1. Con sentenza emessa in data 9 novembre 2020 il Tribunale di Catanzaro ha affermato la penale responsabilità di A.A. per il reato di cui all'art. 76 comma 3 D.Lgs. n.159/2011 oggetto di contestazione, condannando l'imputato alla pena di venti giorni di arresto.
1.1 In fatto, A.A. ha violato il contenuto del provvedimento emesso dal Questore di Catanzaro (foglio di via obbligatorio) in data 8 maggio 2015 - con cui era imposto di fare rientro nel comune di V e di non fare rientro in C per tre anni -, essendo stato controllato in C il 29 novembre 2017.
2. La Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza emessa in data 12 ottobre 2023 ha confermato la prima decisione.
In motivazione, riprendendo il tema del controllo di legittimità sul provvedimento del Questore, si afferma che non vi è - in concreto - possibilità di disapplicare il foglio di via, atteso che, quanto alla ricognizione delle categorie soggettive di pericolosità, la stessa risulta operata sulla base di elementi di fatto (si indicano precedenti penali e di polizia per violazione legge stupefacenti, resistenza e oltraggio) che consentono di ritenere applicate le ipotesi di cui all'art. 1 comma 1 lett. b) e c) del D.Lgs. n. 159 del 2011.
3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione - nelle forme di legge - A.A. Il ricorso è affidato ad un'unica deduzione di vizio di motivazione.
3.1 In sintesi il ricorrente evidenzia che non vi sono precedenti penali per stupefacenti ma solo episodi in cui è stato individuato quale assuntore. Dunque l'inquadramento soggettivo non è dipeso da una constatazione di precedenti attività di spaccio - che avrebbero potuto sostenerlo - quanto da meri sospetti o illazioni (essere stato controllato nei pressi di accampamenti rom).
4. Il ricorso è fondato, per le ragioni che seguono.
4.1 È pacifica, nella giurisprudenza di questa Corte, l'attribuzione al Giudice penale di un controllo in tema di legittimità del provvedimento amministrativo posto a base della posteriore trasgressione. Si è affermato sul tema (tra le molte, Sez. L. n. 41738 del 16.9.2014, Rv. 260515) che lì dove il provvedimento amministrativo abbia valorizzato come motivo dell'inquadramento in una categoria tipica di pericolosità una condotta che non costituisce reato (ad esempio la prostituzione) è doverosa la sua disapplicazione da parte del Giudice penale chiamato a pronunziarsi sulla ricorrenza dell'ipotesi di reato di cui all'art. 2 co. 2, L. l423/'56 (attuale art. 76 co. 3 D.Lgs. n. 159 del 2011). Ciò perché la stessa previsione di legge che facoltizza la misura pone come presupposto dell'ordine di allontanamento non un qualsivoglia comportamento "pericoloso per la sicurezza pubblica" (nozione che aprirebbe il varco a forme incontrollabili di discrezionalità) ma una condotta pericolosa che sia espressione delle riconosciute categorie criminologiche di cui al precedente articolo 1 (n. 1 soggetti abitualmente dediti, sulla base di elementi di fatto, a traffici delittuosi; n. 2 soggetti che per condotta e tenore di vita debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, produttori di proventi derivanti da attività delittuose con cui si sostengono, almeno in parte; n. 3 soggetti dediti, sulla base di elementi di fatto, alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, sicurezza o tranquillità pubblica).
Ancora, in applicazione del medesimo principio si è affermato che in tema di contravvenzione al foglio di via obbligatorio, il sindacato del Giudice in ordine al provvedimento del Questore, senza potersi tradurre in una rivalutazione del giudizio di pericolosità espresso dal provvedimento stesso, deve riguardare la verifica della conformità di quest'ultimo alle prescrizioni di legge, tra le quali rientra l'obbligo di motivazione sugli elementi di fatto da cui viene desunto il giudizio di pericolosità. (In applicazione del principio la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna non disapplicativa del provvedimento del Questore che aveva desunto la pericolosità dell'imputato esclusivamente dalla condotta di esercizio dell'attività di parcheggiatore abusivo integrante non un reato bensì un illecito amministrativo). (Sez. F, Sentenza n. 54155 del 27/07/2018, Rv. 274649).
4.2 Da tale filone interpretativo deriva la conseguenza per cui la esistenza della violazione penale (violazione dell'ordine di non fare rientro in un determinato luogo) non può ricollegarsi alla mera esistenza della condotta trasgressiva, dovendosi prioritariamente verificare la "base legale" del provvedimento amministrativo, applicativo di una particolare misura di prevenzione.
4.3 Nel caso in esame, pur senza entrare nel merito della discrezionalità amministrativa, la base legale è da ritenersi inesistente.
Ciò perché dal contenuto del certificato penale in atti non emerge alcun precedente penale per cessione di sostanze stupefacenti, né in tema di resistenza. Non vi è pertanto un corretto inquadramento soggettivo in una categoria tipica di pericolosità, quanto l'utilizzo di mere segnalazioni di polizia che, senza ulteriore verifica delle circostanze di fatto, non possono dar luogo alla "classificazione" del soggetto quale portatore di pericolosità a fini applicativi di una misura di prevenzione personale (v. sul punto Sez. I n. 36080 del 11.9.2020, Rv. 280207). Va dunque disposto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non
sussiste.
Conclusione
Così deciso in data 16 maggio 2024.
Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2024.