b) la pubblica amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adìto nel giudizio di accesso ai sensi dell’art. 116 c.p.a. non devono invece svolgere ex ante alcuna ultronea valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo alla pubblica amministrazione detentrice del documento o al giudice amministrativo nel giudizio sull’accesso, salvo il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla l. n. 241 del 1990.
Un secondo indirizzo giurisprudenziale propenderebbe invece per una valutazione che appare più rigorosa, sulla linea suggerita dall’Adunanza plenaria delle precedenti sentenze 19 e 20 del 25 settembre 2020.
Più nello specifico, l’affermazione della sentenza n. 19 del 25 settembre 2020, secondo cui l’accesso difensivo e l’acquisizione processuale sono mezzi di tutela complementari e non alternativi, ragionevolmente si potrebbe interpretare nel senso che l’acquisizione della prova, per coerenza del sistema, debba seguire le stesse regole sostanziali, quale che sia la via scelta. Se così fosse, sia il giudice sia l’amministrazione dovrebbero formulare un giudizio di ammissibilità e rilevanza della prova, in base alle norme giuridiche stabilite in modo espresso dall’art. 183, comma 7, c.p.c. ovvero dall’analogo art. 190 c.p.p.
Tuttavia, l’Adunanza ha già precisato che dalle previsioni della l. n. 241 del 1990 risulta una disciplina dell’accesso ispirata ai seguenti principî:
a) esigere la sussistenza del solo nesso di necessaria strumentalità tra l’accesso e la cura o la difesa in giudizio dei propri interessi giuridici (v. art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990 e s.m.i.);
b) ricomprendere, tra i destinatari, tutti i soggetti privati, ivi compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, senza alcuna ulteriore esclusione (art. 22, comma 1, lettera d), con formula replicata dall’art. 2, comma 1, del d.P.R. n. 184 del 2006);
c) circoscrivere le qualità dell’interesse legittimante a quelle ipotesi che garantiscono la piena corrispondenza tra la situazione (sostanziale) giuridicamente tutelata ed i fatti (principali e secondari) di cui la stessa fattispecie si compone, atteso il necessario raffronto che l’interprete deve operare, in termini di pratica sussunzione, tra la fattispecie concreta di cui la parte domanda la tutela in giudizio e l’astratto paradigma legale che ne costituisce la base legale.
Siffatto giudizio di sussunzione, che costituisce la base fondante dell’accesso difensivo, è regolato in ogni suo aspetto dalla legge (e dal rispettivo regolamento di attuazione), mostrandosi privo di tratti “liberi” lasciati alla interpretazione discrezionale dell’autorità amministrativa ovvero alla prudente interpretazione del giudice. Più in particolare, la legge ha proceduto a selezionare, tra i canoni ermeneutici in astratto possibili, quelli della immediatezza, della concretezza e dell’attualità (art. 22, comma 1, lettera d), della l. n. 241 del 1990), in modo tale da ancorare il giudizio sull’interesse legittimante a due parametri fissi, rigidi e predeterminati quanto al loro contenuto obiettivo.
Per questa via, l’interesse legittimante all’accesso difensivo sarà quello che corrisponderà in modo diretto, concreto ed attuale alla cura o anche difesa in giudizio di tali predeterminate fattispecie, in chiave strettamente difensiva.
La volontà del legislatore è di esigere che le finalità dell’accesso siano dedotte e rappresentate dalla parte in modo puntuale e specifico nell’istanza di ostensione, e suffragate con idonea documentazione (ad es. scambi di corrispondenza; diffide stragiudiziali; in caso di causa già pendente, indicazione sintetica del relativo oggetto e dei fatti oggetto di prova; ecc.), così da permettere all’amministrazione detentrice del documento il vaglio del nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta sub specie di astratta pertinenza con la situazione “finale” controversa.
Tuttavia è fondamentale osservare come – se da un lato il legislatore stabilisce che l’istante, all’atto della richiesta di accesso, rispetti i parametri testé elencati e sia dunque in grado di illustrare la connessione e l’esigenza sottesa alla richiesta – fatto questo, non spetta alla P.A. procedente decidere se o meno ostendere il documento richiesto. Quella, infatti, è valutazione che competerà al giudice del giudizio a quo e non già alla P.A. detentrice del documento, la quale – vagliato il collegamento tra il documento stesso e l’interesse fatto valere dall’istante – dovrà concedere l’accesso agli atti. Unica eccezione a questa regola stringente è la possibilità che detti atti contengano dati cosiddetti “sensibili” quali definiti dall’art. 9 del Regolamento n. 2016/679/UE del Parlamento e del Consiglio e, cioè, dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché i dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, o i dati “giudiziari” di cui al successivo art. 10 e, cioè, i dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza, o – infine – dati cosiddetti “supersensibili” di cui all’art. 60 del d. lgs. n. 196 del 2003 (cioè i dati genetici, relativi alla salute, alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona).
Per approfondimenti sul tema v. M.R. Calamita, Il diritto di accesso difensivo ex art. 24 co. 7 L. 241/1990 alla luce delle più recenti pronunce della giurisprudenza amministrativa, in Focus magistratura 2021, pp. 240 ss.
Pubblicato il 18/03/2021
N. 00004/2021REG.PROV.COLL.
N. 00018/2020 REG.RIC.A.P.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 18 di A.P. del 2020, proposto da -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’Avvocato Francesca Vrespa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
[omissis], in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Ermanno Vaglio e dall’Avvocato Gian Luca Grossi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Agenzia delle Entrate, in persona del
Direttore pro tempore, rappresentata e
difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello
Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12;
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall’Avvocato Francesca Vrespa,
dall’ Avvocato Maurizio Ruben e dall’Avvocato Mara Bolzoni, con
domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con
domicilio eletto presso lo studio dello stesso Avvocato Francesca
Vrespa in -OMISSIS-, via Cappuccio, n. 12;
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’Avvocato Francesca Vrespa,
dall’Avvocato Davide Paleologo e dall’Avvocato Silvia Lotti
Catarsi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di
Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio Francesca Vrespa
in -OMISSIS-, via Cappuccio, n. 12;
[omissis], non costituita in
giudizio;
per la riforma
della sentenza n. -OMISSIS- del 20 marzo 2020 del Tribunale amministrativo regionale per la -OMISSIS-, n, resa tra le parti, che ha accolto il ricorso R.G. n. -OMISSIS-proposto ai sensi dell’art. 116 c.p.a. da [omissis], odierna appellata, per l’annullamento:
a) del provvedimento di data non indicata riferimento prot. nn. -OMISSIS-, comunicato all’interessata con pec 11 giugno 2019, con il quale l’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale I di -OMISSIS-, Ufficio territoriale di -OMISSIS- 1, ha confermato il diniego espresso sull’istanza di accesso agli atti presentata dalla [omissis] il giorno 20 febbraio 2019:
di tutti gli atti ovvero provvedimenti consequenziali e presupposti, e in particolare:
b) del provvedimento di data non indicata riferimento prot. n. -OMISSIS-, comunicato all’interessata con pec 21 marzo 2019, con il quale la medesima Agenzia ha respinto l’istanza di accesso suddetta.
visto l’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, conv. con mod. in l. n. 176 del 2020, nonché l’art. 4 del d.l. n. 28 del 2020, conv. con mod. in l. n. 70 del 2020;
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio di [omissis], dell’Agenzia delle Entrate, appellante incidentale, di -OMISSIS-, altro appellante incidentale, nonché di -OMISSIS-e di -OMISSIS-
visti tutti gli atti della causa;
relatore nella camera di consiglio del giorno -OMISSIS-il Consigliere Massimiliano Noccelli e uditi per le parti gli avvocati in collegamento da remoto, ai sensi del sopra richiamato art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, conv. con mod. in l. n. 176 del 2020, per l’odierna appellata [omissis] l’Avvocato Grossi, per -OMISSIS- l’Avvocato Ruben e per gli appellanti, principale e incidentale, -OMISSIS- e -OMISSIS-, l’Avvocato Vespra per sé e in dichiarata delega dell’Avvocato Paleologo;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’odierna appellata, [omissis], ricorrente in primo grado, è una società commerciale, la quale gestisce una gioielleria a -OMISSIS-, in corso Vittorio Emanuele II, n. 15, in un immobile datole in locazione dalla proprietaria, [omissis] s.r.l., i cui soci di maggioranza erano in origine i controinteressati, appellante principale -OMISSIS- e appellante incidentale -OMISSIS-.
1.1. Nel corso del 2015 [omissis], interessata ad acquistare l’immobile in questione, sede storica della propria attività, ha avviato trattative in tal senso con la società proprietaria e con i consorti -OMISSIS-, soci di essa.
1.2. Le trattative però non sono andate a buon fine, in quanto questi ultimi hanno comunicato di avere ritenuto più conveniente realizzare il valore delle loro quote cedendole ad altri soggetti e, cioè, agli altri controinteressati, -OMISSIS-, nonché alle altre due società intimate, non costituite nel presente giudizio, sempre facenti capo a costoro.
1.3. A seguito di questi fatti, fra [omissis], [omissis] e gli altri soggetti di cui ora si dirà, sono state instaurate due cause civili.
1.4. La prima è la causa R.G. n. -OMISSIS-, promossa avanti al Tribunale civile di -OMISSIS- da [omissis] s.r.l. contro la [omissis], con i consorti -OMISSIS- come terzi chiamati in causa, per ottenere il rilascio per finita locazione dell’immobile in questione.
1.5. La seconda è la causa R.G. n. -OMISSIS-, promossa sempre avanti al Tribunale di -OMISSIS- da [omissis] nei confronti della [omissis] s.r.l., dei consorti -OMISSIS- precedenti soci e degli attuali soci -OMISSIS-, per sentir dichiarare il proprio diritto di prelazione ed esercitare il riscatto ai sensi degli artt. 38 e 39 della l. n. 392 del 1978.
1.6. In estrema sintesi, la tesi sostenuta dalla [omissis] in questo giudizio è quella secondo cui la cessione delle quote dai consorti -OMISSIS- ai nuovi soci -OMISSIS- simulerebbe una vendita, così realizzata allo scopo di eludere il diritto di prelazione e di riscatto del conduttore di immobile commerciale.
2. Allo scopo di sostenere le proprie ragioni, in particolare nella citata causa R.G. n. -OMISSIS- incardinata, come si è accennato, avanti al Tribunale civile di -OMISSIS-, [omissis] ha quindi presentato il giorno 20 febbraio 2019 all’Agenzia delle Entrate di -OMISSIS-, odierna appellante incidentale, un’istanza di accesso, al fine di ottenere copia di alcuni documenti relativi alla posizione fiscale dei controinteressati predetti e produrli, appunto, nel giudizio civile indicato.
2.1. Più in particolare, la società ha elencato gli atti notarili o di dottore commercialista, specificamente indicati, con i quali sono state apparentemente compiute le cessioni delle quote della [omissis] dai consorti -OMISSIS- a -OMISSIS-e a -OMISSIS-, nonché da -OMISSIS- e [omissis] atti dei quali all’evidenza dispone.
2.2. Ha poi chiesto, in primo luogo, per ciascuno di questi atti:
a) l’accesso alla copia dei “movimenti bancari” ovvero degli assegni bancari, in questo caso specificamente indicati, con i quali è stato eseguito il pagamento delle quote;
b) l’accesso al quadro pertinente della dichiarazione dei redditi del cedente le quote, in cui questi avrebbe dovuto dichiarare il reddito corrispondente;
c) l’accesso al documento, modello F24 o altro, da cui risulta il pagamento della corrispondente imposta sostitutiva dovuta sulla cessione.
2.3. Ciò posto, per due degli atti di cessione e, cioè, per le cessioni del 25 giugno 2010 e del 30 ottobre 2015 [omissis] ha evidenziato che l’atto stesso, per il pagamento delle quote, faceva riferimento a non meglio precisati precedenti accordi fra le parti, e ne ha chiesto quindi copia, ove registrati.
2.4. Parallelamente, [omissis] nel contenzioso civile di cui si è detto ha chiesto in via istruttoria l’acquisizione degli stessi documenti, e non la ha ottenuta, nei termini ora descritti.
2.5. Nella causa di sfratto per finita locazione, rubricata al R.G. n. -OMISSIS-e instaurata da [omissis] avanti al Tribunale di -OMISSIS-, [omissis], ivi convenuta in primo grado, si è limitata a chiedere l’esibizione ai sensi dell’art. 210 c.p.c. ai notai roganti gli atti di cessione delle quote delle copie dei titoli di pagamento, che ragionevolmente coincidono con i “movimenti bancari” di cui si è detto sopra.
2.6. L’istanza è stata respinta in primo grado – si veda la sentenza n. -OMISSIS-del Tribunale civile di -OMISSIS- – ed è stata riproposta nell’atto di appello ed è stata respinta anche nella sentenza n. -OMISSIS- della Corte d’Appello di -OMISSIS-.
2.7. Nella causa R.G. n. -OMISSIS- sempre proposta avanti al Tribunale civile di -OMISSIS-, [omissis] ha invece richiesto nei confronti dell’Agenzia l’ordine di esibizione, ai sensi dell’art. 210 c.p.c., di tutta la documentazione sopra indicata, non nel ricorso introduttivo, ma in una separata istanza depositata in corso di giudizio.
2.8. L’istanza in questione è stata respinta in primo grado con ordinanza del 7 giugno 2019 da parte del giudice, che ha definito la documentazione “irrilevante” ai fini del decidere e l’istanza stessa “tardiva” nonché “irrituale”.
2.9. L’istanza in questione è stata riproposta nel contesto di un reclamo cautelare ex art. 669-terdecies c.p.c. e respinta sia nella decisione del reclamo, con l’ordinanza del 16 agosto 2019, sia nella sentenza n. 10108 del 6 novembre 2019 del Tribunale civile di -OMISSIS- che, in sede di appello, nella sentenza n. -OMISSIS- del 29 dicembre 2020.
3. Nell’ambito del procedimento amministrativo, con il provvedimento comunicato il giorno 21 marzo 2019, l’Agenzia ha negato l’accesso e ha ribadito il diniego con il provvedimento comunicato il giorno 11 giugno 2019, successivo ad un invito della Commissione ministeriale per l’accesso, adita dalla società affittuaria dopo il primo diniego, la quale invece riteneva l’accesso dovuto, e ciò nei termini ora spiegati.
3.1. Nella motivazione del provvedimento in data 11 giugno 2019, l’Agenzia ha richiamato anzitutto quanto affermato a sostegno del proprio precedente diniego del 21 marzo 2019, cita i precedenti dello stesso Consiglio di Stato – le sentenze n. 3461 del 13 luglio 2017 e n. 2472 del 14 maggio 2014 della IV sezione – e afferma che la possibilità di acquisire al di fuori del processo documenti amministrativi, dei quali una delle parti intenda avvalersi in giudizio, costituisce un’elusione non consentita delle norme sull’acquisizione delle prove ed una lesione del diritto di difesa dell’altra parte.
3.2. In questo caso, sempre secondo il provvedimento impugnato, l’accesso ad un documento si potrebbe ritenere “indispensabile” ai fini della difesa solo quando fosse impossibile acquisirlo per mezzo di strumenti processuali tipici già previsti dall’ordinamento.
3.3. Nei casi diversi, invece, non si potrebbe affermare che l’accesso sia “strumentale” alla tutela di alcuna posizione giuridica soggettiva, perché le regole che tutelano una posizione giuridica soggettiva dedotta in giudizio sarebbero altre e, in particolare, appunto che disciplinano l’acquisizione della prova nel processo e, in questo caso, di quello civile.
3.4. Sempre nel provvedimento 11 giugno 2019, l’Agenzia ha ritenuto che le motivazioni appena esposte abbiano carattere assorbente, ma ne ha anche aggiunte altre.
3.5. In primo luogo, essa ha affermato che i documenti a lei trasmessi «nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali di vigilanza e controllo in materia finanziaria e tributaria» sarebbero «sottratti all’accesso per ragioni di tutela della riservatezza del soggetto cui afferiscono”, e quindi potrebbero in generale essere resi accessibili solo «in presenza di un rapporto di stretta indispensabilità dei documenti richiesti per l’esercizio del diritto di difesa», rapporto che nella specie ha valutato insussistente, «tenuto conto che le esigenze difensive risultano adeguatamente tutelate dalle norme processuali che regolano i giudizi instaurati».
3.6. In subordine, l’Agenzia ha aggiunto che si tratterebbe comunque di un’istanza esplorativa e, come tale, non accoglibile, perché finalizzata non ad accedere a specifici documenti, ma a verificare se essi esistano oppure no.
4. Con la sentenza n. -OMISSIS- del 20 marzo 2020 il Tribunale amministrativo regionale per la -OMISSIS-, sede di -OMISSIS- (di qui in avanti, per brevità, anche solo il Tribunale), ha accolto il ricorso presentato dalla società conduttrice contro tale diniego, con la motivazione di seguito riassunta.
4.1. In primo luogo, il Tribunale ha dato atto del contrasto giurisprudenziale in quel momento esistente sul punto, e dell’ordinanza n. -OMISSIS-che aveva rimesso all’Adunanza plenaria la relativa questione, ma ha ritenuto di condividere senz’altro la tesi dell’applicabilità in ogni caso delle norme sull’accesso anche alle istanze presentate in pendenza di una causa civile, relative a documenti da produrre in quella sede.
4.2. Ciò posto, il Tribunale ha affermato in generale che l’amministrazione non potrebbe valutare l’effettiva utilità dei documenti richiestile, ma dovrebbe soltanto «verificare l’attinenza fra la tale documentazione e l’interesse che l’istanza intende tutelare», e che allo stesso modo il giudice amministrativo non potrebbe «verificare in che modo la parte intenda utilizzare nel processo civile la documentazione oggetto dell’istanza di accesso, rimanendo tale profilo riservato alla valutazione del titolare dell’interesse, unico soggetto competente a definire le proprie strategie di difesa».
4.3. Nel caso di specie, sempre secondo il primo giudice, non sarebbe «contestabile che la documentazione richiesta dalla ricorrente abbia attinenza con l’interesse che essa intende tutelare nel giudizio civile promosso al fine di accertare il carattere simulato delle cessioni di quote» e ciò sarebbe di per sé sufficiente per affermare la sussistenza di un interesse concreto ed attuale ad accedere agli atti oggetto dell’istanza del 20 febbraio 2019.
4.4. Dopo aver premesso queste considerazioni, il Tribunale ha effettuato il bilanciamento degli interessi coinvolti e, in ordine logico, ha dato atto di condividere l’orientamento giurisprudenziale secondo cui anche le comunicazioni relative ai rapporti finanziari di cui all’art. 7 del d.P.R. n. 605 del 1973 costituiscono documenti ai fini delle norme sul diritto di accesso e, in tali termini, ha così affermato che l’interesse alla difesa della parte istante prevale sull’interesse alla riservatezza delle persone cui i documenti si riferiscono e che, trattandosi di dati di natura economica, non vi è l’esigenza di evitare la divulgazione di dati sensibili o giudiziari.
4.5. Il primo giudice ha infine escluso che l’istanza sia generica, perché non obbliga ad alcuna particolare attività di elaborazione o estrapolazione dei dati.
5. Contro questa sentenza ha proposto appello principale -OMISSIS- e hanno, altresì, proposto appello incidentale sia l’Agenzia che -OMISSIS- e i nuovi soci -OMISSIS-.
5.1. Essi hanno chiesto tutti che la sentenza oggetto dei gravami, principale e incidentali, sia riformata e che il diritto all’accesso agli atti della società conduttrice venga riconosciuto insussistente.
5.3. Nei loro gravami, principale e incidentali, essi hanno prospettato tre distinte questioni, corrispondenti ad altrettanti motivi di appello, comuni alle parti interessate:
a) con il primo di essi hanno sostenuto che il diritto di accesso nel caso presente non sussisterebbe, dovendosi applicare soltanto la normativa del codice di procedura civile sull’acquisizione delle prove che, com’è noto, per emettere un ordine di esibizione documenti prevede presupposti diversi e più restrittivi, e comunque lo sottopone al controllo del giudice;
b) con il secondo motivo hanno sostenuto che i presupposti per l’accesso comunque non sarebbero dimostrati e, in particolare, hanno affermato che [omissis] non avrebbe in alcun modo chiarito come la documentazione richiesta potrebbe essere utilizzata per dimostrare l’asserito carattere simulato del trasferimento delle quote della società [omissis] s.r.l. e, in particolare, hanno criticato la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto, a loro dire in modo apodittico, la sussistenza di un collegamento tra i documenti richiesti e la prova della pretesa simulazione del negozio, senza tuttavia spiegare perché le deduzioni della [omissis] avrebbero consentito di superare nel giudizio amministrativo un giudizio di irrilevanza già formulato dal giudice ordinario nei processi pendenti;
c) con il terzo motivo, hanno dedotto che in ogni caso l’accesso dovrebbe essere negato, trattandosi di dati sensibili.
5.4. Contestualmente, le parti appellanti hanno proposto domanda cautelare di sospensione della sentenza impugnata, osservando che, se l’accesso fosse consentito, nelle more del processo potrebbero subire un danno non riparabile.
5.5. [omissis] ha resistito, con memoria 16 giugno 2020, in cui ha chiesto che gli appelli siano respinti.
5.6. In particolare, essa ha dedotto di avere richiesto l’accesso per provare che le cessioni di quote avrebbero in realtà realizzato una cessione dell’immobile “vestita” da cessione delle quote societarie, sicché «sarebbe stata pretermessa ed avrebbe pieno titolo di esercitare il diritto di prelazione ex art. 38 e il relativo riscatto ai sensi dell’art. 39 della l. 392/1978» (memoria depositata il 16 giugno 2020, p. 16).
5.7. Ciò posto, l’odierna società appellata ha anche sostenuto che, se non vi fosse traccia dei pagamenti e della denuncia dei corrispettivi della cessione di quote nelle dichiarazioni fiscali dei soci coinvolti, se ne desumerebbe la simulazione delle compravendite medesime.
5.8. [omissis] ha poi eccepito l’acquiescenza da parte dell’Agenzia delle entrate, a seguito di una comunicazione (doc. 41 ricorrente appellata) in cui essa dichiara di volere ottemperare alla sentenza di primo grado e ha eccepito, inoltre, l’acquiescenza rispetto alla parte della sentenza di primo grado ove si afferma che la richiesta non aveva natura esplorativa.
5.9. I consorti -OMISSIS- e i soci -OMISSIS-hanno replicato, con le memorie del 19 giugno 2020, in cui hanno osservato che il collegamento fra la documentazione richiesta e le domande proposte dalla [omissis] in sede civile rimarrebbe indimostrato e, in base agli argomenti esposti, i documenti potrebbero al più provare una simulazione assoluta, che però non è oggetto di causa.
5.10. Con la memoria del 11 luglio 2020, ancora, [omissis] ha ribadito le difese di cui si è detto.
6. All’esito della camera di consiglio del 16 luglio 2020, la IV sezione di questo Consiglio di Stato, con l’ordinanza n.-OMISSIS- del 20 luglio 2020, ha accolto la domanda cautelare per ragioni relative al pericolo nel ritardo.
6.1. Con le memorie depositate il 15 settembre 2020 per i consorti -OMISSIS- e per i soci -OMISSIS-, e con replica 18 settembre 2020 per la [omissis], le parti hanno richiamato le precedenti rispettive difese.
6.2. Alla camera di consiglio del 1 ottobre 2020, fissata per il merito, la IV sezione ha quindi trattenuto il ricorso in decisione.
7. Con l’ordinanza n. -OMISSIS- dell’11 novembre 2020 la IV sezione del Consiglio di Stato ha deferito la questione all’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato.
7.1. La Sezione rimettente ha richiamato anzitutto i fondamentali principî affermati da questa Adunanza plenaria nelle sentenze nn. 19 e 20 del 25 settembre 2020 quanto alla concorrenza e all’alternatività tra accesso documentale difensivo e poteri istruttori del giudice civile.
7.2. L’ordinanza di rimessione ha osservato che l’Adunanza plenaria, in quanto ciò non rientrava nell’oggetto della relativa causa, non ha invece fissato alcun principio in materia di poteri di valutazione dell’istanza di accesso difensivo da parte dell’amministrazione, svolgendo tuttavia sul punto una serie di rilievi, che pure vanno riassunti.
7.3. L’Adunanza plenaria ha richiamato l’attenzione sulla «tutelabilità dell’interesse alla conoscenza» dei dati, che va apprezzata in base a canoni di «necessità, di corrispondenza e di collegamento tra la situazione che si assume protetta ed il documento di cui si invoca la conoscenza».
7.4. Sul punto, ha di conseguenza affermato che la natura strumentale dell’accesso difensivo comporta che la necessità del documento vada valutata verificando se esso sia effettivamente il necessario tramite per acquisire la prova, e ciò mediante un “giudizio prognostico ex ante”.
7.5. A tal fine, sempre secondo l’Adunanza, l’istanza dell’interessato deve essere puntuale e specifica e non limitarsi a dedurre un’incertezza soggettiva sulla situazione controversa oppure un generico riferimento a esigenze difensive.
7.6. Tali rilievi rimangono generali, secondo la Sezione rimettente, perché nel caso concreto la strumentalità dell’accesso alla tutela era di per sé evidente e, nel corso di un giudizio di separazione fra coniugi, la parte che aveva proposto domanda di assegno di mantenimento intendeva provare la capacità reddituale e patrimoniale del coniuge obbligato.
8. Ciò posto, la IV sezione ha ritenuto che la questione sopra indicata vada rimessa all’Adunanza Plenaria perché essa stabilisca in modo espresso il principio relativo, anzitutto perché si tratta di questione di importanza molto rilevante.
9. La Sezione ha osservato infatti che i dati in possesso dell’anagrafe tributaria, in definitiva, consentono di ricostruire le vicende patrimoniali, e di riflesso personali, più rilevanti pressoché di ogni cittadino, e quindi è interesse generale che le regole che presiedono alla loro conoscibilità siano il più possibile chiare e definite.
9.1. Inoltre, ad avviso della Sezione rimettente, la giurisprudenza delle singole Sezioni che si è espressa sul punto non si può dire unanime, nei termini che ora si illustrano.
9.2. Un primo indirizzo giurisprudenziale, espresso dalle sentenze della sez. VI, 15 novembre 2018, n. 6444, e della sez. IV, 29 gennaio 2014 n. 461, propenderebbe per una valutazione ampia dell’istanza di accesso difensivo, vicina negli esiti concreti a quella fatta dal giudice di primo grado, secondo il quale è sufficiente, in ultima analisi, che la documentazione richiesta abbia “attinenza” con il processo.
9.3. In tale ordine di idee, ha osservato la Sezione rimettente, il secondo motivo di appello andrebbe respinto, perché un collegamento ampio fra la documentazione richiesta e la domanda proposta dalla [omissis] esiste, non foss’altro per l’intento di quest’ultima di produrla nel giudizio attualmente pendente.
9.4. Un secondo indirizzo giurisprudenziale, espresso dalle sentenze della sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2472 e della sez. VI, 15 marzo 2013, n. 1568, propenderebbe invece per una valutazione che appare più rigorosa, sulla linea suggerita dall’Adunanza plenaria.
9.5. In tale ordine di idee, ha osservato ancora la Sezione rimettente, il secondo motivo di appello andrebbe invece accolto, perché la [omissis] non avrebbe spiegato in modo, appunto, “intellegibile” il collegamento necessario fra la documentazione e le proprie difese.
9.6. Varrebbe infatti la condivisibile osservazione svolta dagli appellanti, secondo cui acquisire i documenti indicati per eventualmente dimostrare che il prezzo della cessione delle quote non è stato in realtà pagato potrebbe valere, se mai, a dimostrare una simulazione assoluta del relativo negozio.
9.7. Ciò però porterebbe a respingere, e non ad accogliere, la domanda della [omissis], contro l’interesse di questa, perché significherebbe che in realtà il bene e, cioè, l’immobile oggetto di locazione non è mai uscito dal patrimonio dei consorti -OMISSIS-, sì che non si potrebbe configurare alcun diritto di prelazione su di esso.
10. La Sezione remittente, sempre nell’ordine di idee seguito da questa Adunanza Plenaria, ritiene infine di formulare le seguenti osservazioni.
11. L’affermazione della sentenza n. 19 del 25 settembre 2020, secondo cui l’accesso difensivo e l’acquisizione processuale sono mezzi di tutela complementari e non alternativi, ragionevolmente si potrebbe interpretare nel senso che l’acquisizione della prova, per coerenza del sistema, debba seguire le stesse regole sostanziali, quale che sia la via scelta.
11.1. In altre parole, secondo l’ordinanza di rimessione, l’amministrazione e il giudice dovrebbero operare lo stesso tipo di valutazione, con la sola differenza che non l’amministrazione, ma solo il giudice del processo pendente dovrebbe porsi il problema del rispetto di eventuali preclusioni processuali che in quella sede fossero maturate.
11.2. Se così fosse, sia il giudice sia l’amministrazione dovrebbero formulare un giudizio di ammissibilità e rilevanza della prova, in base alle norme giuridiche stabilite in modo espresso dall’art. 183, comma 7, c.p.c. ovvero dall’analogo art. 190 c.p.p.
11.3. In tal senso, sulla base dei fatti specifici e del ragionamento espresso dall’interessato nell’istanza, dovrebbero – come caso limite – escludere la prova non consentita dalla legge sostanziale, e ammettere la prova rilevante, ovvero utile per l’accertamento della verità di quegli specifici fatti su cui verte la causa proposta o da proporre.
11.4. In questo modo, sostiene la Sezione rimettente, sarebbero precisate con l’aggancio a concetti normativi ben noti le argomentazioni espresse dall’indirizzo giurisprudenziale rigoroso, di cui sopra si è dato conto, con gli esiti di cui si è già detto per il giudizio qui pendente.
12. Tutto ciò premesso, considerate la giurisprudenza non unanime e l’importanza che la questione riveste, la stessa, rilevante per quel che si è detto ai fini della decisione dell’appello, con la predetta ordinanza n. -OMISSIS- del -OMISSIS-la questione è stata rimessa a questa Adunanza plenaria ai sensi dell’art. 99 c.p.a.
12.1. È stata quindi fissata avanti all’Adunanza plenaria la camera di consiglio del -OMISSIS-ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, conv. con mod. in l. n. 176 del 2020.
12.1. Gli appellanti -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-hanno depositato il 26 gennaio 2021, in vista di tale camera di consiglio, le proprie memorie difensive, alle quali ha replicato [omissis] con l’ulteriore memoria depositata il 6 febbraio 2021.
12.2. Infine, nella camera di consiglio del 21 febbraio 2021 il Collegio, sentiti i difensori delle parti in modalità da remoto ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, conv. con mod. in l. n. 176 del 2020, ha trattenuto la causa in decisione.
13. Per rispondere ai quesiti sollevati dall’ordinanza di rimessione occorre anzitutto richiamare e ribadire quanto questa Adunanza plenaria ha già statuito nelle sentenze nn. 19, 20 e 21 del 25 settembre 2020.
14. Più in particolare, per quanto rileva nel presente giudizio, questa Adunanza ha già precisato che dalle previsioni della l. n. 241 del 1990 risulta una disciplina dell’accesso ispirata ai seguenti principî:
a) esigere la sussistenza del solo nesso di necessaria strumentalità tra l’accesso e la cura o la difesa in giudizio dei propri interessi giuridici (v. art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990 e s.m.i.);
b) ricomprendere, tra i destinatari, tutti i soggetti privati, ivi compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, senza alcuna ulteriore esclusione (art. 22, comma 1, lettera d), con formula replicata dall’art. 2, comma 1, del d.P.R. n. 184 del 2006);
c) circoscrivere le qualità dell’interesse legittimante a quelle ipotesi che – sole – garantiscono la piena corrispondenza tra la situazione (sostanziale) giuridicamente tutelata ed i fatti (principali e secondari) di cui la stessa fattispecie si compone, atteso il necessario raffronto che l’interprete deve operare, in termini di pratica sussunzione, tra la fattispecie concreta di cui la parte domanda la tutela in giudizio e l’astratto paradigma legale che ne costituisce la base legale.
15. Siffatto giudizio di sussunzione, che costituisce la base fondante dell’accesso difensivo, è regolato in ogni suo aspetto dalla legge (e dal rispettivo regolamento di attuazione), mostrandosi privo di tratti “liberi” lasciati alla interpretazione discrezionale dell’autorità amministrativa ovvero alla prudente interpretazione del giudice.
16. Più in particolare, la legge ha proceduto a selezionare, tra i canoni ermeneutici in astratto possibili, quelli della immediatezza, della concretezza e dell’attualità (art. 22, comma 1, lettera d), della l. n. 241 del 1990), in modo tale da ancorare il giudizio sull’interesse legittimante a due parametri fissi, rigidi e predeterminati quanto al loro contenuto obiettivo.
17. La “corrispondenza” circoscrive esattamente l’interesse all’accesso agli atti in senso «corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata».
17.1. L’unico interesse legittimante all’accesso difensivo sarà quello che corrisponderà in modo diretto, concreto ed attuale alla cura o anche difesa in giudizio di tali predeterminate fattispecie, in chiave strettamente difensiva.
17.2. Tale ultimo aspetto, più in particolare, è chiarito dal secondo dei parametri al quale si è fatto cenno, e cioè quello riguardante il c.d. “collegamento”.
17.3. Il legislatore ha ulteriormente circoscritto l’oggetto della situazione legittimante l’accesso difensivo rispetto all’accesso “ordinario”, esigendo che la stessa, oltre a corrispondere al contenuto dell’astratto paradigma legale, sia anche collegata al documento al quale è chiesto l’accesso (art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990), in modo tale da evidenziare in maniera diretta ed inequivoca il nesso di strumentalità che avvince la situazione soggettiva finale al documento di cui viene richiesta l’ostensione, e per l’ottenimento del quale l’accesso difensivo, in quanto situazione strumentale, fa da tramite.
18. Questa esigenza è soddisfatta, sul piano procedimentale, dal successivo art. 25, comma 2, della l. n. 241 del 1990, ai sensi del quale «la richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata».
18.1. La volontà del legislatore è di esigere che le finalità dell’accesso siano dedotte e rappresentate dalla parte in modo puntuale e specifico nell’istanza di ostensione, e suffragate con idonea documentazione (ad es. scambi di corrispondenza; diffide stragiudiziali; in caso di causa già pendente, indicazione sintetica del relativo oggetto e dei fatti oggetto di prova; ecc.), così da permettere all’amministrazione detentrice del documento il vaglio del nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta sub specie di astratta pertinenza con la situazione “finale” controversa.
18.2. In questa prospettiva, e per rispondere ai quesiti sopra ricordati e posti dall’ordinanza di rimessione, questa Adunanza plenaria ha escluso che possa ritenersi sufficiente un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, poiché l’ostensione del documento passa attraverso un rigoroso vaglio circa l’appena descritto nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale controversa.
19. Altra e non meno importante questione, adombrata dall’ordinanza di rimessione, è poi quella afferente alla ricostruzione della disciplina del bilanciamento tra interesse all’accesso difensivo dell’istante e la tutela della riservatezza del controinteressato.
19.1. Come questa Adunanza ha però già chiarito nelle richiamate pronunce, l’art. 24 della l. n. 241 del 1990 prevede, al riguardo:
a) al comma 1, una tendenziale esclusione diretta legale dall’accesso documentale per le ipotesi ivi contemplate;
b) al comma 2, un’esclusione demandata ad un regolamento governativo, con cui possono essere individuati casi di sottrazione all'accesso di documenti amministrativi, tra l'altro e per quanto qui interessa, nella lettera d) «quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all'amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono»;
c) al comma 7 un’esclusione basata su un giudizio valutativo di tipo comparativo di composizione degli interessi confliggenti facenti capo al richiedente e, rispettivamente, al controinteressato, modulato in ragione del grado di intensità dei contrapposti interessi ed improntato ai tre criteri della necessarietà, dell'indispensabilità e della parità di rango.
19.2. Nel caso di specie, posto all’attenzione di questa Adunanza, non vengono in rilievo né i “dati sensibili” quali definiti dall’art. 9 del Regolamento n. 2016/679/UE del Parlamento e del Consiglio e, cioè, dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché i dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, né i dati “giudiziari” di cui al successivo art. 10 e, cioè, i dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza, né i dati cc.dd. supersensibili di cui all’art. 60 del d. lgs. n. 196 del 2003 (cioè i dati genetici, relativi alla salute, alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona), bensì i dati personali rientranti nella tutela della riservatezza cd. finanziaria ed economica della parte controinteressata.
19.3. Ebbene, ai fini del bilanciamento tra il diritto di accesso difensivo, preordinato all’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale in senso lato, e la tutela della riservatezza (nella specie, cd. finanziaria ed economica), secondo la previsione dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990, non trova applicazione né il criterio della stretta indispensabilità (riferito ai dati sensibili e giudiziari) né il criterio dell'indispensabilità e della parità di rango (riferito ai dati cc.dd. supersensibili), ma il criterio generale della “necessità” ai fini della “cura” e della “difesa” di un proprio interesse giuridico, ritenuto dal legislatore tendenzialmente prevalente sulla tutela della riservatezza, a condizione del riscontro della sussistenza dei presupposti generali, di cui si è detto, dell’accesso documentale di tipo difensivo.
20. Se così è, come questa Adunanza plenaria ha già precisato nelle sentenze nn. 19, 20 e 21 del 25 settembre 2020, è chiaro che il collegamento tra la situazione legittimante e la documentazione richiesta, richiesto da questa Adunanza plenaria, impone un’attenta analisi della motivazione che la pubblica amministrazione ha adottato nel provvedimento con cui ha accolto o, viceversa, respinto l’istanza di accesso.
20.1. Soltanto attraverso l’esame di questa motivazione è infatti possibile comprendere se questo collegamento, nel senso sopra precisato, esista effettivamente e se l’esigenza di difesa rappresentata dall’istante prevalga o meno sul contrario interesse alla riservatezza nel delicato bilanciamento tra i valori in gioco.
20.1. La pubblica amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adìto nel giudizio di accesso ai sensi dell’art. 116 c.p.a. non devono invece svolgere alcuna ultronea valutazione sulla influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo alla pubblica amministrazione o allo stesso giudice amministrativo nel giudizio sull’accesso.
20.2. Un diverso ragionamento reintrodurrebbe nella disciplina dell’accesso difensivo e, soprattutto, nella sua pratica applicazione limiti e preclusioni che, invece, non sono contemplati dalla legge, la quale ha già previsto, come si è detto, adeguati criterî per valutare la situazione legittimante all’accesso difensivo e per effettuare il bilanciamento tra gli interessi contrapposti all’ostensione del documento o alla riservatezza.
20.3. Certamente, se l’istanza di accesso sia motivata unicamente, ai sensi dell’art. 25, comma 2, della l. n. 241 del 1990, con riferimento ad esigenze difensive di un particolare giudizio e il giudice di quella causa si sia già pronunciato sull’ammissibilità o, addirittura, sulla rilevanza del documento nel giudizio già instaurato, la pubblica amministrazione e, in sede contenziosa ai sensi dell’art. 116 c.p.a., il giudice amministrativo dovranno tenere conto di questa valutazione, sul piano motivazionale, ma sempre e solo per valutare la concretezza e l’attualità del bisogno di conoscenza a fini difensivi, nei termini si è detto, e non già per sostituirsi ex ante al giudice competente nella inammissibile e impossibile prognosi circa la fondatezza di una particolare tesi difensiva, alla quale la richiesta di accesso sia preordinata, salvo, ovviamente, il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla l. n. 241 del 1990.
20.4. Si possono quindi affermare in sintesi i seguenti principî di diritto:
a) in materia di accesso difensivo ai sensi dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990 si deve escludere che sia sufficiente nell’istanza di accesso un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, poiché l’ostensione del documento richiesto passa attraverso un rigoroso, motivato, vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare;
b) la pubblica amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adìto nel giudizio di accesso ai sensi dell’art. 116 c.p.a. non devono invece svolgere ex ante alcuna ultronea valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo alla pubblica amministrazione detentrice del documento o al giudice amministrativo nel giudizio sull’accesso, salvo il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla l. n. 241 del 1990.
21. Con queste precisazioni, dunque, la causa deve essere restituita alla Sezione rimettente affinché valuti se la sentenza impugnata si sia attenuta ai principî di cui si è detto, tenendo presente comunque che nel caso di specie, da un lato, la domanda di accesso, che consta di 25 pagine, aveva ad oggetto documentazione intesa a dimostrare nel giudizio avanti al Tribunale di -OMISSIS- e, poi, avanti alla Corte d’Appello di -OMISSIS- la presunta simulazione anche relativa della vendita dell’immobile oggetto di locazione, “mascherata” da vendita delle quote societarie, e che dall’altro le statuizioni del giudice civile sfavorevoli a [omissis], tutte successive all’adozione dei provvedimenti impugnati in primo grado, non risultano allo stato essere passate in giudicato.
22. La Sezione rimettente provvederà, inoltre, al regolamento delle spese processuali conseguente alla definizione del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), non definitivamente pronunciando sull’appello principale, proposto da -OMISSIS-, nonché sugli appelli incidentali, rispettivamente proposti dall’Agenzia delle Entrate, da -OMISSIS- e da -OMISSIS-, afferma i principî di diritto di cui al § 20.4. della parte motiva e, quanto al resto, rimette la causa alla IV Sezione di questo Consiglio di Stato per tutte le conseguenti definitive determinazioni, anche in ordine alle spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 17 febbraio 2021, con l’intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi, Presidente
Sergio Santoro, Presidente
Franco Frattini, Presidente
Giuseppe Severini, Presidente
Luigi Maruotti, Presidente
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Diego Sabatino, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore
IL PRESIDENTE |
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Filippo Patroni Griffi |
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L'ESTENSORE |
IL SEGRETARIO |
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Massimiliano Noccelli |
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