Giu Il liquidatore della "cessio bonorum" del concordato preventivo è pubblico ufficiale ai sensi dell'art. 357 cod. pen.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 22 maggio 2023 N. 22004
Massima
Il liquidatore della "cessio bonorum" del concordato preventivo è pubblico ufficiale ai sensi dell'art. 357 cod. pen. poiché svolge un "munus publicum" inserito in un procedimento giudiziario che trae origine da una sentenza di omologazione e che si svolge sulla base di modalità precisate da quest'ultima, sotto il controllo di organi giudiziari e per finalità di interesse generale. Secondo la prospettiva funzionale-oggettiva che ispira l'art. 357 cod. pen., ciò che rileva agli effetti penali è l'inquadrabilità o meno dell'attività svolta nella pubblica funzione legislativa, amministrativa o giudiziaria. A tal fine, va, innanzitutto, considerato che la fase esecutiva del concordato con cessione dei beni, soprattutto se affidata al liquidatore designato dal tribunale, ha carattere giurisdizionale ed è riconducibile alla più vasta categoria dei procedimenti di esecuzione forzata (in senso lato) al pari della procedura fallimentare.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 22 maggio 2023 N. 22004

1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito esposte.

2. Innanzitutto, va premesso che il concordato preventivo è una procedura concorsuale attraverso la quale l'imprenditore commerciale mira a superare la crisi economica dell'impresa attraverso una soluzione concordata con i creditori, soggetta alla omologazione del tribunale. Uno dei contenuti della proposta di concordato, rilevante nel caso in esame, è il pagamento dei debiti concordatari mediante la cessione dei beni del proponente.

Secondo la disciplina contenuta nella legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267), applicabile ai fatti per cui si procede (si veda, al riguardo, la disciplina transitoria contenuta all'art. 390 D.Lgs. n. 12/1/2019, n. 14), la procedura si articola in tre fasi: 1) la presentazione della proposta cui segue il decreto del tribunale che dichiara aperta la procedura, designa un giudice delegato ed un commissario giudiziale che svolge funzioni di vigilanza e di controllo sull'amministrazione dei beni e la gestione dell'impresa. In tale fase è anche possibile la presentazione di proposte concorrenti da parte di uno o più creditori ex art. 163 L. Fall.; 2) l'approvazione della proposta da parte della maggioranza dei creditori ammessi al voto secondo i criteri dettati dall'art. 177 L. Fall.; 3) la omologazione del concordato da parte del tribunale che, ai sensi dell'art. 181 L. Fall., chiude la procedura di concordato preventivo.

A tali fasi della procedura, nel caso in cui il concordato consista nella cessione dei beni, si aggiunge una quarta fase, di carattere esecutivo, destinata all'attività di liquidazione dei beni ceduti. A tal fine, l'art. 182 L. Fall. prevede che, se il concordato non prevede diversamente, il tribunale nomina nel decreto di omologazione uno o più liquidatori e un comitato di tre o cinque creditori per assistere alla liquidazione e determina le altre modalità della liquidazione.

Il liquidatore, dunque, provvede alla liquidazione dei beni ceduti attenendosi, in linea generale, alle modalità indicate dal tribunale ed opera sotto la vigilanza del commissario giudiziale. Qualora, inoltre, l'attività di liquidazione comporti la vendita di aziende e rami di aziende, beni immobili e altri beni iscritti in pubblici registri, nonchè cessioni di attività e passività dell'azienda e di beni e rapporti giuridici individuali in blocco, ai sensi dell'art. 182, comma 4, L. Fall., il liquidatore dovrà chiedere la previa autorizzazione del comitato dei creditori.

Il successivo comma 6, prevede, inoltre, l'applicabilità dell'art. 33, comma 5, primo, secondo e terzo periodo, sostituendo al curatore il liquidatore. Ciò comporta che anche il liquidatore, al pari del curatore, è tenuto, con periodicità semestrale dalla nomina, alla redazione del rapporto riepilogativo delle attività svolte, accompagnato dal conto della sua gestione.

La medesima norma estende, inoltre, al liquidatore talune disposizioni valevoli per il curatore del fallimento in tema di requisiti per la nomina a curatore e di incompatibilità (art. 28), accettazione (art. 29), revoca (art. 37), responsabilità (art. 38), compenso (art. 39) e rendiconto (art. 116); ciò sempre in quanto compatibili.

3. Il tema che il ricorso pone attiene alla qualifica da attribuire al liquidatore al quale, a differenza che per il commissario giudiziale (art. 165), per il curatore (art. 30) o per il commissario liquidatore (art. 199), la legge fallimentare non attribuisce espressamente la qualifica di pubblico ufficiale.

Analogo silenzio normativo è rinvenibile anche nel codice della crisi dell'impresa e dell'insolvenza (D.Lgs. n. 12 gennaio 2019, n. 14), in cui sono rinvenibili analoghe disposizioni in merito alla qualifica pubblicistica del commissario giudiziale (art. 92), del curatore (art. 127) e del commissario liquidatore (art. 302).

Tale dato normativo è stato valorizzato da uno degli orientamenti ermeneutici emersi nella giurisprudenza di questa Corte, cui ha aderito l'ordinanza impugnata, per escludere la qualifica pubblicistica del liquidatore.

Si è, infatti, affermato che il liquidatore giudiziale nominato nella procedura di concordato preventivo non è pubblico ufficiale, poichè ad esso, a differenza di altre figure soggettive, quali quelle del curatore, del commissario giudiziale e del commissario liquidatore, la legislazione fallimentare non attribuisce espressamente tale qualifica (Sez. 5, n. 15951 del 16/01/2015, Bandettini, Rv. 263264; Sez. 6, n. 367 del 03/02/1988, dep. 1989, Giustetto, Rv. 180162).

In particolare, la sentenza Bandettini è pervenuta a tale conclusione considerando, oltre al dato normativo, le argomentazioni attraverso le quali le Sezioni Unite di questa Corte hanno escluso la configurabilità del reato di bancarotta con riferimento alle condotte del liquidatore (Sez. U, n. 43428 del 30/09/2010, Corsini, Rv. 248381). Si è, in particolare, considerato che il liquidatore è nominato dal Tribunale con la sentenza di omologazione del concordato preventivo, nel solo caso in cui quest'ultimo consista unicamente nella cessione dei beni, ed opera sotto il controllo del commissario giudiziale, nominato con il decreto dispositivo della procedura, secondo la previsione dell'art. 163 L. Fall., con funzioni di vigilanza che investono anche il rispetto delle modalità di liquidazione stabilite con la sentenza di omologazione. Si è, pertanto, escluso che il mero dato dell'inserimento del liquidatore nella procedura del concordato preventivo sia sufficiente ai fini del riconoscimento, nell'attività dello stesso, dell'esercizio di una pubblica funzione, esercizio che, ad avviso della Corte, è pienamente e direttamente ravvisabile nella posizione sovraordinata del commissario giudiziale.

Anche nella giurisprudenza delle Sezioni civili di questa Corte, sia pure a fini diversi da quelli rilevanti in questa Sede, il liquidatore è stato considerato in talune pronunce non quale organo della procedura pubblica, bensì quale mandatario dei creditori (si veda Cass. civ., Sez. 6 - 1, n. 7021 del 08/05/2012, Rv. 622382 che, in tema di equa riparazione per violazione della durata ragionevole del processo, ha escluso la responsabilità dello Stato ai sensi della L. 29 marzo 2001, n. 89, con riferimento alla protrazione nel tempo dell'attività dei liquidatori nominati con la sentenza di omologazione del concordato preventivo, poichè detta attività non rientra nell'organizzazione del servizio pubblico della giustizia).

In termini speculari a tale orientamento giurisprudenziale, anche in dottrina si è sostenuto che il concordato con cessione dei beni non comporta un trasferimento dei beni ai creditori ma solo il conferimento ai creditori di un mandato in rem propriam a liquidare i beni e a ripartire il ricavato.

4. La natura pubblicistica del liquidatore concordatario è stata, invece, affermata da una remota pronuncia di questa Corte. Si tratta di Sez. 5, n. 4761 del 11/11/1994, Moras, Rv. 200446, in cui è stato affermato che "il liquidatore della "cessio bonorum" del concordato preventivo è pubblico ufficiale ai sensi dell'art. 357 c.p. Egli svolge, infatti, un "munus publicum" inserito in un procedimento giudiziario che trae origine da una sentenza di omologazione e che si svolge sulla base di modalità precisate da quest'ultima, sotto il controllo di organi giudiziari e per finalità di interesse generale.".

In particolare, la Corte, confrontandosi con la tesi che considera il liquidatore come un mandatario alla gestione e liquidazione dei beni, ha evidenziato la presenza di elementi di natura pubblicistica anche nella fase esecutiva del concordato avuto riguardo:

- alla nomina del liquidatore (o dei liquidatori) con il decreto di omologazione;

- alla disciplina con detto decreto delle modalità della liquidazione, delimitandosi in tal modo i poteri del liquidatore, che non può considerarsi come mandatario dei creditori;

- alla sottoposizione al controllo del commissario giudiziale;

- all'obbligo di rendiconto;

- al potere di revoca dell'incarico da parte del tribunale; ciò sulla base della giurisprudenza di legittimità e di merito che, all'epoca dei fatti, aveva esteso al liquidatore la disciplina dettata dalla legge fallimentare per il curatore.

Sulla base di tali caratteristiche della funzione, la Corte ha affermato che il liquidatore opera come organo della procedura esecutiva del concordato preventivo, avendo la sua attività lo scopo di portare ad esecuzione l'incarico conferitogli dal tribunale con le modalità dettate nel decreto di omologazione. "Di qui l'interesse pubblico a che il concordato giunga a compimento e la liquidazione si realizzi con criteri di imparzialità e correttezza, secondo le modalità stabilite nella sentenza di omologazione del concordato preventivo (gli interessi privati dei creditori, pur innegabili anche in questa fase, sono tutelati solo mediante il diritto di "assistenza" alla liquidazione)".

Il liquidatore ad avviso della Corte è, dunque, pubblico ufficiale in quanto esercita una pubblica funzione giudiziaria.

Rispondendo anche all'ulteriore rilievo della mancata attribuzione di detta qualifica nella legge fallimentare, la Corte ha, inoltre, evidenziato che la funzione dell'art. 357 c.p. è di stabilire i criteri in base ai quali, in assenza dell'espresso conferimento della qualifica da parte del legislatore, il soggetto debba essere ritenuto pubblico ufficiale, in considerazione delle funzioni svolte.

Ad ulteriore conferma della tesi sostenuta si è, infine, rilevato che l'art. 12 disp. att. c.c. attribuisce espressamente la qualifica di pubblico ufficiale ai liquidatori delle persone giuridiche estinte.

5. Il Collegio condivide l'orientamento che riconosce la qualifica di pubblico ufficiale al liquidatore nel concordato con cessione dei beni.

Secondo la prospettiva funzionale-oggettiva che ispira l'art. 357 c.p., ciò che, infatti, rileva agli effetti penali è l'inquadrabilità o meno dell'attività svolta nella pubblica funzione legislativa, amministrativa o giudiziaria.

A tal fine, va, innanzitutto, considerato che, come affermato dalle Sezioni Unite civili di questa Corte con la sentenza n. 19506 del 16/7/2008, la fase esecutiva del concordato con cessione dei beni, soprattutto se affidata al liquidatore designato dal tribunale, ha carattere giurisdizionale ed è riconducibile alla più vasta categoria dei procedimenti di esecuzione forzata (in senso lato) al pari della procedura fallimentare. Ad avviso delle Sezioni Unite, infatti, tale fase "si realizza in un contesto proceduralizzato dai dettami del concordato omologato, attraverso atti che il debitore non sarebbe più libero di non compiere, per finalità satisfattorie dei creditori del tutto analoghe a quelle della procedura esecutiva fallimentare ed in un contesto di controlli pubblici del pari destinati a garantire il raggiungimento di tale finalità". Sulla base di tali coordinate ermeneutiche, le Sezioni Unite - sottolineando anche l'"accostamento" della liquidazione concordataria a quella fallimentare desumibile dal rinvio contenuto agli artt. da 105 a 108-ter legge. fall., in quanto compatibili, contenuto all'art. 182, comma 5, L. Fall. - hanno, pertanto, affermato che è assoggettabile a ricorso per cassazione, a norma dell'art. 111, comma 7, Cost., il provvedimento con cui il tribunale accolga (o rigetti) il reclamo proposto contro un decreto emesso dal giudice delegato in tema di vendita dei beni del debitore, nella fase esecutiva di un concordato preventivo per cessione dei beni omologato dal medesimo tribunale dovendosi estendere - sulla base di un'interpretazione sistematica dell'ordinamento, imposta dalla necessità di rispettare il principio di uguaglianza - il regime di ricorribilità applicabile, a norma degli artt. 617 e 618 c.p.c., per i provvedimenti del giudice dell'esecuzione non altrimenti impugnabili. Infatti, i suddetti provvedimenti del giudice delegato rientrano nel novero degli atti di giurisdizione esecutiva, assolvendo ad una funzione corrispondente a quella dei provvedimenti di analogo tenore emessi nell'ambito della liquidazione fallimentare (Rv. 604263).

Considerata, dunque, la natura giurisdizionale della fase esecutiva del concordato con cessione dei beni, ritiene il Collegio che il liquidatore concordatario rappresenta, al pari del commissario giudiziale, un organo della procedura, investito di una funzione giudiziaria, quale ausiliario designato dal tribunale con il decreto di omologazione. Il liquidatore, infatti, sovrintende alla fase esecutiva del concordato nell'ambito della quale provvede alle attività di gestione dei beni funzionali alla liquidazione (Cass. civ., Sez. 1, n. 5663 del 26/02/2019, Rv. 652820), secondo le modalità dettate con il decreto di omologazione e sotto la vigilanza del commissario giudiziale, ed è investito della legittimazione processuale nelle controversie liquidatorie e distributive (Cass. civ., Sez. 2, n. 26982 del 14/09/2022, Rv. 665946), assicurando che detta fase si svolga in modo legittimo, a tutela degli interessi di tutti i creditori interessati dalla procedura, compresi quelli dissenzienti.

Secondo alcune pronunce delle Sezioni civili di questa Corte, la funzione svolta dal liquidatore è equiparabile a quella svolta dal curatore del fallimento (Cass. Civ., Sez. 1, n. 7591 del 15/4/2016, Rv. 639257); ed infatti, nello svolgimento della sua funzione, è tenuto ad osservare, oltre che le specifiche indicazioni dettate dal tribunale, anche talune prescrizioni specificamente previste per il curatore fallimentare (ciò in virtù del rinvio contenuto nell'art. 182 L. Fall.), al quale, come detto, la legge attribuisce espressamente la qualifica di pubblico ufficiale. In particolare, il liquidatore deve: a) tenere uno specifico registro preventivamente vidimato da almeno un componente del comitato dei creditori, in cui annotare giornalmente le operazioni relative alla sua amministrazione (art. 38); b) redigere con cadenza semestrale un rapporto riepilogativo da inviare al commissario giudiziale il quale, a sua volta, lo comunica ai creditori (artt. 33, comma 5, e 182, ultimo comma); c) presentare il rendiconto della sua gestione che, ai sensi dell'art. 116, ultimo comma, L. Fall., richiamato dall'art. 182, viene sottoposto all'esame dei creditori nell'ambito di un'apposita udienza fissata dinanzi al giudice delegato ed è soggetto ad approvazione da parte del medesimo giudice, con decreto, se non vi sono contestazioni o se viene raggiunto un accordo o, in caso contrario, da parte del collegio che provvederà all'esito di apposito procedimento in camera di consiglio.

5.1 Ritiene, inoltre, il Collegio che le conclusioni circa la qualifica pubblicistica del liquidatore concordatario non sono in contrasto con la previsione normativa che impone la previa autorizzazione del comitato dei creditori per gli atti liquidatori di particolare rilevanza indicati dall'art. 182, comma 4, trattandosi di una disposizione strettamente correlata alla innegabile componente negoziale che connota la procedura concordataria nella quale, come affermato dalla sentenza delle Sezioni Unite, n. 43428 del 30/09/2010, Corsini, coesistono interessi di diversa natura, non escluso quello pubblicistico correlato al superamento della crisi economica dell'impresa interessata ed alla prevenzione di tutte le ulteriori ripercussioni a questa correlate in caso di fallimento dell'imprenditore.

5.2 Anche il silenzio normativo sulla qualifica pubblicistica del liquidatore concordatario non ha la valenza dirimente sostenuta dall'orientamento qui disatteso, dovendosi, di contro, evidenziare che laddove il legislatore ha inteso escludere la qualifica pubblicistica lo ha previsto espressamente come nel caso dell'arbitro (si veda al riguardo l'art. 813 c.p.c. che prevede espressamente che agli arbitri non compete la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio).

5.3 Nè a diverse conclusioni può giungersi, come sostenuto dall'orientamento qui disatteso, sulla base delle considerazioni espresse dalle Sezioni Unite nella citata sentenza n. 43428 del 30/09/2010, Corsini, Rv. 248381.

In tale pronuncia, infatti, la Corte ha escluso che il liquidatore nominato nel concordato preventivo con cessione dei beni possa essere considerato soggetto attivo dei reati di bancarotta fraudolenta o semplice richiamati nell'art. 236, comma 2, n. 1, L. Fall., in quanto non si identifica con alcuno dei soggetti espressamente indicati nella suddetta disposizione e, in particolar modo, tra questi, con i "liquidatori di società".

Va, tuttavia, considerato che l'elemento determinante per la soluzione della questione non è stata la qualifica, pubblicistica o meno, del liquidatore concorsuale, quanto, piuttosto, la sua non assimilabilità alla figura del liquidatore delle società, difettando nel primo il rapporto organico con la società (solo il secondo, infatti, è un organo della società nominato dall'assemblea), rapporto che costituisce la ratio stessa dell'applicabilità delle disposizioni di cui agli artt. 223 e 224 L. Fall. Peraltro, confrontandosi con talune posizioni dottrinali che paventavano il possibile determinarsi di vuoti di tutela, la Corte, senza affrontare il tema della qualifica del liquidatore, ha rilevato che si tratterebbe di vuoti relativi perchè, "a seconda delle situazioni, possono comunque soccorrere - indipendentemente da possibili riflessi di stampo pubblicistico - figure criminose comuni come l'appropriazione indebita e la truffa." Il percorso argomentativo seguito da questa decisione muove da talune considerazioni preliminari sulla natura dell'istituto in esame la cui finalità, chiariscono le Sezioni Unite, non è più solo quella di evitare il fallimento dell'imprenditore attraverso la riduzione del passivo concordata con i creditori, perseguendo la procedura "un fascio composito di interessi (non escluso quello pubblico ad evitare le ripercussioni del dissesto)".

La sentenza, inoltre, ha analizzato le due concorrenti teorie che contrappongono ad un inquadramento esclusivamente privatistico dell'istituto una configurazione in chiave processualistica. Una prima teoria, infatti, ne afferma la natura privatistico-negoziale, ponendo l'accento sull'accordo raggiunto tra il debitore ed i creditori (assorbente anche la minoranza dissenziente) rispetto al quale l'omologazione si pone come una mera condizione di efficacia; la contrapposta tesi processualistica considera, invece, il concordato come un processo giurisdizionale in cui la sentenza di omologazione - della quale l'accordo costituisce solo un presupposto - determina l'espropriazione del diritto degli stessi creditori a vantaggio della collettività attraverso l'intervento di organi statuali sul diritto di disposizione del debitore.

Le Sezioni Unite non hanno, tuttavia, adottato alcuna delle soluzioni esaminate e ciò in considerazione della coesistenza di entrambi i profili valorizzati dalle due tesi ermeneutiche. Invero, pur dando atto che, a seguito delle riforme dell'istituto nel 2005 e poi nel 2007 (D.L. n. 35 del 2005 conv. dalla L. n. 80 del 2005 e D.Lgs. n. 169 del 2007), in cui, tra l'altro, è stato modificato il presupposto (crisi economica e non più stato di insolvenza) ed eliminato il controllo di meritevolezza e qualsiasi controllo giudiziale sul merito della proposta di concordato, è stata accentuata la componente negoziale dell'istituto con contestuale ridimensionamento della componente processuale e, dunque, dell'intervento statuale, la Corte ha, comunque, ritenuto impossibile spiegare alla luce dell'autonomia privata taluni effetti della procedura, quale la paralisi delle azioni esecutive e la prevalenza della volontà della maggioranza dei creditori.

Tale coesistenza di interessi e di profili, pubblicistici e privatistici, sembra connotare, nella ricostruzione delle Sezioni Unite, anche la figura del liquidatore in relazione al quale hanno affermato che se nella fase iniziale del processo riformatore in merito all'estensione al liquidatore di talune disposizioni previste per il curatore (artt. 28, 29, 37, 38, 29, 166 L. Fall.) "la marcata degiurisdizionalizzazione del modello concorsuale suscitava dubbi sulla possibilità di ritenere il liquidatore titolare di un munus pubblico, le modifiche apportate dal "decreto correttivo" n. 169 del 2007 (..) si possono leggere come un passo nel senso inverso, seppure contraddittoriamente bilanciato dalla scelta di demandare l'autorizzazione della vendita di alcuni tipi di beni al comitato dei creditori" che riduce gli Spa zi di autonomia e di discrezionalità degli organi della procedura e, in particolare, del liquidatore.

5.4 Ad avviso del Collegio, anche il percorso argomentativo adottato dalle Sezioni Unite nella sentenza Corsini conferma la coesistenza, nell'ambito della procedura concordataria con cessione dei beni, di una componente negoziale e di altra, sia pure residuale, componente processualistica-pubblicistica.

Tale coesistenza delle due componenti è rinvenibile anche nella fase esecutiva del concordato che, tuttavia, mantiene, comunque, carattere processuale.

L'apertura di tale fase, comporta, infatti, la giurisdizionalizzazione dell'esecuzione dell'accordo, provvedendo l'autorità giudiziaria, oltre che alla nomina del liquidatore, tra l'altro, anche alla indicazione delle modalità della liquidazione, alla soluzione delle controversie ad essa relative (ad esempio, in merito al trasferimento dei beni) ed alla approvazione del rendiconto finale.

Anche in tale fase permane una forte presenza della componente negoziale che si manifesta con l'autorizzazione necessaria per il compimento degli atti indicati dall'art. 182, comma 5, da parte del liquidatore.

Peraltro, contrariamente a quanto sostenuto dal difensore dell'indagato, il carattere eventuale della nomina del liquidatore non vale a privare la fase esecutiva della sua natura giurisdizionale, sia pure entro il limitato perimetro dettato dalla esecuzione del concordato e con la concorrente incidenza della componente negoziale.

6. All'accoglimento del ricorso segue l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Avellino competente ai sensi dell'art. 324, comma 5, c.p.p..

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Avellino competente ai sensi dell'art. 324, comma 5, c.p.p. Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2023.

Conclusione

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2023