mediante la previsione di un rito abbreviato in camera di consiglio che consenta la risoluzione del contenzioso in tempi compatibili con gli adempimenti organizzativi del procedimento elettorale e con la data di svolgimento delle elezioni”, senza che, tuttavia, tale delega legislativa abbia trovato esecuzione, per cui appare ancora oggi attuale l’insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, secondo le quali vi è un difetto assoluto di giurisdizione (tanto del giudice amministrativo che di quello ordinario) a conoscere delle controversie in tema di ammissione o di esclusione dei simboli di lista nelle elezioni politiche nazionali, difetto desumibile dalla circostanza che il D.P.R. n. 361 del 1957, art. 87, richiamato in tema di elezioni del Senato dal D.Lgs. n. 533 del 1993, art. 27, espressamente riserva all'assemblea elettiva la convalida dell'elezione dei propri componenti, nonché il giudizio definitivo su ogni contestazione, protesta o reclamo presentati ai singoli uffici elettorali ed all'ufficio centrale durante la loro attività o posteriormente. Proprio facendo leva su questa disposizione, attuativa del principio di autodichia delle Camere, espresso dall'art. 66 Cost., la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare che “ogni questione concernente le operazioni elettorali, ivi comprese quelle relative all'ammissione delle liste, compete in via esclusiva al giudizio di dette Camere, restando così preclusa qualsivoglia possibilità di intervento in proposito di qualsiasi autorità giudiziaria” (Cass. civ., SS.UU., n. 9151/2008)”.
Le decisioni di questa Sezione nn. 12061 e 12059 / 2022 esaminano anche la recente sentenza della Corte Costituzionale nr. “48 del 2021, con cui il Giudice delle leggi ha avuto modo di ritenere che “il tenore dell'art. 66 Cost. non sottrae affatto al giudice ordinario, quale giudice naturale dei diritti, la competenza a conoscere della violazione del diritto di elettorato passivo nella fase antecedente alle elezioni, quando non si ragiona né di componenti eletti di un'assemblea parlamentare né dei loro titoli di ammissione”, ritenendo, tuttavia, che quelle controversie – attinenti all’ammissione di liste o candidati – non potessero venire devolute “alla cognizione del giudice ordinario, sol che si ponga mente alla circostanza per cui, in un quadro in cui è la stessa Costituzione a disporre termini stringenti per il completamento del procedimento per l’elezione delle Camere (in base all'art. 61 Cost., le elezioni delle nuove Camere devono svolgersi entro 70 giorni dalla fine delle precedenti), la semplice devoluzione della controversia al giudice ordinario, in assenza della previsione di un rito ad hoc esperibile dinanzi a quel plesso giurisdizionale, che assicuri una giustizia pre-elettorale tempestiva, si tradurrebbe, di fatto, in una forma di tutela che interviene ad elezioni concluse, precludendo così la possibilità di una tutela giurisdizionale efficace e tempestiva delle situazioni soggettive immediatamente lese dai predetti atti”.
IV) Quest’ultimo profilo circoscrive una differenza di rilievo nell’esame della odierna fattispecie.
IV.a) In primo luogo, va dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 129 e 130 del c.p.a. nella parte in cui non prevedono l’estensione della giurisdizione amministrativa agli atti preparatori del procedimento elettorale politico per il rinnovo della Camera e del Senato, sia per le ragioni espresse nelle sentenze richiamate quali precedenti, sia perché la questione – non riguardante atti preparatori – non sarebbe in alcun modo rilevante nella presente fattispecie.
IV.b) Dall’esposizione che precede emerge, quindi, che non sussiste sulla odierna domanda la giurisdizione del giudice amministrativo, con conseguente inammissibilità del ricorso in accoglimento della corrispondente eccezione dell’Avvocatura.
IV.c) Deve però esaminarsi se – come nei casi richiamati – il difetto di giurisdizione sia assoluto oppure se sussista un giudice munito di giurisdizione.
Ad avviso del Collegio, è quest’ultima conclusione quella corretta.
Invero, riprendendo la motivazione della sentenza della Corte Costituzionale nr. 48/2021 (pronunciata in relazione a fattispecie del giudizio a quo relativa ad un’azione di accertamento del diritto dei ricorrenti ex art. 702 bis c.p.c. a candidarsi ed a presentare liste senza sottoscrizioni o con un numero inferiore a quello previsto, per le competizioni elettorali politiche), si osserva come in quest’ultima si afferma (punto 4.5) che “Con riferimento alle elezioni amministrative, ma con considerazioni estensibili a quelle politiche nazionali, questa Corte (sentenza n. 236 del 2010) ha affermato che «la posticipazione dell’impugnabilità degli atti di esclusione di liste o candidati ad un momento successivo allo svolgimento delle elezioni preclude la possibilità di una tutela giurisdizionale efficace e tempestiva delle situazioni soggettive immediatamente lese dai predetti atti, con conseguente violazione degli artt. 24 e 113 Cost. Infatti, posto che l’interesse del candidato è quello di partecipare ad una determinata consultazione elettorale, in un definito contesto politico e ambientale, ogni forma di tutela che intervenga ad elezioni concluse appare inidonea ad evitare che l’esecuzione del provvedimento illegittimo di esclusione abbia, nel frattempo, prodotto un pregiudizio». In un quadro in cui è la stessa Costituzione a disporre termini stringenti (in base all’art. 61 Cost., le elezioni delle nuove Camere devono svolgersi entro 70 giorni dalla fine delle precedenti), ne deriva la necessità, anche per le elezioni politiche, della previsione di un rito ad hoc, che assicuri una giustizia pre-elettorale tempestiva. In attesa del necessario intervento del legislatore, allo stato attuale della normativa e delle interpretazioni su di essa prevalenti, l’azione di accertamento di fronte al giudice ordinario – sempre che sussista l’interesse ad agire (art. 100 cod. proc. civ.) – risulta l’unico rimedio possibile per consentire la verifica della pienezza del diritto di elettorato passivo e la sua conformità alla Costituzione.”
Quanto affermato dalla Corte, che individua un’area di giurisdizione propria della cognizione sui diritti, appare rilevante per il caso di specie, laddove viene in esame una fattispecie nella quale si dubita della legittimità del sistema elettorale, sotto il profilo della effettiva e sostanziale libertà di determinazione, consapevole e secondo coscienza, della preferenza elettorale da parte dell’elettore, in dipendenza di un asseritamente illegittimo “blocco” delle candidature da parte del sistema politico. Appare evidente che, in quest’ultimo aspetto, non viene in rilievo quel presupposto che fonda la riserva esclusiva di giudizio di cui il Parlamento dispone in ordine alla verifica della propria legittima composizione, poiché la doglianza del ricorrente si colloca in una fase ad essa ancora anteriore e pregiudiziale. Né, per le ragioni già sopra esposte, viene in rilievo una possibile questione di giurisdizione del giudice amministrativo, perché non si tratta di atti della fase preparatoria-amministrativa delle competizioni elettorali.
La situazione giuridica del ricorrente ha dunque consistenza di diritto soggettivo pieno e come tale, ad avviso del Collegio, va devoluta alla cognizione del suo giudice naturale, ossia al giudice ordinario.
V) Deve dunque conclusivamente affermarsi quanto segue.
Tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale nr. 48/2021, in materia di giudizi su ricorsi elettorali, quando viene esercitata – come nel caso di specie – un’azione giurisdizionale da parte di un elettore a tutela dell’esercizio del diritto di voto, per garantire la piena facoltà di scelta dei candidati, risultando così dedotta una fattispecie che non verte in ordine alla fase preparatoria del procedimento elettorale (soggetta a quei termini stringenti di cui hanno dato conto le sentenze nn. 12061 e 12059 del 2022 di questa Sezione), né in ordine a contestazioni sulla convalida di eletti da parte di candidati (la cui verifica spetterebbe allo stesso Parlamento), non sussistono impedimenti di principio o anche di tipo applicativo che ostino alla devoluzione della domanda al giudice munito di giurisdizione sui diritti, ossia al giudice ordinario.
Per questa ragione, dunque, l’odierno ricorso con i suoi motivi aggiunti va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo che si declina in favore del giudice ordinario, presso cui la controversia potrà essere riassunta nei termini di rito e con giuste ragioni per disporre la piena compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo che declina in favore del giudice ordinario.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 dicembre 2022 con l'intervento dei magistrati:
Pietro Morabito, Presidente
Michelangelo Francavilla, Consigliere
Salvatore Gatto Costantino, Consigliere, Estensore