Giu L'illegittimità di un regolamento comunitario o unionale non costituisce un caso di forza maggiore valevole a prorogare il termine triennale ex art. 236 CDC entro il quale è possibile chiedere il rimborso dei dazi versati
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 30 ottobre 2024 N. 28061
Massima
L'illegittimità di un regolamento comunitario o unionale non costituisce un caso di forza maggiore valevole a prorogare il termine triennale ex art. 236 CDC (cd. Codice Doganale Comunitario) entro il quale è possibile chiedere il rimborso dei dazi versati in applicazione di tale regolamento (sentenza CGUE 1 ottobre 2009, in Causa C-141/08, che aveva annullato parzialmente il Regolamento CE n. 452 del 2007, istitutivo di dazi antidumping sull’importazione degli assi da stiro da Cina ed Ucraina); pertanto, l'annullamento del regolamento istitutivo dei dazi antidumping non determina lo spostamento del termine decadenziale ex art. 236 CDC, la cui decorrenza resta ancorata alla data del versamento (Cass., 26 ottobre 2023, n. 29728; inoltre cfr. 19 settembre 2023, n. 26825).

Casus Decisus
Dalla sentenza impugnata e dagli atti difensivi delle parti si evince che la società S. s.p.a. tra il 2010 e il 2013 nell’importare dalla Repubblica Popolare Cinese tubi senza saldature, in ferro o acciaio, sopportò i dazi antidumping in forza del regolamento CE n. 926/2009. Tale regolamento fu annullato dalla CGUE con sentenza del 7.04.2016, relativa alle cause riunite C-186/14 e C-193/14, nella parte in cui aveva imposto i dazi antidumping sulle esportazioni dei prodotti fabbricati dalla Hubei Xiniegang Steel Co.Ltd. L’1 agosto 2017 la S. richiese la restituzione di restituzione del maggior dazio sopportato per operazioni di importazione definitiva, per il complessivo importo di € 1.139.378,95. L’8 novembre 2017 l’ufficio delle Dogane di Livorno adottò provvedimenti di diniego ai sensi dell’art. 121 del Reg. UE n. 952/2013 (Codice Doganale dell’Unione). La società impugnò gli atti di diniego dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Livorno, che con sentenza n. 144/2019 ne accolse le ragioni, annullando gli atti erariali. L’appello proposto dall’Agenzia delle entrate dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Toscana fu respinto con sentenza n. 1164/06/2022. Il Giudice regionale ha ritenuto che le sentenze emesse dalla Corte di Giustizia hanno efficacia erga omnes e costituiscono ius superveniens, così che il termine di decadenza per l’istanza di rimborso deve decorrere dalla sentenza della CGUE; che i pagamenti eseguiti fossero da ricondurre nella categoria dell’indebito oggettivo, ex art. 2033 cod. civ., con conseguente applicazione della prescrizione decennale; che pertanto la società non fosse incorsa in alcuna decadenza, non potendo peraltro il contribuente attivarsi per il rimborso in epoca anteriore alla sentenza, perché sino a quella data i versamenti dei dazi antidumping erano prescritti e dovuti in forza della normativa solo successivamente annullata. Per la cassazione della sentenza l’Agenzia delle dogane ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo, cui ha resistito la società con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria difensiva. All’esito dell’udienza pubblica del 15 maggio 2024, dopo la discussione e la formulazione delle conclusioni delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 30 ottobre 2024 N. 28061 BRUSCHETTA ERNESTINO LUIGI

Con l’unico motivo l’Amministrazione finanziaria ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 121 del Reg. UE n. 952/2013, nonché degli artt. 2033 e 2946 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Erroneamente il giudice d’appello avrebbe ricondotto la richiesta di rimborso dei dazi antidumping, versati nella vigenza del regolamento UE, poi dichiarato illegittimo (in parte), nella fattispecie della ripetizione di indebito oggettivo, con conseguente applicazione del termine di prescrizione decennale. Il motivo è fondato.

Questa Corte, in una fattispecie analoga alla presente (sentenza CGUE 1 ottobre 2009, in Causa C-141/08, che aveva annullato parzialmente il Regolamento CE n. 452 del 2007, istitutivo di dazi antidumping sull’importazione degli assi da stiro da Cina ed Ucraina), ha pronunciato il principio di diritto, secondo il quale l'illegittimità di un regolamento comunitario o unionale non costituisce un caso di forza maggiore valevole a prorogare il termine triennale ex art. 236 CDC (cd. Codice Doganale Comunitario) entro il quale è possibile chiedere il rimborso dei dazi versati in applicazione di tale regolamento; pertanto, l'annullamento del regolamento istitutivo dei dazi antidumping non determina lo spostamento del termine decadenziale ex art. 236 CDC, la cui decorrenza resta ancorata alla data del versamento (Cass., 26 ottobre 2023, n. 29728; inoltre cfr. 19 settembre 2023, n. 26825).

D’altronde, in tema di tributo dichiarato incompatibile con il diritto comunitario, si era già avvertito che, allorché un'imposta sia stata pagata sulla base di una norma successivamente dichiarata in contrasto con il diritto dell'Unione europea, i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di "overruling" non sono invocabili per giustificare la decorrenza del termine decadenziale del diritto al rimborso dalla data della pronuncia della Corte di giustizia, piuttosto che da quella in cui venne effettuato il versamento o venne operata la ritenuta, termine fissato per le imposte sui redditi dall'art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, dovendosi ritenere prevalente una esigenza di certezza delle situazioni giuridiche, tanto più cogente nella materia delle entrate tributarie, che resterebbe vulnerata attesa la sostanziale protrazione a tempo indeterminato dei relativi rapporti (Cass., 16 giugno 2014, n. 13676; 13 settembre 2018, n. 22345; 16 maggio 2022, n. 15645). Tornando all’ipotesi della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, che abbia annullato, in tutto o in parte, un Regolamento comunitario, fattispecie più vicina alla presente controversia, questa Corte ha affermato che «il diritto al rimborso dei dazi indebitamente pagati è previsto dall’art. 236 del Regolamento 92/2913/CEE del Consiglio del 12 ottobre 1992 (cd. Codice doganale comunitario - CDC), applicabile ratione temporis, il quale, al § 2, comma 3, prevede un termine di decadenza triennale decorrente dalla data della notifica al debitore dei dazi stessi, salva l’impossibilità di presentare la domanda entro il predetto termine per caso fortuito o forza maggiore (cfr. Cass. n. 14004 del 23/05/2019; Cass. n. 19825 del 15/09/2009).

Con riferimento all’interpretazione della menzionata norma, la giurisprudenza della Corte di Giustizia della UE è consolidata nel senso che l’illegittimità di un regolamento non costituisce un caso di forza maggiore, che consenta di prorogare il termine di tre anni entro il quale un importatore può chiedere il rimborso dei dazi all’importazione versati in applicazione di detto regolamento; pertanto, deve ritenersi che la citata disposizione sovranazionale non consente alle autorità doganali nazionali di procedere d’ufficio al rimborso dei dazi antidumping riscossi in applicazione di un regolamento della UE poi annullato (Corte Giust. 14 giugno 2012, in causa C-533/10, CIVAD; Corte Giust. 4 febbraio 2016, in cause riunite C659/13 e C-34/14, C & J Clark International Ltd e altri)». Dalla disciplina richiamata e dalla piana lettura delle suddette norme va intanto esclusa l’applicabilità alla fattispecie dell’istituto dell’indebito oggettivo, di cui all’art. 2033 cod. civ. Al contrario, alla fattispecie trova applicazione la semplice disciplina del rimborso, nei termini e nei tempi regolati dal diritto unionale.

Ebbene, considerando che il contenuto dell’art. 121 del Codice Doganale dell’Unione (Reg. 952/2013), da applicarsi ratione temporis al caso ora al vaglio della Corte, è sostanzialmente sovrapponibile a quello dell’art. 236 del Codice Doganale Comunitario (Reg. 2913/1992), i principi enunciati dal giudice di legittimità nei precedenti citati (Cass. nn. 29728 e 26825 del 2023), le cui ragioni e argomentazioni questo Collegio condivide, vanno ribaditi anche nella presente controversia.

Ai fini della decisione della controversia soccorre dunque l’art. 121 del CDU, norma che dispone che il rimborso possa essere riconosciuto entro tre anni dalla data di notifica dell’obbligazione doganale (ma le conclusioni non divergerebbero qualora fosse preso in considerazione il tempo del pagamento, secondo quanto previsto dal precedente art. 236 CDC), laddove le richieste di rimborso furono presentate ben oltre il termine triennale. Infatti, nel caso di specie, pur risalendo al 2016 la sentenza della CGUE, con la quale era stato annullato parzialmente il regolamento CE 926/2009, istitutivo dei dazi antidumping sui tubi senza saldature, in ferro o acciaio, deve parimenti tenersi conto che i versamenti operati dalla società, dei quali ora ne è stato richiesto il rimborso con varie istanze, ed a maggior ragione la notifica dell’obbligazione doganale, risalgono agli anni 2010/2013. Le predette istanze di rimborso sono state invece presentate il 1° agosto 2017, né la società aveva mai proposto in precedenza impugnazione del regolamento, poi annullato. Le conclusioni non mutano qualora voglia invocarsi il comma 2 dell’art. 121 cit., secondo il quale «Il termine di cui alle lettere a) e b) del primo comma viene prorogato se il richiedente dimostra che gli è stato impossibile presentare la domanda entro il termine prescritto per un caso fortuito o per causa di forza maggiore». Infatti, come già chiarito dalla stessa giurisprudenza unionale richiamata nel precedente di legittimità citato (29728 del 2023), l’illegittimità di un regolamento non costituisce un caso di forza maggiore, che consenta di prorogare il termine di tre anni entro il quale un importatore può chiedere il rimborso dei dazi all’importazione versati in applicazione di un regolamento successivamente annullato. Il giudice d’appello nel decidere la causa non ha fatto applicazione dei principi di diritto enunciati. Il ricorso va in conclusione accolto e la sentenza deve essere cassata.

Considerato che la difesa della controricorrente ha rilevato che le altre questioni sollevate nel corso del giudizio sono rimaste assorbite, ciò che trova conferma nel terz’ultimo rigo della parte motiva della sentenza d’appello, la causa va rinviata alla Corte di giustizia di II grado della Toscana, che in diversa composizione, oltre che provvedere alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, procederà al riesame dell’appello, facendo applicazione dei principi di diritto enunciati da questa Corte. 

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di II grado della Toscana, cui demanda, in diversa composizione, anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15 maggio 2024