Giu Alla Cgue il campo di applicazione del divieto di affollamento pubblicitario
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - ORDINANZA 25 marzo 2021 N. 2504
Annotazione
Con ordinanza n.2504 del 2021 il Consiglio di Stato rinvia alla Corte di Giustizia l'esame dei seguenti quesiti di diritto in via pregiudiziale:
a) se,ai fini della disciplina comunitaria del divieto di affollamento pubblicitario, stante la generale rilevanza per il diritto eurounitario della nozione di gruppo o di unica entità economica, ricavabile da molteplici font del diritto antitrust (ma, per quanto qui interessa, dal ricordato considerando n. 43 della direttiva n. 2018/1808 UE e dal nuovo testo dell’art. 23 della direttiva 2010/13 CE), ferma l’esistente differenza nel diritto nazionale italiano di titoli abilitativi che l’art. 5, comma 1, lett. b) del D.lgs. 177/2015 tra le emittenti televisive e radiofoniche, possa essere adottata come comunitariamente conforme un’interpretazione del diritto nazionale sulla radiotelevisione che deduca dall’art. 1, comma 1, lett. a) del medesimo D.lgs. 177/2015, come modificato nel testo vigente dal 30 marzo 2010 (in attuazione della direttiva n. 2007/65/CE), che il processo di convergenza fra le diverse forme di comunicazioni (le comunicazioni elettroniche, l'editoria, anche elettronica ed internet in tutte le sue applicazioni), valga a più forte ragione tra i fornitori di media televisivi e radiofonici, specialmente se già integrati in gruppi di imprese tra loro collegate e si imponga con valenza generale, con i conseguenti riflessi in tema di interpretazione dell’art, 38 comma 6 del testo unico citato tale che l’emittente possa essere anche il gruppo come unica entità economica o se invece, secondo i ricordati principi comunitari, stante l’autonomia della materia del divieto di affollamento pubblicitario dal generale diritto antitrust, sia inibito dare rilevanza –prima del 2018– ai gruppi e al predetto processo di convergenza e di c.d. cross-medialità considerandosi allora, ai fini del calcolo dell’indice di affollamento pubblicitario, solo la singola emittente pure se collegata in gruppo (e ciò perché tal rilevanza è stata menzionata solo nel testo consolidato dell’art. 23 della direttiva 2010/13 CE, formatosi a seguito della direttiva 2018/1808 UE);
b) se, alla luce dei ricordati principi del diritto dell’UE in tema di gruppi ed impresa come unità economica, ai fini del divieto di affollamento pubblicitario e del ricordato succedersi dei testi dell’art. 23 citato, ferma la predetta differenza tra i titoli abilitativi, sia possibile dedurre anche dalla normativa anticoncorrenziale del SIC, di cui all’art. 43 del D.lgs. 177/2015, la rilevanza del concetto di «fornitore di servizi di media» di gruppo (o secondo il lessico dell’appellante: impresa editoriale di gruppo) ai fini dell’esenzione dei messaggi di promozione cross-mediali infragruppo dai limiti di affollamento di cui all’art. 38, comma 6 del D.lgs. n. 177 stesso o se invece tal rilevanza debba escludersi prima del 2018 stante l’autonomia del diritto televisivo antitrust rispetto alla disciplina dei limiti all’affollamento pubblicitario ;
c) se il nuovo testo dell’art. 23, § 2, lett. a) della direttiva n. 2010/13/UE sia ricognitivo di un principio preesistente nel diritto antitrust di generale rilevanza dei gruppi oppure sia innovativo e se, quindi, nel primo caso descriva una realtà giuridica già immanente nel diritto europeo –tale, quindi da coprire anche il caso in esame, antecedente detto nuovo testo, e da condizionare le interpretazioni dell’ANR imponendole comunque di riconoscere il concetto di «fornitore di servizi di media» di gruppo–, oppure se, nel secondo caso, osti a riconoscere la rilevanza dei gruppi societari per i casi formatisi prima della sua introduzione perché inapplicabile ratione temporis, stante la sua portata innovativa a fattispecie verificatesi prima della sua introduzione;
d) se, comunque e al di là del sistema dei titoli autorizzativi posto dall’art. 5 del D.lgs. 177/2005 e della novità dell’art. 23 introdotta nel 2018, ossia nel caso che la nuova norma non abbia significato ricognitivo ma innovativo secondo quanto chiesto sub c), i rapporti integrazione televisione – radiofonia considerati in via generale nel diritto antitrust siano, per la generalità e trasversalità delle nozioni di entità economica e di gruppo, la chiave alla luce della quale interpretare i limiti all’affollamento pubblicitario, regolati quindi comunque con implicito riguardo all’impresa di gruppo (o, più precisamente, delle correlazioni di controllo tra le imprese di gruppo) ed all’unità funzionale di dette imprese, affinché la promozione dei programmi da televisione a radiofonia infragruppo o viceversa se detti rapporti di integrazione siano irrilevanti nel campo dei limiti all’affollamento pubblicitario e quindi si debba ritenere che i programmi “propri” di cui all’art. 23 (testo originario), sono tali in quanto appartenenti alla sola emittente che li promuove, e non al gruppo societario nel suo insieme in quanto detta norma è una disposizione a sé stante che non consente alcuna interpretazione sistematica che la estenda ai gruppi intesi come unica entità economica;
e) se, infine, l’art. 23, nel suo testo originario, ove anche non dovesse essere interpretabile come norma da leggersi sullo sfondo del diritto antitrust, vada intesa comunque come disposizione incentivante che descrive la peculiare caratteristica della promozione, che è esclusivamente informativa e non intende convincere alcuno ad acquistare beni e servizi altri rispetto ai programmi promossi e, come tale, debba intendersi esclusa dal campo di applicazione delle norme sull’affollamento, perciò applicabile, nei limiti di imprese appartenenti al medesimo gruppo, in ogni caso di promozione cross-mediale integrata ovvero se si debba intendere come una norma di carattere derogatorio ed eccezionale rispetto al calcolo dell’affollamento pubblicitario e, come tale, di stretta interpretazione.

Testo della sentenza
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - ORDINANZA 25 marzo 2021 N. 2504
Pubblicato il 25/03/2021

N. 02504/2021 REG.PROV.COLL.

N. 06078/2019 REG.RIC.           

N. 06079/2019 REG.RIC.           

N. 06080/2019 REG.RIC.           

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sui ricorsi riuniti


A) – NRG 6078 del 2019, proposto dalla Reti Televisive Italiane - RTI s.p.a., corrente in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Fabio Lepri, Massimiliano Molino e Giuseppe Rossi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, 


contro

l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - AGCOM, sede di Roma, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12 e 

nei confronti

di Elemedia s.p.a., Radio Dimensione Suono-RDS s.p.a. e di RTL 102,5 Hit Radio s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, tutte rappresentate e difese dall'avv. Francesco Di Ciommo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, via Tacito n. 41;



B) – NRG 6079/2019, proposto dalla Reti Televisive Italiane - RTI s.p.a., come sopra rappresentata, difesa ed elettivamente domiciliata, 

contro

l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - AGCOM, sede di Roma, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata per legge e 

nei confronti

di Elemedia s.p.a., Radio Dimensione Suono-RDS s.p.a. e di RTL 102,5 Hit Radio s.r.l., come sopra rappresentate, difese ed elettivamente domiciliate; 



C) – NRG 6080/2019, proposto dalla Reti Televisive Italiane - RTI s.p.a., come sopra rappresentata, difesa ed elettivamente domiciliata, 

contro

l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - AGCOM, sede di Roma, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata per legge e 

nei confronti

di Elemedia s.p.a., Radio Dimensione Suono-RDS s.p.a. e di RTL 102,5 Hit Radio s.r.l., come sopra rappresentate, difese ed elettivamente domiciliate; 

per la riforma

A) - quanto al ricorso n. 6078/2019, della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sez. III), n. 4926/2019, resa tra le parti e concernente la delibera AGCOM n. 295/17/CSP del 19 dicembre 2017, notificata in data 8 gennaio 2018, che ha disposto nei confronti della RTI s.p.a. (servizio di media audiovisivo in ambito nazionale “Canale 5”) la sanzione per violazione del limite di affollamento pubblicitario orario, ai sensi dell'art. 38, comma 2 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (contestazione n. 15/17/DCA – PROC. 2691/MRM);

B) - quanto al ricorso n. 6079/2019, della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sez. III) n. 4927/2019, resa tra le parti e concernente la delibera AGCOM n. 296/17/CSP del 19 dicembre 2017, notificata in data 8 gennaio 2018, che ha disposto nei confronti della RTI s.p.a. (servizio di media audiovisivo in ambito nazionale “Italia 1”) la sanzione per violazione del limite di affollamento pubblicitario orario, ai sensi dell'art. 38, comma 2 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (contestazione n. 17/17/DCA – PROC. 2693/MRM);

C) - quanto al ricorso n. 6080/2019, della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sez. III) n. 4925/2019, resa tra le parti e concernente la delibera AGCOM n. 297/17/CSP del 19 dicembre 2017, notificata in data 8 gennaio 2018, che ha disposto nei confronti della RTI s.p.a. (servizio di media audiovisivo in ambito nazionale “Rete 4”) la sanzione per violazione del limite di affollamento pubblicitario orario, ai sensi dell'art. 38, comma 2 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (contestazione n. 16/17/DCA – PROC. 2692/MRM);

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’AGCOM - Roma ed Elemedia s.p.a., Radio Dimensione Suono-RDS s.p.a. e di RTL 102,5 Hit Radio s.r.l.,

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all'udienza pubblica del 24 settembre 2020 il Cons. Silvestro Maria Russo, nessuno presente per le parti; 

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: 


FATTO e DIRITTO

1. – Con tre atti distinti, ma di analogo contenuto notificati il 28 settembre 2017, relativi ciascuno alle tre emittenti “Canale 5”, “Italia 1” e “Rete 4”, edite dalla Reti Televisive Italiane – RTI s.p.a. (d’ora in poi, RTI), l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni-AGCOM le contestò plurime violazioni dell’art. 38, comma 2 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (d’ora in poi, D.lgs. 177/2005), recante il (Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici). 

In sostanza, dette violazioni derivarono dal computo, tra gli spot pubblicitari soggetti al limite di affollamento orario della pubblicità, pure dei comunicati per l’autopromozione dell’emittente radiofonica denominata “R101”, di titolarità della società Monradio s.r.l., a sua volta controllata da RTI per l’80% del capitale sociale e per il restante 20% dalla A. Mondadori Editore s.p.a., società, queste, entrambe facenti parte d’un medesimo gruppo societario. 

Nell’ambito del procedimento sanzionatorio così attivato, RTI fece presente che i comunicati così diffusi dalle sue tre emittenti riguardarono soltanto la presentazione di programmi di “R101”, sicché sarebbero dovuti esser qualificati come messaggi di autopromozione, dunque non computabili nel limite di affollamento pubblicitario orario di cui all’art. 38, comma 6 del D.lgs. 177/2005. Detta Società richiamò anche l’art. 1 dell’Allegato A) (comunicazione interpretativa) alla delibera n. 211/08/CSP della stessa Autorità nazionale, secondo cui la nozione di «autopromozione» prescindeva dalla piattaforma (TV, radio od altro) e dal canale su cui erano trasmessi i contenuti promossi ed i messaggi di promozione. Essa affermò altresì, ai predetti fini, l’irrilevanza della proprietà di “R101” a Società diversa da sé, posto che entrambe appartenevano al medesimo gruppo societario, come d’altronde tanto la società editrice dei programmi oggetto di promozione, quanto quella che ne diffondeva i comunicati: ciò quindi dimostrò l’esistenza dell’unitarietà economica dell’impresa editoriale di gruppo, tanto da prevalere sul mero dato formale della pluralità di soggetti giuridici societari. Infine, RTI ribadì che tal fenomeno dell’esercizio di imprese editrici multimediali (TV, radio, Internet), anche in forma di gruppo societario, fu una delle conseguenze più evidenti della digitalizzazione, tant’è che la pratica dell’autopromozione “di gruppo” era ed è tuttora un vicenda diffusa nei mercati radiotelevisivi. 

L’AGCOM riconobbe sì l’insussistenza dell’elemento soggettivo della responsabilità in capo a RTI, con le tre delibere nn. 295 (emittente “Canale 5”), 296 (emittente “Italia 1”) e 297 (emittente “Rete 4”) del 19 dicembre 2017, notificate l’8 gennaio 2018, diffidò comunque la RTI stessa «…dal proseguire nel porre in essere la condotta descritta in violazione dell’art. 38 comma 2 del d.lgs. n. 177/05…», ritenendo che i fatti contestati costituissero, sotto il profilo oggettivo, tal violazione. In particolare, l’Autorità ritenne che: 

a) - fosse inapplicabile al caso esaminato la citata comunicazione interpretativa di cui alla delibera n. 211/08/CSP, non sussistendo tra tutte le emittenti coinvolte nella promozione un’unica responsabilità editoriale; 

b) - il D.lgs. 177/2005 regolò in modo diverso, anche con titoli abilitativi distinti, l’emittente radiofonica da quella televisiva, nella specie di proprietà di soggetti differenti, per cui non v’è identità soggettiva tra il responsabile editoriale del contenuto oggetto di autopromozione e quello dell’emittente che diffonde il relativo messaggio; 

c) - l’art. 38, comma 6 del D.lgs. 177/2005 riguardava le sole emittenti televisive come risulta dal precedente art. 2 dello stesso testo unico, che distingue fra emittenti televisive e radiofoniche e riferisce l’autopromozione ai soli annunci dell'emittente relativi ai propri programmi e ai prodotti collaterali da questi direttamente derivati e, al comma 2 lett. l) definisce 'emittente', un fornitore di servizi di media audiovisivi lineari, diverso da quelli individuati alle lettere aa) (concernente l’'emittente televisiva analogica', il titolare di concessione o autorizzazione su frequenze terrestri in tecnica analogica, che ha la responsabilità editoriale dei palinsesti dei relativi programmi televisivi) e bb) ('emittente radiofonica', il titolare di concessione o autorizzazione su frequenze terrestri in tecnica analogica o digitale, che ha la responsabilità dei palinsesti radiofonici e, se emittente radiofonica analogica, li trasmette secondo le relative tipologie); 

d) - l’art. 2, comma 2, lett. b) del D.lgs. 177/2005 (TUSMAR) esclude dalla nozione di «fornitori di servizi di media audiovisivi» i soggetti di diritto che, come nella specie, s’occupano solo della mera trasmissione di programmi, per i quali la responsabilità editoriale incombe su terzi; e) - ove il legislatore nazionale volle dare rilevanza al fenomeno del gruppo societario, lo dispose con norma espressa e tra i casi così regolati non rientra la vicenda in esame.

2. – Contro i tre provvedimenti citati, RTI propose tre distinti, ma in pratica identici, ricorsi avanti al Tribunale amministrativo del Lazio, deducendo che: 

1) – il principio “in dubio pro libertate” sancito dalla Corte di Giustizia UE si deve applicare tanto alla fonte europea (art. 23 della direttiva n. 2010/13/UE del 10 marzo 2010) quanto a quella interna (art. 38 del D.lgs. 177/2005) che ne è l’attuazione e, se questa vuol porre regole più restrittive ma conformi al diritto dell’Unione, tali regole pongono limiti alla libertà di prestazione dei servizi di trasmissione televisiva e, quindi, vanno interpretate in senso più favorevole, evitando che messaggi di autopromozione a favore dell’emittente “R101” siano computati nei limiti dell’affollamento e, in ogni caso, si tratta di messaggi informativi e non soltanto pubblicitario; 

2) – l’elemento ostativo alla qualificazione dei messaggi come autopromozione è individuato nella diversità soggettiva tra le società titolari, l’una (RTI s.p.a.) dei canali televisivi e, l’altra (Monradio s.r.l.), del canale radiofonico (pur se unite da un legame di controllo), ma tal approccio differenziato dell’Autorità tra emittente televisiva ed emittente radiofonica è contraria a quello sistematico recato dall’art. 1, comma 2 del D.lgs. 177/2005, che intende disciplinare unitariamente tutte le attività di a fornitura di contenuti all’utenza, qualunque sia il mezzo adoperato e con qualunque modalità, tant’è che per la stessa Autorità la nozione di autopromozione ricomprende la promozione dei programmi riconducibili alla responsabilità editoriale (concetto pur esso unitario), di un’emittente o di un fornitore di contenuti, su tutte le piattaforme, ferma la prassi diffusa dell’autopromozione “cross-mediale” o “crosspiattaforma” tra servizi televisivi e/o radiofonici e servizi audiovisivi e/o Internet, al di là dei differenti titoli abilitativi posti dal D.lgs. 177/2005; 

3) – la programmazione televisiva e radiofonica di RTI e delle sue controllate (Monradio s.r.l.) è il risultato di scelte unitarie e coordinate, tant’è che esse costituiscono un’unica impresa editoriale di gruppo (concetto, questo, rilevante nell’ordinamento nazionale anche in assenza di una norma ad hoc, grazie dall’art. 3 del regolamento approvato con delibera dell’AGCOM n. 66/09/CONS), cui sono riconducibili sia i messaggi di autopromozione, sia i programmi che ne sono l’oggetto, al di là della pluralità dei soggetti giuridici coinvolti. 

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con le sentenze nn. 4926, 4927 e, rispettivamente, 4925 del 19 aprile 2019, ha respinto i tre citati ricorsi, perché: 

A) – avendo i commi 2 e 5 dell’art. 38 del D.lgs. 177/2005 stabilito i limiti di tempo massimo per le emittenti televisive di trasmissione dei propri messaggi pubblicitari, il concetto di «emittenti» recato dallo stesso art. 38, comma 6, in tema di autopromozione, concerne solo quelle che promuovano i propri programmi ed i prodotti collaterali direttamente derivati, poiché tale norma è derogatoria ed eccezionale rispetto alla regola contro l’affollamento pubblicitario, come s’evince dall’aggettivo “propri”, riferibile necessariamente ai programmi di un’emittente televisiva (e non radiofonica, pur se appartenente allo stesso gruppo di imprese); 

B) – questo risultato non è revocabile in dubbio dall’interpretazione propugnata da RTI (a suo dire, comunitariamente orientata), in quanto l’art. 23, § 2) della Direttiva n. 2010/13/UE, nel testo allora vigente, previde sì un’esenzione dal limite orario di affollamento pubblicitario nelle trasmissione dell’emittente televisiva, ma soltanto per gli «… annunci dell'emittente relativi ai propri programmi e ai prodotti collaterali da questi direttamente derivati, agli annunci di sponsorizzazione e agli inserimenti di prodotti…», sicché, quando anche la direttiva parla di «emittente», intende riferirsi solo al «fornitore di servizi di media di radiodiffusioni televisive» (art. 1, § 1, lett. f) e, quando richiama il concetto di «programma», si riferisce ad «una serie di immagini animate, sonore o non, … la cui forma e il cui contenuto sono comparabili alla forma e al contenuto della radiodiffusione televisiva…» e, quindi, tanto la norma europea quanto quella nazionale sul punto non si riferiscono mai alle emittenti radiofoniche; 

C) – non sono invocabili la delibera AGCOM 211/08/CSP, o la successiva nota del 21 maggio 2010 per forzare il dato testuale e la ratio dell’art. 38, comma 6 del D.lgs. 177/2005, poiché l’art. 1 del Regolamento contenuto nella citata delibera, quando dice che «sono ricondotti nella nozione di ‘autopromozione’, e nella relativa disciplina, gli annunci relativi ai programmi diffusi sulle varie piattaforme», va inteso nel senso non che diventi autopromozione anche lo spot di programmi e/o prodotti di un soggetto terzo all’emittente che lo trasmette (come accadde nella specie), ma che le piattaforme coinvolte nell’autopromozione debbano appartenere tutte allo stesso soggetto; 

D) – vi è alterità soggettiva tra il diffusore del messaggio (fornitore di servizio media audiovisivo - FSMA) ed il responsabile del programma pubblicizzato (emittente radiofonica), tanto da escludere l’applicazione dell’art. 38, comma 6 del D.lgs. 177/2005, l’attività di direzione o coordinamento esercitata dalla società proprietaria di un’emittente televisiva verso la proprietaria di una radio non le attribuisce la veste di editore e, pertanto, non può riferirsi ad essa la responsabilità editoriale dei programmi della società controllata; 

E) – comunque, nel caso in esame RTI non ha allegato prove certe sul suo potere di reale intervento sulle scelte economiche della controllata Monradio (oltre, cioè, alla mera esistenza della sua quota di controllo sul capitale sociale di quest’ultima) e, dunque, in ordine al centro decisionale unitario tra le attività delle due emittenti, unitarietà, d’altronde, in contrasto col principio di personalità della responsabilità nell’illecito amministrativo ex artt. 2, 3 e 7 della legge 24 novembre 1981 n. 689 (se fosse così, la responsabile sarebbe Monradio s.r.l., non RTI). 

3. – Ha proposto appello RTI, con i tre distinti ricorsi in epigrafe, di fatto simili e qui da riunire. 

In particolare, l’appellante deduce l’erroneità delle impugnate sentenze per non aver colto: 

I) – nel ritenere irrilevante la differenza tra autopromozione informativa e pubblicità vera e propria —e che l’autopromozione spesso dissimuli messaggi pubblicitari ed eluda i limiti di affollamento pubblicitario, donde la necessità d’interpretare restrittivamente il concetto di «autopromozione»—, che tal approccio svuota di senso l’esenzione dei messaggi promozionali dal computo di detti limiti, la cui ratio, già indicata fin dalla direttiva n. 97/36/CE del 30 giugno 1997 e ribadita nella direttiva n. 13 del 2010, è d’identificare quella forma particolare di pubblicità con cui l'emittente promuove i propri prodotti, servizi, programmi o canali, oggidì ancor più definita ove il limite di affollamento non riguarda più, in generale, la pubblicità, ma le sole categorie specifiche degli «spot televisivi pubblicitari» e degli «spot di televendita», sicché i comunicati di autopromozione per i programmi sono sempre diversi da qualsiasi spot pubblicitario su prodotti, anche collaterali ai programmi (lo spot, anche se informativo, è sempre funzionale a convincere all’acquisto) ed afferiscono a spazi di palinsesto non offerti sul mercato degli inserzionisti ma utilizzati direttamente dall’emittente (per i quali, per definizione, non si pongono problemi di natura concorrenziale, se non per evitarne talune distorsioni proprio per i prodotti collaterali ); 

II) – a fronte dell’assunto per cui l’autopromozione non può riguardare che i soli programmi propri dell’emittente che li trasmette, l’esistenza dell’approccio sistemico e non separato per piattaforme del legislatore europeo e del D.lgs. 177/2005, per il trattamento unitario d’ogni attività di fornitura di contenuti all’utenza, non ravvisandosi nella normativa preclusioni che impediscano ad uno stesso o ad un medesimo gruppo societario di esser editore, al contempo, di canali televisivi e di canali radiofonici analogici nazionali e, quindi, all’autopromozione cross-mediale, com’è nella prassi di tutti gli editori cross-piattaforme e come s’evince dall’unitario trattamento normativo dei palinsesti, nonostante che il D.lgs. 177/2005 preveda titoli autorizzativi distinti, sicché è possibile che il «programma proprio dell’emittente» di cui all’art. 38, comma 6 può concernere anche programmi radiofonici, se i palinsesti televisivo e radiofonico appartengano al medesimo editore, al di là delle tecnologie di trasmissione usate (analogica o digitale, che pure imposero al D.lgs. n. 177, quando la radiofonia era ancora analogica, definizioni separate) e come s’evince dal Regolamento in materia di pubblicità e televendite (delibera AGCOM n. 538/2001/CSP) e dalla comunicazione AGCOM n. 211/08/CSP (secondo cui sono ricondotti alla nozione di autopromozione «… gli annunci relativi ai programmi diffusi sulle varie piattaforme… riconducibili alla responsabilità editoriale di un’emittente o di un fornitore di contenuti, indipendentemente dal canale in cui i messaggi… sono mandati in onda…»); 

III) – sussiste il censurato mancato allineamento tra la nozione di «autopromozione» recata dall’art. 38 del D.lgs. 177/2005 e quella regolamentare con riferimento ai citati art. 5 della delibera n. 538 ed atto interpretativo di cui alla delibera n. 211/08/CONS, onde, stante la derivazione del citato art. 38 dall’art. 23 della direttiva 2010/13/UE (che sostituì la previgente direttiva n. 89/552/CEE), avrebbe dovuto trovare applicazione il criterio che impone d’interpretare la norma interna di recepimento in conformità al diritto eurounitario, alla luce delle indicazioni fornite dalla Corte di Giustizia UE (in particolare, cfr. Corte giust., 28 ottobre 1999, causa C-6/98, ARD e Pro Sieben Media AG, nn. 29 – 31, laddove una disposizione della direttiva 89/552 imponga una restrizione alla diffusione e alla distribuzione di servizi televisivi, senza che il legislatore comunitario abbia redatto quest'ultima in termini chiari e non equivoci, essa va interpretata in maniera restrittiva; e Corte giust., 24 novembre 2011, causa C-281/09, Commissione c. Regno di Spagna, ribadito il principio appena ricordato, ha aggiunto che la presunzione, per cui ogni tipo di pubblicità televisiva trasmessa tra un programma e l’altro, o interrompendo un programma, costituisce spot pubblicitario rientrante nell’affollamento, non si applica in presenza di forme di pubblicità diverse dagli spot disciplinate in modo espresso dalla direttiva, tra le quali rientra l’autopromozione esclusa dall’affollamento secondo l’espressa norma posta dall’art. 23, § 2) della stessa direttiva n. 13), dal che l’erroneità dell’assunto del Tribunale amministrativo in ordine sia alla necessaria esclusione dei programmi radiofonici dalla applicazione della direttiva n. 13 (perché riguarda i soli servizi di media audiovisivi), sia alla regola ex art. 38 del D.lgs. 177/2005 (di derivazione europea e soggetta al principio d’interpretazione conforme, nella specie secondo i criteri della giurisprudenza della Corte di Giustizia); 

IV) – al di là del sistema dei titoli autorizzativi posto dall’art. 5 del D.lgs. 177/2005, i rapporti sulla integrazione televisione – radiofonia sono regolati avendo riguardo all’impresa di gruppo, e non alla formale articolazione della medesima in più società, non essendo perciò condivisibile quanto deciso dall’AGCOM sull’irrilevanza del carattere unitario dell'impresa editoriale di gruppo in assenza di un'espressa previsione normativa, poiché in materia di illeciti amministrativi, vigono i principi di tassatività e di stretta legalità e, dunque, l'illiceità di una condotta di autopromozione cross-mediale, che dovrebbe esser collocata fuori dai limiti di affollamento, non è desumibile dal mero silenzio del legislatore, ma richiede una previsione espressamente derogatoria della generale rilevanza che detto D.lgs. n. 177 riconosce all'impresa di gruppo, soprattutto quando la stessa AGCOM ha ritenuto per contro rilevante l’impresa editoriale “di gruppo”, non solo in altri contesti nei quali è mancata una specifica previsione della fonte primaria, ma anche in casi di autopromozione di gruppo (p. es., con la nota n. 32243 del 21 maggio 2010, o per i comunicati relativi al servizio di pay-tv della Mediaset Premium trasmessi da RTI, nonostante la diversa denominazione delle due imprese); 

V) – la prassi delle imprese è orientata all’integrazione cross-mediale, come accade tra Monradio e RTI (nonostante ciascuna delle due Società risponda per gli illeciti commessi nella propria specifica programmazione), fermo restando che l’art. 5, comma 1, lett. d) e l’art. 43, commi 11/15 del D.lgs. 177/2005 fanno presumere (senza possibilità di prova contraria) l’esistenza di un’attività economica editoriale unitaria, in presenza del legame di controllo, donde l’inutilità di fornire prove ulteriori visto che, nell’ambito dei gruppi di società, i singoli soggetti societari costituiscono articolazioni formali di un’attività d’impresa economicamente unitaria, nonché l’impossibilità per AGCOM di pretendere nella specie un orientamento opposto in base al principio «ubi lex voluit», a meno di non ritenere che l’Autorità possa, a sua discrezione ed in qualunque sede, accordare o meno rilevanza al carattere unitario dell’impresa editoriale di gruppo. 

Resiste in giudizio l’intimata Autorità, concludendo per il rigetto dell’appello. 

Anche le intimate Elemedia s.p.a., Radio Dimensione Suono-RDS s.p.a. e di RTL 102,5 Hit Radio s.r.l., già interventrici ad opponendum in primo grado, si sono costituite pure nel giudizio d’appello concludendone per il rigetto.

5. – A seguito della novella recata dalla direttiva n. 2018/1808/UE del Parlamento europeo e del

Consiglio, del 14 novembre 2018, alla direttiva n. 2010/13/UE, il considerando n. 43 premesso alla direttiva n. 1808 precisa che «Il tempo di trasmissione dedicato agli annunci effettuati dall'emittente in relazione ai propri programmi e ai prodotti collaterali da questi direttamente derivati ovvero ad annunci di servizio pubblico e appelli a scopo di beneficenza trasmessi gratuitamente, ad eccezione dei costi sostenuti per la trasmissione di questi ultimi, non dovrebbe essere incluso nel tempo di trasmissione massimo concesso per la pubblicità televisiva e la televendita. Inoltre numerose emittenti fanno parte di grandi gruppi di emittenti e trasmettono annunci che riguardano non soltanto i propri programmi e i prodotti collaterali direttamente derivati da tali programmi, ma anche i programmi e i servizi di media audiovisivi di altre entità appartenenti allo stesso gruppo di emittenti. Neanche il tempo di trasmissione dedicato a tali annunci dovrebbe essere incluso nella durata massima del tempo di trasmissione che può essere concesso per la pubblicità televisiva e la televendita». 

Dal canto suo, anche il nuovo testo dell’art. 23, § 2), lett. a) della direttiva n. 2010/13 prevede che i limiti di affollamento pubblicitario non si applichino «… agli annunci effettuati dall'emittente in relazione ai propri programmi e ai prodotti collaterali da questi direttamente derivati ovvero in relazione a programmi e servizi di media audiovisivi di altre entità appartenenti al medesimo gruppo di emittenti…». 

Ad avviso dell’appellante, quindi, tali disposizioni dovrebbero fungere da parametro interpretativo del diritto interno, pure di quello previgente, in base al principio d’interpretazione conforme, visto che prendono atto del fenomeno, esistente al tempo in cui fu iniziato il procedimento sanzionatorio verso l’appellante stessa e noto per taluni versi anche al D.lgs. 177/2005. Invero, le grandi imprese editoriali sono ormai, di norma, esercite nella forma del gruppo di società, ove all’unità del soggetto economico-editoriale corrisponde l’articolazione formale (o, meglio, per obiettivi) in una pluralità di soggetti societari.

L’appellante RTI non invoca un’interpretazione estensiva del concetto in sé di autopromozione dei programmi —la cui definizione resta ferma, per qualunque programma si vuol promuovere (televisivo, radiofonico o di altre piattaforme)—, ma lamenta l’uso illegittimo e non congruente col diritto europeo che ne fa l’AGCOM nel solo caso in esame, negando la rilevanza dell’impresa editoriale di gruppo e, quindi, la possibilità di esentare dall’affollamento pubblicitario i messaggi promozionali cross-mediali e/o cross-piattaforme verso altre imprese del gruppo. 

A tal riguardo, il Collegio, anche ai fini della rilevanza della questione da sottoporre all’esame della Corte di Giustizia, reputa erroneo l’argomento della sentenza impugnata sull’omessa dimostrazione, da parte dell’appellante, d’una capacità di effettivo intervento sulle scelte economiche di Monradio s.r.l., impresa beneficiaria del messaggio promozionale sanzionato oltreché controllata. Si tratta di un falso problema, poiché nella specie si controverte non dell’esercizio del controllo infragruppo, ma della liceità, o meno, della promozione, da parte dell’emittente audiovisiva controllante a favore dei programmi dell’emittente radiofonica controllata che, a quanto pare, ne ha goduto e non vi si è affatto opposta.

In secondo luogo, non nega il Collegio che un tal approccio, sistematico ma cross-mediale, possa andare oltre l’intento del legislatore nazionale nell’attuazione della direttiva n. 13 o, addirittura, creare questioni anticoncorrenziali a scapito delle emittenti solo radiofoniche. 

Ma tal evenienza non è priva di tutela, poiché a ciò provvede l’art. 5, comma 1, lett. a) del D.lgs. 177/2005, nel quadro del sistema integrato delle comunicazioni-SIC, cioè ai sensi del successivo art. 43, comma 9 e seguenti (comprese le piattaforme Internet). 

Il Collegio deve però rammentare, a riguardo dei predetti effetti anticoncorrenziali —discendenti dalla tesi interpretativa propugnata dalla RTI nel mercato della raccolta pubblicitaria sul e per il medium radiofonico—, una pronuncia, sia pur non recente (2016) ma coeva ai fatti di causa, dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato-AGCM, espressa nel provvedimento n. 25957 del 13 aprile 2016, § 99), proprio nei riguardi dello stesso gruppo di imprese cui fa capo l’appellante. 

In quella sede, l’AGCM evidenziò «… le logiche di pianificazione pubblicitaria… volte in misura preponderante all’utilizzo congiunto di diversi media. Nello specifico, il mezzo radiofonico mostra delle caratteristiche tali da permettere una efficace associazione con il mezzo televisivo. In questo senso, la concentrazione (di televisione e di radiodiffusione) è idonea a determinare effetti di preclusione dei concorrenti nel mercato della raccolta pubblicitaria su mezzo radiofonico in ambito nazionale…».

Ebbene, la controversia all'esame del Collegio impone di individuare l'esatta interpretazione da riconoscere al diritto euro-unitario, al fine di verificare la compatibilità del diritto interno con esso e, dunque, la possibilità di farne applicazione al caso di specie. 

6. – Il Collegio osserva che l'esegesi delle disposizioni nazionali e, soprattutto, euro-unitarie posta dall’appellante, secondo cui si crea il conflitto delle prime con le seconde, non è l'unica che si può ritrarre dalle norme applicabili ai fatti di causa, rammentando che i fatti di causa dono tutti anteriori alla citata modifica della direttiva n. n. 2010/13/UE ad opera della direttiva n. 2018/1808/UE. 

Invero, la contrapposta esegesi seguita tanto dall’AGCOM quanto dal Tribunale amministrativo e condivisa dalle odierne parti resistenti, non presenta chiari tratti di patente irragionevolezza. E ciò in quanto essa non solo si ancora in modo rigoroso al dato testuale del D.lgs. 177/2005 laddove replica quello ratione temporis vigente della direttiva n. 13 del 2010, ma pure perché s’avvede del, o certo non trascura il, correlato profilo anticoncorrenziale che può discendere dalla tesi dell’appellante nei riguardi di quelle emittenti radiofoniche non integrate con emittenti televisive o media audiovisivi. Tale considerazione è di per sé sufficiente, impregiudicato ogni altro profilo, a rendere necessario il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell'art. 267 TFUE, in considerazione: a) del monopolio interpretativo del diritto euro-unitario che i Trattati assegnano alla Corte stessa; b) della natura di Giudice di ultima istanza rivestita dal Consiglio di Stato; c) della rilevanza sistematica che la questione interpretativa riveste, anche per gli aspetti, direttamente implicati, circa la rilevanza dell’impresa editoriale di gruppo, sull’evoluzione della normativa eurounitaria in soggetta materia e sulla concreta incidenza della causa sul mercato della raccolta pubblicitaria col mezzo radiofonico.

Il diritto nazionale rilevante

Narrati i fatti del processo, a questo punto va chiarito che nella causa di specie si fa questione dell’applicazione dell’art. 38 comma 2 (che prevede un tetto all’affollamento pubblicitario ) e comma 6 (che prevede una possibilità di aumentare tale tetto in presenza di attività di autopromozione) del testo unico della radiotelevisione (D.lgs. 31 luglio 2005 n. 177) che recitano, per quanto interessa:

«2. La trasmissione di spot pubblicitari televisivi da parte delle emittenti in chiaro, anche analogiche, in ambito nazionale, diverse dalla concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, non può eccedere il 15 per cento dell'orario giornaliero di programmazione ed il 18 per cento di una determinata e distinta ora d'orologio; un'eventuale eccedenza, comunque non superiore al 2 per cento nel corso dell'ora, deve essere recuperata nell'ora antecedente o successiva. Un identico limite è fissato per i soggetti autorizzati, ai sensi dell'articolo 29, a trasmettere in contemporanea su almeno dodici bacini di utenza, con riferimento al tempo di programmazione in contemporanea. …

6. Le disposizioni di cui ai commi da 2 a 5 non si applicano agli annunci delle emittenti, anche analogiche, relativi ai propri programmi e ai prodotti collaterali da questi direttamente derivati, agli annunci di sponsorizzazione e agli inserimenti di prodotti».

La sanzione per la violazione dell’art. 38 citato si trova nell’art. 52 dello stesso TUSMAR.

Va altresì menzionato l’art. 5 del TUSMAR, che prevede principi i quali, alla lettera a), danno rilievo al sistema integrato e, alla lettera b distinguono i titoli abilitativi delle emittenti televisivi e radiofonici. i riportano qui di seguito il testo della norma citata:

«Il sistema dei servizi di media audiovisivi e della radiofonia, a garanzia del pluralismo dei mezzi di comunicazione radiotelevisiva, si conforma ai seguenti principi:

a) tutela della concorrenza nel sistema dei servizi di media audiovisivi e della radiofonia e dei mezzi di comunicazione di massa e nel mercato della pubblicità e tutela del pluralismo dei mezzi di comunicazione radiotelevisiva, vietando a tale fine la costituzione o il mantenimento di posizioni lesive del pluralismo, secondo i criteri fissati nel presente testo unico, anche attraverso soggetti controllati o collegati, ed assicurando la massima trasparenza degli assetti societari; 

b) previsione di differenti titoli abilitativi per lo svolgimento delle attività di operatore di rete o di emittente o di fornitore di servizi di media audiovisivi a richiesta o di emittente radiofonica digitale oppure di fornitore di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato, con la previsione del regime dell'autorizzazione per le attività dianzi menzionate; l'autorizzazione non comporta l'assegnazione delle radiofrequenze, che è effettuata con distinto provvedimento; l'autorizzazione all'attività di emittente o di fornitore di servizi di media audiovisivi a richiesta o di emittente radiofonica digitale; non può essere rilasciata a società che non abbiano per oggetto sociale l'esercizio dell'attività radiotelevisiva, editoriale o comunque attinente all'informazione ed allo spettacolo; fatto salvo quanto previsto per la società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, le amministrazioni pubbliche, gli enti pubblici, anche economici, le società a prevalente partecipazione pubblica e le aziende ed istituti di credito non possono, né direttamente né indirettamente, essere titolari di titoli abilitativi per lo svolgimento delle attività di operatore di rete o di emittente, anche radiofonica digitale, o di fornitore di servizi di media a richiesta; 

L’art. 43 del testo unico poi prevede, a fini anticoncentrativi, una rilevanza dei gruppi societari.

Il diritto euro-unitario rilevante 

La disposizione rilevante è data dall’art. 23 della direttiva 2010/13/CE ai sensi della quale:

«1.La percentuale di spot televisivi pubblicitari e di spot di televendita in una determinata ora d’orologio non deve superare il 20 %.

2. Il paragrafo 1 non si applica agli annunci dell’emittente relativi ai propri programmi e ai prodotti collaterali da questi direttamente derivati, agli annunci di sponsorizzazione e agli inserimenti di prodotti». 

Va altresì menzionato il considerando n. 43 premesso alla direttiva n. 2018/1808 UE che precisa che «Il tempo di trasmissione dedicato agli annunci effettuati dall'emittente in relazione ai propri programmi e ai prodotti collaterali da questi direttamente derivati ovvero ad annunci di servizio pubblico e appelli a scopo di beneficenza trasmessi gratuitamente, ad eccezione dei costi sostenuti per la trasmissione di questi ultimi, non dovrebbe essere incluso nel tempo di trasmissione massimo concesso per la pubblicità televisiva e la televendita. 

Inoltre numerose emittenti fanno parte di grandi gruppi di emittenti e trasmettono annunci che riguardano non soltanto i propri programmi e i prodotti collaterali direttamente derivati da tali programmi, ma anche i programmi e i servizi di media audiovisivi di altre entità appartenenti allo stesso gruppo di emittenti. Neanche il tempo di trasmissione dedicato a tali annunci dovrebbe essere incluso nella durata massima del tempo di trasmissione che può essere concesso per la pubblicità televisiva e la televendita».

In ultimo, si deve menzionare l’art. 23 della direttiva n. 2010/13/CE nella versione consolidata del 2018, dopo l’intervento della direttiva n. 2018/1808/UE:

«La percentuale di spot televisivi pubblicitari e di spot di televendita nella fascia oraria compresa fra le ore 06.00 e le ore 18.00 non supera il 20 % di tale fascia oraria. La percentuale di spot televisivi pubblicitari e di spot di televendita nella fascia oraria compresa fra le ore 18.00 e le ore 24.00 non supera il 20 % di tale fascia oraria.

2. Il paragrafo 1 non si applica:

a) agli annunci effettuati dall'emittente in relazione ai propri programmi e ai prodotti collaterali da questi direttamente derivati ovvero in relazione a programmi e servizi di media audiovisivi di altre entità appartenenti al medesimo gruppo di emittenti;

b) agli annunci di sponsorizzazione;

c) agli inserimenti di prodotti;

d) agli schermi neutri tra il contenuto editoriale e gli spot televisivi pubblicitari o di televendita, e tra i singoli spot».

Si nota che questo testo normativo, al comma 2, lett. a), adesso dà rilevanza alle «altre entità appartenenti al medesimo gruppo di emittenti».

Pertanto, chiarite le coordinate normative, nazionali ed euro-unitarie, che regolano la fattispecie, si formula alla Corte il seguente complesso quesito ( con l’avvertenza per cui le domande sub a e b) formulate come domande sull’interpretazione comunitariamente conforme del diritto nazionale sono rispondenti sostanzialmente ad un’unica logica espressa sostanzialmente dalla domanda sub c), relativa alla portata del nuovo testo dell’art. 23 della direttiva e le domande sub d )ed e) sono lo stesso dubbio formulato solo con riguardo al vecchio testo dell’art. 23 citato ):

Dica la Corte di Giustizia dell’Unione Europea: 

a) se,ai fini della disciplina comunitaria del divieto di affollamento pubblicitario, stante la generale rilevanza per il diritto eurounitario della nozione di gruppo o di unica entità economica, ricavabile da molteplici font del diritto antitrust (ma, per quanto qui interessa, dal ricordato considerando n. 43 della direttiva n. 2018/1808 UE e dal nuovo testo dell’art. 23 della direttiva 2010/13 CE), ferma l’esistente differenza nel diritto nazionale italiano di titoli abilitativi che l’art. 5, comma 1, lett. b) del D.lgs. 177/2015 tra le emittenti televisive e radiofoniche, possa essere adottata come comunitariamente conforme un’interpretazione del diritto nazionale sulla radiotelevisione che deduca dall’art. 1, comma 1, lett. a) del medesimo D.lgs. 177/2015, come modificato nel testo vigente dal 30 marzo 2010 (in attuazione della direttiva n. 2007/65/CE), che il processo di convergenza fra le diverse forme di comunicazioni (le comunicazioni elettroniche, l'editoria, anche elettronica ed internet in tutte le sue applicazioni), valga a più forte ragione tra i fornitori di media televisivi e radiofonici, specialmente se già integrati in gruppi di imprese tra loro collegate e si imponga con valenza generale, con i conseguenti riflessi in tema di interpretazione dell’art, 38 comma 6 del testo unico citato tale che l’emittente possa essere anche il gruppo come unica entità economica o se invece, secondo i ricordati principi comunitari, stante l’autonomia della materia del divieto di affollamento pubblicitario dal generale diritto antitrust, sia inibito dare rilevanza –prima del 2018– ai gruppi e al predetto processo di convergenza e di c.d. cross-medialità considerandosi allora, ai fini del calcolo dell’indice di affollamento pubblicitario, solo la singola emittente pure se collegata in gruppo (e ciò perché tal rilevanza è stata menzionata solo nel testo consolidato dell’art. 23 della direttiva 2010/13 CE, formatosi a seguito della direttiva 2018/1808 UE); 

b) se, alla luce dei ricordati principi del diritto dell’UE in tema di gruppi ed impresa come unità economica, ai fini del divieto di affollamento pubblicitario e del ricordato succedersi dei testi dell’art. 23 citato, ferma la predetta differenza tra i titoli abilitativi, sia possibile dedurre anche dalla normativa anticoncorrenziale del SIC, di cui all’art. 43 del D.lgs. 177/2015, la rilevanza del concetto di «fornitore di servizi di media» di gruppo (o secondo il lessico dell’appellante: impresa editoriale di gruppo) ai fini dell’esenzione dei messaggi di promozione cross-mediali infragruppo dai limiti di affollamento di cui all’art. 38, comma 6 del D.lgs. n. 177 stesso o se invece tal rilevanza debba escludersi prima del 2018 stante l’autonomia del diritto televisivo antitrust rispetto alla disciplina dei limiti all’affollamento pubblicitario ; 

c) se il nuovo testo dell’art. 23, § 2, lett. a) della direttiva n. 2010/13/UE sia ricognitivo di un principio preesistente nel diritto antitrust di generale rilevanza dei gruppi oppure sia innovativo e se, quindi, nel primo caso descriva una realtà giuridica già immanente nel diritto europeo –tale, quindi da coprire anche il caso in esame, antecedente detto nuovo testo, e da condizionare le interpretazioni dell’ANR imponendole comunque di riconoscere il concetto di «fornitore di servizi di media» di gruppo–, oppure se, nel secondo caso, osti a riconoscere la rilevanza dei gruppi societari per i casi formatisi prima della sua introduzione perché inapplicabile ratione temporis, stante la sua portata innovativa a fattispecie verificatesi prima della sua introduzione; 

d) se, comunque e al di là del sistema dei titoli autorizzativi posto dall’art. 5 del D.lgs. 177/2005 e della novità dell’art. 23 introdotta nel 2018, ossia nel caso che la nuova norma non abbia significato ricognitivo ma innovativo secondo quanto chiesto sub c), i rapporti integrazione televisione – radiofonia considerati in via generale nel diritto antitrust siano, per la generalità e trasversalità delle nozioni di entità economica e di gruppo, la chiave alla luce della quale interpretare i limiti all’affollamento pubblicitario, regolati quindi comunque con implicito riguardo all’impresa di gruppo (o, più precisamente, delle correlazioni di controllo tra le imprese di gruppo) ed all’unità funzionale di dette imprese, affinché la promozione dei programmi da televisione a radiofonia infragruppo o viceversa se detti rapporti di integrazione siano irrilevanti nel campo dei limiti all’affollamento pubblicitario e quindi si debba ritenere che i programmi “propri” di cui all’art. 23 (testo originario), sono tali in quanto appartenenti alla sola emittente che li promuove, e non al gruppo societario nel suo insieme in quanto detta norma è una disposizione a sé stante che non consente alcuna interpretazione sistematica che la estenda ai gruppi intesi come unica entità economica; 

e) se, infine, l’art. 23, nel suo testo originario, ove anche non dovesse essere interpretabile come norma da leggersi sullo sfondo del diritto antitrust, vada intesa comunque come disposizione incentivante che descrive la peculiare caratteristica della promozione, che è esclusivamente informativa e non intende convincere alcuno ad acquistare beni e servizi altri rispetto ai programmi promossi e, come tale, debba intendersi esclusa dal campo di applicazione delle norme sull’affollamento, perciò applicabile, nei limiti di imprese appartenenti al medesimo gruppo, in ogni caso di promozione cross-mediale integrata ovvero se si debba intendere come una norma di carattere derogatorio ed eccezionale rispetto al calcolo dell’affollamento pubblicitario e, come tale, di stretta interpretazione. 

7. – Ai sensi delle 'Raccomandazioni all'attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale' (2016/C 439/01, in G.U.U.E del 25 novembre 2016) della Corte di giustizia dell'Unione europea, la Segreteria della Sezione trasmetterà copia integrale del fascicolo di causa mediante plico raccomandato alla Cancelleria della Corte di giustizia dell'Unione europea, all'indirizzo Rue du Fort Niedergrunewald, L-2925 Lussemburgo.

8.2. - In applicazione dell'art. 79 c.p.a. e del § 23) delle citate Raccomandazioni, il presente giudizio è sospeso sino alla definizione del procedimento incidentale di rinvio.

Ogni decisione, anche in ordine alle spese processuali, è riservata alla pronuncia definitiva.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. VI), non definitivamente pronunciando, così provvede sui ricorsi in epigrafe, qui riuniti: a) sospende il giudizio; b) rimette alla Corte di Giustizia dell'Unione europea le questioni pregiudiziali indicate in motivazione; c) riserva la decisione sulle spese al definitivo; d) manda alla segreteria di comunicare alla Corte di Giustizia della UE la presente ordinanza, inviandola alla sua cancelleria, insieme agli atti contenuti nel fascicolo di causa.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 24 settembre 2020, con l'intervento dei sigg. Magistrati:

Giancarlo Montedoro, Presidente

Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore

Dario Simeoli, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere

Giovanni Orsini, Consigliere

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Silvestro Maria Russo Giancarlo Montedoro
 
 
 

IL SEGRETARIO