Giu prova scientifica e vizio di motivazione deducibile con il ricorso per cassazione
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. IV PENALE - 02 luglio 2024 N. 25772
Massima
In tema di prova scientifica, il vizio di motivazione deducibile con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., sussiste solo qualora risulti che le conclusioni del consulente di una delle parti siano tali da dimostrare la fallacia di quelle espresse da altro consulente e recepite dal giudice.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. IV PENALE - 02 luglio 2024 N. 25772

1. I motivi di ricorso sono infondati.

2. Considerato che le due sentenze di merito sono conformi in punto di addebito di responsabilità per delitto colposo all'imputato e contengono articolate motivazioni che tra loro si integrano, sono necessarie alcune puntualizzazioni circa la ricostruzione dei fatti, attraverso la disamina congiunta delle due sentenze, espungendo le istanze e allegazioni inammissibili.

2.1. Viene prospettata come ipotesi di travisamento della prova, intesa come nuovo errore, l'interpretazione delle dichiarazioni rese in dibattimento dalla parte civile L.L. Tali dichiarazioni, e in particolare l'affermazione secondo la quale "erano stati incaricati di disintasare la condotta e pulire la vasca cui la stessa era collegata", hanno formato oggetto di valutazione già nella decisione di primo grado (pag.13) e sono state riportate a pag.14 della sentenza di appello. Il Tribunale ha valutato tale deposizione ritenendo che né l'apertura del tombino né la discesa all'interno della vasca al fine di recuperare il tombino, accidentalmente precipitato al suo interno, fossero operazioni abnormi; era ipotizzabile, si legge a pag. 45, che il lavoratore potesse decidere di entrare nella vasca o anche solo di affacciarsi al suo interno per effettuare verifiche connesse all'espletamento dell'incarico affidatogli. Non risulta, poi, che i giudici di appello abbiano introdotto per la prima volta come oggetto di valutazione tale dato probatorio, ove si osservi che a pag.52 della sentenza di primo grado si era già affermato che la possibilità che L.L. si calasse o anche solo si introducesse con parte del corpo nella cisterna era stata rappresentata in dibattimento da entrambi i testi (M.M. e L.L.) "come una possibilità del tutto connaturata alla tipologia dell'intervento richiesto". A pag.95 della sentenza impugnata la Corte di appello ha nuovamente esaminato il narrato del teste L.L. ma ha anche richiamato, in replica ai motivi di appello, condividendolo, l'argomento esposto dal Tribunale a proposito del fatto che l'apertura del tombino non fosse evenienza imprevedibile, soggiungendo che l'eventualità della pulitura della vasca, anche in considerazione delle pessime condizioni di manutenzione dell'impianto e del tempo trascorso dall'ultimo intervento, fosse essa stessa uno sviluppo ordinariamente prevedibile del lavoro commissionato. Si tratta, dunque, di censura inammissibile per varie ragioni: in primo luogo, il dato probatorio asseritamente travisato non è stato per la prima ·volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (Sez. 3, n.45537 del 28/09/2022, M., Rv. 283777-01; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217-01); in secondo luogo, si tratta di un dato privo di decisività in quanto il ragionamento probatorio si è incentrato sul fatto che né l'apertura del tombino né l'ingresso nella vasca, vuoi per recuperare il tombino vuoi per pulirla, fossero sviluppi imprevedibili del lavoro di disostruzione commissionato; inoltre, a ben vedere, la censura tende a dimostrare a pag.5 del ricorso la distorsione del significato della prova piuttosto che, come sarebbe stato ammissibile, del suo significante, proponendo una diversa lettura del narrato (Sez. 5, n.26455 del 09/06/2022, Dos Santos, Rv. 283370-01).

2.2. È stato dedotto il travisamento della prova della conoscenza da parte dell'imputato dell'attività commissionata dal M.M. ai Q.Q.. Il teste Mauro N.N., si assume, non avrebbe confermato in dibattimento che al momento della telefonata tra il M.M. e C.C. l'imputato fosse presente. Si tratta anche in questo caso di deduzione inammissibile in quanto il dato probatorio non è stato introdotto per la prima volta come oggetto di valutazione nella motivazione della sentenza di appello; tanto si evince dal chiaro contenuto della prova riportato a pag.12 della sentenza di primo grado ("dichiarava in udienza che il giorno dell'incidente A.A. gli aveva chiesto il numero dell'autospurgo L.L.; aveva quindi composto il numero e aveva passato la chiamata ad M.M. idraulico dell'azienda"), richiamato a pag.88 della sentenza di appello tra i dati incontestati. In punto di decisività della prova, il Tribunale ha preso in considerazione, a monte di ogni valutazione, la circostanza che non vi fosse un contratto scritto in grado di cristallizzare, con esattezza, la natura dell'intervento commissionato (pag.45), ritenendo sufficiente, per includere nell'area di rischio della quale l'imputato dovesse ritenersi garante, la prova che fosse riconducibile al A.A., quale legale rappresentante dell'azienda, la commissione all'impresa J.J. di un servizio manutentivo di un impianto di depurazione che egli sapeva non essere a norma.

2.3. Il terzo argomento difensivo, che tende inammissibilmente a una diversa ricostruzione dei fatti, attiene all'assenza di prova della presenza di parti vascolarizzate di pesce nelle vasche, presupposto ineludibile secondo la difesa del ragionamento secondo il quale i gas letali si sarebbero sprigionati dalla decomposizione di materiale organico; nella sentenza impugnata si farebbe riferimento alla massiccia presenza di materiali solidi nelle vasche dell'impianto, in realtà, secondo la difesa, mai rinvenuti. La censura non si confronta con quanto già argomentato a pag.42 della sentenza di primo grado e ribadito alle pagg.100-101 della sentenza di appello, ove si rinviene la logica considerazione secondo la quale il mancato rinvenimento di materiale diverso da squame sul corpo delle vittime e nella vasca dell'infortunio non escludesse la presenza di materiale organico come sangue o parti di interiora che più facilmente si sciolgono e confondono con il liquido, andando incontro a un rapido processo di decomposizione. La presenza di reflui colmi di sostanze organiche decomposte risulta, invero, accertata sulla base della descrizione dello stato dei luoghi riportata nell'informativa del 13 marzo 2015 redatta dai dott.ri R.R. e S.S., in servizio presso lo Spisal (pag.5 sentenza di primo grado). Il ragionamento probatorio delle due conformi sentenze di merito si fonda, sul punto, sulla prova dichiarativa e sulla prova scientifica avente a oggetto non tanto i reflui non filtrati quanto piuttosto i reflui non trattati che, a causa della disattivazione di cinque vasche dell'impianto di depurazione, stagnavano nelle vasche tra loro comunicanti e defluivano, per sedimentazione grossolana e tracimazione, nella vasca ove si è verificato l'infortunio; in tale vasca i reflui erano a maggior ragione stagnanti a causa dell'otturazione del tubo di scarico che l'impresa J.J. avrebbe dovuto disostruire; la vasca, appena svuotata per il tramite delle proboscidi che fuoriuscivano dal camion dell'impresa J.J., si era nuovamente riempita per tracimazione in quanto il ciclo produttivo, non interrotto, continuava a mandare reflui (pag. 18 sentenza primo grado). Occorre, sul punto, precisare che l'operazione di aspirazione dell'acqua dalla vasca per il tramite delle pompe collegate con l'autocisterna dell'impresa Rizzi era durata 510 minuti (pag. 13 sentenza primo grado), lasciando intravedere il tombino in fondo alla vasca, dove era ancora presente circa un dito di acqua, mentre il successivo processo che aveva portato nuovamente al riempimento della vasca (pag. 3 sentenza di primo grado) era avvenuto mediante tracimazione dei reflui dalle vasche precedenti, ove tutte le pompe erano disattivate (pagg. 17-18 sentenza primo grado), tanto è vero che L.L. aveva constatato come "mentre si trovava all'interno della vasca continuava ad affluire acqua" (pag. 14 sentenza di primo grado).

2.4. Non condivisibile risulta, infine, l'assunto difensivo secondo il quale i giudici di appello avrebbero travisato, trascurandolo, il dato probatorio costituito da una missiva dell'ARPA del 15 aprile 2014, attestante la presenza nei reflui dell'opificio di acido solfidrico di 3 ppm, non nocivo né tossico. È evidente l'inidoneità dell'argomento a contestare il ragionamento probatorio in tema di riconducibilità del decesso delle vittime ad asfissia per presenza di metano misto ad acido solfidrico, dunque all'insufficienza di ossigeno nella compresenza dei due gas nell'istante in cui le acque erano state aspirate e la vasca era, dunque, quasi del tutto priva di liquidi; il dato neppure è conducente, a fronte di quanto già affermato dal giudice di primo grado in merito a una percentuale di acido solfidrico di per sé non letale rinvenuta anche all'esame autoptico nei polmoni delle vittime (pag.41 sentenza di primo grado). D'altro canto, l'accertamento tecnico non ripetibile acquisito al fascicolo del dibattimento presuppone una mutevolezza dello stato dei luoghi che ha legittimamente indotto i giudici a privilegiare tale fonte di prova rispetto ad analisi eseguite a distanza di tempo dal fatto.

3. In merito all'iter logico-giuridico seguito dai giudici di merito per attribuire all'imputato la causa della presenza di gas nella vasca nella quale si è verificato l'infortunio, la difesa deduce che la Corte avrebbe travisato il senso della tesi difensiva secondo la quale l'operazione di aspirazione del contenuto della vasca messa in atto dall'impresa J.J. avrebbe provocato la risalita di gas tossici dalla rete fognaria alla predetta vasca. Il ragionamento svolto a pag.103 della sentenza impugnata, che presenta obiettivamente espressioni poco chiare e a tratti francamente "sopra le righe", puntualizza tuttavia logicamente che tale tesi non esclude l'afflusso, in base al medesimo processo causale, anche di gas tossici provenienti dai reflui contenuti nelle vasche bypassate, e costituisce, pertanto, congrua espressione delle ragioni per le quali la tesi non è stata ritenuta convincente.

3.1. Giova, a tale proposito, osservare che la motivazione con la quale i giudici di appello, ma anche il giudice di primo grado, hanno spiegato perché fosse da privilegiare la ricostruzione del processo causale offerta dai consulenti del pubblico ministero, che hanno ricondotto allo stato di abbandono del depuratore la presenza di gas nella vasca, non risulta affetta da vizi. In tema di prova scientifica, il vizio di motivazione deducibile con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. sussiste, infatti, solo qualora risulti che le conclusioni del consulente di una delle parti siano tali da dimostrare la fallacia di quelle espresse da altro consulente e recepite dal giudice. Ipotesi che non ricorre nel caso in esame.

3.2. La censura svolta nel ricorso si basa, da un lato, sulle incongruenze riscontrate nella sentenza per sconfessare la tesi del consulente tecnico della difesa. Tale impostazione non è, per utile a dimostrare la fallacia del ragionamento sul quale si fonda la decisione in quanto non va oltre la prospettazione della plausibilità di una tesi alternativa; la prova documentale dell'effettivo conferimento da parte della Ecologia J.J. dei fanghi da fossa settica prelevati dalla Stir Compounds Srl di Barletta prima di giungere presso l'Ittica K.K., la cui inesistenza avvalorerebbe la tesi della contaminazione dell'impianto con il contenuto dell'autospurgo, risulta invece acquisita come all.60 all'informativa dello Spesai (pag.44 primo grado). Si tratta, peraltro, di argomento nuovo rispetto alla complessiva impostazione difensiva, fondata sull'immissione nel pozzetto di meri residui non lavati presenti nell'autocisterna vuota.

3.3. La difesa deduce, soprattutto, che difetterebbe del tutto la prova della provenienza dei gas letali dal ciclo produttivo, senza confrontarsi con il dato probatorio della manomissione, causa di sostanziale inattività da molti mesi del processo di depurazione biologica con fanghi attivi, del sistema di depurazione dei reflui provenienti dalle lavorazioni ittiche (pagg.95-96 sentenza di appello); i ricorrenti non considerano l'ulteriore dato probatorio, certo, della preesistente disattivazione delle pompe di svuotamento della vasca dove si era verificato l'infortunio, con ulteriore stazionamento di acque non depurate (pag.101 sentenza di appello); né la censura dimostra la fallacia del dato scientifico introdotto nel giudizio dal collegio di consulenti tecnici nominati dal pubblico ministero, peraltro non contraddetto da alcuno degli altri consulenti di parte, in base al quale lo stato di abbandono dell'impianto di depurazione fosse compatibile con la presenza di gas quali il metano e l'acido solfidrico all'interno delle vasche, a sua volta causata dalla decomposizione delle sostanze organiche presenti nelle acque non depurate in assenza, o quasi, di ossigeno (pag.17-18, 24 sentenza di primo grado, pagg.98-100 sentenza di appello), come notorio in letteratura (pag.25 sentenza di primo grado) e come confermato anche dal tossicologo forense (pag.29 sentenza di primo grado). Quest'ultimo ha fornito l'ulteriore dato scientifico del maggior peso dell'acido solfidrico rispetto all'aria, con tendenza di questo gas a rimanere sul fondo dell'ambiente anche in presenza di un boccaporto aperto, specie se posto in alto.

4. Il ragionamento probatorio, fondato su prova scientifica, in merito al processo causale che è stato ritenuto all'origine delle emissioni di gas letali è stato ulteriormente censurato dalla difesa sotto il profilo dell'assenza di causalità della colpa. Il committente datore di lavoro, si assume, non poteva rispondere delle conseguenze letali di un comportamento abnorme delle vittime del quale non era informato. L'apertura della vasca del depuratore, da cui si è originato a monte il processo causale che dalla caduta del tombino ha condotto le vittime a calarsi nella vasca, era evenienza abnorme, eccentrica, del tutto estranea all'area di rischio della quale l'imputato potesse considerarsi garante. La difesa assume che l'apertura della vasca dipese da una decisione unilaterale e assolutamente estemporanea del M.M.; quest'ultimo non rivestiva il ruolo di delegato né di preposto. L'apertura della vasca non era necessaria per l'intervento di disostruzione né per la verifica del buon esito di tale intervento.

4.1. La censura non coglie nel segno perché, anche sotto tale profilo, la sentenza impugnata fornisce congrua motivazione.

Si è già detto che a pag.95 la Corte di appello ha richiamato, in replica ai motivi di appello, condividendolo, l'argomento esposto dal Tribunale a proposito del fatto che l'apertura del tombino non fosse evenienza imprevedibile, soggiungendo che l'eventualità della pulitura della vasca, anche in considerazione delle pessime condizioni di manutenzione dell'impianto e del tempo trascorso dall'ultimo intervento, fosse essa stessa uno sviluppo ordinariamente prevedibile del lavoro commissionato. La motivazione si è, dunque, incentrata sul fatto che né l'apertura del tombino né l'ingresso nella vasca, vuoi per recuperare il tombino vuoi per pulirla, fossero sviluppi imprevedibili del lavoro di disostruzione commissionato. La prova, pacifica, che A.A. avesse commissionato all'impresa J.J. il lavoro di disostruzione di un impianto di depurazione che egli sapeva non essere a norma da mesi è stata ritenuta idonea ad attribuire all'imputato una posizione di garanzia, dunque a ricondurre al A.A., quale datore di lavoro committente nonché responsabile del servizio di prevenzione e protezione, la gestione del rischio di asfissia correlato allo sprigionamento di gas provenienti dall'impianto medesimo. La Corte territoriale ha, dunque, correttamente applicato la regola secondo il quale il committente è garante dei rischi presenti nell'ambiente di lavoro (art.26 D.Lgs. n.81/2008), non potendosi revocare in dubbio che commissionare un'attività di manutenzione, anche ordinaria, di un impianto implichi la gestione dei rischi connessi alle operazioni, di qualsivoglia natura, da eseguire per garantirne il funzionamento.

4.2. Va, poi, considerato che la condotta dell'infortunato non elide il nesso di causa tra l'azione o l'omissione dell'agente e l'evento sul mero dato probatorio che il soggetto passivo abbia posto in essere un'azione non necessaria per l'espletamento del compito affidatogli. È ripetuto nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea a escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, n.7012 del 23/11/2022, dep. 2023, Cimolài, Rv. 284237-01; Sez. 4, n.33976 del 17/03/2021, Vigo, Rv. 281748-01). Se ne desume la correttezza del ragionamento seguito dai giudici di merito,·i quali hanno sottolineato come il committente fosse a conoscenza della condizione di stallo, da mesi, del depuratore e come, anzi, tale condizione fosse conseguenza di una scelta di risparmio di spesa. Né può condividersi l'assunto difensivo secondo il quale le vasche del depuratore non fossero qualificabili in termini di "ambiente di lavoro", posto che l'intervento commissionato all'impresa J.J. era funzionale a riattivare il deflusso dei reflui proprio da una vasca del depuratore alla condotta consortile.

4.3. Quanto alla natura interferenziale del rischio, è sufficiente sottolineare che l'impresa Rizzi era stata incaricata di operare la disostruzione dell'impianto di depurazione dei reflui provenienti dall'opificio, con indiscutibile riconducibilità del rischio di asfissia proprio alla interferenza tra le lavorazioni ittiche e le operazioni meccaniche necessarie alla manutenzione dell'impianto.

5. Il secondo e il terzo motivo di ricorso attengono ad asserita violazione di legge, anche per totale assenza di motivazione, in merito all'affermata colpa specifica inerente alla scelta di un'impresa tecnicamente non qualificata per il lavoro commissionato, alla omessa interruzione del ciclo produttivo al momento dell'intervento manutentivo, alla omessa informazione circa la pericolosità dell'ambiente di lavoro, all'omessa redazione del D.U.V.R.1., all'omessa adozione di cautele antinfortunistiche per lavori in ambienti confinati.

Le censure non superano il vaglio di ammissibilità in quanto, oltre a proporre una rilettura dei fatti, deducono la violazione di legge in ipotesi di condanna per mancato rispetto di talune norme cautelari, laddove la sussistenza di plurimi profili di colpa, non specificamente contestati, non consentirebbe di pervenire a diverso esito del giudizio.

5.1. È pacifica l'assenza di qualsivoglia preventivo contatto tra l'impresa committente e l'impresa esecutrice dei lavori (pag.48 sentenza di primo grado), così come è pacifica la mancata cristallizzazione in un contratto scritto dell'incarico di fatto affidato dall'imputato all'impresa J.J. (pag.49 sentenza di primo grado). Altrettanto pacifica è, dunque, l'assenza di informazioni circa la condizione di tossicità dell'aria e dei liquidi presenti all'interno della vasca (pag.45 sentenza di primo grado), contestato quale profilo di colpa generica per imprudenza e negligenza e a pieno titolo riconducibile alla gestione dei rischi d'infortunio collegati all'ambiente di lavoro. Nessun riferimento si rinviene, nel ricorso, all'accertata violazione dell'art.64 D.Lgs. n.81/2008 per avere l'imputato omesso gli interventi necessari a garantire il corretto funzionamento dell'impianto di depurazione, al cui malfunzionamento i giudici di merito hanno ricondotto la causa dell'evento letale. Va, inoltre, richiamato l'esito della prova testimoniale indicata alle pagg.5-6 della sentenza di primo grado, dal quale si evince come i giudici di merito abbiano ritenuto provato che nel sistema di sicurezza della B.B. Srl mancasse ogni riferimento alla previsione di rischi inerenti a eventuali lavori di manutenzione dell'impianto di depurazione. Nessun esame era stato fatto dei rischi connessi alla presenza di un impianto di depurazione di materiale ad alto potenziale organico, con conseguente riduzione di ossigeno, intrinsecamente foriero di rischi anche in caso di funzionamento a pieno regime.

5.2. In generale, i giudici di merito hanno accertato l'assenza di qualsivoglia valutazione dei rischi o predeterminazione di procedure da parte del titolare della B.B. Srl afferenti alle attività di manutenzione degli impianti, oltre al dato che l'impianto di depurazione fosse non funzionante dal mese di giugno 2013 (pag.21 sentenza di primo grado), facendo logicamente discendere da tali radicali omissioni ogni ulteriore violazione individuata come colpa specifica a carico del datore di lavoro committente, anche in termini di violazione dell'obbligo di cooperazione previsto dall'art.26 D.Lgs. n.81/2008 per l'efficace gestione del rischio interferenziale.

6. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile. La Corte territoriale ha, infatti, fornito congrua motivazione a sostegno del rigetto dell'istanza di modifica del giudizio di bilanciamento nel senso della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche alle pagg.112-113, evidenziando l'elevata gravità del fatto. Si tratta di valutazioni di merito insindacabili in sede di legittimità in quanto congruamente motivate. La valutazione degli elementi sui quali si fonda la concessione delle attenuanti generiche, ovvero il giudizio di comparazione delle circostanze, nonché in generale la determinazione della pena, rientra infatti nei poteri discrezionali del giudice di merito, il cui esercizio, se effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all'art.133 cod. pen., è censurabile in Cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico. Ciche qui deve senz'altro escludersi.

7. Il quinto motivo di ricorso è inammissibile. È principio consolidato nella giurisprudenza della Corte di Cassazione che la statuizione che assegna la provvisionale abbia tra le proprie caratteristiche quelle della precarietà (essendo destinata a essere travolta o assorbita dalla decisione conclusiva del processo e quindi insuscettibile di passare in giudicato: ex multis Sez. 2, n.43886 del 26/04/2019, Saracino, Rv. 277711 -01; Sez. 3, n.18663 del 27/01/2015, D., Rv. 263486-01; Sez. 4, n. 36760 del 04/06/2004, Cattaheo, Rv. 230271); della discrezionalità nella determinazione dell'ammontare senza obbligo di specifica motivazione (Sez. 5, n. 32899 del 25/05/2011, Mapelli, Rv. 250934; Sez. 6, n.49877 del 11/11/2009, Blancaflor, Rv. 245701; Sez. 5, n. 40410 del 18/03/2004, Farina, Rv. 230105); della non impugnabilità con il ricorso per cassazione (Sez. U, n. 2246 del 19/12/1990, dep.1991, Capelli, Rv. 186722; Sez. 4, n.34791 del 23/06/2010, Mazzamurro, Rv. 248348; Sez. 4, n.36760 del 04/06/2004, Cattaneo, Rv. 230271), da ciò desumendosi l'inidoneità di tale pronuncia a condizionare le statuizioni civili concernenti l'entità del danno definitivamente risarcibile.

8. Conclusivamente i ricorsi sono infondati e vanno rigettati; segue, ai sensi dell'art.616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché in solido alla rifusione delle spese in favore delle parti civili T.T., L.L., U.U., anche quale esercente la responsabilità genitoriale sul minore C.C., D.D., E.E., F.F., G.G., H.H., I.I., liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché in solido alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità alle parti civili T.T., L.L., U.U., anche quale esercente la responsabilità genitoriale sul minore C.C., liquidate in complessivi Euro 5.700,00; D.D., liquidate in Euro 3.000,00; E.E., liquidate in Euro 3.000,00; F.F., liquidate in Euro 3.000,00; G.G., H.H. e I.I., liquidate in complessivi Euro 4.800,00; per tutti, oltre accessori come per legge, se dovuti.

Conclusione

Così deciso il 29 maggio 2024

Depositata in Cancelleria il 2 luglio 2024.