Giu All'Adunanza Plenaria i limiti del risarcimento del danno per lesione dell'affidamento in caso di aggiudicazione
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. II - ORDINANZA 05 aprile 2021 N. 2753
Annotazione
Con ordinanza n.2753 del 2021 il Consiglio di Stato rimette all'Adunanza Plenaria l'esame dei seguenti quesiti di diritto:
a) se l’interessato ? a prescindere dalle valutazioni circa la sussistenza in concreto della colpa della pubblica amministrazione, del danno in capo al privato e del nesso causale tra l’annullamento e la lesione ? possa in astratto vantare un legittimo e qualificato affidamento su un favorevole provvedimento amministrativo annullato in sede giurisdizionale, idoneo a fondare un’azione risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione;
b) in caso positivo, in presenza di quali condizioni ed entro quali limiti può riconoscersi al privato un diritto al risarcimento per lesione dell’affidamento incolpevole, con particolare riferimento all’ipotesi di aggiudicazione definitiva di appalto di lavori, servizi o forniture, successivamente revocata a seguito di una pronuncia giudiziale.

Testo della sentenza
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. II - ORDINANZA 05 aprile 2021 N. 2753 C.Contessa

 

Pubblicato il 06/04/2021

N. 02753/2021 REG.PROV.COLL.

N. 03212/2013 REG.RIC.           

 

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL'ADUNANZA PLENARIA

 

sul ricorso numero di registro generale 3212 del 2013, proposto dal Comune di Carinola, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Bruno Giannico, con domicilio eletto presso lo studio di questi in Roma, viale Giuseppe Mazzini, n. 145

 

contro

la Coop. Miru - Impresa Edile Stradale, in proprio e quale mandataria capogruppo dell’Associazione temporanea d’imprese costituita con Bugli Carlo s.r.l., Tedesco s.r.l. e Te.M.A.S. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Palma, Simona Scatola e Francesco Rinaldi, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Ennio Quirino Visconti, n. 103

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, sezione ottava, n. 4017/2012.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio della Coop. Miru - Impresa Edile Stradale;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti tutti gli atti della causa;

relatore il consigliere Francesco Frigida nell’udienza pubblica del giorno 2 marzo 2021, svoltasi con modalità telematica, e dati per presenti, ai sensi dell’articolo 84, comma 5, del decreto - legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27, gli avvocati Antonio Palma, Simona Scatola e Francesco Rinaldi per la parte appellata.

 

 

1. L’odierna appellata ha proposto il ricorso di primo grado n. 3962 del 2009 dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza di un’asserita lesione della tutela del proprio affidamento, ingenerato dall’aggiudicazione di un appalto pubblico, successivamente revocata in esecuzione di una pronuncia giudiziale.

In particolare, l’interessata ha rappresentato:

a) di essere stata dichiarata aggiudicataria, in via definitiva, con determina del Comune di Carinola n. 69 del 30 novembre 2002, della gara dell’importo di euro 1.062.661,85, indetta dalla predetta amministrazione per l’affidamento dei lavori di recupero, restauro conservativo e rifunzionalizzazione dell’episcopio sito nella frazione di Ventaroli;

b) che tale aggiudicazione è stata impugnata dinanzi al T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, da altri soggetti partecipanti alla gara, con il ricorso di primo grado n. 8262 del 2006, respinto dalla sezione VIII con sentenza n. 6857 del 20 luglio 2007;

c) che il Consiglio di Stato, sezione V, mediante decisione n. 6057 del 9 dicembre 2008, in riforma della suddetta sentenza di primo grado, ha accolto il ricorso;

d) che il Comune di Carinola, nel prendere atto della suddetta pronuncia di annullamento, con determinazione n. 37 dell’8 maggio 2008, ha disposto la revoca dell’aggiudicazione definitiva della gara in favore dell’odierna appellata, nonché degli atti consequenziali, tra cui il verbale di aggiudicazione e il verbale di consegna dei lavori;

e) di aver conseguentemente subito un pregiudizio economico, sotto forma sia di danno emergente sia di lucro cessante.

1.1. Il Comune di Carinola si è costituito nel giudizio di primo grado, resistendo al ricorso.

2. Con l’impugnata sentenza n. 4017 del 3 ottobre 2012, il T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, sezione ottava, ha parzialmente accolto il ricorso, e, per l’effetto, ha condannato il Comune di Carinola al risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale cagionato alla parte privata, limitato al solo interesse negativo, ovverosia «le spese inutilmente sostenute in previsione della conclusione del contratto e le perdite sofferte per non aver usufruito di ulteriori occasioni contrattuali», con riferimento soltanto «alle voci di danno (…) che trovano riscontro in precisi elementi probatori, desumibili dagli atti acquisiti al giudizio», mentre non ha considerato risarcibile «il mancato utile relativo alla specifica gara d’appalto revocata» e ha ritenuto non concretamente provato il lucro cessante. 

Conseguentemente, in applicazione dell’art. 34, comma 4, del codice del processo amministrativo, il collegio di primo grado ha condannato l’amministrazione comunale a proporre un ristoro all’impresa interessata in base ai parametri indicati in sentenza, nonché al pagamento, in favore di questa, delle spese di lite, liquidate in euro 3.500.

3. Con ricorso ritualmente notificato e depositato – rispettivamente in data 2/4 aprile 2013 e in data 30 aprile 2013 – il Comune di Carinola ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza, articolando un unico motivo, con cui ha censurato l’affermato diritto al risarcimento dell’odierna appellata e, in via subordinata, la quantificazione dei danni.

4. L’impresa interessata si è costituita in giudizio, eccependo l’inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 101 del codice del processo amministrativo per mancanza di specificità dei motivi d’impugnazione e, in ogni caso, la sua infondatezza; l’appellata ha veicolato altresì rituale ricorso incidentale in punto di quantum debeatur, censurando il capo della sentenza di primo grado con cui non è stata accolta integralmente la domanda risarcitoria. Siffatta impugnazione è stata tempestivamente notificata entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della notificazione dell’impugnazione principale e tempestivamente depositata entro il termine di trenta giorni dal perfezionamento della sua notificazione, che tuttavia è avvenuta oltre il termine di sei mesi dal deposito della sentenza impugnata, sicché l’appello incidentale, seppur ritualmente proposto, va qualificato come tardivo e, pertanto, sottoposto al regime di cui agli articoli 96, comma 4, del codice del processo amministrativo e 334 del codice di procedura civile.

5. In vista dell’udienza di discussione ambedue le parti hanno depositato memoria, con cui hanno insistito sulle rispettive domande.

In proposito va evidenziato che, in tale sede, l’appellante principale ha eccepito l’inammissibilità dell’appello incidentale per mancanza di specificità dei motivi d’impugnazione e comunque la sua infondatezza; ha inoltre adombrato un ulteriore profilo inammissibilità, in quanto, a suo avviso, non sarebbe legittimamente possibile esperire un’impugnazione incidentale tardiva avverso un capo di sentenza immediatamente lesivo della posizione dell’appellante incidentale.

6. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 2 marzo 2021, tenuta in modalità telematica.

7. In via pregiudiziale, va rigettata l’eccezione di inammissibilità dell’appello principale per asserita violazione dell’art. 101 del codice del processo amministrativo, in quanto l’appellante avrebbe semplicemente riproposto le eccezioni dedotte in primo grado senza indicare le specifiche censure contro i capi della sentenza gravata.

Al riguardo, il Collegio rileva che la disposizione di cui al citato art. 101 non va intesa in senso formalistico, essendo sufficiente che dal tenore complessivo dell’atto d’impugnazione si evincano con chiarezza le posizioni giuridiche assunte dall’appellante nei confronti del decisum di primo grado, il che si è verificato nel caso di specie.

8. Ciò posto, il Collegio reputa di dover rimettere l’esame del presente ricorso all’adunanza plenaria del Consiglio di Stato alla stregua delle seguenti considerazioni in fatto e diritto.

9. Appare erronea la statuizione del T.a.r., che ha accordato tutela all’odierna appellante in base al seguente iter logico motivazionale:

a) la vicenda trae origine dall’aggiudicazione definitiva di un appalto pubblico di lavori effettuata dal Comune di Carinola in favore la società odierna appellata, ovverosia da un provvedimento amministrativo chiesto e voluto da quest’ultima e conforme ai suoi interessi;

b) a seguito d’impugnazione da parte di altra impresa concorrente, l’interessata ha difeso in giudizio tale provvedimento amministrativo, risultando soccombente, così come l’amministrazione comunale;

c) l’affidamento asseritamente ingenerato dal Comune si sostanzia nella buona fede dell’interessata nell’effettivo conseguimento dell’utilitas conseguente all’aggiudicazione;

d) siffatto affidamento è derivato da un comportamento colpevole dell’ente pubblico, violativo dei canoni di buona fede e correttezza nell’ambito del procedimento di evidenza pubblica preordinato alla selezione del contraente;

e) si è di conseguenza configurata una responsabilità precontrattuale dell’amministrazione comunale.

9.1. Sul punto il Collegio rileva la presenza di un contrasto giurisprudenziale in punto di diritto al risarcimento da lesione dell’affidamento verso un provvedimento amministrativo illegittimo, poi annullato in sede giurisdizionale.

Segnatamente, a fronte di un indirizzo per cui la sentenza di annullamento del provvedimento amministrativo illegittimo «ha accertato l’assenza di un danno ingiusto, perché all’originario ricorrente non spettava l’ottenimento del bene della vita sotteso al suo interesse legittimo» (Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 17 gennaio 2014, n. 183; nello stesso senso cfr. anche Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 29 ottobre 2014, n. 5346), vi è un’altra corrente giurisprudenziale favorevole al riconoscimento della risarcibilità della lesione dell’affidamento del privato verso un provvedimento illegittimo, annullato in sede di autotutela o in sede giurisdizionale, seppur in presenza di stringenti limiti in tema di prova della colpa dell’amministrazione, del danno subito dall’istante e del nesso di causalità tra l’annullamento e il predetto danno (cfr. Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 20 dicembre 2017, n. 5980; Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 5 settembre 2011, n. 5002; T.a.r. Campania, Napoli, sezione VIII, sentenza 3 ottobre 2012, n. 4017, dove si riconduce, come nella sentenza impugnata, la tematica de qua alla responsabilità precontrattuale).

9.2. Tanto premesso, il Collegio considera opportuno svolgere alcune precisazioni circa il primo dei cennati orientamenti, il cui esito interpretativo sembra condivisibile.

L’affidamento è un istituto giuridico che taglia trasversalmente l’intero ordinamento giuridico e senza dubbio assume rilievo nei rapporti tra i privati e le pubbliche amministrazioni, anche nelle fattispecie in cui vi è esercizio di potere di natura pubblicistica (e un riconoscimento in tal senso è stato operato dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio già con la sentenza 4 maggio 2018, n. 5).

Il Collegio ritiene che l’affidamento non sia un diritto soggettivo, come, invece, autorevolmente sostenuto da parte della giurisprudenza, bensì una situazione giuridica soggettiva dai tratti peculiari propri, idonea a fondare una particolare responsabilità, che si colloca tra il contratto e il torto civile.

Ad ogni modo, per aversi un affidamento giuridicamente tutelabile in capo al privato, occorre, da un lato, una condotta della pubblica amministrazione connotata da mala fede o da colpa in grado di far sorgere nell’interessato, versante in una condizione di totale buona fede, un’aspettativa al conseguimento di un bene della vita e, dall’altro, che la fiducia riposta da quest’ultimo in un esito del procedimento amministrativo a lui favorevole sia ragionevole e non colposamente assunta come fondata in assenza di valide ragioni giustificatrici.

In sostanza, ai fini della sussistenza dell’affidamento legittimo (rilevante ai fini del riconoscimento di una responsabilità di tipo precontrattuale), il privato che ha interloquito con la pubblica amministrazione non soltanto non deve averla condotta dolosamente o colposamente in errore, ma deve vantare un’aspettativa qualificata, ovverosia basata su una pretesa legittima alla luce del quadro ordinamentale applicabile al caso di specie.

Va peraltro sottolineato che nelle ipotesi, in cui rientra la vicenda oggetto del presente giudizio, in cui il provvedimento favorevole al privato sia revocato in esecuzione di una pronuncia giudiziale, l’eventuale affidamento del privato (ammesso che vi sia) sarebbe pregiudicato non da un condotta dell’amministrazione, la quale non ha modificato unilateralmente, melius re perpensa o alla luce di sopravvenienze, l’assetto d’interessi precedentemente delineato nell’esercizio del suo potere pubblicistico, ma, in sostanza, da un provvedimento promanante dal potere giurisdizionale, nei cui confronti non può esserci in radice, per la natura terza del giudice, alcuna aspettativa qualificata ? e dunque tutelabile mediante ristoro patrimoniale ? all’accoglimento delle proprie ragioni. 

Ne discende che la soccombenza in sede giurisdizionale non può mai ridondare in una lesione di un affidamento legittimo, idonea a fondare una domanda risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione.

Al fine di contestualizzare quanto appena esposto alle peculiarità del caso in esame, va anche precisato che il provvedimento comunale dell’8 maggio 2008 di revoca dell’aggiudicazione in favore dell’odierna appellata aveva ad oggetto, a ben vedere, un atto che risultava già annullato in sede giurisdizionale (e che, quindi, risultava ormai privato aliunde di qualunque efficacia).

Si precisa inoltre che non appare pertinente il riferimento effettuato dal T.a.r. alla sentenza della la Corte di giustizia dell’Unione europea, sezione III, 30 settembre 2010, n. 314, pronunciata nel procedimento C-314/09, Graz Stadt, dove la responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario è stata configurata in modo marcatamente oggettivo, per cui la direttiva 89/665/CEE, in tema di procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, «osta ad una normativa nazionale, la quale subordini il diritto ad ottenere un risarcimento a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’amministrazione aggiudicatrice al carattere colpevole di tale violazione, anche nel caso in cui l’applicazione della normativa in questione sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all’amministrazione suddetta, nonché sull’impossibilità per quest’ultima di far valere la mancanza di proprie capacità individuali e, dunque, un difetto di imputabilità soggettiva della violazione lamentata».

La richiamata decisione della Corte di giustizia (e le successive di analogo contenuto) riguardano, invero, la posizione del concorrente illegittimamente escluso ovvero illegittimamente non dichiarato vincitore nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica governata dal diritto unionale, non risultando invece applicabili alla ben distinta ipotesi (che qui ricorre) del concorrente dichiarato illegittimamente vincitore.

9.3. Traslando le coordinate ermeneutiche sopra descritte alla fattispecie de qua, la pretesa della parte privata non appare fondata, avendo l’interessata volontariamente partecipato ad una procedura ad evidenza pubblica, al fine di aggiudicarsi un appalto di lavori (evento vantaggioso per la sua sfera patrimoniale), che, all’esito della gara, le è stato definitivamente aggiudicato, ma successivamente revocato in conformità ad una definitiva pronuncia giurisdizionale (che, peraltro, aveva già disposto l’annullamento della medesima aggiudicazione).

In questo contesto, invero, anche qualora vi sia un atteggiamento del privato connotato da buona fede, l’eventuale aspettativa non sarebbe, in ogni caso, legittima, siccome basata su una pretesa non tutelata dall’ordinamento, non essendo saldata al diritto all’ottenimento del bene della vita, ovverosia la stipulazione di un lucroso contratto di appalto pubblico di lavori.

10. La valutazione dell’impugnazione incidentale sul quantum debeatur non può essere, allo stato, effettuata, siccome subordinata all’eventuale respingimento dell’impugnazione principale sull’an debeatur.

11. In conclusione (e in ragione del richiamato contrasto in giurisprudenza) si rimettono all’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 99, comma 1, del codice del processo amministrativo, le seguenti questioni:

a) se l’interessato ? a prescindere dalle valutazioni circa la sussistenza in concreto della colpa della pubblica amministrazione, del danno in capo al privato e del nesso causale tra l’annullamento e la lesione ? possa in astratto vantare un legittimo e qualificato affidamento su un favorevole provvedimento amministrativo annullato in sede giurisdizionale, idoneo a fondare un’azione risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione;

b) in caso positivo, in presenza di quali condizioni ed entro quali limiti può riconoscersi al privato un diritto al risarcimento per lesione dell’affidamento incolpevole, con particolare riferimento all’ipotesi di aggiudicazione definitiva di appalto di lavori, servizi o forniture, successivamente revocata a seguito di una pronuncia giudiziale.

12. Valuterà l’adunanza plenaria se affermare i rilevanti principi di diritto o se definire il secondo grado del giudizio.

13. La statuizione delle spese di lite vi sarà con la sentenza definitiva.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione seconda, non definitivamente pronunciando sul ricorso 3212 del 2013, come in epigrafe proposto, ne dispone il deferimento all’adunanza plenaria del Consiglio di Stato.

Manda alla segreteria della sezione per gli adempimenti di competenza, e, in particolare, per la trasmissione del fascicolo di causa e della presente ordinanza al segretario incaricato di assistere all’adunanza plenaria.

Così deciso dalla seconda sezione del Consiglio di Stato, con sede in Roma, nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2021, convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:

 

 

Claudio Contessa, Presidente

Giancarlo Luttazi, Consigliere

Giovanni Sabbato, Consigliere

Francesco Frigida, Consigliere, Estensore

Francesco Guarracino, Consigliere