N. 00192/2021REG.PROV.COLL.
N. 00277/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 277 del 2018, proposto
dalla signora
Liliana Di Carlo, rappresentata e difesa dall'avvocato Antonino Lo
Pinto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di
Giustizia;
contro
Istituto nazionale previdenza sociale, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso
dagli avvocati Dario Marinuzzi, Gino Madonia e Tiziana Giovanna
Norrito, con domicilio digitale come da PEC da Registri di
Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gino
Madonia in Palermo, via Maggiore Toselli 5;
Comune di Palermo, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Anna Maria
Impinna, con domicilio digitale come da PEC da Registri di
Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Palermo,
piazza Marina 39;
Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura di
Palermo, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Guido Lomeo, con
domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio
eletto presso il suo studio in Palermo, via Ruggero Settimo
73;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza) n. 2116/2017, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’articolo 4 del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito dalla legge 25 giugno 2020, n. 70;
Visto l’art. 25 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Istituto nazionale previdenza sociale. del Comune di Palermo e della Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura di Palermo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2021, svoltasi mediante collegamento da remoto, il Cons. Antonino Caleca:
Nessuno è presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La signora Liliana Di Carlo propone appello per chiedere la riforma o l’annullamento della sentenza n. 2116/2017, depositata in data 4 settembre 2017, con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Palermo sezione III, ha accolto il ricorso per revocazione proposto dalla Camera di commercio, industria artigianato e agricoltura di Palermo.
2. I fatti di causa rilevanti ai fini del decidere possono essere riassunti nei termini che seguono.
2.1. Con atto notificato il 2 marzo 1999 alcuni dipendenti in quiescenza della Camera di commercio industria e artigianato di Palermo transitati dal Comune di Palermo, ove avevano prestato servizio come contrattisti ex l. n. 285/1977 dal 1979 sino al 31 maggio 1985, chiedevano che venisse accertato che il periodo lavorativo prestato alle dipendenze del Comune dalla data di assunzione (i.e. 20 novembre 1979 circa) a quella di passaggio alla Camera di Commercio (i.e. 31 maggio 1985) doveva essere computato ai fini della liquidazione della indennità di buonuscita.
Il giudizio veniva instaurato contro la Camera di commercio, industria e artigianato di Palermo, il Comune di Palermo e l’Istituto nazionale della previdenza dei dipendenti della Amministrazione pubblica (Inpdap).
Veniva chiesta la condanna del Comune di Palermo al versamento degli oneri dovuti all'INPDAP (ex gestione INADEL) ove tutto o in parte non versati.
In quel giudizio la Camera di commercio industria e artigianato di Palermo eccepiva preliminarmente il proprio difetto di legittimazione passiva e chiedeva nel merito il rigetto del ricorso.
Con ordinanza n. 2013 del 23 luglio 2014 il Collegio chiedeva al Comune di Palermo chiarimenti in ordine all'avvenuto effettivo versamento dei contributi previdenziali anche per i ricorrenti.
In esecuzione di tale ordinanza veniva trasmessa la nota prot. n. 664665 del 1° agosto 2014 del settore bilancio e tributi del Comune dalla quale risultava l'avvenuto versamento dei contributi relativamente ai ricorrenti.
2.2. Il Tar con la sentenza di cui è stata poi chiesta la revocazione, preliminarmente, tra l’altro, puntualizzava: “la eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla Camera di commercio, (che) è infondata, in quanto compete a tale ente la quantificazione della indennità di fine rapporto e conseguentemente la valutazione a tale fine del servizio preruolo”.
Nel merito accoglieva, con riferimento alle parti che rilevano nel presente giudizio, il ricorso introduttivo con conseguente riconoscimento del diritto al computo del servizio pre-ruolo ai fini della quantificazione della indennità di buonuscita.
Ovviamente a fondamento della propria decisione il Tar poneva la risposta data dai competenti uffici comunali di Palermo con la nota prot. n. 664665 del 1° agosto 2014.
La sentenza veniva pubblica il 14 gennaio 2015.
2.3. La Camera di commercio decideva di dare esecuzione a quanto stabilito dal giudice amministrativo e faceva richiesta all'INPS ex 1NPDAP dei contributi che il Comune di Palermo aveva dichiarato, in sede processuale, avere versato.
Si legge nella “deliberazione del commissario straordinario n. 13 del 26 maggio 2016” della Camera di commercio industria artigianato e agricoltura di Palermo:
“In data 27 gennaio 2010, a seguito di sollecito e diffida, l'INPS ha comunicato di avere richiesto al Comune di Palermo le quietanze di versamento dei suddetti contributi ex INADEL e le note prodotte in giudizio.”
Successivamente, lo stesso INPS, con lettera assunta al prot. n. 14766 del 17 maggio 2016 comunicava inoltre, che il “Comune di Palermo ha precisato con propria lettera 174359 d 3/03/2016 che non risultano modelli 103/S di regolarizzazione per gli anni successivi al 1979 e fino 1985.
Infine l'INPS osserva a che il ruolo di iscrizione INADEL del 1979 documenta la retribuzione ai soli fi assistenziali e non anche previdenziali”.
2.4. A seguito di queste comunicazioni con ricorso notificato il 9 giugno 2016 e depositato il successivo giorno 27 la Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura di Palermo proponeva davanti al Tar ricorso per la revocazione straordinaria della sentenza, per le ragioni di cui all’art. 395, n. 1 e 395, n. 2 del c.p.c. deducendo che la sentenza in questione sarebbe stato l’effetto del dolo di una parte in danno dell’altra e di prove riconosciute false dopo la sentenza.
2.5. Il Tar con la sentenza oggi appellata ha riqualificato la domanda ritenendo sussistente un caso di revocazione ordinaria, e segnatamente l’errore di fatto, rilevante ai sensi dell’art. 395 c.p.c. n. 4.
Ad avviso del Tar tale errore di fatto non poteva essere dedotta con atto d’appello dalla Camera di Commercio “in quanto soggetto estraneo al rapporto assicurativo e previdenziale intercorso tra il Comune di Palermo e l’INPS”.
Il Tar, quindi, ha riconosciuto l’errore di fatto poiché la sentenza n. 94 del 2015 si fonderebbe su una svista di carattere materiale oggettivamente rilevabile.
Motiva la sentenza impugnata che la nota prot. n. 664665 del 1° agosto 2014 del Settore bilancio e tributi, faceva riferimento al “ruolo di iscrizione INADEL dell’anno 1979”, così come al ruolo relativo alla denuncia 1979 si richiamava la nota prot. n. 453333 del 16 giugno 2011 del Servizio Personale (riferita invero alla sola dipendente Dabbene Rosalia). Sicché in effetti dagli atti di causa era già evidente – come riconoscono ora gli stessi interessati (v. memoria di replica del 3 maggio 2017) –quanto poi rappresentato dall’INPS alla Camera di Commercio nella nota dell’11 aprile 2016, ossia che l’unico anno di iscrizione INADEL era il 1979”.
Il Tar, in conclusione, ha revocato la sentenza n. 94 del 2015 e, superata positivamente la fase rescindente e passando alla fase rescissoria, ha accolto la domanda originariamente proposta limitatamente al 1979.
3. Ricorre in appello la signora Liliana Di Carlo chiedendo l’annullamento “della sentenza n° 2116/2017, depositata in data 4.9.2017, con la quale il TAR Sicilia - Palermo, Sezione III, ha accolto il ricorso per revocazione (R.G. n° 1658/2016), proposto dalla Camera di Commercio, Industria Artigianato e Agricoltura di Palermo, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, e, per l’effetto, accolto l’originario ricorso proposto anche dall’odierna appellante
innanzi il TAR Sicilia – Palermo (R.G. n° 735/1999), per il riconoscimento del diritto a percepire l’indennità premio di fine rapporto per il periodo di lavoro a tempo determinato, limitatamente all’anno 1979, oltre interessi e rivalutazione monetaria”.
Vengono dedotti tre motivi: di natura processuale e di merito.
3.1. Con il primo motivo si deduce la violazione delle norme che regolano la notifica dell’impugnazione per revocazione, ai sensi e per gli effetti dell’art. 330, ultimo comma, c.p.c., alla parte personalmente.
Sottolinea parte appellante che nei giudizi di impugnazione, la notificazione dell’atto introduttivo, qualora sia decorso oltre un anno dalla pubblicazione della sentenza, deve essere effettuata alla parte personalmente (Cass. civ., Sezioni Unite, n. 2197/2006)”.
Nel caso che ci occupa la sentenza da revocare è stata pubblicata il 14 gennaio 2015, il ricorso per revocazione, è stato notificato in data 9 giugno 2016 ed iscritto a ruolo il successivo 27 giugno 2016.
In ragione, quindi, della mancata costituzione in giudizio dell’odierna appellante, il giudice, ai sensi dell'art. 291 c.p.c., avrebbe dovuto disporre la rinnovazione della notificazione alla parte personalmente ex art. 330 c.p.c.
Pertanto, per le superiori ragioni, dovrebbe dichiararsi la nullità o l'inesistenza della notifica del ricorso per revocazione e, per l'effetto, la nullità della sentenza appellata.
3.2. Con il secondo motivo si deduce: violazione e falsa applicazione dell’art. 92, c.p.a., violazione e falsa applicazione dell’art. 395, nn. 1 e 2, c.p.c.
La parte rileva che il giudice di primo grado riconducendo il vizio revocatorio all’ipotesi di cui al n. 4 dell’art. 395 c.p.c., avrebbe dovuto, conseguentemente, ritenere il ricorso inammissibile perché tardivo: i termini per la proposizione della revocazione ordinaria sono diversi da quelli previsti per la revocazione per i numeri 1 e 2 dell’articolo 395.
Solo nelle diverse ipotesi di revocazione straordinaria, il dies a quo è incerto.
3.3. Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 22 legge 440/1987.
Si definisce “lesivo e pregiudizievole il mancato riconoscimento del diritto dell’odierna ricorrente a percepire l’indennità di fine rapporto per il servizio pre ruolo”.
4. Si è costituita nel presente grado di giudizio la Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura di Palermo.
Con la memoria di costituzione relativamente al primo motivo dedotto da parte appellante la Camera di commercio afferma che:
“Il Giudice, investito del ricorso per revocazione, rilevata la mancata costituzione della odierna appellante aveva, pertanto, l’obbligo di disporre la rinnovazione della notifica del ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c.
Non avendo, tuttavia, in tal modo operato, l’adito Consiglio di Giustizia Amministrativa dovrà disporre la rinnovazione della notifica del ricorso per revocazione alla odierna appellante, sig.ra DI CARLO Liliana, e, annullata la sentenza impugnata, rimettere la causa al giudice di primo grado, ai sensi dell’art. 105 D.lgs. 104/2010” (pag. n. 7 della memoria).
Si chiede, in subordine, il rigetto, nel merito, dell’appello e si ripropongono le doglianze formulate in primo grado con il ricorso introduttivo.
5. Si è costituito nel presente grado di giudizio l’Istituto nazionale della previdenza sociale.
6. Si è costituito anche il Comune di Palermo per chiedere il rigetto dell’appello.
7. Parte appellante il 6 ottobre 2020 ha depositato dichiarazione di interesse alla decisione.
8. All’udienza pubblica del 25 febbraio 2021 la causa è stata assunta in decisione.
9. Va anzitutto delimitata la materia del contendere. Nessuna parte processuale – e segnatamente la Camera di commercio ricorrente in revocazione in prime cure - ha contestato con rituale impugnazione la riqualificazione giuridica del ricorso di primo grado da revocazione straordinaria a revocazione ordinaria.
Il capo che opera tale riqualificazione deve pertanto ritenersi res iudicata e il Collegio di appello non può sindacarla né più verificare se sussistessero o meno i vizi revocatori dei nn. 1 e 2 dell’art. 395 c.p.c.
10. L’appello deve essere accolto.
10.1. In ossequio al principio della “ragione più liquida” il Collegio non ritiene di scrutinare le eccezioni procedurali relative all’esatto instaurarsi del contraddittorio in primo grado ritenendo fondato il secondo motivo prospettato da parte appellante.
L’accoglimento del motivo e l’annullamento della sentenza di primo grado soddisfa per intero la pretesa fatta valere in giudizio da parte appellante.
Il giudice di primo grado, avendo modificato le ragioni per cui veniva richiesta la revocazione, e avendo ritenuto sussistente l’ipotesi di revocazione di cui al n. 4 dell’art. 395 c.p.c., avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità della stessa per tardività e incompetenza del giudice adito.
Mutandosi la qualificazione della revocazione da straordinaria in ordinaria, infatti, da un lato dovevano applicarsi i diversi e più brevi termini entro cui può essere proposto il rimedio revocatorio ordinario.
E’ pacifico che ex art. 92 c.p.a. il termine per proporre la revocazione ordinaria è di sessanta giorni decorrenti dalla notifica della sentenza ovvero di sei mesi dal deposito della sentenza non notificata.
Nel caso che ci occupa, al momento della notificazione del ricorso per revocazione, i termini massimi per proporre la revocazione ordinaria della sentenza de quo erano ampiamente superati.
In secondo luogo il ricorso per revocazione ordinaria andava dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 106, comma 3, c.p.a. A tenore di tale previsione, “contro le sentenze dei tribunali amministrativi regionali la revocazione è ammessa se i motivi non possono essere dedotti con l’appello”. La previsione va interpretata nel senso che contro le sentenze dei Tar è ammesso solo il rimedio della revocazione straordinaria, e non anche quello della revocazione ordinaria.
Infatti, dato che i termini della revocazione ordinaria sono identici ai termini dell’appello, i vizi di revocazione ordinaria delle sentenze dei Tar si convertono in motivi di appello e si fanno valere con il rimedio dell’appello.
Quindi, l’impedimento “oggettivo” a proporre appello, ricorre solo nel caso di revocazione straordinaria, e non può logicamente ricorrere in caso di revocazione ordinaria.
Non può invece condividersi la diversa esegesi dell’art. 106, comma 3 c.p.a., che sembra desumersi dalla sentenza qui appellata, secondo cui la revocazione ordinaria di una sentenza del Tar sarebbe ammissibile in caso di impedimento “soggettivo” a proporre appello. Il Tar, invero, accenna fugacemente ad una asserita impossibilità della Camera di commercio di proporre appello. Tuttavia, non si comprende quale possa essere tale impedimento “soggettivo”, né in astratto, né con riguardo al caso di specie.
Infatti, chi è parte del giudizio di primo grado, ancorché parte non costituita, può sempre proporre l’appello.
Chi non è parte, si avvale del diverso rimedio dell’opposizione di terzo.
Dunque l’art. 106 comma 3 c.p.a. fa riferimento solo ad un “impedimento oggettivo” a proporre appello, che a sua volta ricorre nel solo caso di revocazione straordinaria, e non ad un impedimento soggettivo.
Avuto riguardo al caso di specie, la Camera di commercio era parte, per di più costituita, del giudizio in cui è stata emessa la sentenza revocanda, e pertanto non esisteva alcun impedimento soggettivo, né sul piano logico astratto né sul piano concreto, alla proposizione dell’appello da parte della Camera di commercio.
Ben poteva dunque la Camera di commercio, (secondo la ricostruzione dell’errore materiale già evidente nel primo giudizio definito con la sentenza che si chiede di revocare), proporre appello deducendo l’erroneità della sentenza, essendo parte in quel procedimento.
Si è già detto che nella motivazione della sentenza che si vorrebbe revocata si legge che “la eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla Camera di commercio, (che) è infondata, in quanto compete a tale ente la quantificazione della indennità di fine rapporto e conseguentemente la valutazione a tale fine del servizio preruolo”.
Parte processuale era e rimaneva la Camera di commercio essendo, in tale prospettiva, non conducente rilevare che la stessa era “soggetto estraneo al rapporto assicurativo e previdenziale intercorso tra il Comune di Palermo e l’INPS”,
10.2. In conclusione, l’appello deve essere accolto, deve essere riformata la sentenza impugnata e conseguentemente deve essere dichiarato irricevibile il ricorso presentato in primo grado.
Per l’effetto cade la pronuncia rescissoria contenuta nella sentenza qui appellata e rivive in pieno la sentenza n. 94/2015 resa dal Tribunale Amministrativo per la Sicilia, sezione III, sede di Palermo che accoglieva “l’originario ricorso proposto anche dall’odierna appellante…………. per il riconoscimento del diritto a percepire l’indennità premio di fine rapporto per il periodo di lavoro a tempo determinato, limitatamente all’anno 1979, oltre interessi e rivalutazione monetaria”.
11. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza nel rapporto tra appellante e Camera di commercio e sono liquidate in dispositivo. Sono compensate nel rapporto tra appellante e altre parti processuali. Non si fa invece luogo a pronuncia sulle spese in relazione al giudizio di primo grado, perché nel medesimo la odierna appellante non era costituita.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara irricevibile il ricorso per revocazione di primo grado.
Condanna la Camera di commercio al rimborso delle spese del presente grado di giudizio in favore dell’appellante, liquidate in euro 2000,00 oltre accessori di legge.
Compensa le spese tra appellante e altre parti processuali.
Nulla per le spese del primo grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 25 febbraio 2021 tenutasi da remoto in videoconferenza con la partecipazione costante e contemporanea dei magistrati:
Rosanna De Nictolis, Presidente
Marco Buricelli, Consigliere
Roberto Caponigro, Consigliere
Giuseppe Verde, Consigliere
Antonino Caleca, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Antonino Caleca | Rosanna De Nictolis | |
IL SEGRETARIO