Giu Giurisdizione in tema di sanzione pecuniaria di cui all’art. 31, comma 4-bis del d.P.R. n. 380 del 2001
C.G.A.R.S. Adunanza Sez. riunite - PARERE 27 dicembre 2022 N. 629
Massima
Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo sulle controversie in materia di contestazione della sanzione pecuniaria di cui all’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001, anche qualora il Comune utilizzi lo strumento di cui all’art. 2 del r.d. n. 639 del 1910; l’utilizzo di tale strumento, infatti, non può alterare il riparto di giurisdizione, che deve sempre individuarsi secondo i tradizionali canoni in base al petitum sostanziale e alla posizione sottostante, a seconda che riguardi una posizione di diritto soggettivo o di interesse legittimo.

Testo della sentenza
C.G.A.R.S. Adunanza Sez. riunite - PARERE 27 dicembre 2022 N. 629

 

REPUBBLICA ITALIANA

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

 

Adunanza delle Sezioni riunite del 15 novembre 2022

 

NUMERO AFFARE 00016/2022

OGGETTO:

Presidenza della Regione Siciliana - Ufficio legislativo e legale.

 

Ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana proposto dalla signora Rosa Colletti, rappresentata e difesa dall’avv. Valentina Blunda, contro il Comune di Castelvetrano e nei confronti del dott. Andrea Antonino Di Como, Cogemat S.r.l., avverso il provvedimento, del Comune di Castelvetrano n. 6 del 26 marzo 2019, di ingiunzione al pagamento di somme dovute in relazione ad un abuso edilizio realizzato nella frazione di Triscina di Selinunte e avverso altri atti.
Ricorso straordinario per motivi aggiunti proposto dalla signora Rosa Colletti, rappresentata e difesa dall’avv. Valentina Blunda, contro il Comune di Castelvetrano e nei confronti del dott. Andrea Antonino Di Como e della Cogemat s.r.l., avverso il provvedimento del Comune di Castelvetrano n. 4 del 26 marzo 2019 (recte, 25 marzo 2021), di ingiunzione al pagamento di spese per la demolizione d’ufficio di opere abusive realizzate nella frazione Triscina di Selinunte e avverso altri atti.

 

LA SEZIONE

Vista la nota di trasmissione della relazione prot. n. 1519/340.19.8-206.21.8 in data 24 gennaio 2022, con la quale la Presidenza della Regione Siciliana - Ufficio legislativo e legale ha chiesto il parere del Consiglio di Giustizia Amministrativa sull’affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Vincenzo Martines, nelle camere di consiglio del 15 novembre 2022 e del 23 dicembre 2022.

 

 

Premesso e considerato

1. La signora Rosa Colletti, rappresentata e difesa dall’avv. Valentina Blunda, con atto spedito all’Ufficio legislativo e legale mediante raccomandata postale a.r. del 23 ottobre 2019, previa notifica al Comune di Castelvetrano e ai controinteressati, dott. Andrea Antonino Di Como e Cogemat s.r.1., ha proposto ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana per l’annullamento del provvedimento n. 6 del 26 marzo 2019, con cui le è stato ingiunto:

- il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria di euro 20.000,00, ai sensi dell’art. 31, comma 4 bis, del d.P.R. n. 380/2001, per non aver ottemperato all’ordinanza n. 5 del 30 dicembre 1998 di demolizione di un fabbricato abusivamente realizzato nella frazione Triscina di Selinunte, strada 25, n. 24, in catasto al foglio di mappa 174, particella 509;

- il pagamento di euro 9.171,37, ai sensi dell’art. 31, comma 5, del d.P.R. n. 380/2001, per l’esecuzione dei lavori di demolizione del suddetto fabbricato come dalle contabilizzazioni effettuate dalla direzione dei lavori, anch’esse impugnate.

In subordine, ha chiesto «l’accertamento dell’intervenuta compensazione ex art. 1241 e ss. c.c. tra le somme pretese dall’amministrazione comunale per i titoli e le causali sopra indicate e le somme versate dalla ricorrente a far data dall’edificazione dell’immobile de quo a titolo di oblazioni per l’istanza di sanatoria, ex legge 47 del 1985, inoltrata in data 28.03.1986 e acquisita al protocollo comunale al n.7737 del 1986».

La ricorrente «ove occorra» ha chiesto, altresì, l’annullamento:

- della determinazione dirigenziale n. 83 del 18 dicembre 2017, avente ad oggetto «Assunzione dell’anticipazione su risorse del Fondo per le demolizioni delle opere abusive di cui all’articolo 32 comma 12 decreto legge 30 settembre 2003, n. 269 convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003 n. 326», nella parte in cui reca in allegato un elenco nominativo di soggetti possessori di immobili nel Comune di Castelvetrano, destinatari delle opere di demolizione da finanziare con l’accesso al suddetto fondo;

- del provvedimento n. 705 del 29 dicembre 2017, avente ad oggetto «Determina a contrarre, art. 32 comma 2 del d.lg. 50 del 2016 e s. m. i. per l’indizione della Procedura Aperta per l’affidamento e l’esecuzione dei lavori di demolizione degli interventi e delle opere edilizie abusivamente realizzati in violazione delle norme di cui al Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (d.P.R. 6.06.2001 n. 380) come recepito nella regione Siciliana con l.r 10 agosto 2016 n. 16 e rimessa in pristino dello stato originario dei luoghi - Approvazione schema del bando e del disciplinare di gara»;

- del relativo bando di gara del 12 gennaio 2018, sottoscritto dal dott. Andrea Di Como, quale dirigente pro tempore della C.U.C., e di tutti gli atti di gara presupposti, connessi e consequenziali, ivi compreso il verbale di aggiudicazione definitiva del 14 maggio 2018, i verbali presupposti e il relativo contratto;

- nonché «ove occorra» di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e consequenziale.

La richiesta di annullamento dei suddetti atti è stata formulata «previo accertamento, in via incidentale, ex artt. 8 e 31 comma IV c.p.a. della nullità» dei seguenti atti riguardanti il conferimento e il rinnovo delle funzioni dirigenziali al dott. Di Como e affidamento ad interim del II Settore Servizi tecnici:

- la deliberazione della Giunta municipale n. 446 del 29 settembre 2005, recante «Norme per la disciplina delle progressioni verticali. Modifica del Piano Triennale 2004-2006 del fabbisogno di personale. Indirizzi per la sua esecuzione»;

- il provvedimento dirigenziale del Settore Affari Generali del Comune n. 645 del 21 dicembre 2005, avente ad oggetto «Approvazione schemi bandi di concorso per la progressione verticale del personale ex art. 4 del CCNL del 31.3.1999»;

- la deliberazione della Giunta municipale n. 430 del 20 luglio 2007, avente ad oggetto l’approvazione della graduatoria della progressione verticale del personale, bandita con il provvedimento n. 645 del 21 dicembre 2005;

- il provvedimento dirigenziale n. 442 del 4 settembre 2007, avente ad oggetto l’inquadramento del dott. Di Como in categoria D3;

- il provvedimento sindacale n. 66/2009, avente ad oggetto il conferimento dell’incarico dirigenziale al dott. Di Como;

- il provvedimento sindacale n. 63 del 22 giugno 2012, avente ad oggetto il rinnovo del conferimento dell’incarico dirigenziale al dott. Di Como;

- le determinazioni commissariali n. 1 del 23 giugno 2017, n. 15 del 29 settembre 2017 e n. 21 del 29 dicembre 2017, aventi ad oggetto il conferimento ed il rinnovo delle funzioni dirigenziali al dott. Di Como e l’affidamento ad interim del II Settore Servizi Tecnici.

2. La ricorrente espone di aver edificato nel 1980, insieme al defunto marito, signor Filippo Termini, un fabbricato abusivo nella frazione Triscina di Selinunte, strada 25, n. 24, del Comune di Castelvetrano e di avere presentato, per il suddetto fabbricato, istanza di condono edilizio ai sensi della legge n. 47/1985 e della legge regionale n. 37/1985, versando i relativi oneri.

Denegato il richiesto condono, il Comune, con ordinanza n. 5/1998, ha ingiunto al signor Termini la demolizione del fabbricato abusivo e, accertata l’inottemperanza alla demolizione, ha acquisito l’immobile, trascrivendo nel 2002, presso la Conservatoria dei registri immobiliari, il provvedimento acquisitivo.

A seguito dello scioglimento del Comune di Castelvetrano, si è insediata la Commissione straordinaria nominata dal Ministro degli interni, la quale, con deliberazione n. 81/2017, ha approvato, fra l’altro, il progetto per l’affidamento e l’esecuzione dei lavori di demolizione delle opere edilizie abusivamente realizzate nel territorio comunale e di rimessa in pristino dello stato dei luoghi.

Il dott. Di Como, dirigente pro tempore del Settore programmazione finanziaria e gestione delle risorse, per far fronte ai primi interventi, con determina n. 83/2017 ha ottenuto dalla Cassa Depositi e Prestiti una anticipazione sulle risorse del Fondo per le demolizioni delle opere abusive, stanziate dall’art. 32, comma 12, del decreto-legge n. 269/2003, convertito dalla legge n. 326/2003; all’atto deliberativo veniva allegato l’elenco degli immobili da demolire, fra cui quello della ricorrente e, nel suddetto atto, era previsto anche che il Comune avrebbe proceduto alla riscossione, nei confronti degli originari proprietari degli immobili da demolire, degli importi quantificati per la demolizione e al tempestivo trasferimento degli stessi alla Cassa Depositi e Prestiti.

Con provvedimento n. 705/2017 è stato approvato lo schema del bando e del disciplinare di gara della procedura aperta per l’affidamento e l’esecuzione dei lavori di demolizione in questione e il 12 gennaio 2018 veniva pubblicato il bando di gara dei lavori.

La ricorrente si duole delle modalità secondo cui si è svolta la procedura che ha condotto all’approvazione, con delibera di Giunta municipale n. 210/2018, del preventivo di demolizione da parte dell’impresa aggiudicataria, la Cogemat s.r.1., ed evidenzia che il Comune, in pedissequa applicazione del computo metrico estimativo dei lavori di demolizione redatto dalla predetta impresa, ha quantificato l’importo preteso con provvedimento n. 6 del 26 marzo 2019, pari alla somma di euro 9.171,37 per la demolizione dell’immobile di cui trattasi.

3. Il ricorso è affidato ai seguenti motivi.

3.1. «Sulla sussistenza dell’interesse del ricorrente all’impugnazione di tutti gli atti adottati dal Comune di Castelvetrano ed infra calendati;».

La ricorrente afferma che il provvedimento impugnato trova fondamento negli altri atti impugnati, dalla determina dirigenziale n. 83/2017 al contratto d’appalto stipulato per l’esecuzione dei lavori di demolizione dell’immobile e a tutti gli atti esecutivi dello stesso, fra cui il computo metrico dei lavori, atti tutti che «solo oggi hanno manifestato la loro lesività rispetto alla sfera giuridica della ricorrente».

3.2. «Sull’illegittimità degli atti impugnati per l’irregolare investitura del dirigente pro tempore dei servizi tecnici e finanziari; Sull’accertamento, in via incidentale ex art. 8 e 31 comma IV c.p.a. della nullità delle deliberazioni di G.M. nn. 446/2005 e 430/2007; delle determine dirigenziali - affari generali - nn. 645/2005 e 42/2006; sulla nullità del provvedimento sindacale n. 66/2009 e del provvedimento sindacale n. 63/2012; sulla nullità delle determinazioni del Commissario straordinario nn. 1 del 23.06.2017, 15 del 29.09.2017 e 21 del 29.12.2017; sull’illegittimità derivata di tutti i provvedimenti impugnati ivi compresa l’ingiunzione di pagamento n. 6 del 2019 notificata alla ricorrente in data 27.06.2019 oggi del pari impugnata.».

Secondo la ricorrente sarebbero illegittimi gli atti sottoscritti dal dirigente, dott. Di Como, perché «dotato di una investitura radicalmente nulla», come ampiamente motivato nel ricorso con riferimento ai provvedimenti di inquadramento del suddetto dirigente nella categoria D3, con conseguente illegittimità derivata degli atti impugnati, compresa l’ingiunzione di pagamento impugnata.

3.3. «Sull’annullamento della sanzione pecuniaria amministrativa di € 20.000.00 richiesti dal Comune di Castelvetrano ai sensi e per gli effetti dell’art. 31, comma 4 bis, del D.P.R. 06.06.2001, n. 380 e succ. mod. e ii. per violazione dei principi di legalità e di irretroattività;».

La ricorrente, dopo aver fatto richiamo al principio di legalità delle sanzioni amministrative fissato dall’art. 1 della legge n. 689/1981, sostiene che il Comune non avrebbe potuto applicare la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’art. 31, comma 4 bis, del d.P.R. n. 380/2001, in quanto l’ordine di demolizione delle opere edilizie abusive e l’accertamento dell’inottemperanza con l’acquisizione al patrimonio comunale sono stati adottati prima che entrasse in vigore la legge n. 164 dell’11 novembre 2014, che ha introdotto la suddetta sanzione amministrativa pecuniaria.

3.4. «Sull’illegittimità dell’ingiunzione di pagamento n. 06 del 2019 e del computo metrico di quantificazione dei lavori di demolizione dell’immobile già di proprietà dei signori Termini/Colletti di cui oggi il Comune pretende la restituzione per eccesso di potere.».

Assume la ricorrente che il computo metrico estimativo della demolizione dell’immobile di sua proprietà, su cui si fonda la richiesta del Comune di restituzione delle somme occorse al suddetto fine, sia illegittimo perché conseguente ad «una mera stima approssimativa» degli importi, eseguita unilateralmente dall’impresa senza il supporto di alcun elaborato progettuale.

Denuncia, altresì, l’adozione dell’ordinanza impugnata «in assenza di acclaramento dei lavori da parte della Direzione dei lavori».

3.5. «Sull’intervenuta prescrizione della sanzione pecuniaria amministrativa di € 20.000,00 richiesti dal Comune di Castelvetrano ai sensi e per gli effetti dell’art. 31, comma 4 bis, del D.P.R. 06.06.2001 n. 380 e succ. mod. e ii.».

La ricorrente sostiene che, in forza dell’art. 28 della legge n. 689/1981, «il diritto da parte della P.A. di richiedere il pagamento della sanzione pecuniaria amministrativa di cui all’articolo 31, comma 4 bis, d.P.R. n. 380 del 2001, ... risulta chiaramente prescritto» essendo stata accertata nel 2001 l’inottemperanza all’ordine di demolizione del fabbricato abusivo di sua proprietà.

3.6. «Sulla compensazione, ex art. 1241 e ss. c.c., tra l’importo di € 9.171.37 ingiunto con provvedimento n. 06 del 2019 e le somme pagate dalla ricorrente a titolo di oneri di sanatoria oltre interessi legali maturati e maturandi;».

La ricorrente, infine, avanza domanda di compensazione delle spese, richieste dal Comune per l’esecuzione della demolizione in danno, con le somme totali corrisposte, a titolo di oblazione, in occasione della presentazione dell’istanza di sanatoria.

4. La signora Colletti Rosa ha, poi, proposto un nuovo ricorso «da valere anche come ricorso per motivi aggiunti», con atto trasmesso a mezzo p.e.c. il 10 settembre 2021 all’Ufficio legislativo e legale, previa notifica, in data 9 settembre 2021, al Comune di Castelvetrano e, rispettivamente in data 10 settembre 2021 e in data 9 settembre 2021, ai controinteressati dott. Andrea Antonino Di Como e Cogemat s.r.l., per l’annullamento del provvedimento n. 4 del 26 marzo 2019 (recte, 25 marzo 2021), con cui le è stato ingiunto il pagamento di euro 10.007,87, ai sensi dell’art. 31, comma 5 del d.P.R. n. 380/2001, per l’esecuzione di lavori di demolizione del fabbricato abusivamente realizzato nella frazione Triscina di Selinunte strada 25, n. 24, sulla scorta delle contabilizzazioni effettuate dalla direzione dei lavori, anch’esse impugnate.

In subordine, anche con il ricorso per motivi aggiunti, la ricorrente ha chiesto «l’accertamento dell’intervenuta compensazione ex art. 1241 e ss. c.c.» tra le somme di cui è stato ingiunto il pagamento e le somme versate a titolo di oblazioni per l’istanza di sanatoria presentata, nel 1986, ai sensi della legge n. 47/1985.

La ricorrente «ove occorra» ha chiesto, altresì, l’annullamento degli atti prodromici alla demolizione dell’immobile abusivo da cui è dipesa la quantificazione delle spese in danno richieste, come individuati negli stessi atti già impugnati con il ricorso principale.

La richiesta di annullamento degli atti impugnati è stata formulata, anche con il ricorso per motivi aggiunti, previo accertamento, in via incidentale, ex artt. 8 e 31, comma 4, c.p.a., della nullità degli atti riguardanti «il conferimento ed il rinnovo delle funzioni dirigenziali al dott. Di Como ed affidamento ad interim del II Settore Servizi tecnici», come già precedentemente individuati.

5. Il ricorso per motivi aggiunti è affidato ai seguenti motivi.

5.1. «Sulla sussistenza dell’interesse del ricorrente all’impugnazione di tutti gli atti adottati dal Comune di Castelvetrano ed infra calendati;».

La ricorrente sostiene che il provvedimento impugnato trovi fondamento procedimentale negli altri atti impugnati, dalla determina dirigenziale n. 83/2017 al contratto d’appalto stipulato per l’esecuzione dei lavori di demolizione dell’immobile ed a tutti gli atti esecutivi dello stesso, fra cui il computo metrico dei lavori, atti tutti che «solo oggi hanno manifestato la loro lesività rispetto alla sfera giuridica della ricorrente».

Essa, pertanto, ritiene di avere interesse a dolersene «limitatamente alla quota parte di immobile riferibile alla medesima proprietà Colletti».

5.2. «Sull’illegittimità degli atti impugnati per l’irregolare investitura del dirigente pro tempore dei servizi tecnici e finanziari; sull’accertamento, in via incidentale ex art. 8 e 31 comma IV c.p.a. della nullità delle deliberazioni di G.M. nn. 446/2005 e 430/2007; delle determine dirigenziali - affari generali - nn. 645/2005 e 42/2006; sulla nullità del provvedimento sindacale n. 66/2009 e del provvedimento sindacale n. 63/2012; sulla nullità delle determinazioni del Commissario straordinario nn. 1 del 23.06.2017, 15 del 29.09.2017 e 21 del 29.12.2017; sull’illegittimità derivata di tutti i provvedimenti impugnati ivi compresa l’ingiunzione di pagamento n. 6 del 2019 notificata alla ricorrente in data 27.06.2019 oggi del pari impugnata;».

La ricorrente lamenta l’illegittimità degli atti sottoscritti dal dirigente, dott. Di Como, «dotato di una investitura radicalmente nulla», come ampiamente motivato in ricorso, con conseguente illegittimità derivata degli atti impugnati, compresa l’ingiunzione di pagamento impugnata.

5.3. «Sull’illegittimità dell’ingiunzione di pagamento n. 04 del 2021 e del computo metrico di quantificazione dei lavori di demolizione dell’immobile già di proprietà dei signori Termini/Colletti di cui oggi il Comune pretende la restituzione per eccesso di potere.».

La ricorrente sostiene che il computo metrico estimativo, su cui si fonda la richiesta del Comune di restituzione delle somme necessarie per la demolizione, sia illegittimo perché frutto di «una mera stima approssimativa» degli importi, eseguita unilateralmente dall’impresa senza il supporto di alcun elaborato progettuale.

Denuncia, altresì, l’adozione dell’ordinanza impugnata «in assenza di acclaramento dei lavori da parte della Direzione dei lavori».

5.4. «Sulla compensazione, ex art. 1241 e ss. c.c., tra l’importo di euro 9.171,37 ingiunto con provvedimento n. 06 del 2019 e le somme pagate dalla ricorrente a titolo di oneri di sanatoria oltre interessi legali maturati e maturandi.».

La ricorrente chiede, infine, che le spese richieste dal Comune per la demolizione, vengano compensate con le somme totali corrisposte, a titolo di oblazione, in occasione della presentazione dell’istanza di sanatoria.

6. Il Comune di Castelvetrano, con nota del 30 giugno 2021, ha provveduto ad inviare la documentazione utile per la trattazione del primo ricorso e con successiva nota n. 47825 del 30 novembre 2021 ha inviato la documentazione relativa al secondo ricorso, evidenziando che per l’immobile abusivo di cui trattasi è stato denegato il condono richiesto nel 1986, stante il «contrasto con l’art. 15 della 1.r. 78/76».

7. Con nota n. 17486 del 21 luglio 2021, l’Ufficio legislativo e legale ha comunicato alla ricorrente l’avvenuta conclusione dell’attività istruttoria, informandola della possibilità di esercitare il diritto di accesso agli atti per la produzione di eventuali memorie di replica, che non sono pervenute.

8. Il ricorso principale, con il quale è stato impugnato il provvedimento del Comune di Castelvetrano n. 6 del 26 marzo 2019, è ricevibile perché proposto nel termine di 120 giorni, prescritto dall’art. 9 del d.P.R. n. 1199/1971, dalla notificazione alla ricorrente, avvenuta il 27 giugno 2019.

Anche il ricorso per motivi aggiunti è ricevibile, in quanto proposto nel prescritto termine di 120 giorni dalla notificazione del provvedimento alla ricorrente, avvenuta mediante raccomandata postale spedita il 4 maggio 2021 e recapitata il successivo 13 maggio.

9. Deve essere disposta, in via preliminare, la riunione dei ricorsi straordinari proposti dalla signora Rosa Colletti per l’evidente connessione soggettiva ed oggettiva.

10. Il Collegio, poi, ritiene di dover affrontare la questione pregiudiziale della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, evidenziata nella pregevole relazione prot. n. 1519/340.19.8-206.21.8 del 24 gennaio 2022 dell’Ufficio legislativo e legale, con riferimento alle diverse doglianze sottoposte col presente ricorso, che necessitano di essere esaminate analiticamente e distintamente.

10.1. I provvedimenti impugnati n. 6/2019 e n. 4/2021, come si legge negli stessi, sono stati adottati visto «il R.D. 14/04/1910, n. 639 recante: il Testo unico delle disposizioni di legge relative, alla riscossione delle entrale patrimoniali dello Stato;» per «procedere al recupero coattivo del credito ai sensi dell’art. 2 del R.D. 14/04/1910, n. 639 ed art. 52, comma 6 del D.Lgs. 15.12/1997, n. 446» con la specificazione che «[l]a presente Ordinanza di ingiunzione costituisce titolo esecutivo, ai sensi dell’art. 474 e ss. del C.P.C, nonché atto di precetto, si come stabilito dall’art. 2 del R.D. n. 639/1910.».

Si tratta, pertanto, di due provvedimenti che rientrano nella fattispecie dell’ingiunzione fiscale prevista e disciplinata dall’art. 2 del R.D. n. 639 del 1910, il quale «costituisce un atto amministrativo a carattere impositivo, espressione del potere di autotutela della pubblica amministrazione, con efficacia accertativa della pretesa erariale e la funzione di atto di invito al pagamento diretto a portare a conoscenza del debitore la pretesa erariale e a consentirgli la tutela dei propri interessi anche in sede giurisdizionale. La descritta natura complessa della ingiunzione importa, da un lato, l’osservanza dei requisiti di validità formale e di contenuto essenziale tipicamente connotanti il provvedimento amministrativo (ad esempio, l’esplicazione, anche per relationem, dei motivi dell’atto, l’indicazione del termine e dell’autorità cui è possibile ricorrere), ma richiede altresì, in relazione all’efficacia accertativa, la sussistenza delle condizioni di ammissibilità del mezzo di autotutela, ovvero la certezza, liquidità ed esigibilità del credito, dovendo la sua esistenza e determinazione quantitativa derivare da fonti, da fatti e da parametri obiettivi e predeterminati, rispetto ai quali la P.A. dispone di un mero potere di accertamento (ex plurimis, Cass., Sez. U, 25/05/2009, n. 11992)». (Cassazione civile, sez. 3, 12 dicembre 2017, n. 29653).

Il successivo art. 3 del R.D. n. 639/1910 prevedeva, originariamente, che «[e]ntro trenta giorni dalla notificazione della ingiunzione, il debitore può contro di questa produrre ricorso od opposizione avanti il conciliatore o il pretore, o il tribunale del luogo, in cui ha sede l’ufficio emittente, secondo la rispettiva competenza, a norma del Codice di procedura civile.»; tale disposizione è stata sostituita dall’art. 34, comma 40, del d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150, il quale nel testo vigente stabilisce che «[a]vverso l’ingiunzione prevista dal comma 2 si può proporre opposizione davanti all’autorità giudiziaria ordinaria. L’opposizione è disciplinata dal D. Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 32».

Considerato il tenore letterale dell’art. 34, comma 40, del d.lgs. n. 150/2011, che ha sostituito l’art. 3 del r.d. n. 639 del 1910, il quale prevede che «[a]vverso l’ingiunzione prevista dal comma 2 si può proporre opposizione davanti all’autorità giudiziaria ordinaria.», deve, in via pregiudiziale, chiarirsi se sussista, o no, in generale, la giurisdizione amministrativa nel caso di opposizione a ingiunzione fiscale.

Il Collegio ritiene che lo strumento utilizzato dall’amministrazione, ossia l’ingiunzione fiscale ex r.d. n. 639/1910, non possa alterare il riparto di giurisdizione, che deve sempre individuarsi secondo i tradizionali canoni in base al petitum sostanziale e alla posizione sottostante, a seconda che riguardi una posizione di diritto soggettivo o di interesse legittimo.

Al riguardo, giova ricordare che «per un principio giurisprudenziale pacifico, in materia di opposizione all’ingiunzione per la riscossione di entrate patrimoniali dello Stato, la disposizione di cui all’art. 3 del R.D. 14 aprile 1910, n. 639 non reca deroga alla norme regolatrici della giurisdizione nel vigente ordinamento giuridico e, pertanto, non può essere invocata per ricondurre nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice ordinario vertenze che, con riguardo alla natura dei rapporti dedotti ed alla normativa ad essi relativa, debbano essere riservate alla cognizione di altro giudice (cfr., di recente, Cass., SS. UU. n. 1238 del 30 gennaio 2002).» (Cons. Stato, sez. VI, 29 novembre 2005, n. 6748).

Il superiore orientamento è stato condiviso anche dalla Corte regolatrice secondo cui «in materia di opposizione all’ingiunzione per la riscossione di entrate patrimoniali dello Stato, la disposizione di cui al R.D. n. 639 del 1910, art. 3 non deroga alle norme regolatrici della giurisdizione nel vigente ordinamento giuridico e, pertanto, non può essere invocata per ricondurre nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice ordinario controversie che, con riguardo alla natura dei rapporti dedotti ed alla disciplina ad essi relativa, debbano ritenersi attribuite alla giurisdizione di altro giudice, amministrativo, contabile o speciale (sentenza n. 1238 del 2002, ed ivi il richiamo dei precedenti; cfr. altresì, ex plurimis, le sentenze nn. 22904 del 2005, 15611 del 2006, 5430 e 29529 del 2008). Le medesime considerazioni valgono - ovviamente - ad escludere che la mera sostituzione del R.D. n. 639 del 1910, art. 3 ad opera del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 34, comma 40, - il quale dispone che “Avverso l’ingiunzione prevista dal comma 2 si può proporre opposizione davanti all’autorità giudiziaria ordinaria. L’opposizione è disciplinata dal D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 32” - sia idonea, di per se sola, ad attribuire alla giurisdizione del Giudice ordinario tutte le controversie introdotte con l’opposizione ad ingiunzione fiscale.» (Cassazione civile, sez. un., 5 gennaio 2016, n. 29).

Sul punto può, pertanto, concludersi che la giurisdizione del giudice amministrativo non viene meno a seguito, e per l’effetto, dell’ingiunzione di pagamento ai sensi dell’art. 2 del r.d. n. 639 del 1910.

10.2. Chiarito ciò e che, quindi, deve aversi riguardo, ai fini della giurisdizione, alla natura dei rapporti dedotti ed alla disciplina ad essi relativa, necessita, ulteriormente, distinguere nel caso in esame il thema decidendum a seconda che riguardi la richiesta di pagamento della sanzione ex art. 31, comma 4 bis, del d.P.R. n. 380/2001 oppure la rivendicazione delle spese sostenute per la demolizione ex art. 31, comma 5, del medesimo d.P.R. n. 380/2001.

10.2.1. Per quanto concerne le somme richieste con il provvedimento di ingiunzione, a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria ex art. 31, comma 4 bis, del d.P.R. n. 380/2001, il Collegio, una volta escluso che il ricorso da parte del Comune allo strumento dell’ingiunzione fiscale attragga automaticamente la questione nell’ambito della giurisdizione ordinaria, ritiene che la controversia ricada, senza dubbio, nella sfera di giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. f), c.p.a., in forza del quale «[s]ono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: (…) f) le controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e edilizia, concernente tutti gli aspetti dell’uso del territorio, e ferme restando le giurisdizioni del Tribunale superiore delle acque pubbliche e del Commissario liquidatore per gli usi civici, nonché del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa».

Il ricorso, di conseguenza, nella parte relativa alle doglianze che riguardano il richiesto pagamento di somme a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria, ex art. 31, comma 4 bis, del d.P.R. n. 380/2001, rientra nella materia di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

10.2.2. La soluzione è diversa, invece, per quanto attiene al provvedimento di recupero delle somme sostenute per la demolizione in danno ex art. 31, comma 5, del d.P.R. n. 380/2001.

Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, previo accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire notificato all’interessato, il predetto comma 5 dell’art. 31 prevede che «[l]’opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico».

Nella fattispecie prevista dalla predetta norma il Comune è titolare di un diritto di credito per il recupero delle somme occorse per la demolizione non eseguita spontaneamente dall’autore dell’abuso, a fronte dell’obbligazione di quest’ultimo, rimasto inadempiente, di rimborsare tutte le spese sostenute dall’amministrazione.

Si tratta di una fattispecie complessa - che può ricondursi all’interno di quella generale della c.d. “esecuzione in danno”, costituita dalla esecutività del provvedimento, dall’inerzia dell’obbligato e dall’avvenuto esercizio del potere sostitutivo - nella quale il diritto dell’amministrazione al rimborso di tali spese ha ad oggetto una prestazione di natura patrimoniale ed è regolato dalle comuni norme sui diritti di credito (vds. Cass. civ., sez. III, 25 maggio 2007, n. 12231).

In materia la Corte regolatrice ha chiarito in diverse occasioni che «le spese sostenute per la cosiddetta “esecuzione in danno” - quando cioè il Comune sulla scorta dei suoi poteri sostitutivi proceda direttamente ad eseguire ordinanze sindacali contingibili e urgenti a protezione della incolumità e salute pubbliche - danno luogo ad una obbligazione di diritto privato trovando quest’ultima esclusivo presupposto nell’inerzia dell’obbligato all’esecuzione di tali ordinanze e nell’esercizio del potere sostitutivo della pubblica amministrazione. In detti casi non si pone difatti in discussione il provvedimento amministrativo poiché si tratta soltanto di accertare - come è stato felicemente statuito - il diritto dell’amministrazione al “rimborso delle spese da essa sostenute in forza di una fattispecie complessa costituita dalla esecutività del provvedimento, dall’inerzia dell’obbligato e dall’avvenuto esercizio del potere sostitutivo; il diritto dell’amministrazione al rimborso di tali spese ha pertanto ad oggetto una prestazione di natura patrimoniale ed è regolato dalle comuni norme sui diritti di credito” (Cass. sez. un. n. 15611 del 2006; Cass. sez. trib., 13/07/2012, n. 11937 del 2012; Cass. sez. 3 n. 12231 del 2007). La giurisdizione a decidere della opposta “ingiunzione fiscale” appartiene perciò al giudice ordinario.» (Cass. civ., sez. un., 25 settembre 2018, n. 22756).

Ancora la Corte regolatrice - pronunciandosi su un regolamento di giurisdizione, proposto d’ufficio, dal T.a.r. per la Campania, in un giudizio avente ad oggetto l’ingiunzione di pagamento emessa a seguito dell’esecuzione in danno adottata per inottemperanza a ordinanza di demolizione di manufatto abusivo - ha riconosciuto «nella vicenda una classe di fattispecie che già queste Sezioni Unite hanno deciso regolando la giurisdizione in favore del giudice ordinario, facendo applicazione del principio, cui va data continuità, per cui tale spettanza è da riferirsi alla controversia relativa al recupero delle spese per l’effettuazione d’ufficio da parte della pubblica amministrazione di opere oggetto di ordinanza rimasta ineseguita dal destinatario; può invero tuttora affermarsi che “indipendentemente... dallo strumento prescelto dall’amministrazione per detto recupero (procedura monitoria o procedimento previsto per la riscossione delle entrate patrimoniali dal R.D. n. 639 del 1910), la natura della posizione soggettiva incisa dall’ordinanza... non viene sotto alcun profilo in rilievo nella fase di riscossione del credito dell’amministrazione per le spese affrontate a seguito dell’inerzia del destinatario dell’ordine, in quanto al giudice ordinario non compete stabilire se il potere sia stato legittimamente esercitato in sede di emissione del provvedimento amministrativo, ma solo se sussista il diritto soggettivo dell’amministrazione ad essere rimborsata, per avere effettivamente speso le somme di cui domanda il rimborso e per non essere stata la spesa eccessiva in relazione all’obiettivo perseguito e determinato nel provvedimento”; si tratta cioè di diritto soggettivo estraneo all’ambito dei diritti patrimoniali conseguenziali, la cui cognizione sarebbe rimessa al giudice amministrativo e che invece attengono al risarcimento dei danni subiti dal privato a seguito dell’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa, diversamente dai “diritti di credito dell’amministrazione nei confronti del soggetto privato” (Cass. s.u. 16611/2006 [ndr. recte, 15611 del 10 luglio 2006])» (Cass. civ., sez. un., 28 luglio 2021, n. 21640).

10.3. Facendo applicazione al caso in esame dei superiori principi ermeneutici, deve concludersi nel senso che esulano dalla giurisdizione amministrativa tutte le censure con le quali la ricorrente prospetta la illegittimità delle ingiunzioni di pagamento n. 6/2019 e n. 4/2021 e pure tutte le questioni incidentali e subordinate proposte con il ricorso principale che si riferiscono alla impugnazione del provvedimento n. 6 del 26 marzo 2019, con cui è stato chiesto il pagamento della somma di euro 9.171,37, ai sensi dell’art. 31, comma 5, del d.P.R. n. 380/2001, per l’esecuzione dei lavori di demolizione del fabbricato abusivamente realizzato.

Idem per le censure mosse, con il ricorso per motivi aggiunti, avverso il provvedimento n. 4 del 26 marzo 2019 (recte, 25 marzo 2021), con cui il Comune ha ingiunto il pagamento di euro 10.007,87, ai sensi dell’art. 31, comma 5, del d.P.R. n. 380/2001, per l’esecuzione di lavori di demolizione.

In forza dell’art. 7, comma 8, del codice del processo amministrativo, il quale stabilisce che «[i]l ricorso straordinario è ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa», deve dichiararsi, di conseguenza, l’inammissibilità in parte qua per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo dei ricorsi in esame, fermo restando che la ricorrente potrà riproporre la domanda innanzi al giudice ordinario secondo la disposizione dell’art. 11 c.p.a.

11. Per la parte dell’impugnativa che ha superato il vaglio della giurisdizione amministrativa residuano da esaminare soltanto le censure contenute nei motivi terzo e quinto del ricorso principale, diretti avverso l’ingiunzione n. 6/2019, che riguardano la sanzione amministrativa pecuniaria di 20.000,00 euro, prevista dall’art. 31, comma 4 bis, del d.P.R. n. 380/2001, per l’inottemperanza all’ordine di demolizione.

11.1. La ricorrente lamenta, con il terzo motivo del ricorso principale, la violazione dei principi di legalità e irretroattività ex art. 1 della legge n. 689/1981, in quanto «sia l’ordinanza di demolizione n.5 del 30.12.1998 sia il successivo accertamento di inottemperanza n. 231 del 7.12.2001 notificato alla ricorrente in data 23.01.2002, sono stati emanati dal Comune di Castelvetrano in data antecedente all’entrata in vigore della legge n.164 del 2014 e, quindi, del predetto comma 4 bis dell’art. 31 del DPR 380 del 2001».

Al riguardo, giova ricordare che il comma 4 bis è stato inserito nell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 dall’art. 17, comma 1, lettera q-bis), del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164.

Secondo la ricorrente il Comune non avrebbe dovuto applicare la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dal citato comma 4 bis dell’art. 31, sia perché la demolizione delle opere edilizie abusive è stata disposta con l’ordinanza n. 5/1998, notificata il 15 gennaio 1999, sia perché l’accertamento dell’inottemperanza alla demolizione è avvenuto con l’ordinanza di acquisizione n. 2/2002 e, dunque, prima che entrasse in vigore la legge 11 novembre 2014, n. 164, che ha novellato il testo unico dell’edilizia, introducendo le norme che disciplinano la suddetta sanzione amministrativa pecuniaria.

La questione da esaminare è, in buona sostanza, se possa applicarsi al caso in esame la sanzione pecuniaria ex art. 31, comma 4 bis, del d.P.R. n. 380/2001, introdotta il 12 settembre 2014, dopo l’accertamento di inottemperanza e prima della demolizione.

11.1.1. Il Collegio ritiene, innanzitutto, che le sanzioni pecuniarie previste in materia edilizia sono soggette al principio generale di legalità, in virtù del quale non si può applicare la sanzione se non in forza di una legge entrata in vigore prima della commissione dell’illecito.

Al riguardo deve rilevarsi che in giurisprudenza si ritiene che il principio di legalità e di irretroattività delle sanzioni amministrative non comporti, sic et simpliciter, l’inapplicabilità del disposto del comma 4 bis dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, alle ordinanze di demolizione emesse prima della sua entrata in vigore.

Anche se non mancano occasioni nelle quali è stato ritenuto che la sanzione pecuniaria in questione possa trovare attuazione anche con riguardo ad illeciti commessi prima dell’entrata in vigore della disposizione, essa deve ritenersi applicabile «purché la stessa fosse vigente al momento in cui l’inottemperanza si è verificata» (Cons. Stato, sez. VI, 21 marzo 2019, n. 1892).

In altri termini, la condotta che la disposizione mira a sanzionare deve essersi perfezionata nella vigenza della superiore norma, ossia alla data della sua introduzione, il 12 settembre 2014.

Deve escludersi, di conseguenza, l’applicazione retroattiva della sanzione a un comportamento che non era previsto come illecito in forza della norma vigente prima della sua commissione.

11.1.2. Al fine di meglio comprendere quale sia il comportamento illecito previsto dalla disposizione in parola e quando si perfezioni la fattispecie sanzionata, occorre, innanzitutto, distinguere, sul piano temporale (e dei conseguenti effetti), il momento della notifica dell’ordine di demolizione da quello del successivo provvedimento di accertamento dell’inottemperanza e della acquisizione al patrimonio comunale, che, come nel caso in esame, sono stati contestuali e confluiti in un unico provvedimento.

Al riguardo, giova, poi, osservare che l’obbligo, del responsabile dell’abuso, di demolire non si esaurisce né viene meno per effetto del decorso del termine di 90 giorni dall’ingiunzione, previsto dal comma 3 dell’art. 31, ai fini dell’acquisizione gratuita di diritto al patrimonio comunale delle opere abusive e dell’area di sedime, nonché dell’area di pertinenza preventivamente individuata ai sensi del comma 2.

L’art. 31, comma 4 bis, del d.P.R. n. 380/2001 intende sanzionare, infatti, la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione; tale inottemperanza inizia con la notifica dell’ordinanza di demolizione e perdura nel tempo fino a quando l’interessato, ovvero l’autorità amministrativa non provveda ad eseguire in danno il ripristino dello stato dei luoghi.

Ciò è tanto vero che si ritiene, pacificamente, in giurisprudenza il carattere di illecito permanente dell’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione; illecito che persiste fino alla demolizione dei manufatti abusivi, in quanto la lesione dell’interesse pubblico all’ordinato e programmato assetto urbanistico del territorio si protrae nel tempo sino al ripristino della legittimità violata (ex plurimis, Cons. Stato, sez. VI, 3 gennaio 2019, n. 85; 4 giugno 2018, n. 3351; 29 gennaio 2016, n. 357).

Il vano decorso del termine assegnato per la demolizione, infatti, non fa venire meno gli interessi tutelati dalla disposizione legislativa, né tantomeno il dovere del destinatario dell’ingiunzione a demolire di dare ottemperanza, anche tardiva, al legittimo ordine dell’autorità.

Il carattere permanente dell’illecito, costituito dall’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione, trova, ulteriore, conferma nel comma 4 quater del citato art. 31, nel quale, seppur fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, prospetta, con riguardo alle regioni a statuto ordinario, il potere di «stabilire che [ndr. le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal comma 4 bissiano periodicamente reiterabili qualora permanga l’inottemperanza all’ordine di demolizione».

La sola circostanza che l’ordinanza di demolizione sia stata adottata in data antecedente all’introduzione della sanzione pecuniaria in parola non è da sola, dunque, sufficiente ad escluderne l’applicazione.

Nonostante la realizzazione ope legis dell’effetto acquisitivo, l’interessato, infatti, permane nel possesso dei manufatti abusivi e, dunque, nella disponibilità dei beni che formano oggetto dell’ordinanza di demolizione, almeno fino al momento dell’emanazione dell’atto ricognitivo che, ai sensi del comma 4 del citato art. 31, accerta l’inottemperanza e dichiara l’acquisizione del bene al patrimonio comunale ai fini dell’immissione nel possesso e della trascrizione nei registri immobiliari.

Al riguardo, giova ricordare, l’orientamento giurisprudenziale, affermato in diverse occasioni dalla giurisprudenza amministrativa (vds. Cons. Stato, sez. VI, 16 aprile 2019, n. 2484) e da quella ordinaria (vds. Cass. civ., sez. II, 19 luglio 2022, n. 22646), per il quale la sanzione è applicabile agli abusi, di cui era stata ingiunta la demolizione prima dell’introduzione del comma 4 bis, a condizione che la reiterazione del comportamento inottemperante sanzionato sia perdurato nel tempo e, dal momento di entrata in vigore della nuova norma recante la sanzione pecuniaria, sia decorso il termine di 90 giorni, ordinariamente stabilito nell’ordine di demolizione per provvedere spontaneamente.

11.1.3. Una volta chiarito che il momento dell’inottemperanza all’ordinanza ingiuntiva di demolizione non è, da sola, sufficiente ad escludere l’applicazione retroattiva della sanzione di cui all’art. 31, comma 4 bis, devono considerarsi, ai fini che interessano, gli effetti del provvedimento di accertamento dell’inottemperanza e di acquisizione al patrimonio comunale.

Al riguardo, giova, prima, dare conto dell’esistenza di diversi orientamenti giurisprudenziali sulla natura della sanzione prevista dall’art. 31, comma 4 bis (reale-ripristinatoria o personale-afflittiva), che riflettono il più generale dibattito sulla qualificazione sostanziale delle sanzioni amministrative.

In sintesi, secondo l’orientamento prevalente la previsione di cui all’art. 31, comma 4 bis avrebbe natura “reale” e, come tale, sarebbe assistita da finalità propriamente ripristinatorie e non afflittive; secondo l’orientamento minoritario la sanzione in parola avrebbe, invece, carattere “personale” e punitivo, in quanto oggetto della misura non sarebbe la realizzazione dell’abuso edilizio in sé, ma la mancata spontanea ottemperanza all’ordine di demolizione, con la conseguenza che una volta scaduto il termine assegnato verrebbe definitivamente compiuta la condotta oggetto di previsione della norma sanzionatoria e, pertanto, non potrebbe formare oggetto di sanzioni introdotte successivamente nel sistema normativo.

La conseguenza, al fine di delineare la fattispecie sanzionata con la disposizione in questione, è che, secondo il primo orientamento, esclusa l’applicazione della legge n. 689/1981, assume determinante rilievo la eliminazione della situazione di fatto che contrasta con le norme che regolano l’ordinato e programmato assetto urbanistico del territorio, ben potendo applicarsi la sanzione anche dopo l’entrata in vigore della menzionato comma 4 bis, senza che ciò implichi violazione del principio di irretroattività delle norme che introducono misure sanzionatorie; mentre per il secondo indirizzo, in conformità al predetto principio di irretroattività, la disposizione di nuova introduzione non può trovare applicazione alle fattispecie che si siano compiutamente configurate in data antecedente alla sua entrata in vigore, avvenuta il 12 settembre 2014.

Fatta questa doverosa premessa, il Collegio, pur ritenendo che la sanzione prevista dall’art. 31, comma 4 bis abbia natura ripristinatoria-risarcitoria (secondo Cgars, sez. giurisd., 22 aprile 2021, n. 357/2021) e che la condotta sanzionata cessi solo con il ripristino della legittimità violata, ritiene di non poter prescindere dal momento in cui il bene è stato acquisito al patrimonio comunale al fine di individuare il tempo in cui è cessata (o rectius, perfezionata) la condotta sanzionata dal novellato art. 31 del d.P.R. n. 380/2001.

Il comportamento inottemperante, colpito dalla sanzione prevista dall’art. 31, comma 4 bis, cessa infatti al momento in cui l’ordine di demolizione sia divenuto giuridicamente oppure fattualmente impossibile.

Non solo, dunque, la demolizione in danno, ma anche l’acquisizione in capo al Comune impedisce al destinatario dell’ordine di darvi esecuzione; tant’è che l’interessato dovrebbe richiedere al Comune di essere appositamente autorizzato, nel caso in cui intenda evitare le ulteriori conseguenze, quali il rimborso delle spese di demolizione.

Secondo il Collegio, al fine di stabilire se l’inottemperanza all’ordine di demolizione si è verificata nel periodo di vigenza della nuova disposizione contenuta nell’art. 31, comma 4 bis, del d.P.R. n. 380/2001, deve tenersi conto del momento in cui il privato ha perso la titolarità del bene, verificatasi ope legis per effetto dell’inottemperanza dell’ordine di demolizione, certificato formalmente alla data in cui è stata accertata l’inottemperanza.

In conclusione, il termine ad quem da considerare ai fini che interessano è, dunque, l’accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, e, precisamente, il momento della sua notifica all’interessato, in considerazione della previsione normativa (art. 31, comma 4, del d.P.R. n. 380/2001) che stabilisce che esso costituisce il titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari.

11.1.4. L’applicazione delle superiori coordinate ermeneutiche al caso che ne occupa evidenzia come la condizione di applicabilità della sanzione non sussiste nel caso in esame, considerato che la previsione di cui al comma 4 bis dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 è stata, per l’appunto, introdotta nell’ordinamento giuridico il 12 settembre 2014, data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto-legge n. 133 del 2014 e, dunque, il relativo precetto non era in vigore e, quindi, non poteva essere osservato né violato, al momento in cui è stata accertata l’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione n. 5 del 30 dicembre 1998 mercé il provvedimento di accertamento di inottemperanza e contestuale acquisizione al patrimonio comunale n. 2/2002, notificato il 23 gennaio 2002.

11.2. Dovendosi escludere, dunque, l’applicazione retroattiva di una sanzione a un comportamento che non era previsto come illecito in base ad una disposizione in vigore prima della sua commissione, la censura dedotta con il terzo motivo del ricorso principale è fondata e merita accoglimento per le ragioni sopra espresse.

La sanzione pecuniaria amministrativa ex art. 31, comma 4 bis, non può essere legittimamente irrogata nel caso di abusi edilizi ove la inottemperanza a demolire si sia manifestata in epoca successiva all’entrata in vigore della norma.

L’accoglimento del terzo mezzo di gravame del ricorso principale comporta l’assorbimento di ogni altra questione (quinto motivo del ricorso principale) relativa alla sanzione pecuniaria amministrativa ex art. 31, comma 4 bis.

12. Sulla base delle considerazioni sopra svolte, in conclusione, il Collegio esprime il parere che l’impugnazione proposta con il ricorso principale avverso il provvedimento n. 6/2019 sia fondata limitatamente alla parte in cui ingiunge alla ricorrente il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria ex art. 31, comma 4 bis, del d.P.R. n. 380/2001 e che, per il resto, sia inammissibile per difetto di giurisdizione; per quanto concerne l’impugnazione proposta con il ricorso per motivi aggiunti per l’annullamento del provvedimento n. 4 del 26 marzo 2019 (recte, 25 marzo 2021), con cui è stato ingiunto il pagamento di euro 10.007,87, ai sensi dell’art. 31, comma 5 del d.P.R. n. 380/2001, per l’esecuzione di lavori di demolizione del fabbricato abusivamente realizzato, il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione.

La ricorrente potrà riproporre le domande innanzi al giudice ordinario secondo la disposizione dell’art. 11 c.p.a., con la precisazione che il dies a quo del termine perentorio di tre mesi per la riassunzione della causa di cui al comma 2 del citato art. 11 va individuato in quello della futura comunicazione del decreto presidenziale con il quale sarà recepito il presente parere.

Tutte le questioni testé vagliate esauriscono la vicenda sottoposta all’esame del Collegio e gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

P.Q.M.

Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana esprime il parere che il ricorso debba essere accolto in parte e per il resto dichiarato inammissibile con applicazione dell’art. 11 c.p.a.

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO

Giuseppe Chiofalo