I ricorsi, tra di loro in massima parte sovrapponibili, sono manifestamente infondati.
1. E' manifestamente infondato il primo motivo di entrambi i ricorsi, dedicato ai gravi indizi di colpevolezza.
In esso si sostiene che i gravi indizi sono stati ricavati soprattutto dagli elementi di prova ottenuti in occasione del controllo del (Omissis) della (Omissis), su cui viaggiava A.A., e su cui durante il controllo fu installato in modo surrettizio un g.p.s. Nel ricorso si sostiene che gli elementi di prova derivati dal controllo della (Omissis) sarebbero stati svalutati nella parte in cui erano favorevoli agli imputati; si aggiunge che essi sarebbero, invece, inutilizzabili nella parte in cui derivano dall'acquisizione di tablet e cellulare avvenuta per opera della polizia giudiziaria senza un provvedimento di un magistrato; inoltre, le risultanze del g.p.s. ottenute fuori dal territorio nazionale non sarebbero utilizzabili senza una rogatoria internazionale.
Si aggiunge che i 10 cittadini iracheni trasportati sulla (Omissis) erano tutti in possesso dei documenti per l'ingresso in (Omissis) ed erano turisti, circostanza che avrebbe potuto essere loro chiesta ma gli stessi non erano stati sentiti dalla polizia giudiziaria procedente, e che la rotta verso (Omissis) è stata intrapresa solo per rifornirsi di carburante, cibo ed acqua; il denaro rinvenuto a bordo della nave non sarebbe ingente, ma appena compatibile per le esigenze di un viaggio di quel tipo.
Il motivo è manifestamente infondato.
1.1. La ordinanza del Tribunale del riesame motiva l'esistenza dei gravi indizi di colpevolezza con la circostanza che gli indagati sono stati trovati di notte, al largo delle coste della (Omissis), su una imbarcazione, di cui non è contestato costituissero l'equipaggio, insieme a 10 cittadini iracheni privi di tiolo per entrare in Italia.
Nel ricorso si sostiene che i cittadini iracheni avessero un permesso per entrare per motivi turistici in (Omissis), ma sul punto il ricorso difetta di autosufficienza non allegando, nè trascrivendo integralmente, l'atto del fascicolo da cui risulta questa circostanza. Nel ricorso si sostiene che sarebbe stato possibile ascoltare i cittadini iracheni per sapere da loro qual era il motivo del viaggio, ma si tratta di considerazione non in grado di viziare la motivazione del Tribunale del riesame, che decide sulla base del materiale investigativo che ciascuna delle parti ha depositato. Nel ricorso si sostiene che la rotta verso la (Omissis) era stata impostata negli strumenti di bordo per rifornirsi di carburante, cibo ed acqua, ma anche sul punto il ricorso difetta di autosufficienza non allegando, nè trascrivendo integralmente, l'atto del fascicolo da cui risulterebbe questa circostanza. Nel ricorso si sostiene che, a differenza di quanto sostenuto nella ordinanza impugnata, il denaro rinvenuto a bordo della nave non sarebbe ingente, ma appena compatibile per le esigenze di un viaggio di quel tipo, ma l'argomento non si confronta correttamente con la motivazione della ordinanza impugnata, che ha riferito le "copiose disponibilità finanziarie" al precedente controllo del (Omissis) sull'(Omissis), e non al sequestro preventivo del (Omissis) di quanto rinvenuto sul (Omissis). 1.2. Il ricorso è manifestamente infondato anche nella parte in cui contesta gli ulteriori elementi probatori derivati dal precedente controllo sull'(Omissis).
E' anzitutto inammissibile la deduzione che sarebbero state ingiustamente svalutate le dichiarazioni, favorevoli all'indagato A.A., rese dai migranti sbarcati in (Omissis) poche ore prima del controllo sull'(Omissis), secondo cui la nave su cui erano trasportati batteva bandiera italiana (la (Omissis) batteva bandiera di altro Stato), perchè sul punto il ricorso difetta di autosufficienza in quanto non allega, nè trascrive integralmente, il verbale delle dichiarazioni da cui emergerebbe tale circostanza.
1.3. E' poi infondata l'eccezione di inutilizzabilità dei dati acquisiti dal tablet e dal cellulare in uso a A.A. durante il viaggio sull'(Omissis), perchè, a prescindere dalla procedura che avrebbe dovuto essere seguita nell'ipotesi in cui la stessa fosse avvenuta coattivamente (la polizia giudiziaria ha, infatti, un potere autonomo di sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti ad esso, v. art. 354, comma 2, e 355 c.p.p.), nel caso in esame è lo stesso ricorso che precisa che la consegna dei due device informatici è avvenuta in modo spontaneo.
1.4. E' infondata anche l'eccezione di inutilizzabilità dei dati acquisiti dal g.p.s. (global positioning system) collocato sull'(Omissis) nella parte in cui ha tracciato la posizione della imbarcazione fuori dal territorio nazionale senza una rogatoria internazionale.
Il sistema del codice di procedura penale non prevede la necessità di passare sempre attraverso rogatoria internazionale, o strumenti equivalenti, quando si compie una attività di indagine all'estero. Proprio perchè la rogatoria è tecnicamente una richiesta di assistenza giudiziaria rivolta alle autorità giudiziarie di altro Stato, tale strumento non deve essere usato quando tale assistenza non è necessaria, perchè l'attività di indagine può essere effettuata in autonomia direttamente dal territorio dello Stato.
E' principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che sono utilizzabili le intercettazioni, effettuate senza rogatoria internazionale, di utenze che si trovano all'estero quando l'attività di captazione sia effettuata in Italia (Sez. 3, Sentenza n. 25833 del 03/03/2016, Violi, Rv. 267090: in tema di intercettazioni telefoniche, non è necessario esperire una rogatoria internazionale allorquando l'attività di captazione e di registrazione del flusso comunicativo avvenga in Italia e tanto sia nel caso di utenza mobile italiana in uso all'estero, sia nel caso di utenza mobile straniera in uso in Italia, richiedendosi il ricorso alla rogatoria solo nell'ipotesi in cui l'attività captativa sia diretta a percepire contenuti di comunicazioni o conversazioni transitanti unicamente su territorio straniero; conforme Sez. 3, Sentenza n. 10788 del 29/01/2016, Rao, Rv. 266490).
Più di recente, è stato ritenuto che anche l'intercettazione ambientale delle conversazioni che avvengono in una autovettura non necessiti di rogatoria internazionale nel momento in cui l'autovettura si sposta all'estero (Sez. 2, Sentenza n. 51034 del 04/11/2016, Potenza, Rv. 268514: l'intercettazione di comunicazioni tra presenti eseguita a bordo di una autovettura attraverso una microspia installata nel territorio nazionale, dove si svolge altresì l'attività di captazione, non richiede l'attivazione di una rogatoria per il solo fatto che il suddetto veicolo si sposti anche in territorio straniero ed ivi si svolgano alcune delle conversazioni intercettate).
Nello stesso senso è stato ritenuto, ancora più di recente, che finanche l'intercettazione ambientale a mezzo "captatore informatico" installato in Italia non necessiti di rogatoria internazionale nel momento in cui il device su cui è installato si sposta all'estero (Sez. 2, Sentenza n. 29362 del 22/07/2020, Cerisano, Rv. 279815: l'intercettazione ambientale a mezzo "captatore informatico" installato in Italia su telefono collegato ad un gestore nazionale, non richiede l'attivazione di una rogatoria internazionale per il solo fatto che le conversazioni siano eseguite in parte all'estero, e temporaneamente registrate tramite wifi locale, a causa dello spostamento dell'apparecchio sul quale è inoculato il " malware", atteso che la captazione ha avuto origine e si è comunque realizzata in Italia, attraverso le centrali di ricezione presso la procura della Repubblica).
Ne consegue che, in conformità ai principi affermati più volte dalla Corte di legittimità, deve ritenersi che a fortiori anche nel caso del g.p.s., strumento di ricerca della prova meno invasivo della intercettazione telefonica o ambientale o di quella tramite captatore, se lo stesso viene collocato nel territorio dello Stato su veicolo o altra cosa che poi successivamente si sposta all'estero, l'utilizzazione dei risultati del tracciamento degli spostamenti avvenuti all'estero non necessiti di rogatoria internazionale.
1.5. E' manifestamente infondata da ultimo, anche la deduzione, propria solo del ricorso B.B., che a questi non potrebbero estendersi gli elementi di prova derivanti dal controllo sull'(Omissis), perchè in esso A.A. era stato controllato con altro marinaio. La deduzione, pur corretta in fatto, non è idonea a viziare il percorso logico della decisione del Tribunale del riesame, in quanto legittimamente il Tribunale ha ritenuto che la sovrapposizione delle rotte dell'(Omissis) e del (Omissis) e del modus operandi dei due equipaggi rinvenuti a bordo degli stessi inducesse a trarre elementi di prova nel senso che il viaggio sulla (Omissis) fosse finalizzato a far entrare nel territorio dello Stato i 10 cittadini iracheni con cui B.B. è stato sorpreso a bordo della nave il (Omissis).
2. E' manifestamente infondato anche il secondo motivo di entrambi i ricorsi, dedicato alle esigenze cautelari.
In esso si sostiene l'esistenza del vizio di motivazione nella valutazione delle esigenze cautelari, in quanto la motivazione sulla custodia in carcere sarebbe basata su una illegittima presunzione assoluta di idoneità della stessa e non sarebbe stata presa in considerazione la possibilità di misure meno afflittive.
Il Tribunale ha motivato la scelta della misura cautelare con la considerazione che i due imputati sono privi di domicilio nel territorio dello Stato, e che qualsiasi altra misura non garantirebbe il pericolo di fuga, e conseguentemente neanche quello di reiterazione del reato. Nel ricorso si sostiene con osservazione di tipo generale che la semplice circostanza dell'essere privi di domicilio nel territorio dello Stato non è sufficiente per sostenere la adeguatezza della custodia in carcere, perchè altrimenti ne deriverebbe una sorta di automatismo tra la prima e la seconda.
Il motivo è manifestamente infondato, perchè, in presenza dell'esigenza cautelare specifica del pericolo di fuga, non è illogica la decisione del Tribunale del riesame che ha ritenuto che la circostanza che il soggetto attinto da misura cautelare non abbia domicilio nel territorio dello Stato giustificasse l'applicazione della custodia in carcere.
L'esigenza cautelare del pericolo di fuga tutela dalla possibilità che una persona indiziata di essere autrice del reato si sottragga al processo. La "volontà di allontanarsi" che lo caratterizza (Sez. 5, Sentenza n. 5821 del 13/11/2017, dei:). 2018, Pittia, Rv. 272107) può essere in modo logico desunta anche dalla mancanza di radicamento del territorio dello Stato e dall'esservi il soggetto indiziato entrato soltanto per commettere il reato.
Ed, una volta desunta in tal modo, il giudice è tenuto a scegliere una misura che garantisca a sufficienza tale esigenza" in presenza di una situazione quale quella di una persona che non ha domicilio nel territorio dello Stato, ma ne ha, invece, uno in territorio di altro Stato, non è illogico che nel caso in esame sia stato ritenuto che misura idonea a garantire l'esigenza cautelare fosse l'unica che non passa attraverso la necessaria collaborazione dell'interessato.
3. Ai sensi dell'art. 616, comma 1, c.p.p., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonchè al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1 ter, disp. att. c.p.p..
Conclusione
Così deciso in Roma, il 1 marzo 2023.
Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2023