Giu L'accertamento del superamento della soglia di normale tollerabilità di cui all'art. 844 c.c. comporta, nella liquidazione del danno da immissioni, l'esclusione di qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell'uso
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE - ORDINANZA 14 novembre 2024 N. 29393
Massima
L'art. 844 c.c. impone, nei limiti della normale tollerabilità e dell'eventuale contemperamento delle esigenze della proprietà con quelle della produzione, l'obbligo di sopportazione di quelle inevitabili propagazioni attuate nell'ambito delle norme generali e speciali che ne disciplinano l'esercizio. Viceversa, l'accertamento del superamento della soglia di normale tollerabilità di cui all'art. 844 c.c. comporta, nella liquidazione del danno da immissioni, l'esclusione di qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell'uso poiché, venendo in considerazione, in tale ipotesi, unicamente l'illiceità del fatto generatore del danno arrecato a terzi, si rientra nello schema dell'azione generale di risarcimento danni ex art. 2043 c.c. e specificamente, per quanto concerne il danno non patrimoniale risarcibile, in quello dell'art. 2059 c.c.” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21554 del 03/09/2018, Rv. 650173; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5844 del 13/03/2007, Rv. 597527).

Casus Decisus
Con ricorso ex art. 700 c.p.c. R. di Renato C. e C. S.n.c. e Renato C. in proprio evocavano in giudizio S. S.p.a. innanzi il Tribunale di Brescia, lamentando l’esistenza di immissioni rumorose superiori alla soglia di normale tollerabilità ed invocando la condanna della società convenuta alla loro cessazione, mediante l’adozione di accorgimenti di fonoassorbimento idonei ad evitare la propagazione del rumore. Nella resistenza della convenuta il Tribunale, con ordinanza del 15.12.2010, accoglieva il ricorso, ordinando alla convenuta la cessazione delle immissioni mediante esecuzione degli accorgimenti tecnici indicati dal C.T.U. All’esito del giudizio di merito, con sentenza n. 89/2014, il primo giudice confermava l’ordinanza interdittale, accertando l’intollerabilità delle immissioni ed ordinandone la cessazione, ma rigettava la domanda risarcitoria proposta da R. S.n.c. e C.. Con la sentenza impugnata, n. 142/2019, la Corte di Appello di Brescia rigettava tanto il gravame principale, proposto da S. S.p.a., che quello incidentale, proposto da R. S.n.c. e C., avverso la decisione di prime cure, confermandola. La Corte distrettuale riteneva, in particolare, condivisibile l’argomentazione del Tribunale, secondo cui non possono essere utilizzati, per la misurazione della soglia di rumorosità tollerabile, i parametri previsti per le zone a vocazione industriale, laddove, come nel caso di specie, al loro interno siano presenti anche insediamenti residenziali. Propone ricorso per la cassazione della pronuncia di secondo grado S. S.p.a., affidandosi a due motivi. Resistono con controricorso R. di Renato C. e C. S.n.c. e Renato C. in proprio. Con istanza del 27.3.2023 la parte ricorrente, dopo aver ricevuto la comunicazione della proposta di decisione ai sensi di quanto previsto dall’art. 380-bis c.p.c., ha chiesto la decisione del ricorso, allegando copia della sentenza del Consiglio di Stato n. 8558/2019, pubblicata il 18.12.2019. Il ricorso è stato chiamato una prima volta all’adunanza camerale del 27.10.2023, in esito alla quale, con ordinanza interlocutoria n. 30566/2023, è stato rinviato a nuovo ruolo in attesa della decisione delle Sezioni Unite di questa Corte in relazione all’incompatibilità, del consigliere redattore della proposta di definizione anticipata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., a comporre il collegio che decide il ricorso a seguito di istanza di decisione presentata nel termine prescritto dalla legge. All’esito della pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 9611 del 10.4.2024, il ricorso è stato nuovamente fissato per l’odierna adunanza camerale, in prossimità della quale ambo le parti hanno depositato memoria.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE - ORDINANZA 14 novembre 2024 N. 29393 ORILIA LORENZO

Preliminarmente, il collegio dà atto che, a seguito della pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 9611 del 10 aprile 2024, non sussiste alcuna incompatibilità del presidente della sezione o del consigliere delegato, che abbia formulato la proposta di definizione accelerata, a far parte, ed eventualmente essere nominato relatore, del collegio che definisce il giudizio ai sensi dell’art. 380-bis.1, atteso che la proposta non ha funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta del giudizio di cassazione, con carattere di autonomia e contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa.

Sempre in via preliminare, si evidenzia che unitamente all’istanza di decisione è stata depositata dalla parte ricorrente la sentenza del Consiglio di Stato n. 8558/2019, la quale, secondo la società ricorrente, avrebbe statuito sulla “zonizzazione acustica” dell’area in cui sono compresi gli immobili oggetto di causa, riformando la decisione del T.A.R. per la Lombardia che la Corte di Appello aveva posto a fondamento della decisione oggi impugnata.

Dall’esame della suindicata pronuncia emerge che del Consiglio di Stato ha affermato che la zona in cui sono collocati gli immobili delle parti del presente giudizio è classificata come industriale, anche se in essa vi sono alcune abitazioni. Essa dunque, pur non contenendo una specifica statuizione relativa al livello di immissioni rumorose consentite nell’area, è comunque rilevante ai fini della decisione del presente ricorso, poiché supera, riformandola, la statuizione di prime cure che la Corte di Appello aveva preso in considerazione nella sentenza oggi impugnata.

Passando all’esame dei motivi del ricorso, con il primo di essi si denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 844 c.c., nonché della legge n. 447 del 1995, del D.P.C.M. del 14.11.1997 e della deliberazione della Giunta regionale Lombardia n. 7/9776 del 12.7.2002, perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente individuato il parametro di riferimento per apprezzare la soglia di tollerabilità in vigore nella zona, sulla scorta di una valutazione non condivisibile delle risultanze istruttorie, ai fini del superamento del predetto limite.

La società ricorrente sostiene, in proposito, che, trattandosi di area industriale, non potrebbe farsi riferimento al limite di immissioni previsto per le aree residenziali. La ricorrente, inoltre, si duole del fatto che la Corte di Appello non abbia condotto il contemperamento delle esigenze della produzione con le ragioni della proprietà, prescritto dal secondo comma dell’art. 844 c.c.

La censura è fondata.

La Corte di Appello ha dato atto che nell’area oggetto di causa sono presenti non soltanto insediamenti industriali, ma anche edifici a destinazione residenziale –circostanza, questa, confermata anche dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 8558/2019 indicata nell’istanza di decisione del ricorso– e ha per ciò solo escluso la possibilità di prendere a riferimento i parametri di tollerabilità previsti per le zone ad esclusiva vocazione industriale (cfr. pagg. 10 e s. della sentenza impugnata), senza tuttavia indicare quale sarebbe il parametro in concreto applicabile, né dare atto del suo eventuale superamento, né –infine– operare, in difetto di tale superamento, il contemperamento tra esigenze della produzione e ragioni della proprietà che il secondo comma dell’art. 844 c.c. impone.

Sul punto, va data continuità al principio secondo cui “L'art. 844 c.c. impone, nei limiti della normale tollerabilità e dell'eventuale contemperamento delle esigenze della proprietà con quelle della produzione, l'obbligo di sopportazione di quelle inevitabili propagazioni attuate nell'ambito delle norme generali e speciali che ne disciplinano l'esercizio.

Viceversa, l'accertamento del superamento della soglia di normale tollerabilità di cui all'art. 844 c.c. comporta, nella liquidazione del danno da immissioni, l'esclusione di qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell'uso poiché, venendo in considerazione, in tale ipotesi, unicamente l'illiceità del fatto generatore del danno arrecato a terzi, si rientra nello schema dell'azione generale di risarcimento danni ex art. 2043 c.c. e specificamente, per quanto concerne il danno non patrimoniale risarcibile, in quello dell'art. 2059 c.c.” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21554 del 03/09/2018, Rv. 650173; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5844 del 13/03/2007, Rv. 597527).

Il giudice di merito, dunque, non può limitarsi ad accertare la mera presenza, all’interno di una determinata zona, di insediamenti industriali o di abitazioni residenziali, ma deve innanzitutto indicare quale sia, secondo il suo prudente apprezzamento, il parametro di riferimento in concreto applicabile all’area oggetto della sua valutazione, tenendo conto delle relative caratteristiche e peculiarità; deve poi individuare, alla luce del parametro suindicato, quale sia la soglia di tollerabilità delle immissioni in concreto applicabile nella zona e deve verificare se, in base alle emergenze istruttorie, vi sia stato, o meno, il superamento di detta soglia.

Su quest’ultimo aspetto, va ribadito l’ulteriore principio, del pari affermato da questa Corte, secondo cui “L'art. 844, comma 2, c.c., nella parte in cui rimette alla valutazione del giudice il contemperamento delle esigenze della produzione con le ragioni della proprietà, considerando eventualmente la priorità di un determinato uso, va letto tenendo conto che il limite della tutela della salute è da ritenersi ormai intrinseco nell'attività di produzione, oltre che nei rapporti di vicinato, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata, sicché deve sempre considerarsi prevalente - rispetto alle esigenze della produzione - la soddisfazione di una normale qualità della vita. Ne deriva l'esclusione, in siffatta evenienza, dell'impiego di qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell'uso” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21504 del 31/08/2018, Rv. 650317; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5564 del 08/03/2010, Rv. 611786).

Infatti, con specifico riferimento al profilo della cd. “zonizzazione”, occorre anche ribadire il principio secondo cui il criterio del contemperamento delle esigenze della produzione con le ragioni della proprietà “… non implica che nelle zone a prevalente vocazione industriale debbano necessariamente considerarsi lecite e tollerabili, per il solo fatto della destinazione urbanistica data dalla competente pubblica amministrazione all'area interessata dal fenomeno, le immissioni di qualsiasi natura ed entità determinate dall'attività produttiva, ma implica solo che, nella riconosciuta preminenza dell'interesse collettivo, in termini di prodotto e di occupazione, alla prosecuzione dell'attività immissiva, possa essere effettuata una valutazione comparativa degli interessi dedotti in giudizio …” ai fini dell’individuazione del rimedio più opportuno (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13334 del 29/11/1999, Rv. 531655 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1226 del 01/02/1993, Rv. 480610).

Dal che deriva che il giudice di merito è chiamato a condurre un articolato accertamento in punto di fatto che, nella specie, è mancato. Il secondo motivo, con il quale la società ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo e la violazione o falsa applicazione degli artt. 844 c.c., 6-ter della legge n. 13 del 2009, 4 e 6 della legge n. 447 del 1995, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe dovuto considerare anche il cd. preuso, è assorbito dall’accoglimento della prima doglianza.

L’eventuale preuso, ove ne fosse ritenuta conseguita la prova, sarebbe infatti rilevante soltanto a condizione che si possa attivare il giudizio comparativo di cui al secondo comma dell’art. 844 c.c., già richiamato.

In definitiva, va accolto il primo motivo e dichiarato assorbito il secondo. La sentenza impugnata va di conseguenza cassata, in relazione alla censura accolta, e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Brescia, in differente composizione, la quale si conformerà ai principi di diritto indicati in motivazione.

P. Q. M.

La Corte Suprema di Cassazione accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Brescia, in differente composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda