Giu Il profitto, confiscabile anche per equivalente, del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 22 marzo 2023 N. 12084
Massima
Il profitto, confiscabile anche per equivalente, del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, va individuato nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell'Amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase, con la conseguenza che lo stesso non è configurabile, e non è quindi possibile disporre o mantenere il sequestro funzionale all'ablazione, in caso di annullamento della cartella esattoriale da parte della commissione tributaria, con sentenza anche non definitiva, e di correlato provvedimento di "sgravio" da parte dell'Amministrazione finanziaria. Analogamente va affermato anche nel caso in cui il debito tributario sia stato adempiuto, trattandosi di una fattispecie che - al pari di quella in cui è stata riconosciuta l'insussistenza della pretesa tributaria - si connota ugualmente per il venir meno del debito rispetto al quale il patrimonio del contribuente funge da garanzia patrimoniale per l'erario.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE - 22 marzo 2023 N. 12084

1. I ricorsi sono fondati.

2. Il primo motivo di ricorso concerne la ritenuta irrilevanza dell'avvenuto adempimento del debito tributario, in relazione al quale era stato disposto il sequestro dei beni confluiti nel trust costituito dal A.A., nonchè nell'acquisto dell'immobile in cui questi abita, pur se formalmente intestato ad una società ricollegabile al predetto indagato.

Occorre premettere che, nella sentenza rescindente, tale profilo non è stato esaminato, in quanto all'epoca non era intervenuto l'integrale pagamento, bensì vi era stato solo il parziale accoglimento dell'istanza di rateizzazione delle somme iscritte a ruolo (si veda p.3.1.5 Sez.2, n. 16538 del 25/2/2022). Sul punto, quindi, il Tribunale, decidendo in sede di rinvio, non era vincolato da alcun principio di diritto, nè la questione dedotta dai ricorrenti esula dall'oggetto del giudizio così come delimitato per effetto della sentenza rescindente. A tal riguardo, la giurisprudenza ha già avuto modo di precisare che, in materia di impugnazioni di provvedimenti cautelari, il giudice del rinvio non può abbandonare il thema decidendum, segnato dai motivi di ricorso che hanno determinato l'annullamento, e definire il giudizio attraverso l'introduzione di nuovi punti per la decisione, ma deve, in primo luogo, eliminare il vizio rilevato dalla Corte di cassazione, e solo successivamente, muovendo da tale presupposto, può affrontare ulteriori questioni attinenti all'attualità delle condizioni legittimanti la cautela, poichè, per effetto del collegamento sequenziale tra pronuncia rescindente e fase rescissoria, non deve venire meno la continuità di oggetto del giudizio (Sez.6, n. 2, n. 11209 del 9/2/2016, Rosi, Rv. 266427).

Applicando tale principio al caso di specie, il Tribunale ha provveduto a rivedere il giudizio precedentemente espresso in ordine all'individuazione del profitto del reato, così come richiesto nella sentenza rescindente e, una volta acclarato tale dato, era tenuto a verificare l'effetto della sopravvenuta estinzione del debito tributario.

2.1. Acclarato che l'esame del fatto nuovo non determina il superamento dei limiti di giudizio riconosciuti al giudice del rinvio, si può procedere a valutare la correttezza della soluzione recepita dal Tribunale, secondo cui sarebbe irrilevante l'intervenuta estinzione del debito tributario, proprio perchè il profitto del reato sarebbe scollegato dall'entità del debito ed andrebbe parametrato al valore dei beni sottratti alla garanzia dell'erario.

Si tratta di una soluzione che non è condivisibile per una pluralità di ragioni.

In primo luogo, occorre premettere che il tema dell'individuazione del profitto del reato di cui all'art. 11 d.lg. n. 74 del 2000 deve essere tenuto distinto dall'ulteriore aspetto concernente gli effetti conseguenti all'estinzione del debito tributario, dovendosi valorizzare il rapporto strumentale esistente tra il sequestro preventivo e le finalità complessivamente sottese alla disciplina della confisca contenuta all'art. 12-bis.

La confisca in ambito tributario è, per sua natura, collegata al recupero delle imposte evase ed in quest'ottica l'art. 12-bis introduce un sistema finalizzato a favorire l'adempimento del debito tributario prevedendo, a fronte di tali condotte, l'esclusione della confisca del profitto. Si tratta di una disposizione che si inserisce nella più ampia logica del sistema penale tributario, nell'ambito del quale le condotte di ravvedimento, mediante pagamento del debito tributario, sono valorizzate anche al fine di escludere la punibilità del reato o di attenuazione della sua gravità (artt. 13 e 14).

In definitiva, l'intero apparato sanzionatorio è calibrato in modo tale da tener conto - sia con riguardo alle conseguenze patrimoniale, che alla configurazione dell'attenuante speciale o della causa di non punibilità - dell'adempimento del debito, valorizzando la strumentalità dell'apparato penale rispetto all'esigenza di recupero delle imposte evase o non dichiarate.

Fatta tale premessa, si ritiene che non vi siano valide ragioni in punto di diritto per escludere l'applicabilità dell'art. 12-bis anche al sequestro del profitto del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

Una volta che l'adempimento è intervenuto, infatti, viene meno il rapporto di strumentalità necessaria tra il sequestro del profitto e la procedura di riscossione coattiva, proprio perchè tale fase non è più necessaria. Ne consegue che, ferma restando la sussistenza del reato, l'esigenza di disporre la misura cautelare reale viene necessariamente meno, non ponendosi più la necessità della riscossione coattiva e non essendo neppure ipotizzabile una maggiore difficoltà nel recupero dell'imposta dovuta.

Il sequestro del profitto del reato di cui all'art. 11, infatti, è finalizzato ad imporre un vincolo sui beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell'erario, ma ove il debito tributario è estinto, cessa anche l'esigenza di salvaguardare la garanzia patrimoniale del debitore.

All'argomento logico-sistematico se ne aggiunge un altro di natura prettamente letterale, dovendosi valorizzare il fatto che l'art. 12-bis, nell'escludere la confiscabiiità del profitto nel caso di adempimento del debito, non limita affatto l'ambito applicativo solo a taluni dei reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, sicchè deve ritenersi che la norma sia applicabile anche al reato di sottrazione fraudolenta dei beni.

2.2. Tali considerazioni trovano l'avallo della giurisprudenza, essendosi ritenuto che il profitto, confiscabile anche per equivalente, del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, va individuato nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell'Amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase, con la conseguenza che lo stesso non è configurabile, e non è quindi possibile disporre o mantenere il sequestro funzionale all'ablazione, in caso di annullamento della cartella esattoriale da parte della commissione tributaria, con sentenza anche non definitiva, e di correlato provvedimento di "sgravio" da parte dell'Amministrazione finanziaria (Sez.3, n. 39187 del 2/7/2015, Lombardi, Rv. 264789).

Analogo principio deve essere affermato anche nel caso in cui il debito tributario sia stato adempiuto, trattandosi di una fattispecie che - al pari di quella in cui è stata riconosciuta l'insussistenza della pretesa tributaria - si connota ugualmente per il venir meno del debito rispetto al quale i patrimonio del contribuente funge da garanzia patrimoniale per l'erario.

2.3. Sulla base di tali principi, pertanto, l'ordinanza va annullata senza rinvio limitatamente all'accoglimento dell'appello del pubblico ministero cui è conseguito il sequestro preventivo in relazione ai capi comma 2) e comma 3), rispettivamente aventi ad oggetto i beni confluiti nel trust costituito dagli indagati, nonchè l'immobile acquistato in data 24 giugno 2020 dalla "(Omissis) Spa " e nella materiale disponibilità di A.A. e B.B..

3. L'accoglimento del primo motivo di ricorso determina l'assorbimento del secondo e terzo motivo, riguardanti rispettivamente il criterio di determinazione del profitto del reato di sottrazione fraudolenta e la legittimità costituzionale, nonchè la compatibilità con i principi Europei, del suddetto criterio.

4. Il quarto motivo di ricorso, concernente il sequestro disposto in relazione al capo A), avente ad oggetto l'omessa dichiarazione di redditi prodotti in Italia da parte di società fittiziamente operante all'estero, è fondato.

I ricorrenti lamentano di aver sollevato specifiche contestazioni sia in ordine alla legittimità del ricorso all'accertamento presuntivo ex art. 39 D.P.R. n. 600 del 1973, sia in relazione alla correttezza dei criteri in concreto utilizzati per la determinazione dell'imposta evasa.

Premesso che nel caso di ricorso per cassazione avverso misure cautelari reali non è consentito dedurre vizi di motivazione, si ritiene che nel caso in esame sia stata effettivamente evidenziata l'omessa motivazione su un punto specificamente devoluto all'esame del Tribunale.

Invero, nell'ordinanza impugnata, l'elemento oggettivo del reato di cui all'art. 5 D.Lgs. n. 74 del 2000 non viene sostanzialmente esaminato, limitandosi il Tribunale a prendere atto che - in base al principio di diritto affermato nella sentenza rescindente - anche in sede penale possono assumere valenza indiziaria gli accertamenti induttivi/presuntivi previsti dalla disciplina tributaria.

Il Tribunale si è limitato a dare atto del principio, omettendo di verificare, rispondendo alle puntuali doglianze sollevate dai ricorrenti, la correttezza dell'accertamento svolto dalla Guardia di Finanza, sia pur nei limiti consentiti dalla fase cautelare. L'omessa motivazione è ancor più evidente ove si consideri che i ricorrenti avevano dedotto uno specifico motivo in diritto relativo alla sussistenza dei presupposti legittimanti l'accertamento induttivo. La risposta su tale questione era necessariamente preliminare e propedeutica al successivo esame del fumus.

Altrettando dicasi per le ulteriori questioni di merito sollevate dai ricorrenti, rispetto alle quali il Tribunale era tenuto a fornire una risposta, non potendosi limitare ad affermare il principio di diritto a sua volta indicato da questa Corte nella sentenza rescindente.

5. Alla luce di tali considerazioni, deve disporsi l'annullamento senza rinvio in relazione ai sequestri disposti con riferimento ai reati di cui ai capi comma 2) e comma 3), mentre, per quanto attiene al sequestro relativo al capo a), l'ordinanza impugnava va annullata con rinvio, dovendo procedere il Tribunale a riesaminare la questione devoluta alla luce di quanto sopra indicato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata in relazione ai sequestri disposti con riferimento al reato di cui al capo C2 e C3, disponendo la restituzione di quanto in sequestro all'avente diritto.

Annulla l'ordinanza impugnata in relazione al sequestro disposto con riferimento al capo A) e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Brescia, competente ai sensi dell'art. 324, comma 5, c.p.p..

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 626 c.p.p. Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2023.

Conclusione

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2023