N. 02640/2021REG.PROV.COLL.
N. 03636/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3636 del 2019, proposto
dalla società Marginetto S.r.l., in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dagli avvocati Francesco Vannicelli e Sara Migliore, con domicilio
digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto
presso lo studio dell’avvocato Francesco Vannicelli in Roma, via
Varrone n. 9,
contro
la Regione Autonoma della Sardegna, in persona del Presidente in
carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Floriana Isola e
Alessandra Putzu, con domicilio digitale come da PEC da Registri di
Giustizia,
nei confronti
il Comune di La Maddalena, in persona del Sindaco in carica, non
costituito in giudizio,
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna (Sezione Seconda) n. 893/2018, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Autonoma della Sardegna;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 marzo 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, il Cons. Alessandro Verrico;
Nessuno presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso dinanzi al T.a.r. Sardegna (R.G. n. 1047/2017), la società Marginetto S.r.l. impugnava il parere negativo espresso con nota prot. 30193/XIV.122 del 31 luglio 2017 dal rappresentante del Servizio tutela del paesaggio di Sassari e Olbia Tempio - Regione autonoma della Sardegna, nel contesto della conferenza di servizi indetta dall’Ufficio SUAP dal Comune di La Maddalena, confermato alla seduta del 24 agosto 2017, relativamente all’istanza volta al rilascio di un provvedimento unico avente ad oggetto l’autorizzazione per l’ampliamento di una struttura ricettiva turistica extra alberghiera sita in La Maddalena - località Marginetto, ai sensi della legge regionale n. 21 del 21 novembre 2011. La società impugnava altresì il conseguente provvedimento unico di diniego del 26 settembre 2017, prot. n. 19188, emesso dal dirigente del SUAP del Comune di La Maddalena nonché ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, tra cui il verbale della medesima conferenza di servizi, limitatamente alla parte in cui recepiva il predetto parere negativo.
2. Il T.a.r. Sardegna, Sezione II, con la sentenza n. 893 del 22 ottobre 2018, ha respinto il ricorso e ha compensato le spese di giudizio tra le parti. Secondo il Tribunale, in particolare:
a) considerato che il quadro normativo vigente (art. 146, comma 5, del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) affida all’amministrazione regionale la competenza al rilascio dell’autorizzazione in relazione agli interventi da eseguirsi su immobili ed aree sottoposti a tutela, previa acquisizione del parere vincolante della Soprintendenza, in tal modo delineando una forma di “cogestione” regionale e statale della tutela paesaggistica delle aree soggetta a tutela, nel caso in cui la Soprintendenza, nel rendere in sede procedimentale il suo parere, non si pronuncia nei termini consentiti resta fermo il potere della Regione di decidere in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento proposto, come del resto confermato dall’art. 146, comma 9, d.lgs. n. 42/2004;
b) le valutazioni di merito espresse dall’organo tecnico regionale nel caso di specie risultano ampiamente documentate e del tutto prive di profili di irragionevolezza o di palese illogicità, rilevando che la sopraelevazione di un fabbricato che allo stato attuale risulta di ragionevole altezza e scarsamente percepibile rispetto alle pubbliche visuali, localizzato nelle immediate vicinanze del litorale, inserendo una massa volumetrica si pone come elemento di intrusione rispetto al paesaggio circostante tale da incidere negativamente sul contesto specifico (l’intorno immediato), nonché sulle visuali panoramiche godibili sia da terra che da mare (dal vicino porticciolo a sud e dalla caletta a nord); peraltro, non può essere definito pertinenziale l’ampliamento in sopraelevazione di un fabbricato con realizzazione di una sala da pranzo che va a formare parte integrante dell‘immobile preesistente;
c) la parte del Piano Paesaggistico Regionale (PPR) che si riferisce come nella fattispecie alla tutela dei beni paesaggistici di cui all’art. 143, commi 1, lett. b), c) e d) del d.lgs. n. 42/2004 non può essere modificata unilateralmente dal legislatore regionale (nella specie, con l.r. n. 4/2009), se non in conformità al principio di pianificazione congiunta con lo Stato ex artt. 135 e 143 del d.lgs. n. 42/2004;
d) dalle motivazioni degli atti impugnati emerge chiaramente che nel caso di specie, a giudizio dell’Amministrazione procedente, non sussistevano i presupposti per l’ammissibilità condizionata o con prescrizioni dell’intervento in ampliamento proposto.
3. L’originaria società ricorrente ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente accoglimento integrale del ricorso originario. In particolare, l’appellante ha sostenuto le censure riassumibili nei seguenti termini:
i) a suo avviso, la Regione, nel pronunciarsi sull’istanza di autorizzazione paesaggistica ex art. 146, c. 5, d.lgs. n. 42/2004, dovrebbe acquisire il parere vincolante della Soprintendenza e, in caso di inerzia di questa nel termine, si formerebbe il silenzio-assenso, dal quale peraltro non potrebbe discostarsi la Regione, vista la natura vincolante del parere. Ciò in quanto il modulo procedimentale previsto dall’art. 146 d.lgs. n. 42/2004 dovrebbe essere adeguato al contesto della conferenza di servizi e seguirne la disciplina, che, per l’appunto, prevede, ai sensi dell’art. 14-ter, comma 7, l. n. 241/1990, il silenzio-assenso nel caso di mancata espressione del parere nel termine di legge. Circostanza, questa, che peraltro troverebbe conferma nella disciplina sul procedimento unico ex artt. 31 e 37 l.r. n. 24/2016. Pertanto il parere positivo espresso per silenzio-assenso dalla Soprintendenza nel caso di specie dovrebbe essere considerato prevalente sul parere negativo espresso dalla Regione;
ii) il parere regionale sarebbe privo di motivazione, reso su insufficiente istruttoria ed errato, dovendo considerare che l’intervento è compatibile con il PPR e comunque è autorizzabile nella fase di adeguamento degli strumenti urbanistici comunali al PPR ex art. 4, c. 1, l.r. n. 4/2009. Peraltro, ad avviso dell’appellante, l’intervento sarebbe nei limiti consentiti per l’ampliamento (in quanto pari a 137 mc e non a 300 mc come affermato nella gravata sentenza) e non sarebbe visibile (perché il manufatto è arretrato rispetto alla via privata). Inoltre, e ad ogni modo, l’intervento dovrebbe essere qualificato come pertinenziale ai sensi della l.r. n. 4/2009 e, di conseguenza, sarebbe ammissibile dal punto di vista paesaggistico ai sensi dell’art. 12 del PPR;
iii) non vi sarebbe alcun contrasto tra il PPR e la l.r. n. 4/2009, atteso che quest’ultima regola solo interventi urbanistici su immobili esistenti, senza derogare la disciplina vincolistica nazionale. Ad ogni modo, ad avviso dell’appellante, una legge regionale successiva può derogare al PPR, in quanto l’art. 142 d.lgs. 42/2004, a cui il PPR fa rinvio per la ricognizione dei beni a tutela paesaggistica, pone un vincolo paesaggistico relativo, visto che prevede il preventivo rilascio di autorizzazione paesaggistica. Peraltro sarebbe applicabile la disciplina di maggior tutela di cui all’art. 10-bis l.r. n. 45/1989 che esclude il vincolo di inedificabilità assoluta per la fascia costiera entro i 300 m dal mare per determinati Comuni (come La Maddalena).
3.1. Si è costituita in giudizio la Regione Sardegna, la quale, depositando memoria difensiva, si è opposta all’appello e ne ha chiesto l’integrale rigetto. L’Amministrazione regionale, in particolare:
i) con riferimento alla prima censura, ha sottolineato come sia propria la competenza a pronunciarsi sull’istanza di autorizzazione paesaggistica e che, nel caso in cui la Soprintendenza non esprima il proprio parere nel termine, la Regione possa decidere in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento proposto, conformemente al silenzio-assenso della Soprintendenza sviluppatosi non sulla istanza del privato ma sulla proposta trasmessa dalla Regione ex art. 147, c. 7, d.lgs. n. 42/2004;
ii) in ordine al secondo motivo, ha dedotto che l’incremento volumetrico va quantificato in 300 mc, dovendo essere riferito al volume percepibile, derivante sia dall’ampliamento in sopraelevazione (137 mc) che dal patio circostante, con raddoppio dell’altezza fuori terra del fabbricato per uno sviluppo prospettico di oltre 18 m, con conseguente notevole aggravamento della percezione visiva del fabbricato, come, del resto, descritto nel provvedimento regionale, esaurientemente motivato. Inoltre, la presunta qualificazione pertinenziale da attribuire all’intervento non trova fondamento nell’art. 4 l.r. n. 4/2009, né è ammissibile alla luce della natura dell’ampliamento in questione, consistente nella realizzazione di una sala da pranzo che va a formare parte integrante dell’immobile preesistente;
iii) relativamente al terzo mezzo di gravame, ha evidenziato che, considerato che l’intervento ricade in area sottoposta a vincolo dal d.m. 12 maggio 1966, all’interno della fascia dei trecento metri dalla linea di battigia di cui all’art. 142, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 42/2004 ed all’interno della fascia costiera di cui all’art. 17, comma 3, lett. a), del P.P.R, ai fini della relativa tutela paesaggistica si deve operare in conformità al principio di pianificazione congiunta statale e regionale ex artt. 135 e 143 del d.lgs. n. 42 del 2004. Peraltro, ad avviso della Regione, il richiamo dell’art. 10-bis, comma 2, lett. h), l.r. n. 45/1989 sarebbe, per un verso, inammissibile, per altro verso, non utile per ritenere ammissibile l’intervento de quo.
3.2. Con successive memorie ciascuna delle parti ha rispettivamente insistito nelle proprie difese e conclusioni. In particolare, l’appellante ha eccepito l’inammissibilità per tardività della produzione avversaria consistente nella nota del Ministero per i beni e le attività culturali n. 23231 del 27 settembre 2018.
3.3. La Sezione, con l’ordinanza istruttoria n. 527 del 22 gennaio 2020, ha disposto verificazione, nominando il Direttore del Dipartimento di “Architettura e Progetto” della Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma, con facoltà di delega, al fine di rispondere al seguente quesito: “Letti gli atti di causa, descriva il verificatore se, a seguito dell’ampliamento in sopraelevazione, la ulteriore volumetria sia o meno percepibile dal vicino porticciolo a sud e dalla caletta a nord del fabbricato, in tal modo incidendo sul contesto e sulle visuali panoramiche godibili sia da terra che da mare”.
3.4. In data 9 ottobre 2020 il verificatore, dopo aver trasmesso alle parti la bozza di relazione ed aver da queste acquisito le rispettive osservazioni, ha depositato la propria relazione finale.
3.5. All’udienza del 29 ottobre 2020 la Sezione, in accoglimento dell’istanza congiunta del 26 settembre 2020 dei difensori delle parti di rinvio dell’udienza per consentire il rispetto dei termini prescritti per la produzione di documenti e deposito delle memorie in seguito al deposito della verificazione, ha disposto il rinvio dell’udienza di discussione.
3.6. La Regione Sardegna, depositando memoria in data 8 febbraio 2021, ha ritenuto di non condividere né la natura valutativa della verificazione effettuata né la valutazione dell’incidenza paesaggistica del progetto in questione compiuta dal verificatore.
4. All’udienza dell’11 marzo 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020, la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
5. L’appello è infondato e deve pertanto essere respinto.
6. Il giudice di prime cure ha così ricostruito la vicenda in scrutinio:
“La Società Marginetto srl, in virtù di contratto di comodato d’uso gratuito, detiene un immobile sito in Loc. Marginetto a La Maddalena, distinto al NCEU F. 1 mapp. 218 ed al NCT del Comune predetto F. 1 mapp. 258 -256 -50(parte) – 51 (parte) – 52 (parte) – 98 Parte.
Detto fabbricato ricade in zona urbanistica “H” e nella fascia dei 150 mt dal mare nell’isola di La Maddalena.
In data 21.11.2014, la ricorrente depositava presso l’ufficio SUAP del Comune di la Maddalena, ai sensi della L. 4/2009 art. 4, una dichiarazione unica di autocertificazione tesa ad ottenere i necessari titoli abilitativi relativi ad un progetto di ampliamento, adeguamento e riqualificazione dal punto di vista energetico e paesaggistico di detta struttura ricettiva turistica extralberghiera sita in la Maddalena, loc. Marginetto.
In particolare, il progetto prevedeva la creazione di un ampliamento volumetrico pari a 52,92 mq - inferiore al 10% ammesso ai sensi dell’art. 4 L. R. 4/2009 - e la realizzazione di un patio in parte coperto, mediante la sopraelevazione del fabbricato esistente.
Nelle more, la società ricorrente otteneva, altresì, l’accertamento di conformità per alcune opere interne (tramezzi, posizionamento di aperture, modifica di aperture esterne, posizionamento di 5 lucernai e costruzione di un solaio) ed esterne (differente sistemazione delle verande, costruzione di rampe di accesso, realizzazione di aiole e pergole) precedentemente realizzate.
In vista della conferenza di servizi, fissata per il giorno 24.08.2017, il settore urbanistica ed edilizia privata del Comune di La Maddalena esprimeva parere favorevole all’intervento, giudicandolo conforme alle previsioni vigenti.
Si pronunciavano favorevolmente sull’intervento di ampliamento sia l’Ente Parco, con nota del 27.11.2014 prot. 25960, sia la Regione Sardegna, Direzione generale Ambiente (SAVI) con nota del 9.12.2014 prot. 26896, giacché l’intervento de quo veniva ritenuto privo di effetti aggiuntivi significativi sulle specie e gli habitat del SIC e della ZPS e pertanto non necessaria la sottoposizione alla procedura di incidenza.
Del pari, in data 9.08.2017, con nota prot. 53138, il Corpo Forestale di Vigilanza Ambientale – Servizio Territoriale Ispettorato Ripartimentale di Tempio Pausania, esprimeva parere favorevole, in quanto gli interventi richiesti “riguardano un’area già trasformata e rientrano tra le previsioni dell’art. 20 RDL 1126/26, pertanto non assoggettati al regime autorizzatorio ex art. 7 R.D.L. 3267/23 ed ex art. 21 del RDL 1126/26”.
Il Servizio Tutela del Paesaggio regionale riteneva, con nota prot. 30193 del 31.07.2017, l’intervento inammissibile in primo luogo per alcuni aspetti relativi all’interpretazione della normativa urbanistico-edilizia e paesaggistica ed in secondo luogo sotto il profilo dell’impatto paesaggistico. Ad avviso dell’Amministrazione Regionale, infatti, l’intervento non sarebbe conforme al P.P.R. (e non potrebbe derogarvi) e comunque le opere in progetto sarebbero di impatto dal punto di vista paesaggistico.
Il Ministero per i Beni Culturali non si pronunciava espressamente sulla questione.
Sennonché, sulla scorta del parere del Servizio tutela del Paesaggio della R.A.S. sopra descritto, il Dirigente del SUAP adottava il provvedimento unico di diniego, ritenendo prevalente ed ostativo tale assunto”.
6.1. In particolare, il progetto in esame veniva dall’istante proposto ai sensi della l.r. Sardegna 23 ottobre 2009, n. 4, che, all’art. 4 (recante “Interventi di ampliamento degli immobili a finalità turistico-ricettiva”), prevede che: “1. Per gli immobili destinati allo svolgimento di attività turistico-ricettiva situati in aree extraurbane nella fascia costiera dei 300 metri dalla linea di battigia, ridotta a 150 metri nelle isole minori, è consentito, anche mediante il superamento degli indici massimi di edificabilità previsti dagli strumenti urbanistici vigenti e dalle vigenti disposizioni normative regionali, l’incremento del 10 per cento della volumetria esistente alla data del 31 marzo 2009, qualora gli interventi siano tali da determinare il contenimento del consumo energetico con una riduzione maggiore del 10 per cento del fabbisogno di energia dell’intero edificio, oppure si dimostri che l’immobile rispetti i parametri di cui al decreto legislativo n. 192 del 2005, e successive modifiche ed integrazioni e si consegua il miglioramento della qualità architettonica. La presenza di tali requisiti e delle relative tecnologie impiantistiche e costruttive è dichiarata nella documentazione allegata alla richiesta di concessione edilizia. Successivamente il direttore dei lavori produce, in allegato alla comunicazione di fine lavori, tutte le certificazioni di conformità e di regolare esecuzione delle opere, con idonea documentazione tecnica e fotografica, nonché la certificazione energetica ai sensi del decreto ministeriale 26 giugno 2009. La proposta di intervento deve ottenere la positiva valutazione della Commissione regionale di cui all’articolo 7.
….
3. Per gli incrementi di cui al comma 1 deve essere rispettata la condizione che l’incremento volumetrico sia destinato a servizi turistici dell’attività aziendale senza aumento del numero di posti letto e che venga sempre realizzato in arretramento rispetto all’edificio preesistente e non verso il mare; per gli incrementi volumetrici di cui al comma 2 deve essere rispettata la condizione che essi siano destinati per almeno il 50 per cento a servizi turistici dell’attività aziendale”.
7. In via preliminare, la Sezione ritiene di evidenziare come la ricostruzione in fatto, come sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non sia stata contestata dalle parti costituite per cui, vigendo la preclusione di cui all’art. 64, comma 2, del codice del processo amministrativo, deve reputarsi idonea alla prova dei fatti oggetto di giudizio.
7.1. Parimenti in via preliminare, in accoglimento di specifica eccezione di parte appellante, deve essere ritenuta inammissibile, per violazione del divieto dei nova ex art. 104 c.p.a., la produzione documentale di parte appellata consistente nella nota del Ministero per i beni e le attività culturali n. 23231 del 27 settembre 2018.
8. Ciò premesso, passando all’esame del primo motivo di appello descritto al precedente § 3, preliminarmente il Collegio intende richiamare, in via generale, il costante indirizzo giurisprudenziale di questo Consiglio secondo cui:
i) alla funzione di tutela del paesaggio (che il Ministero dei beni culturali esercita esprimendo il suo obbligatorio parere nell’ambito del procedimento di compatibilità ambientale) è estranea ogni forma di attenuazione determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta possono venire in considerazione, essendo esso atto strettamente espressivo di discrezionalità tecnica, attraverso il quale, similmente a quanto avviene nell’espressione del parere di cui all’articolo 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, l’intervento progettato viene messo in relazione con i valori protetti ai fini della valutazione tecnica della sua compatibilità con il tutelato interesse pubblico paesaggistico, valutazione che è istituzionalmente finalizzata a evitare che sopravvengano alterazioni inaccettabili del preesistente valore protetto. Questa regola essenziale di tecnicità e di concretezza, per cui il giudizio di compatibilità dev’essere, appunto, “tecnico” e “proprio” del caso concreto, applica il principio fondamentale dell’articolo 9 della Costituzione, il quale consente di fare eccezione anche a regole di semplificazione a effetti sostanziali altrimenti praticabili. Anche laddove, cioè, il legislatore abbia scelto una speciale concentrazione procedimentale, come quella che si attua con il sistema della conferenza dei servizi, essa non comporta comunque un’attenuazione della rilevanza della tutela paesaggistica perché questa si fonda su un espresso principio fondamentale costituzionale (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2020, n. 1486; id., sez. VI, 23 maggio 2012, n. 3039; id., 15 gennaio 2013, n. 220);
ii) l’istituto del silenzio-assenso di cui all’articolo 17-bis della legge n. 241/1990 non riguarda la fase istruttoria del procedimento amministrativo, che rimane regolata dalla pertinente disciplina positiva, influendo soltanto sulla fase decisoria, attraverso la formazione di un atto di assenso per silentium con la conseguenza che l’amministrazione procedente è, comunque, tenuta a condurre un’istruttoria completa e, all’esito, ad elaborare uno schema di provvedimento da sottoporre all’assenso dell’amministrazione co-decidente (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 14 luglio 2020, n. 4559).
8.1. Orbene, con riguardo al procedimento di autorizzazione paesaggistica non v’è dubbio che, alla stregua del ricordato articolo 146 del d.lgs. n. 42/2004, il potere autorizzatorio appartiene in prima battuta alla Regione, spettando alla Soprintendenza un parere sulla proposta di provvedimento sottopostale dall’Amministrazione competente.
Tale parere, sebbene vincolante, in via ordinaria cessa di esserlo se reso tardivamente e per di più può essere pretermesso in caso di sua mancata espressione, secondo quanto previsto dal comma 9 dell’articolo 146, come modificato dal d.l. 12 settembre 2014, n. 133.
8.2. Invero, ai sensi dell’art. 146 d.lgs. 42/2004 (dopo le modifiche apportate dall’articolo 25, comma 3, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n. 164):
- “la regione esercita la funzione autorizzatoria in materia di paesaggio avvalendosi di propri uffici dotati di adeguate competenze tecnico-scientifiche e idonee risorse strumentali” (comma 6);
- “entro quaranta giorni dalla ricezione dell’istanza, l’amministrazione effettua gli accertamenti circa la conformità dell’intervento proposto con le prescrizioni contenute nei provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico e nei piani paesaggistici e trasmette al soprintendente la documentazione presentata dall’interessato, accompagnandola con una relazione tecnica illustrativa nonché con una proposta di provvedimento, e dà comunicazione all’interessato dell’inizio del procedimento e dell’avvenuta trasmissione degli atti al soprintendente, ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di procedimento amministrativo” (comma 7);
- “il soprintendente rende il parere di cui al comma 5, limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all’articolo 140, comma 2, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti. Il soprintendente, in caso di parere negativo, comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. Entro venti giorni dalla ricezione del parere, l’amministrazione provvede in conformità” (comma 8);
- “decorsi inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione” (comma 9).
8.3. Alla stregua di un’interpretazione sistematica di tali disposizioni (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2015, n. 2136; id., n. 4927/2015) e in particolare secondo quanto espressamente previsto dal primo periodo del comma 9, sussiste quindi un univoco indice normativo secondo cui, a seguito del decorso del termine per l’espressione del parere vincolante (rectius: conforme) da parte della Soprintendenza, l’organo statale non resti in assoluto privato della possibilità di rendere un parere; tuttavia il parere in tal modo espresso perderà il proprio valore vincolante e dovrà essere autonomamente e motivatamente valutato dall’amministrazione preposta al rilascio del titolo.
Ne consegue, pertanto, che se nel corso di una prima fase (che si esaurisce con il decorso del termine di legge), l’organo statale può, nella pienezza dei suoi poteri di cogestione del vincolo, emanare un parere vincolante dal quale l’amministrazione deputata all’adozione dell’autorizzazione finale non potrà discostarsi (comma 8), successivamente l’amministrazione procedente “provvede sulla domanda di autorizzazione” (comma 9), essendo pertanto legittimata all’adozione dell’autorizzazione prescindendo in radice dal parere della Soprintendenza.
8.4. Siffatto assetto di competenze, alla stregua dei principi sopra richiamati, non può essere stravolto per il solo fatto che l’autorizzazione paesaggistica debba essere acquisita in seno a una conferenza di servizi, né su di esso incide il meccanismo del silenzio-assenso tra amministrazioni di cui all’articolo 17-bis della legge n. 241/1990. Quest’ultimo – come detto – vale esclusivamente nei rapporti fra l’amministrazione “procedente” e quelle chiamate a rendere “assensi, concerti o nulla osta”, e non anche nel rapporto “interno” fra le amministrazioni chiamate a co-gestire l’istruttoria e la decisione in ordine al rilascio di tali assensi (nel caso di specie, Regione Sardegna e Soprintendenza).
Ne deriva inevitabilmente l’inaccettabilità della tesi di parte odierna appellante, la quale:
a) avrebbe l’effetto di “espropriare” delle proprie prerogative l’amministrazione (la Regione) che è normativamente competente a provvedere in ordine alla richiesta di autorizzazione paesaggistica;
b) di più, attribuirebbe un effetto di sostanziale vanificazione del contrario avviso espresso dalla Regione ad un silenzio serbato da amministrazione (la Soprintendenza) ex lege chiamata a pronunciarsi non direttamente sulla compatibilità paesaggistica del progetto oggetto del procedimento, bensì sulla proposta di provvedimento formulata dall’altra amministrazione, quella competente in prima battuta.
8.5. Analoghe considerazioni valgono per l’articolo 14-ter, comma 7, della medesima legge n. 241/1990, il quale, laddove considera acquisito senza condizioni l’assenso delle amministrazioni (ivi comprese quelle preposte alla tutela di interessi “sensibili” quale quello paesaggistico), si riferisce sempre agli “assensi” da rendere direttamente all’amministrazione procedente, laddove in questo caso la Soprintendenza – lo si ribadisce – era chiamata a esprimersi sulla proposta della Regione.
Tutto ciò trova puntuale conferma nella documentazione versata in primo grado, dalla quale risulta che la Regione aveva trasmesso (oltre che al Comune che aveva convocato la conferenza di servizi ai sensi dell’art. 37 della l.r. 20 ottobre 2016, n. 24) alla Soprintendenza, ai sensi dell’articolo 146 del d.lgs. n. 42/2004, la propria relazione istruttoria con proposta di provvedimento negativo, e che, a seguito del silenzio serbato dalla Soprintendenza che nemmeno partecipò alla conferenza, aveva ribadito il proprio avviso negativo nella seduta conclusiva della conferenza tenutasi a norma del citato articolo 14-ter, l. n. 241/1990.
8.6. Concludendo sul punto, in ragione di tali considerazioni la prima censura risulta infondata.
9. Passando all’esame del secondo motivo di appello, nel quale si reiterano le censure di carente istruttoria e motivazione del diniego di compatibilità paesaggistica, il Collegio deve preliminarmente rilevare che tale forma di valutazione costituisce espressione di discrezionalità tecnica, rispetto alla quale il sindacato del giudice amministrativo risulta strettamente limitato al caso in cui siano rilevati vizi di illogicità manifesta, irragionevolezza, arbitrarietà e travisamento dei fatti.
9.1. Ciò posto, le dedotte criticità risultano superate dagli esiti di natura oggettiva di cui alla disposta verificazione.
Al riguardo, la scelta dei punti di osservazione effettuata dal verificatore risulta condivisibile e coerente con il quesito posto dal Collegio con l’ordinanza n. 527 del 22 gennaio 2020, in particolare avendo egli preso in considerazione:
i) la vista dal porticciolo a sud del fabbricato: entro una distanza variabile fra 220 e 260 mt., ossia da terra (con le seguenti viste: dal lato sud del porticciolo; dal lato est del porticciolo; dalla strada provinciale 91) e da mare (con le seguenti viste: dai moli; in avvicinamento al porticciolo);
ii) la vista dalla caletta a nord del fabbricato: entro una distanza variabile fra 130 e 300 mt., ossia da terra (con le seguenti viste: dalla spiaggetta; dal sentiero privato di accesso pubblico al mare) e da mare (con le seguenti viste: in avvicinamento alla caletta; lungo la rotta di collegamento fra il porticciolo e la caletta).
9.2. Dalle rilevazioni effettuate dal verificatore emergono risultanze di vario contenuto, atteso che:
a) con riferimento al porticciolo posto a sud della proprietà, mentre non vi è alcuna visibilità del fabbricato né dai moli a sud né dai moli a nord del porticciolo, dalla strada provinciale n. 91, che condivisibilmente non è stata oggetto di verifica solo dalle due piazzole panoramiche esistenti ma lungo tutto il tratto interessato, il fabbricato è risultato in gran parte visibile e a tratti nascosto dalla folta vegetazione arbustiva al margine della strada o dall’orografia del terreno; parimenti, non sono stati rilevati punti di visibilità della sopraelevazione dal livello del mare, né dall’interno dell’invaso, né in avvicinamento ad esso;
b) con riferimento alla caletta posta a nord della proprietà, sia il tetto esistente che la sopraelevazione in oggetto, seppure a distanza e per una porzione limitata, appaiono visibili dal sentiero privato di accesso alla spiaggetta, mentre, approcciando la spiaggetta da mare, per il tratto interno alla caletta stessa e alla distanza di sicurezza dagli scogli, il fabbricato oggetto di sopraelevazione è visibile solamente per un parziale angolo di visuale verso la sponda est dell’insenatura, seppure in lontananza e parzialmente schermato dalle palme e dalla vegetazione di macchia esistente.
9.3. In conclusione, è lo stesso verificatore a ritenere che è “fuor di dubbio che la sopraelevazione in progetto sarebbe visibile, da alcuni punti specifici, sia da terra che da mare, sia pure a notevole distanza dall’occhio nudo e in parte schermata dalla vegetazione esistente oltre che dall’orografia del terreno. Tale visibilità non è posta in discussione”.
9.4. A diverse conclusioni deve giungersi invece con riferimento alle ulteriori valutazioni compiute dal verificatore, laddove lo stesso finisce per affermare che: “il differenziale che si deduce da tale verificazione “sul contesto e sulle visuali panoramiche godibili da terra e da mare” appare relativamente trascurabile rispetto alla situazione esistente”.
Con riguardo a quest’ultimo apprezzamento, non ha torto la Regione ad evidenziare che si tratta di un giudizio che sarebbe coerente più con una C.T.U. che con una verificazione, sebbene una consulenza tecnica di tal fatta avrebbe costituito un sostanziale sconfinamento in valutazioni di merito riservate all’Amministrazione, risolvendosi nella inammissibile sovrapposizione di un nuovo giudizio di compatibilità paesaggistica a quello espresso dall’autorità ex lege competente.
D’altro canto, tali valutazioni non risultano essere state oggetto di specifica richiesta nell’ordinanza istruttoria, nella quale il riferimento alla incidenza “sul contesto e sulle visuali panoramiche godibili sia da terra che da mare” andava correttamente inteso al solo fine di esplicare gli effetti della percepibilità dell’ampliamento in sopraelevazione dai due punti indicati, senza al contrario voler sottoporre al verificatore anche tale ulteriore tema di indagine. L’utilizzo della locuzione “in tal senso”, invero, stava proprio ad indicare che l’eventuale percepibilità della ulteriore volumetria derivante dall’ampliamento in sopraelevazione avrebbe automaticamente determinato un’incidenza sul contesto e sulle visuali panoramiche.
9.5. Il Collegio, pertanto, alla luce degli esiti della verificazione in ordine alla visibilità del manufatto come progettato nel contesto paesaggistico in cui si inserisce, nonché dell’insussistenza degli errori istruttori lamentati dall’appellante, ritiene sussistenti elementi sufficienti a respingere la censura.
9.6. Del resto, risulta parimenti infondata l’affermazione circa un preteso carattere “pertinenziale” dell’intervento di ampliamento per cui è causa.
Al riguardo, quale che sia il regime normativo degli ampliamenti di cui alla l.r. 23 ottobre 2009, n. 4, non può obliterarsi la distinzione tra la nozione civilistica e quella urbanistica di pertinenza secondo cui (per giurisprudenza costante – Cons. Stato, sez. VI, 3 giugno 2019, n. 3716; sez. II, 22 dicembre 2020, n. 8232) il concetto di pertinenza urbanistica, diverso e più ristretto rispetto al corrispondente concetto civilistico, si identifica con un manufatto di modeste dimensioni, con funzioni soltanto accessorie dell’edificio principale, coessenziale quindi ad esso e privo di autonomo valore di mercato, alla cui stregua va certamente escluso il carattere pertinenziale di vani aggiuntivi come quello di cui qui si discute.
Invero, secondo le condivisibili osservazioni del verificatore, “La sopraelevazione in oggetto ha una volumetria chiusa pari a 140 mc., ed una volumetria percepibile, comprendente la copertura del patio aperto circostante, pari a circa 300 mc. (circa il 13% del volume percepibile del fabbricato esistente); il suo posizionamento in sommità del fabbricato sporge per una ulteriore altezza di 2,55 mt. rispetto a un fabbricato…”.
Caratteristiche, queste, che fanno certamente escludere il carattere pertinenziale dell’intervento.
10. Risulta altresì infondato il terzo ed ultimo motivo di appello, con cui si assume la derogabilità del piano paesaggistico per effetto della l.r. n. 4/2009.
10.1. Al riguardo, l’avviso espresso dal T.a.r., del tutto condivisibile, risulta in linea con la giurisprudenza che ha marcato una netta distinzione fra pianificazione urbanistica e paesaggistica e ha previsto la derogabilità soltanto della prima da parte della legislazione regionale in materia di c.d. “piano casa” (cfr., da ultimo, Cass. pen., sez. III, 10 gennaio 2020, n. 14242, ove, nel richiamare la giurisprudenza amministrativa, si afferma che, in ragione della gerarchia esistente fra pianificazione paesaggistica e pianificazione urbanistica, l’intervento del piano-casa può in generale limitatamente incidere sul solo profilo urbanistico e non anche su quello paesaggistico).
10.2. Peraltro, con specifico riferimento al caso in esame, si osserva che, secondo quanto precisato dalla giurisprudenza costituzionale (Corte cost., sentenze n. 51 del 2006 e n. 308 del 2013):
a) la Regione Sardegna dispone, nell’esercizio delle proprie competenze statutarie in tema di edilizia ed urbanistica, anche del potere di intervenire in relazione ai profili di tutela paesistico-ambientale, fatto salvo il rispetto dei limiti espressamente individuati nell’art. 3 del relativo statuto in riferimento alle materie affidate alla potestà legislativa primaria della Regione;
b) il legislatore statale, pertanto, conserva il potere di vincolare la potestà legislativa primaria della Regione speciale attraverso l’emanazione di leggi qualificabili come “riforme economico-sociali”, anche sulla base del titolo di competenza legislativa nella materia “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, comprensiva tanto della tutela del paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali o culturali; con la conseguenza che le norme fondamentali contenute negli atti legislativi statali emanati in tale materia potranno continuare ad imporsi al necessario rispetto del legislatore della Regione Sardegna che eserciti la propria competenza statutaria nella materia “edilizia ed urbanistica”.
10.3. Pertanto, nel caso di specie risulta precluso alla Regione Sardegna legiferare in deroga al PPR, in quanto la sussistenza del vincolo paesistico-ambientale posto dalla normativa statale (d.m. 12 maggio 1996) nell’area di interesse impone di operare mediante una pianificazione congiunta statale-regionale ex artt. 135 e 143 d.lgs. n. 42/2004; principio, quest’ultimo, che a sua volta costituisce oggetto di una norma fondamentale di riforma economico-sociale e quindi limite alla competenza primaria regionale, in attuazione degli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost. (Corte cost., sentenze n. 308 del 2013 e n. 178 del 2018).
10.4. Infine, non è applicabile alla fattispecie l’invocato art. 10-bis, comma 2, lettera h), della l.r. 22 dicembre 1989, n. 45, che esclude il vincolo di inedificabilità assoluta per la fascia costiera entro i 300 m dal mare, considerato che la sua operatività è subordinata alla conformità dell’edificio agli strumenti urbanistici, circostanza non sussistente nel caso di specie.
Al riguardo, in disparte il fatto che l’applicazione di tale previsione normativa non era stata invocata in sede procedimentale, si ritiene ragionevole che il requisito della compatibilità dell’intervento con gli strumenti urbanistici possa essere verificato anche dalla Regione chiamata a esprimersi in materia paesaggistica, dovendo essere qualificato come presupposto per un possibile superamento del vincolo.
Peraltro, anche se la questione fosse stata sollevata in sede procedimentale, l’Amministrazione regionale avrebbe potuto sensibilizzare sul punto quella comunale, istituzionalmente competente alle valutazioni di conformità urbanistica.
11. In conclusione, in ragione di quanto esposto, l’appello deve essere respinto.
12. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
12.1. Vengono poste a carico della parte appellante anche le spese di verificazione, che il Collegio ritiene di liquidare sin d’ora ai sensi dell’articolo 66, comma 4, c.p.a. e di quantificare in complessi euro 10.000,00 (diecimila/00). Invero, rispetto alla richiesta di cui alla nota del verificatore depositata in data 27 ottobre 2020, da ritenere di per sé congrua e ragionevole, si ritiene non giustificata, e pertanto meritevole di cassazione, la voce prevista per l’“aumento incarico complesso: 50% (art. 52)” (pari a circa 3.000 euro), non ravvisandone i relativi presupposti nell’espletamento dell’indagine demandata dal Collegio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello R.G. n. 3636/2019, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento in favore della Regione autonoma della Sardegna delle spese del grado di giudizio, nella misura di euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge se dovuti.
Pone definitivamente a carico dell’appellante le spese di verificazione, in totale pari ad euro 10.000,00 (diecimila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dal Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2021 svoltasi ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco, Presidente
Luca Lamberti, Consigliere
Alessandro Verrico, Consigliere, Estensore
Silvia Martino, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Alessandro Verrico | Raffaele Greco | |
IL SEGRETARIO